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Radioterapia postoperatoria nel carcinoma prostatico: il San Gerardo promotore di uno studio multicentrico italiano

Radioterapia postoperatoria nel carcinoma prostatico: il San Gerardo promotore di uno studio multicentrico italiano. Prevista la riduzione del trattamento ad una sola settimana. Nel corso dell’ultimo Congresso Nazionale AIRO (Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica) è stato premiato come miglior contributo scientifico uno studio multicentrico italiano di cui è Principal Investigator (PI) il prof. Stefano Arcangeli, direttore della Radioterapia della ASST Monza e professore associato di Diagnostica per Immagini e Radioterapia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Lo stesso è poi stato inoltre recentemente pubblicato (Lucchini, R. et al. Acute Toxicity and Quality of Life in a Post-Prostatectomy Ablative Radiation Therapy (POPART) Multicentric Trial. Curr. Oncol. 2022, 29, 9349–9356. https://doi.org/10.3390/curroncol29120733). Lo studio POPART (Post-prostatectomy ablative radiation therapy: a multicentric prospective Italian trial) ha per la prima volta dimostrato la fattibilità di un trattamento di radioterapia stereotassica nella recidiva biochimica post-prostatectomia. La radioterapia stereotassica (SBRT) è una tecnica radioterapica d’avanguardia che consente di somministrare con estrema precisione e non invasivamente dosi di radiazioni molto elevate a bersagli neoplastici di dimensioni limitate, ottenendone la distruzione attraverso la necrosi tumorale. L’adozione di protocolli di “ipofrazionamento”, caratterizzati cioè da poche sedute con dosi più alte, è ormai una pratica clinica standard in pazienti non operabili, ma il suo utilizzo nel setting postoperatorio è stato sempre scoraggiato a causa dei timori derivanti da un maggiore rischio di tossicità a carico di tessuti resi più vulnerabili dal trauma chirurgico. In questi casi, dunque, il regime terapeutico più impiegato ha sempre previsto un frazionamento convenzionale della dose, che comporta tuttavia una lunga durata del ciclo di radioterapia (7 settimane o più), spesso motivo di scarsa compliance per i pazienti più anziani, fragili, o che vivono a distanza dal centro di radioterapia. Più semplicemente, lo studio appena pubblicato, mostra per la prima volta come sia possibile effettuare un trattamento di radioterapia postoperatoria per recidiva biochimica dopo prostatectomia per carcinoma prostatico con solo 5 applicazioni (rispetto alle normali 35). Vuol dire trattare un paziente in 1 settimana anziché 7, con una sostanziale riduzione del numero di accessi in reparto. E ovviamente con importanti implicazioni organizzative, visto che questa strategia massimizza il turnover nella presa in carico dei pazienti, snellendo fortemente le liste di attesa. In questo studio, approvato dal Comitato Etico Brianza, che coinvolge altri centri lombardi (Papa Giovanni XXXIII Bergamo e Humanitas Rozzano), nei primi 30 pazienti trattati con sole 5 frazioni (1 settimana) non si sono registrate tossicità clinicamente significative e la qualità di vita è rimasta intatta, almeno a breve e medio termine. Il progresso tecnologico ottenuto con la sostituzione di due acceleratori lineari negli ultimi 3 anni, insieme all’elevata expertise del personale medico, fisico e tecnico, ha permesso di sfruttare al massimo le potenzialità dell’ipofrazionamento rendendone finalmente possibile la sua declinazione anche dopo prostatectomia radicale. “Qualora i risultati osservati verranno confermati a lungo termine – sottolinea il prof. Stefano Arcangeli – tale approccio risulterà particolarmente vantaggioso per la sostanziale riduzione del numero di accessi in reparto dei pazienti e dei loro caregivers, contribuendo a diminuire notevolmente lo stress legato a lunghi cicli di terapia e favorendo un rapido ritorno alla loro normale vita lavorativa, sociale o familiare. Non da ultimo, il rapido turnover della lista di attesa reso possibile dalla brevità dei trattamenti, è in grado di assicurare un’assistenza più rapida ed efficiente”.

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Nuovi angiografi all’Ospedale San Gerardo

Nuovi angiografi all’Ospedale San Gerardo. È stata completata la sostituzione e l’installazione di due nuovi angiografi digitali flat-panel di ultima generazione presso il Blocco Angiografico della Radiologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, che vanno ad affiancarsi alla già esistente sala di ecografia interventistica, anch’essa recentemente dotata di un ecografo multifunzione ad alta tecnologia. Gli angiografi rappresentano quanto di più avanzato offre il mercato con tecnologia allo stato dell’arte in quanto, oltre a garantire più bassi livelli di emissione di dose di radiazioni, sono dotati di pacchetti software e di moduli rotazionali aggiornati (tecnica Cone Beam CT) in grado di elaborare le immagini acquisite e di ricostruirle in tempo reale in 3D e secondo piani volumetrici simil-TAC, in modo da offrire una guida più precisa durante gli interventi radiologici più complessi senza la necessità di spostare il paziente. Grazie al prezioso supporto dell’Ingegneria Clinica e della Fisica Sanitaria del San Gerardo, al primo angiografo entrato in funzione nel mese di luglio, si aggiunge ora il secondo: queste apparecchiature sono dedicate all’attività di angiografia e di radiologia interventistica, branca iperspecialistica della radiologia, che esegue, con la guida di imaging, interventi percutanei mininvasivi o con ridotta invasività in campo vascolare, extravascolare ed oncologico ossia senza la necessità di larghe incisioni ed aperture di cavità anatomiche tipiche della chirurgia, con conseguente ridotti tempi di ricovero e minori costi rispetto al trattamento chirurgico standard. Alcune di queste procedure vengono eseguite anche in regime di Day Hospital o Ambulatoriale Complessa come ad esempio embolizzazione del varicocele, anche femminile, trattamento del malfunzionamento delle fistole dialitiche, inserzione, rimozione o sostituzione di dispositivi medici. La Radiologia Interventistica dell’Ospedale San Gerardo di Monza – spiega il dott. Davide Leni neo responsabile della Struttura Semplice di Radiologia Interventistica – esegue più di 1.600 interventi all’anno (arteriografie/flebografie, embolizzazioni, angioplastiche, stenting, tromboaspirazioni, termoablazioni, vertebroplastiche, posizionamento/rimozione filtri cavali, drenaggi, port-a-cath…) e quasi 1.000 biopsie di organi superficiali e profondi (di cui circa 500 agoaspirati della tiroide in collaborazione con anatomia patologica) ponendosi ai vertici in ambito regionale lombardo e nazionale sia per volumi di attività che per complessità di interventi, rappresentando un centro di riferimento per tutto il territorio, anche per le situazioni di urgenza/emergenza, garantendo un servizio di pronta disponibilità H24, 365 giorni all’anno, ad esempio per i pazienti politraumatizzati e con emorragie interne che richiedono un pronto intervento endovascolare. L’aggiornamento e l’installazione di queste due nuove apparecchiature radiologiche migliora e potenzia ulteriormente la capacità operatoria e di qualità del Blocco Angiografico, all’interno del quale operano quotidianamente 4 medici radiologi dedicati in modo esclusivo alle attività interventistiche, oltre a personale infermieristico e tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM) con specifico addestramento e competenze in ambito angiografico, in grado di partecipare attivamente alla realizzazione di innovative e più efficaci procedure interventistiche”. Prosegue il progetto di continuo aggiornamento tecnologico della radiologia – conclude il dott. Rocco Corso, Direttore della Radiologia e radiologo interventista – con la concretizzazione di investimenti aziendali previsti negli obiettivi di sviluppo e programmati con il sostegno di Regione Lombardia, con lo scopo mettere a disposizione dei professionisti apparecchiature all’avanguardia al fine di offrire sempre più elevati standard qualitativi per la diagnosi e la cura dei pazienti”.

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