truffa online

Scoperta truffa online per vendere scarpe false

Nei giorni scorsi Polizia di Stato ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti cittadini italiani: in carcere per un 23enne, ai domiciliari per un 22enne e obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per un altro 22enne. In poco più di due mesi, è stato possibile individuare tutti i componenti del sodalizio criminale, cui è stata contestata l’associazione per delinquere finalizzata all’introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con marchi contraffatti, truffa, ricettazione, indebito utilizzo di carte di pagamento intestate a terzi e autoriciclaggio, e, al termine dell’attività, risultano indagati altri quattro ragazzi di età tra i 22 e 23 anni. L’esordio dell’indagine risale al gennaio 2021, a seguito di una denuncia presentata presso il Commissariato Greco Turro nella quale veniva portato all’attenzione degli agenti, il modus operandi di un giovane che richiedeva, agli amici della propria cerchia, l’attivazione di carte Postepay e l’intestazione di utenze telefoniche; a distanza di qualche tempo, quegli amici che si erano fidati si accorgevano però che sui conti relativi alle carte erano transitate elevate somme di denaro. Altre due denunce simili sono state presentate al Compartimento Polizia Postale di Milano e vista l’evidente convergenza investigativa, i due Uffici di Polizia hanno avviato un’indagine congiunta, sotto la direzione del P.M. dr. Carlo Scalas. La primissima attività investigativa ha consentito di identificare due ragazzi al vertice dell’organizzazione e di rinvenire, a seguito di perquisizione, 23 carte di pagamento, 3 personal computer e 17 apparecchi cellulari, un paio di sneakers ancora imballate e numerosi appunti relativi alla gestione di attività di commercializzazione di calzature sportive. Dalle indagini successive – comprensive di analisi di conti correnti, apparecchi cellulari e fonti aperte – è emerso un longevo e florido (con un numero di clienti ravvisabile in 1.172 unità) commercio on line di calzature recanti famosissimi marchi falsi che, importate direttamente dalla Cina, venivano vendute come originali su un sito appositamente predisposto e su due pagine aperte sui social network, tutti riconducibili alla società Yourun. Sono stati anche scoperti numerosi conti correnti dove venivano fatti confluire i proventi illeciti, da reimpiegare nella medesima attività imprenditoriale o da investire in cripto-valute. L’attività di commercializzazione ha portato il gruppo a fatturare, per il solo 2020, una cifra che si aggira intorno ai 300mila euro, con utili stimati in 117mila euro. I giovani sodali – ai quali erano assegnati incarichi e ruoli ben precisi, oltre che una retribuzione mensile – si erano anche dati delle regole molto stringenti, studiando specifici sistemi di sicurezza volti ad eliminare ogni traccia dell’attività illecita che potesse essere utilizzata dalle Forze di Polizia per eventuali investigazioni. Nel motivare la custodia cautelare in carcere nonostante la disabilità motoria che affligge il 23enne, il G.I.P. ha ritenuto adeguata la misura, atteso che “l’estrema scaltrezza dell’indagato nell’avvalersi di strumenti informatici rende evidente e concreto l’elemento dell’attualità del pericolo da cui si evince l’alta probabilità del determinarsi di occasioni favorevoli alla commissione di nuovi reati (…). Appare evidente che anche il controllo elettronico presso l’abitazione non costituirebbe alcun ostacolo alla capacità criminale informatica”.

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La Polizia scopre e scongiura truffa online

Nei giorni scorsi la Polizia di Stato ha restituito la somma di 13.550 euro, indebitamente sottratta online, a un’azienda milanese di autotrasporti vittima della truffa “man in the browser”. L’attività investigativa dei poliziotti del Commissariato Comasina ha permesso di far emergere la frode “man in the browser”: il truffatore si inserisce nel sistema informatico delle vittime, nella maggior parte dei casi aziende, e attraverso malware trasmessi con la posta elettronica, dopo un’analisi dell’attività commerciale, si sostituisce all’utente per modificare i codici iban bancari di destinazione di eventuali bonifici. Le indagini degli agenti sono state avviate a seguito di due denunce presentate dal titolare di un’impresa milanese di autotrasporti, tra agosto e settembre del 2019. Nel primo episodio, l’istituto bancario della vittima ha bloccato il bonifico che stava per essere accreditato su un conto corrente diverso da quello disposto, mentre nel secondo caso la truffa è stata consumata e i truffatori sono riusciti a “deviare” il bonifico su un altro conto corrente intestato a un 30enne italiano. Gli agenti hanno accertato che a un cittadino 23enne moldavo, intestatario e prestanome di 12 conti correnti dove venivano accreditate indebitamente le somme sottratte tramite i bonifici, veniva riconosciuto il 5% delle somme depositate da parte di un “livello criminale superiore”. Il denaro sottratto, dopo poco tempo, veniva trasferito su conti esteri non raggiungibili o convertiti in moneta virtuale. A tali conti correnti era necessario allegare un numero telefonico e, per questo, veniva utilizzata l’identità di una donna ucraina 45enne, così da rendere più difficoltosa la ricostruzione del titolare del conto. Sono 5 gli episodi fraudolenti commessi ai danni di imprese in Lombardia ed Emilia Romagna sulle quali stanno investigando le forze dell’ordine. Il cittadino moldavo, la donna ucraina e il 30enne italiano sono indagati per accesso abusivo al sistema informatico e frode informatica. Sono in corso, infine, ulteriori approfondimenti da parte della Polizia Postale anche di altre province italiane per individuare i responsabili delle truffe che garantivano, inoltre, la percentuale agli indagati.

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