L’ascolto prima di tutto: la politica deve fare di più per le persone con disabilità

L’ascolto prima di tutto: la politica deve fare di più per le persone con disabilità. Ogni società dovrebbe misurarsi sulla propria capacità di aiutare le persone più deboli, di sentirsi partecipe alle fatiche che quotidianamente queste persone affrontano. La persona con disabilità, persona unica e irripetibile nella sua eguale e inviolabile dignità, richiede alla società cura, riconoscimento, rispetto e integrazione: dalla nascita all’adolescenza, fino all’età adulta e al momento delicato, vissuto con agitazione da tanti genitori, del distacco dai propri figli, il momento del “dopo di noi”. La disabilità non è soltanto bisogno, è anche e soprattutto stimolo e sollecitazione. Certo, essa è domanda di aiuto, ma è prima ancora provocazione nei confronti degli egoismi individuali e collettivi, mettendo in crisi le concezioni della vita legate soltanto all’appagamento, all’apparire, alla fretta, all’efficienza. Quanti hanno responsabilità politiche a tutti i livelli, e quindi la pongo anzitutto come questione a me stessa, dovrebbero sempre operare affinché siano assicurate condizioni di vita e opportunità tali per cui la dignità delle persone con disabilità sia effettivamente riconosciuta e tutelata. In una società ricca di conoscenze scientifiche e tecniche, è possibile e doveroso fare di più, nei vari modi che la convivenza civile richiede: dalla ricerca, alla cura, all’assistenza, alla riabilitazione, all’integrazione sociale che tenga conto della visione integrale della persona umana. Ho quindi posto alcune domande a Elisabetta Sosso, mamma di un ragazzo disabile che frequenta un Centro Diurno Disabili, per disabili gravi e gravissimi, in convenzione con il Comune di Milano e Presidente del coordinamento genitori centri diurni disabili milanesi.

Questa intervista vuole essere uno stimolo per tutti a fare di più.

Un anno dall’inizio della Pandemia, cosa è stato per te quest’anno? Come sei riuscita ad affrontare questa “nuova” situazione? 

Quest’anno è stato faticosissimo per tutta la famiglia: trovarsi rinchiusi in casa, per 5 mesi, a partire da marzo 2020 il CDD di Giovanni è stato chiuso; ha messo alla prova tutte le nostre risorse, sia fisiche che psicologiche. Siamo stati lasciati completamente soli, qualche video chiamata dagli educatori, più che altro con me, perché Giovanni non ne vuole sapere di rapportarsi con questa modalità.

Niente aiuti “domiciliari” e una paura grandissima di contagiarci a vicenda….assolutamente inconcepibile e impensabile, per me, che Giovanni finisse in ospedale da solo!! Lui è un uomo (33 anni) tranquillo, fin troppo, và stimolato ad interagire altrimenti si chiude in sé stesso: ecco è successo proprio questo! A distanza di un anno dall’inizio della pandemia, siamo riusciti ad andare avanti mettendo in campo tutte le nostre risorse familiari e amicali, ma non con l’aiuto di chi aveva in carico Giovanni nei servizi comunali, perché bloccati in una posizione “prudenziale” e non di presa in carico reale.

Quali sono i servizi indispensabili per una persona con disabilità medio-grave per affrontare la propria quotidianità? Quali sono state le maggiori criticità affrontate dalle famiglie?

Esistono dei servizi LEA, cioè servizi che sono Livelli Essenziali di Assistenza, che devono occuparsi in modalità continuativa di persone con disabilità e che non potrebbero essere sospesi, ma con la pandemia lo Stato ha deciso di chiuderli ugualmente per 5 mesi. Parlo di CDD centri diurni disabili, servizi socio sanitari per persone disabili gravi e gravissimi aperti dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16, tutto l’anno tranne tre settimane circa ad Agosto.

Viene fatto un progetto individuale per ogni ospite che prevede attività ed obbiettivi mirati al mantenimento delle abilità acquisite. Durante quest’anno la maggior criticità è stata quella di avere in carico 24 ore su 24 i propri cari disabili, senza poter avere aiuti da chi li aveva in carico (CDD e altri servizi), o da chi prestava il servizio direttamente al domicilio. Siamo rimasti soli e nessuno se ne è accorto: il nostro Sindaco ha ricordato le difficoltà di molti ad andare avanti e non ha mai nominato né i disabili, né le loro famiglie.

Come genitori vi siete sentiti coinvolti nelle scelte che la politica ha fatto e sta facendo per i vostri figli? Quali richieste avete avanzato?

Purtroppo è sempre una lotta cercare di farsi coinvolgere nelle scelte che la politica, sia locale che nazionale fa; le forme di rappresentanza delle famiglie, l’associazionismo familiare si sta staccando dalla base, preferendo scelte politiche a scelte più culturali e legate al difficile quotidiano delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Solo le famiglie sanno cosa è il bene dei loro cari, perché si scontrano tutti i giorni con ostacoli legati a burocrazia e superficialità di chi gestisce i servizi. Stanno cambiando i tempi, le famiglie vogliono autoregolarsi nel gestire la vita dei loro familiari.

Le richieste che abbiamo fatto durante quest’anno sono state per chiedere che i nostri figli potessero non perdere tutte le abilità acquisite durante la loro crescita e che potessero continuare ad avere una vita semi-sociale e non stare rinchiusi tutto il giorno con mamma e papà. Nel caso di mio figlio, gli è stato ridotto il numero di giorni di presenza al CDD, invece di tutta la settimana 3 /4 giorni soltanto, e soprattutto  hanno tolto tutte le attività esterne che tanto gli piacevano ( piscina, atletica, ippoterapia..), così un CDD diventa un parcheggio per disabili non un centro educativo. Abbiamo chiesto che il trattamento all’interno dei 40 centri fosse omogeneo per orario ed attività, in modo da venire incontro davvero alle esigenze primarie delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Siamo ancora fermi nelle trattative con il Comune che demanda, ad ATS e quindi a Regione Lombardia, le modalità di apertura e gestione dei centri.

Tema vaccini. Gli operatori dei centri diurni disabili sono stati vaccinati. Che cosa state chiedendo a chi sta facendo i piani vaccinali?

Gli operatori sono stati vaccinati quasi tutti, per quanto riguarda le persone con disabilità, tutto tace; dopo tante promesse fatte da Arcuri, parliamo dei primi di gennaio, riguardo a vaccinazione dei disabili e dei loro accompagnatori ( genitori e/o caregiver), dopo mail mandate all’ assessore alla sanità Locatelli della Regione Lombardia, a Letizia Moratti Assessore al Welfare, senza aver ottenuto risposta, abbiamo capito che altre categorie stanno precedendo quella dei disabili! Non c’è urgenza ,no? Non riusciamo a chiedere niente a chi fa i piani, perché non ci danno nemmeno ascolto!