violenze

Individuati alcuni dei responsabili delle violenze a San Siro

Sono stati individuati alcuni tifosi che sabato scorso allo stadio Meazza di Milano durante la ritirata dagli spalti della Curva Nord ordinata dai capi ultrà nerazzurri in seguito all’omicidio di Vittorio Boiocchi, hanno provocato il deflusso, e un terzo ultrà responsabile di aver usato violenza verso una persona che esitava a lasciare San Siro. E’ quanto risulta dalle indagini condotte dalla Digos che in queste ore sta analizzando i filmati delle telecamere a circuito chiuso. Sono in corso anche approfondimenti su due spettatori che hanno chiamato il 112 per lamentare di essere stati allontanati dagli spalti. ANSA [the_ad id=”36270″]

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Violenze di Capodanno: risentite le vittime

Hanno di nuovo messo a verbale il loro dramma e le violenze subite la notte dello scorso Capodanno in piazza Duomo a Milano, quando sono state circondate e aggredite sessualmente, alcune delle ragazze vittime della “furia brutale” del “branco’”, un’orda di giovani che le ha costrette a subire abusi a volte anche per venti minuti. Oggi, infatti, davanti al gip Raffaella Mascarino è iniziato l’incidente probatorio per ‘cristallizzare’ le loro dichiarazioni già rese, assieme ai riconoscimenti fotografici, in vista del processo. Incidente probatorio che proseguirà anche il 6 maggio e che era stato richiesto dal pm Alessia Menegazzo e dal procuratore aggiunto Letizia Mannella, titolari dell’indagine che ha portato in carcere Mahmoud Ibrahim, 18 anni, fermato a Milano, e Abdallah Bouguedra, 21enne di Torino. Per la vicenda anche la magistratura minorile ha disposto l’arresto di un 16enne egiziano senza fissa dimora e di un connazionale 17enne con permesso di soggiorno. Il Riesame, tra l’altro, ha deciso che la custodia in carcere vada applicata anche al 19enne Abdel Fatah (la sua difesa, però, ha fatto ricorso in Cassazione). Stamani sono state ascoltate, davanti a giudice, inquirenti e difensori degli arrestati, quattro amiche che subirono abusi vicino alla Galleria Vittorio Emanuele II e nel pomeriggio saranno sentite due ragazze che con lo stesso schema furono aggredite all’angolo con via Mazzini (le violenze su una di loro vennero documentate in un noto video). “Mi sono ritrovata per terra, senza riuscire a rialzarmi e sentendomi soffocare, ho iniziato a pensare di morire. Ero atterrita dalla paura, mentre la mia amica strillava”: questo solo uno dei tanti racconti già emersi dagli atti e confermati nell’incidente probatorio. Tra le vittime, in totale una decina, anche due turiste tedesche. ANSA

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Violenze di capodanno: arrestati due minorenni egiziani

La Polizia di Stato di Milano sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due minori gravemente indiziati di alcune delle violenze sessuali e rapine avvenute la notte di Capodanno in piazza Duomo e dintorni. L’indagine, condotta dalla Sezione Omicidi della Squadra mobile di Milano e dal Commissariato Centro – spiega la Questura -, è a carico di due egiziani di 16 e 17 anni.  Dei due ragazzi, uno ha il permesso di soggiorno, l’altro è un minore straniero non accompagnato. I poliziotti, nell’inchiesta coordinata dal procuratore per i minori di Milano Ciro Cascone, sono giunti alla loro identificazione con le immagini dei sistemi di sorveglianza, con la testimonianza di numerosi testimoni e delle parti offese, oltre che con l’analisi dei vari social network e l’utilizzo del software per il riconoscimento facciale da parte della Polizia Scientifica. I due giovani sono ritenuti responsabili delle violenze a sfondo sessuale commesse ai danni delle due turiste tedesche, riprese in un video che ha fatto il giro del web. Le indagini, inoltre, hanno permesso di attribuire al sedicenne luna rapina messa a segno alle 2 e 15 in via Torino: il giovane, che faceva parte un nutrito gruppo che, secondo la Questura, “si muoveva subdolamente con abilità criminale”, avrebbe accerchiato una coppia di ragazzi che stava passeggiando con alcuni amici, aggredendoli e rapinandoli dei cellulari. Uno dei ragazzi aveva riportato ferite giudicate guaribili in cinque giorni mentre un’altra giovane vittima, mentre cercava di chiamare i soccorsi, era stata minacciata con un coltello.

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Violenze di capodanno, monsignor Delpini: “Schiaffo a una città che non meritava”

Violenze di capodanno, monsignor Delpini: “Schiaffo a una città che non meritava”. “Nella persona umana abita la contraddizione, siamo contraddittori, la prima parola del Vangelo è ‘Convertitevi’: la religione comincia col cambiare il punto di vista, con il mettere il punto di vista di Dio prima del proprio”.  Così l’Arcivescovo di Milano, Sua Eccellenza Monsignor Mario Enrico Delpini a Che tempo che fa su Rai3, sul dolore espresso da Papa Francesco verso i respingimenti in nome della religione. “La relazione con gli altri è un aspetto di questa conversione; gli altri sono quelli che ci disturbano, che ci provocano, che ci dicono ‘Convertiti, cerca di renderti conto del mondo in cui vivi e di rispondere alla vocazione a cui sei chiamato’. Gli altri sono necessari perché in fondo sono la voce di Dio. (…) Gli altri sono i vicini di casa, quelli lontani, i poveri, gli amici. Questa idea di respingere, di difendersi, di chiudersi in casa è il contrario dell’appello evangelico che dice ‘Esci da casa, esci da te stesso, ti aspettano gli altri, ti aspetta Dio”. Sul concetto di gentilezza. “La gentilezza è un modo di stabilire relazioni che parte dalla stima per gli altri, dal fatto che io mi aspetti qualcosa. L’atteggiamento di chi si mette ad ascoltare, di chi si lascia provocare, di chi dice quello che pensa aspettandosi che ci sia una reazione che lo aiuta a pensare meglio”. Sui difetti della comunicazione di oggi. “Il primo è ridurre la comunicazione a espressione, che non nasce dal voler comunicare agli altri perché mi interessano ma perché voglio esprimere me stesso, una rabbia, una presunzione, una delusione, quindi parlo e comunico per esprimermi, non per comunicare. L’altro grosso difetto è la comunicazione che si riduce a costruzione del consenso, un modo di sedurre l’interlocutore perché compri qualcosa o voti qualcuno o costruisca una mentalità che tollera quello che è sbagliato”. Sugli episodi di violenza verificatisi a Milano a Capodanno. “Una delle esperienze più umilianti della mia vita è stato quando forse un insegnante mi ha dato uno schiaffo che non meritavo. Ero un ragazzino, questo mi ha ferito al punto che ancora adesso questo schiaffo brucia. Penso che questi episodi di violenza siano stati uno schiaffo a una città che non lo meritava. Un’umiliazione che soprattutto le ragazze coinvolte hanno subìto, un elemento che fa molto soffrire, occorre stare vicino alle vittime perché penso che un atteggiamento così aggressivo possa lasciare una traccia profonda di paura e di risentimento. Poi ho pensato a chi sono questi tali che fanno queste cose, da dove vengono, come farli ragionare… Io ho delle responsabilità educative, come la Chiesa e tante altre istituzioni; questi episodi così umilianti devono suscitare anche un’interpretazione su da dove viene questa violenza. Noi abbiamo la responsabilità di comprendere, dialogare, intervenire, di non rinunciare mai al compito di educare, di avere una stima così profonda nell’umanità da voler aiutare tutti a diventare migliori, a evitare di darsi schiaffi che nessuno merita”.

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Violenze di capodanno: altre perquisizioni a Torino

La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Milano, nell’ambito dell’attività investigativa per identificare i responsabili delle violenze sessuali, rapine e lesioni avvenute la notte di Capodanno in piazza Duomo a Milano, sta effettuando ulteriori cinque perquisizioni a Torino. Si tratta di maggiorenni, tre italiani di origine marocchina e due marocchini titolari di permesso di soggiorno, di età compresa tra i 19 e i 24 anni. Nelle case dei giovani perquisiti – spiega la Polizia -, tre dei quali indagati per i fatti di Capodanno (nel caso di altri due si tratta di perquisizioni presso terzi) , sono stati sequestrati dispositivi elettronici ed indumenti corrispondenti a quelli indossati la notte del primo gennaio. Le perquisizioni degli agenti della Squadra Mobile di Milano vedono il coinvolgimento anche dei poliziotti della Sezione di PG della Polizia di Stato presso la Procura della Repubblica di Milano, della Squadra Mobile della Questura di Torino e dei Reparti Prevenzione Crimine Lombardia e Piemonte. Allo stato, le indagini sono concentrate su cinque episodi avvenuti la notte di Capodanno e che vedono undici ragazze quali parte offese. Nei giorni scorsi sono già stati perquisiti tra Milano e Torino 18 ragazzi di cui 12 risultano indagati. Due sono stati fermati e si trovano ora in carcere. Nelle prime perquisizioni le indagini si concentravano su tre episodi con nove vittime. Nei giorni scorsi altre due ragazze hanno denunciato altri due distinti casi e sono anche state sentite dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo fornendo riscontri utili.

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Donna Uccisa, 18 anni di violenze, il racconto della figlia

Una relazione cominciata 18 anni fa, nel 2001, quella tra Adriana Signorelli e Aurelio Galluccio, e costellata di soprusi e aggressioni, non solo alla donna ma anche ai figli di lei. E’ quanto emerge dai racconti della figlia della 59enne uccisa dal marito in casa sua sabato notte a Milano. Silvana D’Arco, sentita sul posto dalla polizia, ha ripercorso il calvario della madre a fianco a quell’uomo violento, che lei comunque aveva deciso di sposare cinque anni fa proprio, nonostante fosse detenuto a San Vittore. I particolari vengono riportati nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei confronti di Galluccio, considerato autore dell’uxorcidio; con il provvedimento la gip di Milano, Maria Vicidomini, ha convalidato l’arresto per tentato omicidio nei confronti dei due agenti presenti sul posto quando l’uomo è tornato e ha provato a investirli (non ha convalidato invece il fermo per omicidio volontario aggravato, pur disponendo la misura cautelare, non essendoci pericolo di fuga, in quanto l’arrestato era già privo della libertà). Nei ricordi della figlia quarantenne, il primo incontro con il nuovo compagno della madre, mentre questa si stava separando da suo padre, ovvero il primo marito: l’uomo si presentò in una concessionaria di auto, ma fin da subito i rapporti tra i due si erano rivelati “turbolenti e burrascosi“. La madre “per paura di reazioni violente” si rifugiava spesso in casa della figlia, ammette lei stessa, pur non riuscendo a staccarsi da lui. “Alcolista e tossicodipendente da eroina” – racconta ancora la donna – nascondeva, come spesso accade, la sua indole violenta nei confronti della compagna dietro “motivi di gelosia“. Nel novembre 2018, prima di bruciarle la porta di casa, l’aveva apostrofata come “prostituta“, e ancora prima erano state incalcolabili le volte in cui l’aveva presa a botte e si era recato sul posto di lavoro di lei per minacciarla. Tutti episodi che la donna aveva denunciato in questura ma anche al “commissariato di via Chopin“, ma dopo i quali comunque aveva continuato la sua relazione, fino al matrimonio, avvenuto mentre Galluccio era in carcere. Vittima della violenza dell’uomo anche l’altro figlio della donna, Alessandro D’Arco, che con la madre da tempo aveva tagliato i rapporti: nell’ordinanza viene raccolta anche la sua testimonianza, relativa ad un episodio del 2006. Subito dopo la separazione con il primo marito, la donna chiedeva un mantenimento di 1.800 euro al mese e 300mila euro per il 35% delle quote della società di telecomunicazioni di famiglia: a pretendere i soldi era stato il nuovo compagno della madre, che si era presentato nella sede dell’azienda con una pistola. Qualche anno dopo, nel 2013, il figlio era intervenuto dopo una richiesta d’aiuto della donna: arrivato in casa di lei – in via San Giacomo 4, quartiere Chiesa Rossa, dove sarebbe poi stata uccisa – l’aveva trovata a terra con Galluccio ancora nell’atto di picchiarla; aveva tentato di bloccare l’aggressore, ma in cambio aveva ricevuto una coltellata al fianco sinistro. A nascondere il coltello con il quale Galluccio aveva compiuto il gesto contro il figlio, proprio Adriana: nell’ennesimo tentativo di giustificare il compagno violento. AGI  

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