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Monopattini in sharing bloccati dal TAR

Nuovamente bloccato il servizio di monopattini elettrici in sharing in seguito al ricorso contro il Comune della società Lime, esclusa dal bando. In seguito a questo il TAR ha deciso di rinviarne l’avvio in attesa di sentire le parti, in un’udienza prevista per il 14 gennaio. Si tratta della seconda sospensione, dopo quella resasi necessaria per adeguare la segnaletica stradale alle norme del Codice della Strada. Bit, Wind Mobility e Helbiz, che si sono aggiudicate il bando e dovevano fornire almeno 500 – 700 mezzi ciascuna entro due mesi, dovranno rinviare quindi attendere ancora qualche giorno prima di metterli in strada, nonostante fossero pronte a partire fin da subito con il servizio. A complicare la questione vi è poi un recente voto del Parlamento che ha equipara i monopattini alle biciclette elettriche, consentendo quindi circolino negli spazi stessi consentiti a queste. Un eventualità che amplia il raggio d’azione dei monopattini, rendendo insufficienti quelli attualmente previsti, motivo per cui molte altre aziende che erano state escluse come fornitori hanno chiesto un incontro a Palazzo Marino.  

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TAR sentenzia contro la moschea abusiva di via Zambelli, soddisfatto De Corato

L’associazione culturale Shah Jalal di via Zambelli, è stata trasformata negli ultimi anni in una moschea abusiva come emerge da “un complesso di indizi gravi precisi e concordanti“, tra cui dichiarazioni di “persone interrogate sul luogo“, video su Youtube ed “estratti di siti web“. Lo scrivono i giudici del Tar della Lombardia nella sentenza con cui hanno bocciato il ricorso della stessa associazione contro l’ordinanza del Comune che ha contestato “il cambio di destinazione d’uso da laboratorio a luogo di aggregazione e di preghiera” realizzato anche con una serie di “opere” sull’immobile. I giudici della seconda sezione del Tar milanese nella sentenza fanno riferimento, tra le altre cose, al “sopralluogo effettuato dalla Polizia Locale” nel 2014 e poi confermato da un ulteriore sopralluogo del 21 marzo scorso “dal quale risulta, tra l’altro, un’insegna sull’immobile con la denominazione Shahjalal Jame Maszid, ossia moschea“. “La correlazione tra i lavori di ristrutturazione dei bagni e la realizzazione di un bagno per disabili da un lato e la funzione religiosa dall’altro – scrivono ancora i giudici, col presidente di sezione Italo Caso – è facilmente desumibile dal fatto che si tratta di servizi presenti normalmente in luoghi aperti al pubblico destinati a soddisfare le esigenze di persone che provengono dall’esterno“. Poiché l’associazione non ha fornita, poi, “prova di alcun uso dell’immobile diverso da quello religioso è del tutto ragionevole ritenere che i bagni siano a servizio degli avventori della moschea“. “Finalmente la sentenza con la quale il Tar della Lombardia ha fatto chiarezza sulle moschee abusive” commenta soddisfatto Riccardo De Corato, Assessore alla Sicurezza  di Regione Lombardia. “E così, adesso che Palazzo Marino ha avuto ragione, perché non interviene subito anche sulle altre moschee abusive che infestano la città?” si chiede quindi l’esponente di Fratelli d’Italia “Molte di queste strutture fuorilegge sarebbero state condonate dal PAR – sottolinea – il piano delle attrezzature religiose del Comune, all’interno del Pgt di Milano, sul quale Regione Lombardia ha espresso forti contrarietà in relazione a questo tema“. “Ci sono delle regole che vanno rispettate”  spiega De Corato, “sono quelle dalla l.r. 12 del 11 marzo 2005 che al Capo III indica le norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi”. “Il Comune di Milano non può girare la testa dall’altra parte“, attacca quindi, concludendo: “Non si contano più le lamentele di molti milanesi esasperati da queste situazioni. Questa sentenza del Tar conferma che è una moschea abusiva: il Comune cosa aspetta a chiudere le altre 7 fuorilegge anche per il Pgt e il Par?“.  

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Case popolari: il Tar dà ragione per la terza volta al sindaco di Sesto

Case popolari: il Tar dà ragione per la terza volta al sindaco di Sesto. Il Tar della Lombardia ha respinto il ricorso presentato da un cittadino cingalese che chiedeva di essere reinserito nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica. I giudici amministrativi hanno accolto pienamente le argomentazioni contenute nella memoria difensiva del Comune di Sesto San Giovanni. Si tratta del terzo caso analogo in cui il Tar si esprime a favore al Comune, dopo i precedenti di gennaio e maggio con protagonisti rispettivamente una cittadina ecuadoriana e un cittadino marocchino. Anche a proposito di quest’ultimo caso non c’è stata nessuna condotta discriminatoria da parte del Comune nei confronti del diretto interessato. Il Tar ha specificato che la certificazione depositata per attestare la non proprietà di immobili nel paese d’origine è risultata non sufficiente e riferita soltanto a una provincia (o addirittura a un semplice distretto) dello Sri Lanka; inoltre, l’affermazione da parte del cittadino che ha fatto ricorso contro il Comune, per cui nella repubblica di Sri Lanka non sarebbe riconosciuta la proprietà edilizia privata, non ha trovato nessun riscontro. Il ricorso, oltre a essere stato dichiarato infondato, è stato dichiarato anche inammissibile perché, come rilevato dall’Amministrazione comunale, non è stato notificato nel termine di legge ad almeno uno dei contro interessati, ovvero ai soggetti la cui domanda è risultata collocata in graduatoria in posizione successiva a quella del ricorrente. “Per la terza volta il Tar ci dà ragione e ciò testimonia che applichiamo la legge in modo regolare, senza alcuna discriminazione né corsia preferenziale verso qualcuno. In questo modo – commenta Roberto Di Stefano, sindaco di Sesto San Giovanni – tuteliamo, come già detto dal Tar, sia i cittadini italiani sia gli stranieri in regola coi documenti: le leggi vanno rispettate da tutti, altrimenti finiremmo per penalizzare e discriminare le persone in difficoltà che presentano tutti i documenti sulle loro proprietà. La sinistra non fa altro che attaccarci sulle modalità di assegnazione delle case popolari, gridando al razzismo, ma il risultato è chiaro ed è anche certificato dai giudici: il Pd evidentemente sta dalla parte di chi non rispetta la legge, al contrario nostro. Niente più niente meno. E proseguiremo su questa strada per aiutare chi rispetta le regole e si trova davvero in difficoltà”.  

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