Taxi, nuove licenze e le resistenze di una lobby

La lobby dei tassisti si è subito irritata. Il Comune di Milano ha annunciato di voler rilasciare nuove licenze per aumentare il numero di auto bianche per l’aumentato numero di turisti, ma soprattutto perché (come spesso accade in Italia) in realtà i tassisti al momento lavorano solo negli orari che gli fanno comodo. La notte e il mattino presto ci sono punte di chiamate inevase che sfiorano il 50 per cento. L’ultimo Salone del Mobile poi ha mostrato per l’ennesima volta l’inadeguatezza del servizio offerto: code su tutti i lati della stazione Centrale e fuori dai principali snodi della manifestazione. L’ennesima dimostrazione di come la lobby dei tassisti punta a non far entrare nessuno nel mercato che pure ci sarebbe. Il motivo è sempre lo stesso: con la concorrenza gli toccherebbe lavorare, non esagerando i prezzi e rendendosi disponibili in tutti gli orari come prevederebbe la licenza di cui sono in possesso. Se non entra nessun altro, possono continuare a ricattare il sindaco e tutta la città. Hanno talmente tanti appoggi politici che persino Sala (diciamo persino perché se c’è uno che si è sentito onnipotente è lui) ha subito piegato la testa affermando che anche sulle nuove licenze si procederà ma concordando i vari passaggi. Continuiamo a chiederci da anni come sia possibile assistere a un tale pietoso spettacolo: le licenze non sono cedibili in teoria perché i Comuni le rilasciavano gratuitamente, eppure negli anni si è sviluppato un mercato ricchissimo. A ogni piè sospinto i tassisti ricordano di aver acceso mutui da centinaia di migliaia di euro per comprare la licenza, ma sarebbe illegale. Dunque perché nessuno li ha mai fermati? Certo, l’Italia è il Paese in cui persino un ministro disse che con la mafia bisogna convivere, quindi c’è una certa tolleranza per il malaffare, specialmente se organizzato. Però resta strano. La lobby dei tassisti rappresenta un settore basato sull’illegalità e la prepotenza, tanto per dire Benedetta Arese Lucini, il primo volto di Uber in Italia, ha subito un trattamento che definiremmo da mafiosi. Eppure anche in quel caso nessuna reazione istituzionale perché in fondo gli italiani disprezzano le novità: c’è sempre il rischio di veder svanire le rendite di posizione, almeno così pensano perché è un Paese piccolo di gente piccola. Uber aveva creato 80mila aziende, quasi tutte piccole, salvando dalla povertà molte vittime della crisi. Eppure nessuno si è schierato con loro. Toninelli, il ministro della pancia a terra, si è scoperto essere pancia a terra sì, ma di fronte alla lobby dei tassisti.