Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/3

Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/3. Nella scorsa puntata di questo viaggio nelle carte del processo Eni Nigeria, che ha tenuto impegnata buona parte della Procura milanese per anni, abbiamo visto come nelle mail di una presunta fonte si parlasse di miniere d’oro grazie alla quali alcuni gruppi industriali creavano fondi neri per corrompere e guadagnare. Se parliamo di presunta fonte è perché per chi indaga, ci riferiamo soprattutto ai giornalisti, è sempre meglio partire dal presupposto che ti stiano mentendo. Specialmente se non si presentano con nome cognome e carte alla mano. Le email di cui stiamo trattando sono per lo più carta straccia: potrebbero contenere alcuni spunti, è vero, ma sono solo una presunta fonte. Cosa ben diversa da una fonte vera e propria. Anche perché già chi si presenta con le carte in mano non è detto che abbia carte vere. Eppure queste email sono state utili: agli investigatori per ricostruire la vicenda, a noi per distinguere le fonti dalle presunte fonti che spesso sono l’origine delle fake news. Torniamo dunque alle carte: la mail precedente non ha causato grandi sobbalzi all’apparenza, dunque l’anonimo torna alla carica. Se non bastano soldi, sesso e servizi segreti, ci aggiunge la famiglia. Oltre ad altri nomi come Mario Draghi, Gianni Letta, Antonio Catricalà, Romano Prodi, Fabio Ottonello e Gabriele Volpi. Perché ormai si sa che negli anni Duemila le tangenti è sempre più difficile versarle in contanti: l’epoca di Mani Pulite ha lasciato almeno su questo un’eredità positiva, perché non ha eliminato le mazzette e ha colpito molti innocenti, ma almeno ha reso più complesso corrompere qualcuno. La soluzione però è sempre a portata di mano per le menti fini e spesso si è parlato di consulenze e affini. Ecco dunque che il nostro anonimo mette a sistema alcune informazioni di base come la fuga londinese dei figli dei ricchi: negli anni Duemila si era ben lontani dalla Brexit e i figli dei ricchi italiani avevano letteralmente invaso Londra. Anche i poveri ci andavano, ma a fare i camerieri. Così imparavano l’inglese venendo pagati invece che pagando. I figli dei ricchi invece perfezionavano gli studi in Bocconi e poi entravano nelle grandi aziende. Ecco dunque che il nostro anonimo, che nel frattempo ha cambiato nickname (ora è Giuseppe Recchi), inizia a parlare del fatto che il vero sistema di corruzione si basa sul far assumere i figli nelle grandi aziende con sede a Londra. Anche in questo caso torna il discorso sul verosimile: visto che buona parte dei figli dei ricchi italiani ha studiato economia in Bocconi è abbastanza normale che trovi lavoro a Londra dove ci sono le sedi di moltissime multinazionali. Ma vista con l’occhio del sospetto anche la situazione più lineare pare avere qualcosa di non chiaro. E forse proprio per solleticare il complottismo di ognuno di noi “Recchi” racconta di come questa loggia mafiosa internazionale abbia agganci e potere ovunque, “soprattutto nella Procura di Milano”. Motivo per il quale sono “protetti” da qualunque indagine. E ovviamente non mancano i riferimenti ai contatti nel mondo dei media come Luigi Giubitosi. Ma neanche l’immancabile “guardate la villa di Scaroni a Cortina d’Ampezzo”, una soffiatina sull’invidia sociale.

Domani invece vedremo come l’ultimo tentativo su questo canale, sarà fatto con un diverso tipo di mail e di come Roberto Casula si sia accorto che è sempre meglio tenere d’occhio la propria mail…