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A Milano quando?

A Milano quando? Il Comitato nazionale per la transizione ecologica coordinerà e monitorerà le politiche per la transizione verde. Si è svolta venerdì 28 maggio la riunione del coordinamento del Comitato interministeriale per la transizione ecologica. Lo si legge in un comunicato stampa di Palazzo Chigi. Il Consiglio dei ministri ha assicurato il supporto tecnico e organizzativo tramite il Dipe, cioè il dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica. Quali sono i loro compiti? Hanno il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, monitorando e documentandone i progressi. Finalmente, si incomincia a lavorare verso il un futuro nazionale più verde. Ma sarà davvero così green anche a Milano? I nuovi progetti messi in cantiere, alcuni negli ultimi cinque anni, vanno proprio dalla parte opposta. Anche quelli in ultima data non sono da meno. Il consumo di suolo continua ad impazzare a Milano. Ma perché è così importante non consumarne altro? Ve lo dico subito, perché se continuiamo a consumarne, via via arriveremo ad avere una temperatura sempre maggiore in città, per esempio. Perché tutto ciò che si consuma influisce sul nostro respiro e quindi sui nostri polmoni, per farne un’altro di esempio. Ma gli effetti che ne derivano, sono molti in città in realtà, ma nessuno ne parla, nessuno lo comunica ai cittadini ed i prossimi elettori che si stanno preparando a scegliere il prossimo Sindaco più green, lo dovrebbero sapere. Il consumo di suolo è una variazione di una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato). Per copertura del suolo o land cover, si intende una copertura biofisica del terreno. L’impermeabilizzazione del suolo, ovvero la copertura permanente con materiali artificiali (quali asfalto o calcestruzzo) per la costruzione, ad esempio, di edifici, come quello che sorgerà in Piazza Loreto, giusto per dirne uno, ma sarà solo uno dei tanti in città. Già solo questi elementi costituiscono la forma più evidente e più diffusa di copertura artificiale. L’uso del suolo o land use, è invece, un riflesso delle interazioni tra l’uomo e la copertura del suolo e costituisce quindi una descrizione di come il suolo venga impiegato in attività antropiche. La direttiva 2007/2/CE ne definisce l’importanza assieme al PGT, piano del Governo del territorio. Il tema del consumo di suolo è legato in particolare alla diffusione urbana, quindi per noi si parla della nostra città. La rappresentazione più tipica del consumo di suolo è data dal crescente insieme di aree coperte da costruzioni, infrastrutture, aree estrattive, discariche, cantieri, cortili, piazzali e altre aree pavimentate o in terra battuta, serre e altre coperture permanenti, aeroporti e porti, aree e campi sportivi impermeabili, pannelli fotovoltaici e tutte le altre aree impermeabilizzate. Tutto ciò si estende anche in ambiti non necessariamente urbani, ma esclude, invece, le aree aperte naturali e seminaturali in ambito peri-urbano, cioè il nostro hinterland. A tal proposito la Commissione Europea aveva chiarito nel 2007 che questo tema dovesse essere una priorità per tutti, ma soprattutto per i centri urbani densificatamente abitati, le città. In un altro documento della Commissione Europea, si chiarisce che l’azzeramento del consumo di suolo netto significa evitare l’impermeabilizzazione di aree aperte e per la componente residua non evitabile, compensarla attraverso la rinaturalizzazione di un’area di estensione uguale o superiore, che possa essere in grado di tornare a fornire i servizi ecosistemici forniti da suoli naturali. E secondo voi a Milano ne stiamo tenendo conto? Ovvio che no. Ne abbiamo un chiaro esempio sul parterre di Benedetto Marcello, area vincolata a verde, ma impermeabilizzata in realtà dal bitume. Ripristineranno come la legge richiede? Le elezioni fanno miracoli, chissà… ma bisogna poi anche mantenere la parola. Quindi, Beppe Sala, la parola la terrai questa volta?

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Transizione ecologica o green marketing?

Ma la vera attenzione all’ecologia non è altra cosa? Noi milanesi ci aspettiamo un cambio di passo immediato per affrontare questi cambiamenti che sono dietro alle nostre porte di casa. Parliamo della transizione ecologica. Le parole da chiunque vengano pronunciate in quest’ultimo periodo si arenano e rimangono lì bloccate quasi senza via d’uscita. Insomma, bello riempire comunicati con la parola più in voga del momento: transazione ecologica. Ma siamo sicuri che tutti sappiano a cosa si riferisce? È il processo di cambiamento su: lavoro, istruzione ed impresa in piena sostenibilità ambientale. Lo sviluppo ecosostenibile è il focus dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, declinato in 17 Sustainable Development Goals – SDGs. E noi a Milano cosa abbiamo intenzione di fare? Anzi, cosa stiamo combinando soprattutto in fattore ambientale? Forse non tutti lo sanno, ma negli ultimi 5 anni abbiamo subito dei danni ambientali che non sono proprio piccoli. In queste ore forse si sta permettendo l’abbattimento di 60 alberi al parco La Goccia sempre per far posto ad altro cemento. Ma perché? Si sta facendo antropizzare il parco agricolo del Ticinello. Ma perché? Si sta facendo costruire una pista d’asfalto che devasterà il parchetto Cividale. Anche qui, ma perché buttare asfalto su un percorso ciclabile già battuto in mezzo alla natura? Perché consumare ancora suolo quando se ne può fare a meno? Perché danneggiare irrimediabilmente la terra senza nessun motivo? Davvero, ce lo stiamo chiedendo un po’ tutti. Perché mettere a posto è una cosa, danneggiare è un’altra e da noi a Milano, il danno purtroppo è sempre dietro l’angolo. Eppure, sarebbe così semplice lasciare andare la natura per il suo corso, senza far intromettere di continuo cantieri e progetti che vengono reputati dalla gran parte di noi cittadini: inutili. Ma poi, che progetti? Sono davvero sostenibili? Proprio no e le motivazioni sono sotto gli occhi di tutti. Abbiamo a Milano ormai anche chi si è assunto gli oneri ma anche i doveri sulle deleghe europee per l’ambiente. Purtroppo nulla è stato fatto. Neppure dopo il patto stilato 2 anni fa, sulle misure urgenti da attuare sui cambiamenti climatici, di cui abbiamo ormai prova giornalmente nel mondo. Ma come? Vi ricorderete bene la manifestazione tenutasi in tutto il pianeta – there’s no planet b. Il nostro Sindaco Giuseppe Sala, aveva accolto i ragazzi dei FFF di Milano, in una riunione straordinaria, dove s’impegnava a non consumare più suolo ed a trovare soluzioni urgenti per Milano. È stato rispettato? Direi più snobbato. Ah ma vero, dimenticavo: ora abbiamo un Green man alle porte delle prossime amministrative che metterà mano ai veri bisogni verdi della nostra città. Più che un Green man, lasciatemelo dire, a noi sembra più un green marketing per portarsi a casa i voti. Siamo un po’ stanchi delle belle parole e stavolta, noi cittadini, saremo più furbi e più informati.

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Milano si aggiudica il bando internazionale “zero emissioni urban goods transportation technical assistance programme”

Milano si è aggiudicata il bando internazionale “Zero Emission Urban Goods Transportation Technical Assistance Programme”, lanciato da C40 per incentivare la logistica urbana e la consegna delle merci a zero emissioni. Questo è quello che possiamo leggere sul sito del Comune di Milano. Ma perché è importante questa notizia? Milano diventerà una città  che farà da modello nello sperimentare un nuovo modo di distribuire merci utilizzando solo mezzi elettrici e cargo-bike. Fondamentali saranno i city hub, cioè una service economy su strada. In poche parole sono tutti quei nuovi punti in città che svolgono funzione di servizi, di condivisione ed anche di aggregazione…esempi di sharing economy come le edicole milanesi, a cui ormai ci siamo abituati con la presenza già in vari quartieri, che saranno distribuiti in più punti nella nostra cara Milano e da cui partiranno le spedizioni. Il bando è super interessante e ci potrà aiutare su alcuni problemi che penzolano sulla testa della nostra città, da ormai troppo tempo: l’aria inquinata e il traffico. Cosa sicuramente interessante e positiva ma spero anche che si tengano in considerazione alcune questioni: – Il modello di consumo attuale basato sulle lunghe distanze, non è sostenibile con una attuazione di questo nuovo processo di distribuzione. In questo progetto si favoriranno quindi la produzione locale e le piccole-medie imprese sul territorio. Ottima cosa direi; – si faranno circolare più mezzi elettrici, ma come? Con quali risorse? Con quale energia? Ormai è ora di pensare a come impostare la transizione energetica, anche sulla base di modelli esteri già attivi da tempo, perché no? Non si sa come mai, perché qui in Italia non vengono mai presi in considerazione per migliorare la situazione esistente andando così verso una green economy vera e pura; – Più cargo-bike? Sì, ma in sicurezza? Vera sicurezza? Favoriamo le piste ciclabili organizzate con criterio e sviluppiamole sull’intera città e non ad intermittenza come accade da noi a Milano. Bisogna ristudiare l’attuale mobilità a due ruote, perché certi punti, diciamoci la verità, sono proprio un terno al lotto su chi passa prima e su chi ne esce salvo; – ultimo punto ma non di meno importante, difendere i diritti di chi lavorerà in questo nuovo progetto, perché molte volte, anzi spesso, questi vengono proprio calpestati. Inoltre, come già si sa da decenni ormai, l’aria malsana che respiriamo a Milano, ma non solo qui ovviamente, ma nell’intera Lombardia purtroppo, non deriva solo dal traffico ma anche da moltissimi altri fattori che ne determinano il primato per malattie polmonari fino ad arrivare alla terribile parola “tumore”. Essendo in una conca la Lombardia, che è accerchiata da colline e da monti, l’aria non ha abbastanza forza per spazzare via quello che ci respiriamo nell’arco della nostra giornata, anche quando dormiamo quindi e questo è un punto che dovremmo avere sempre presente, quando andiamo a parlare di aria e di provvedimenti verso l’inquinamento. Ovviamente le cause sono molteplici, non si riduce tutto solo a questi termini. Questo dovrà quindi essere solo un piccolo passo di una serie di interventi che dovranno coinvolgere l’intero Nord Italia. Ma veniamo al C40 Cities. Ne avete mai sentito parlare? È una rete globale costituita dai Sindaci delle maggiori città del mondo impegnate in politiche e programmi new green deal, per la riduzione di emissioni di gas serra e per la lotta ai cambiamenti climatici. L’obiettivo è quello di condividere le buone pratiche per aiutare le varie amministrazioni a superare le sfide ambientali che cambiano continuamente. Tra le varie città che fanno parte del progetto (più di 80), Milano si distingue per la raccolta differenziata dei rifiuti e dell’organico, ma non solo anche per la sua Food Policy. Ma a Milano, c’è ancora molto da fare. Vedremo quali saranno gli sviluppi verso la green  economy dei prossimi 5 anni di mandato amministrativo per la nostra città che verranno. Noi milanesi, ci aspettiamo una vera transizione energetica green e non un surrogato come fin’ora ci hanno appioppato.

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