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Estorsioni e usura: 7 arresti

Gli agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, hanno eseguito nelle province di Milano e Pavia, diverse misure cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili di usura ed estorsione, aggravata dal metodo mafioso, spaccio di stupefacenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Si stima che in totale il giro di affari legato alle sole emissioni di false fatture ammontasse a diversi milioni di euro mentre è stata scoperta una “vendita di denaro” da parte di alcuni degli indagati che consentiva di poter camuffare dei prestiti di tipo usuraio: si sono verificate anche estorsioni ed è stato riscontrato sfruttamento di manodopera in nero. Durante le indagini il Tribunale di Milano – Sezione Misure di Prevenzione – aveva emesso un decreto di sequestro a carico di uno degli indagati, risultato affiliato alla ‘ndrangheta, in particolare alla locale di Giussano (Monza e Brianza), direttamente collegata alla locale di Guardavalle (Catanzaro). L’uomo è risultato gestore di fatto, attraverso una serie di prestanome, di società cartiere che emettevano false fatturazioni al fine di mascherare altre operazioni ed attività illecite. Gli agenti della Divisione Anticrimine e gli investigatori della Squadra Mobile, hanno raccolto le dichiarazioni di due presunte vittime di usura da parte dell’indagato destinatario del provvedimento di sequestro. Avrebbe prestato loro somme di denaro a tassi di interesse usurario, variabili tra il 10% e il 30% mensili che, se non restituiti, avrebbero determinato delle pesanti conseguenze nei loro confronti. Le operazioni vedono impegnati decine di poliziotti, anche della Squadra Mobile di Pavia. Dei dieci indagati, tre sono stati portati in carcere, quattro ai domiciliari e uno sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. ANSA

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Usura e racket, a Milano vittime e carnefici vanno a braccetto

Che ci fossero i bauscia si sapeva, ma quando te lo conferma la direzione distrettuale antimafia è diverso. Alessandra Dolci è il volto dell’antimafia a Milano e ieri ha spiegato che “in molti casi qui a Milano l’imprenditore vittima di usura sviluppa rapporti di cointeressenza con i malavitosi, pensa cioè di poterli gestire, cosa che ovviamente non succede mai”. Eccolo là il bauscia: arriva il mafioso e lui pensa di poterne fare un dipendente perché in fondo è un giargiana. Invece no, si parla di gente che ha anche imparato a cambiare pelle: come ha spiegato Ferruccio Patti, presidente di SoS Usura, “è la mafia che si sta milanesizzando, a Palermo si evita ormai di sparare: hanno capito di poter concludere affari più ricchi se si evita di sparare”. La famosa mafia in doppio petto, che preferisce acquisire quote azionarie invece di piazze di spaccio. Finge di diventare socio di un imprenditore per sfruttarne l’azienda: ed ecco che becca pure il bauscia che è la figura perfetta, fino a che non si avverte il tintinnio di manette. E’ lì che si crea la differenza tra testimone di giustizia e collaboratore di giustizia: come ha spiegato Dolci, il primo è quello che avrà tutto il sostegno dello Stato in forma di protezione e benefit, l’altro invece è quello che si è convertito quando già c’era puzza di bruciato. Il primo invece è andato lui dallo Stato prima di stringere legami con le mafie. E lo Stato di strumenti ne ha come ha confermato Annapaola Porzio ha un curriculum infinito e di altissimo livello “gestisco un fondo milionario, ma non riesco a spenderlo: le denunce sono poche e anche quando arrivano, non viene presentata l’istanza”. Ma se il bauscia pensa di poter gestire i suoi carnefici trasformandoli in soci o dipendenti, ogni sforzo è vano.  

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