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Pure la Borsa ha problemi di sfratto

Pure la Borsa ha problemi di sfratto. Perché, come ha riportato Radiocor, anche il tempio del denaro milanese rischia di dover traslocare. Il palazzo in cui è ospitata dal 1932 è sempre stato in affitto. Mica poco: circa 9 milioni all’anno. Ma Palazzo Mezzanotte li vale visto che a Milano una stanzetta in periferia arriva a costare 200 euro a notte in bassa stagione. E in questi giorni gli è scaduto il contratto con il proprietario, cioè la Camera di commercio. L’edificio è storico ed estremamente prestigioso, dunque non è detto che la Borsa sia l’unica ad aver presentato un’offerta. In questi giorni si apriranno le buste e si scoprirà chi sarà il nuovo inquilino di lusso del palazzo storico del centro meneghino affacciato sulla piazza dove insiste il dito medio di Cattelan. Ma comunque vada torniamo allo stesso filone di ieri, quando si è scoperto che la Città Metropolitana di Milano ha un bilancio colabrodo. Come se il compito di un’istituzione pubblica fosse quello di avere il bilancio a posto invece che di occuparsi di cittadini. Il debito pubblico è nato proprio secondo una logica non meramente economica,  ma sociale. Perché ha messo a disposizione risorse per le persone, contribuendo a creare una ricchezza mai vista. E quanto possa essere precario il concetto del bilancio lo vediamo anche ora  che pure la Borsa ha problemi di sfratto. Se il contratto non si fosse occupato solo di soldi, che comunque sono importantissimi, forse ora la Borsa anglo-meneghina non dovrebbe affrontare il tema. Certamente non sarà un problema, perché sia la Camera di commercio che la Borsa potrebbero sistemarsi in altro modo, ma fa sorridere pensare a chi gestisce miliardi di miliardi come  a un poveraccio qualunque della Bullona o di Casoretto o Quinto Romano. Anche loro sono lì ad attendere di sapere se possono continuare a vivere dove hanno sempre vissuto o se il parùn ha avuto un’offerta migliore per l’appartamento e dunque è il momento degli scatoloni e di cercarsi altro. Torniamo a ripetere che visti i tempi sarebbe il caso di iniziare a non pensare più solo ai soldi, perché le nazioni non sono un’azienda. E’ un concetto difficile dopo gli ultimi trent’anni di “politica post ideologica”, ma forse ancora alla portata di Milano e dell’Italia. Perché Milano è sempre stata la città del lavoro, un concetto ben più ampio del ricco conto in banca.

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Sala: per ora evitato lo sfratto di sala Venezia

Sala Venezia, uno dei luoghi di incontro e socialità di anziani e giovani più rappresentativi della storia e della cultura di Milano, rimarrà per almeno un altro anno affidata alla gestione attuale del Circolo combattenti e reduci. Lo scrive su Facebook il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ha incontrato in Prefettura, Questura e Demanio, con cui è stata trovata “una via perlomeno per allontanare il rischio di uno sfratto immediato. Per almeno 12 mesi Sala Venezia rimarrà affidata alla gestione attuale e in questo periodo lavoreremo insieme per trovare una soluzione definitiva che tuteli i diritti di tutti”, afferma il sindaco. “Il Circolo, frequentato dagli anziani sin dal secondo dopoguerra, è diventato con l’arrivo di Antonio di Furia negli anni ’80, uno spazio di ritrovo e di incontro tra diverse generazioni – si legge in una petizione online su change.org firmata da quasi 16mila persone – Nonni e nipoti, famiglie, bambini, gruppi di amici, ma anche artisti e volti noti del panorama culturale italiano sono la colorata ‘famiglia’ della Sala Venezia: un luogo nato per far sorridere le persone, dove giocare a carte e a tombola, bere un caffè, pranzare e cenare in compagnia, e soprattutto ballare, dal liscio al boogie woogie, dal lindy hop ai balli di gruppo’. Per questo, ‘Milano non può perdere un luogo così prezioso per la città e i suoi abitanti. Oggi, la risposta di Sala: “Una cosa che ho imparato in questi cinque anni da Sindaco è che è impossibile fare una classifica di importanza delle questioni cittadine da affrontare. Ovviamente ci sono temi che assumono la dimensione della drammaticità e su quelli ci devi essere, sempre. Salute, povertà, lavoro, istruzione, ambiente e altro ancora. Poi c’è la quotidianità con questioni su cui bisogna sapersi muovere con rapidità per dare risposte ai cittadini. E il destino di Sala Venezia ne è un esempio. Ho promesso che me ne sarei occupato – conclude – e così ho fatto.

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