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Se l’Ucraina perde la guerra, sarà l’Europa a uscirne vincitrice

Se l’Ucraina perde la guerra, sarà l’Europa a uscirne vincitrice. Nel nostro continente è in corso una guerra che deciderà il suo destino. Se la Russia dovesse essere sconfitta in Ucraina, l’Europa rimarrebbe sotto l’egemonia americana per un secolo. Tuttavia, se gli Stati Uniti perderanno, come credo, la NATO si disintegrerà e l’Europa potrà riconquistare la propria autonomia. Gli europei dovranno affrontare uno choc psicologico quando comprenderanno che la NATO non esiste per difenderci, ma per tenerci sotto controllo. Gli Stati Uniti hanno utilizzato il conflitto in Ucraina per consolidare la subordinazione dell’Europa, una strategia nata già durante la guerra in Iraq, quando un’alleanza tra Russia, Germania e Francia terrorizzò Washington. Da allora, separare la Russia dalla Germania è divenuto l’obiettivo primario degli strateghi americani, e l’escalation del conflitto ucraino ha servito esattamente questo scopo. Inoltre, il quadro diventa ancora più complesso se consideriamo che il dollaro ha perso la sua egemonia nelle transazioni internazionali, superato da euro e yen. Questo crea una situazione esplosiva, se poi si aggiunge il tema delle materie prime, come gas e petrolio, che hanno rafforzato la dipendenza europea dagli Stati Uniti… Tuttavia, anche questa dinamica è destinata a collassare non appena la guerra terminerà, poiché le forniture energetiche dalla Russia riprenderebbero a pieno regime, riducendo drasticamente la sudditanza europea. In sintesi, credo che il conflitto in Ucraina non sia solo una questione regionale, ma soprattutto il campo di battaglia in cui si deciderà il futuro dell’Europa e la sua libertà o la sua prolungata sottomissione.

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Ucraini in marcia per ricordare i due anni dall’inizio della guerra

Diverse centinaia di persone, si sono radunate in Piazza Castello per partecipare al corteo “Vittoria per la pace” organizzato dalla comunità ucraina in Italia. I partecipanti, molti dei quali erano avvolti da bandiere ucraine e indossavano corone di fiori, dopo avere cantato diverse volte l’Inno Ucraino, hanno formato un corteo dietro allo striscione “Credi in Ucraina. Agisci per Ucraina” si sono diretti verso Piazza San Babila. Lì, prima che la manifestazione si sciogliesse, si sono svolti alcuni interventi fra i quali quelli di Marco Cappato, dell’Assessore Pierfrancesco Maran e sono stati trasmessi i videomessaggi di Andriy Yermak, capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina, e di Oleksandra Matviichuk, vincitrice del Premio Nobel per la pace. Al contrario di altre, la manifestazione si è svolta in modo pacifico, creando pochi disagi ai milanesi.

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La storia degli obici inviati in treno in Ucraina via Polonia

La storia degli obici inviati in treno in Ucraina via Polonia. Perché una settimana fa ha destato grande attenzione la storia di un convoglio ferroviario carico di carri armati che passava per la stazione di Udine. Tutti si sono chiesti e sono arrivate le risposte. Come succede in tempo di guerra l’Esercito non ha nè confermato né smentito la notizia. Ma pian piano sono emerse alcune informazioni da fonti del Ministero della Difesa. La prima è che non si tratta di carri armati, ma di obici. Sono M109l, cannoni dotati di torretta da 28 colpi. Un modello di arma americano poi adattato a tempi più moderni dalle fabbriche italiane, la Oto Melara in particolare. Nel caso del convoglio di Udine si tratta di attrezzature difettose. Ufficialmente si tratta di obici da dismettere perché difettosi o comunque con necessità di manutenzioni. Sul treno erano una ventina di obici, parte di una fornitura totale di una sessantina. Sono in tutta probabilità i 74 semoventi M109G in M109L che dal 1990 al 1996 furono aggiornati nel piacentino con la sostituzione della bocca da fuoco 155/2322 con quella da 155/39 e con la modifica della torretta, per far posto al nuovo magazzino proiettili. Oggi vengono spediti in Polonia dove vengono rimessi in funzione per poi essere destinati agli ucraini in funzione antirussa. A quanto risulta da fonti non ufficiali del Ministero l’Italia invia soltanto le attrezzatura, ma in Polonia non forniamo alcun supporto né pubblico né privato. Segno che siamo in guerra, ma fino a un certo punto. Sicuramente ci stiamo alleggerendo di materiali per la felicità dei costruttori di armi da cui dovremo ricomprare tutto ciò che sta uscendo dai magazzini. Dunque La storia degli obici inviati in treno in Ucraina via Polonia è appena cominciata.

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Profiughi ucraini: 13 accordi con i Comuni milanesi e 774 accolti

Profiughi ucraini: 13 accordi con i Comuni milanesi e 774 accolti. Il Prefetto di Milano Renato Saccone ha incontrato questa mattina i Sindaci capofila dei Comuni sottoscrittori degli accordi di collaborazione per ringraziarli e fare il punto dell’accoglienza dei profughi ucraini. Ad oggi sono stati sottoscritti 12 accordi di collaborazione, ai quali se ne aggiungerà a breve un tredicesimo, con il coinvolgimento totale di 53 Comuni. “Si tratta di una risposta straordinaria del territorio, sensibile e concreto nel dare solidarietà e accoglienza al flusso continuo di profughi ucraini” ha evidenziato il Prefetto analizzando con i Sindaci i dati. Ad oggi, sono presenti nei CAS, 774 profughi con oltre il 40% di minori, gli adulti sono in gran parte donne, confermando la presenza prevalente di nuclei familiari composti da donne e bambini. Con gli accordi di collaborazione sono già stati attivati 456 posti ed altri 500 lo saranno nelle prossime settimane. Questa disponibilità degli enti locali consentirà di accogliere i flussi dei nuovi arrivi e di dare risposte alle situazioni emergenziali del territorio. Particolare significato tra le sistemazioni utilizzate, assumono i centri di accoglienza attivati nei beni confiscati, come già è stato fatto a Rescaldina e a breve a Cusago, Nerviano e San Vittore Olona

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Una zona franca per russi e ucraini?

Una zona franca per russi e ucraini? Perché in questi giorni la macchina dell’accoglienza si sta attivando e arrivano come di consueto gli annunci da Roma sulle possibile sovvenzioni per chi apre la porta a chi scappa dalla guerra, ma resta aperto un altro tema essenziale per Milano: ci sono russi e ucraini che non hanno bisogno di accoglienza. I benestanti sono scappati prima dell’invasione e hanno messo al sicuro i loro soldi, dunque hanno solo bisogno di un posto dove passare tutto il tempo che servirà a rimettere insieme le macerie della guerra. E allora perché non pensare a Una zona franca per russi e ucraini? Non devono per forza avere vantaggi fiscali particolari, ma una tutela in più per loro potrebbe essere una tutela in più per Milano che in colpo solo farebbe un gesto di pace e un gesto saggio per la propria economia. Perché le spese delle due comunità hanno sempre rappresentato un bel pezzo del fatturato dei marchi famosi che si associano al brand Milano. E visto che la città non ha più nemmeno i soldi per avviare  la metropolitana, pensare a nuclei di persone che possono contribuire all’economia cittadina non sembra un’idea peregrina. Si sono date le cittadinanze onorarie e non a cittadini egiziani arrestati nel loro Paese di provenienza solo per questioni politiche, perché  non attuare una politica sui cittadini stranieri che necessitano di sicurezza ma non di soldi? In fondo la maggior parte di loro ha in tutta probabilità già una casa nelle migliori zone di Milano. E la città ha sperimentato col calcio quanto una certa politica possa attirare campioni: negli anni passati diversi top player hanno deciso di finire la carriera in Italia perché pagando una certa somma erano a posto con il fisco per tutto l’anno. Ora perché non pensare qualcosa di simile per i russo-ucraini benestanti? E’ vero che non giocano a calcio, ma in tanti potrebbero aiutare Milano e dunque l’Italia come un Rivaldo. Una misura che per altro aiuterebbe subito sia chi fugge dalla guerra sia chi li ospita perché permetterebbe di avviare rapporti stabili con queste comunità in modi che ancora non abbiamo sperimentato. In fondo l’Italia già ha rapporti storici consolidati con entrambe le nazioni e si è appena proposta come garante della neutralità ucraina. Dunque perché non aiutare questo percorso facilitando lo stanziamento di nuovi stranieri sul suolo meneghino?

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Dall’armiamoci e partite all’armateli e mandateli al fronte

Dall’armiamoci e partite all’armateli e mandateli al fronte. Quando si pensava di aver toccato il fondo con una certa propaganda para bellica come il noto armiamoci e partite, ecco che l’opinione pubblica italiana viene orientata verso l’armateli e mandateli al fronte. Con un paraculismo di livello alto persino per gli italiani, abituati a votare verde ma a volere il suv a diesel perché costa meno. Quelli che firmano appelli gretini per poi portare i figli a scuola in auto anche se la scuola sta a un chilometro da casa. Perché l’ambiente va difeso, ma ad agosto in casa voglio 20 gradi. Così come l’Ucraina va difesa, ma guai ad armarsi e partire. Anzi, visto che l’Ucraina è stata trasformata dagli occidentali in un deposito di armi, basterebbe solo il partire: la parte dell’armarsi si può espletare in loco. Ma hai visto mai che poi devi pure farla la guerra oltre che incitare gli altri a combattere. Così in un attimo siamo passati dall’armiamoci e partite all’armateli e mandateli al fronte. Tra l’altro contro gli stessi russi che hanno comunque continuato a fornire il gas a chi gli impone sanzioni sempre più dure su ordine degli Stati Uniti di un Biden alla disperata ricerca di riscatto dopo le magre figure di inizio mandato. Ma la retorica bellica piace tantissimo a chi sa per certo di avere l’esenzione dal fronte. Sarebbe bello se politici e commentatori così convinti che Putin vada fermato si recassero in Ucraina. Ci è arrivato chiunque volesse a Kiev, tanto che alcuni coraggiosi cronisti sono lì a raccontare giorno per giorno la durezza della guerra. Allora perché non organizziamo un bel pullman? Con tutte le spese con cui si erodono i soldi delle tasse, un bel camion di cantori della guerra giusta potrebbe essere un’idea. Anche perché la crisi economica è tutt’altro che passata e oggi come oggi liberare qualche posto di lavoro serve come il pane in tempo di guerra. L’insopportabilità manifesta di chi si permette di invocare sanzioni, interventi Nato e presunte guerre nucleari ha raggiunto ormai livelli inaccettabili. Dopo aver spremuto gli italiani con le tasse e la progressiva erosione dei diritti sociali in favore dei diritti civili (cioè oggi si possono sposare i gay, ma l’articolo 18 non esiste più e qualcuno lo considera un passo avanti) ora vogliono pure spedirli al fronte per morire in nome di non si sa bene cosa, visto che le bombe democratiche hanno distrutto una mezza dozzina di Paesi solo negli ultimi 30 anni. Allora forse è necessario sposare l’idea di passa dall’armiamoci e partite all’armateli e mandateli al fronte. Ma loro, i leoni con la pelle degli altri.

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