Occhio ai semafori

Occhio ai semafori. In questi mesi di crisi perpetua bisogna prestare molta attenzione ai colori semaforici eletti a regolatori di ogni attività. Ieri imponevano il movimento solo ad automobili e pedoni, oggi stabiliscono i limiti di ogni mossa. Persino il respiro è stato controllato. Ma occhio ai semafori perché dopo il giallo viene il rosso, non il verde. Da ieri però in migliaia si sono riversati in strada per godere del sole e della ritrovata liberà di uscire di casa. Ed era zona arancione. Oggi le misure sono ufficialmente alleggerite dal giallo sancito da Roma, dunque è probabile che la situazione peggiori: in fila non c’è solo chi ha voglia di mangiare al ristorante, ma anche chi vede l’ufficio chiuso da mesi e i dipendenti a casa. Un anno di spese buttate, ecco cosa rappresenta quella porta chiusa. E di dipendenti incontrollabili. Pensieri comprensibili, ma il discorso resta sempre lo stesso: se vogliamo ritornarne allo stesso modello di prima bisogna tenere duro almeno un altro anno, perché i vaccini non arriveranno per tutti, né tantomeno si parte da chi ha un lavoro, ma dall’età e dalla situazione sanitaria. Dunque riaprire gli uffici potrebbe essere comunque un costo: ricordiamoci che se un dipendente si ammala di covid sul lavoro è un incidente sul lavoro riconosciuto dal legislatore. Vale la pena per avere poi tutti intubati in terapia intensiva? Dunque occhio ai semafori, perché se appena si apre una porta ci passiamo tutti insieme rischiamo tre anni di crisi invece di due. E lo stesso discorso vale per chi invece ha la fortuna di poter girellare solo per piacere: occhio ai semafori. Tutti hanno voglia di camminare liberamente, ma è lo stesso discorso del codice della strada: quando si percorre una strada o un marciapiede aderiamo a una serie di regole che servono a evitare una continua strage. Se il semaforo dà il via, passiamo. Altrimenti aspettiamo. Quindi quando usciamo, usiamo la testa. In questa fase non dobbiamo perdere la lucidità. Difficile, ma possibile.