14 Luglio 2021

Ddl Zan, madri infuriate a Sesto: “Le maestre hanno detto a mio figlio che non è un maschio”

Ddl Zan, madri infuriate a Sesto: “Le maestre hanno detto a mio figlio che non è un maschio”. Il racconto di un litigio furibondo tra la famiglia di due bambini (7 e 9 anni) di una scuola primaria di Sesto San Giovanni: “Da quando hanno iniziato a parlare del Ddl Zan le maestre hanno cominciato a parlarne ai nostri figli, spiegandogli che non possono dire di essere maschi o femmine, ma che lo decideranno quando saranno grandi – racconta una madre inferocita – mio figlio mi ha detto che dopo queste lezioni delle maestre un suo compagno di classe gli ha proposto di provare a casa sua, una situazione simile è stata proposta anche a mia figlia da una sua compagna, allora ne ho parlato a mio marito che si è recato a scuola arrabbiatissimo: loro sono lì per insegnare ai bambini, non per mettergli dubbi sulla loro identità”. La donna di origine tunisine ha raccontato che ora ha paura a mandare i figli dagli amici perché con questi discorsi che sentono a scuola non si sa mai cosa potrebbe succedere. “Io mi chiedo – ha concluso la madre – ma la scuola italiana è già ai gradini più bassi nelle classifiche europee: queste maestre non avevano proprio altro da fare che mettere confusione nella testa dei bambini?”. Una domanda che ha un peso considerevole mentre il Parlamento è nel pieno della discussione del ddl Zan, una proposta di legge che sta animando la discussione politica italiana ma anche creando problemi pratici ancora prima di essere stata trasformata in una vera e propria norma statale.

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Crypto sempre più giù

Crypto sempre più giù. Tutti i nomi più noti stanno scendendo come ormai è consuetudine in questo periodo. Il Bitcoin è scivolato sotto i 27mila euro e la prospettiva è di caduta ulteriore. L’Ethereum è sotto i 1600 al pezzo. Mentre il Doge viaggia intorno agli 0,16 euro. Insomma un disastro con le crypto sempre più giù. Stavolta nemmeno HBAR fa da eccezione, semmai si accoda alla sequela di segni meno. Forse è il momento di scommettere su una discesa ulteriore per acquistare a poco prezzo e rivendere a tanto. Ma con le crypto l’unico a non scottarsi è Elon Musk.

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De Corato (FdI): “Sui blackout alla fine il problema è la rete”

De Corato (FdI): “Sui blackout alla fine il problema è la rete”. “Oggi l’Amministratore Delegato di Unareti, il dott. Gerli Francesco, ha risposto in Commissione a Palazzo Marino in merito ai blackout avvenuti lo scorso mese. In sintesi: non è un problema di potenza o distribuzione, bensì di affidabilità della rete. Il punto cruciale sono i giunti e i cavi sotto terra, ben 35 mila a Milano. Il guasto di uno di questi porta al collasso la rete. Per sostituirlo o ripararlo bisogna scavare nel sedime stradale con tutti gli inconvenienti logistici del caso. Insomma, scopriamo ora che con un sovraccarico può saltare un giunto o un cavo senza che l’Azienda possa sapere dove e quando. Non esiste modo di capire quale sia logorato per cambiarlo prima che possa provocare un disservizio alla rete”, dichiara il Consigliere Comunale di FdI a Milano, Riccardo De Corato, già vice Sindaco del capoluogo lombardo ed assessore regionale in merito alle dichiarazioni dell’Amministratore Delegato di Unareti, il dott. Gerli Francesco, riguardo i blackout di giugno. “Alla fine, scopriamo che tutte le congetture sulla poca potenza della rete e sulle auto elettriche responsabili dei sovraccarichi non c’entrano nulla, come nemmeno i condizionatori, parrebbe. Tutto è dovuto alla sicurezza della rete. Mancano le cabine di alta tensione. Gerli ha avuto modo anche di dire che le nuove costruzioni dovranno avere al loro interno delle cabine autonome, mai contemplate nei progetti di edificazione. Se il Comune vorrà, come previsto nel ‘Piano Aria’ in discussione in questi giorni, obbligare tutti i nuovi edifici ad eliminare la distribuzione del gas al proprio interno puntando tutto sull’induzione per cucinare, sarà altra energia elettrica da distribuire. Dopo 10 anni di governo del centrosinistra, Milano rischia di rimanere ancora al buio. Il Comune in questi anni invece di sollecitare le aziende ad investire sulla sicurezza della rete, ha badato di più a gestire i dividendi. Chissà se i 107 milioni stanziati da Unareti serviranno ad evitare quanto accaduto a giugno u.s.”, conclude De Corato.

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Controllo dei lavoratori online: la posizione del Garante

Controllo dei lavoratori online: la posizione del Garante di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia Il Garante della protezione dei dati personali sanziona Il Comune di Bolzano per aver monitorato la navigazione internet dei lavoratori in modo indiscriminato. La vicenda prende le mosse da un procedimento disciplinare a carico di un dipendente al quale veniva contestata la consultazione di Facebook e YouTube durante l’orario di lavoro. L’Autorità, nel proprio provvedimento, sottolinea alcuni importanti elementi che riguardano non solo il trattamento dei dati, ma anche il modus operandi del Comune, prima e durante il procedimento ispettivo. Il caso Dagli accertamenti effettuati dal Garante a seguito del reclamo presentato da un dipendente al quale veniva contestato il collegamento “con il computer del Comune, per oltre 40 minuti a facebook e per oltre 3 ore a youtube, per seguire attività non istituzionali e che […] aveva consultato pagine Internet non inerenti il suo lavoro” è emersa un’attività di monitoraggio e filtraggio della navigazione internet dei dipendenti effettuata dal Comune. I dati così raccolti venivano poi conservati per un mese e veniva creata apposita reportistica per finalità di sicurezza della rete. L’analisi della vicenda e delle modalità concrete con le quali il Comune aveva realizzato questo monitoraggio, tra l’altro per un periodo di tempo piuttosto esteso (una decina d’anni circa), ha fatto emergere alcuni importanti aspetti. 1- Mancanza di un’adeguata informativa Il trattamento effettuato dal Comune è avvenuto in assenza di un’adeguata e specifica informativa ai dipendenti in merito ai possibili controlli sugli accessi a Internet da parte del datore di lavoro. il sistema adottato dal Comune per finalità di sicurezza della rete, nella configurazione originaria, consentiva operazioni di filtraggio e tracciatura delle connessioni e dei collegamenti ai siti Internet esterni, la memorizzazione di tali dati e la loro conservazione, per trenta giorni, nonché l’estrazione di report, anche su base individuale. Questo sistema ha consentito l’individuazione diretta del lavoratore e della sua postazione di lavoro e ha dato origine a una raccolta sistematica di dati relativi all’attività e all’utilizzo dei servizi di rete da parte di dipendenti direttamente identificabili. Il Comune non aveva i fornito ai dipendenti alcuna specifica informativa relativa ai trattamenti dei dati personali né, in quelle rese disponibili, vi era alcun riferimento al trattamento dei dati personali relativi alla navigazione in Internet da parte degli stessi. In altri documenti, messi a disposizione dell’Autorità e analizzati nel corso dell’istruttoria, era presente il riferimento alle operazioni di tracciamento delle connessioni a Internet, ma essendo i documenti redatti per assolvere a obblighi diversi, non contenevano tutti gli elementi informativi essenziali richiesti dall’art. 13 del Regolamento e non potevano pertanto sostituire l’informativa che il titolare deve rendere, prima di iniziare il trattamento, agli interessati. 2 – Principio di minimizzazione In base al Regolamento, il trattamento deve essere “necessario” rispetto alla lecita finalità perseguita (art. 6, par. 1 del Regolamento) e avere ad oggetto i soli dati “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. c), del Regolamento). A tal riguardo il Garante sottolinea che l’ambito dei controlli (indiretti o preterintenzionali), sebbene effettuati nel rispetto delle normative di settore, non possono essere effettuati in via massiva e devono, in ogni caso, essere effettuati previo esperimento di misure meno limitative dei diritti dei lavoratori. L’Autorità, rimarcando il labile confine esistente tra ambito lavorativo e professionale e quello strettamente privato, ribadisce inoltre la necessità di proteggere e garantire le aspettative di riservatezza del lavoratore sul luogo di lavoro anche nell’ipotesi in cui il dipendente sia connesso ai servizi di rete messi a disposizione del datore di lavoro o utilizzi una risorsa aziendale anche attraverso dispositivi personali. Nel caso analizzato, al contrario, è emerso che le modalità concrete con le quali erano effettuati i controlli non rispettavano i principi di necessità e proporzionalità, rispetto alla finalità di protezione e sicurezza della rete interna invocata dall’Ente. Il sistema utilizzato dal Comune, infatti, “effettuando una raccolta sistematica dei dati di navigazione dei dipendenti comportava inevitabilmente il trattamento di informazioni anche estranee all’attività professionale, desumibili dagli URL visitati, e risultava, pertanto, in contrasto con il divieto per il datore di lavoro di trattare dati “non attinenti alla valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore” e dunque con l’art. 113 del Codice, in riferimento all’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300 e all’art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276” (così testualmente l’ordinanza del 13 maggio 2021). L’esigenza di ridurre il rischio di usi impropri della navigazione in Internet, da parte dei dipendenti, consistenti in attività non correlate alla prestazione lavorativa (ad esempio, la visione di siti web non pertinenti, l’upload o il download di file, l’uso di servizi di rete con finalità ludiche o estranee all’attività lavorativa) non può, infatti, giustificare ogni forma di interferenza nella vita privata, ma può essere soddisfatta mediante la predisposizione di misure tecniche e organizzative idonee a prevenire che eventuali informazioni relative alla sfera extralavorativa vengano raccolte, dando luogo a trattamenti di informazioni personali, “non pertinenti” che ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 113 del Codice 3- Limitazione della finalità Il Regolamento prevede, all’art. 5, che “i dati devono essere “raccolti per finalità determinate, esplicite legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità”. Nel caso analizzato dal Garante questo principio non è stato rispettato, posto che i dati relativi alla navigazione web dei dipendenti, originariamente raccolti e trattati in modo non proporzionato e non conforme alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, , e senza un’adeguata informativa ai sensi dell’art. 13 del Regolamento, sono stati successivamente impiegati per contestare addebiti disciplinari. Per l’Autorità prive di pregio si sono rivelate anche le indicazioni fornite dal Comune in merito all’archiviazione del procedimento disciplinare. Quest’ultimo, infatti, non aveva comportato l’irrogazione di sanzioni in quanto i dati raccolti non erano attendibili, riportando anche una serie di siti (es. collegati a banner) che non erano stati necessariamente visitati dal lavoratore, senza possibilità di distinzione tra il sito effettivamente visitato e quelli

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Focolaio di Covid al Carroponte, Ats: “Sottoporsi al test”

Focolaio di Covid al Carroponte, Ats: “Sottoporsi al test”. ATS Città Metropolitana di Milano ha rilevato 3 positivi al SARS-CoV-2 che hanno frequentato il Carroponte di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, il primo luglio: una persona non è vaccinata, mentre le altre due hanno ricevuto una dose di vaccino anti-Covid il 26 giugno. Al momento non sono state rilevate varianti. L’Agenzia, con la collaborazione della struttura, ha contattato tutti coloro che erano presenti al Carroponte in quella data e che hanno lasciato un recapito per invitarli a fare il tampone per la ricerca del virus SARS-CoV-2. Per precauzione, si invitano comunque coloro che erano presenti al Carroponte il primo di luglio a sottoporsi al test: a tal fine è possibile recarsi in uno dei punti tampone della tabella allegata, senza appuntamento e specificando la frequentazione della struttura nella data indicata. Nel caso in cui i cittadini non fossero residenti o domiciliati nelle province di Milano e Lodi, occorre rivolgersi all’ATS o all’ASL di competenza territoriale. Si sottolinea la necessità di sottoporsi al test a tutela della salute individuale e collettiva.

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Paoloni (SAP): “Il taser diventa realtà”

Paoloni (SAP): “Il taser diventa realtà”. Dopo una procedura iniziata da tempo, all’epoca di Matteo Salvini Ministro dell’Interno; dopo vari stop alcuni dei quali, a nostro avviso, figli di pregiudizi ideologici; finalmente il Taser diventa realtà: “Apprendiamo con grande soddisfazione – spiega Stefano Paoloni, Segretario Generale del SAP – che è stato definitivamente aggiudicato l’appalto per la fornitura di 4.482 Taser per le forze dell’ordine. L’appalto è stato vinto dalla ditta Axon leader mondiale nel settore. Finalmente la procedura iniziata più di due anni fa con l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini e sostenuta dall’attuale Sottosegretario On. Nicola Molteni sta giungendo positivamente al termine. Molti sono stati gli ostacoli che si sono dovuti superare, alcuni figli di un pregiudizio che i dati smentiscono categoricamente. Il Taser consente di rendere gli interventi delle forze di polizia più sicuri ed efficaci. Le persone che per legge devono essere fermate nella stragrande maggioranza dei casi (circa 14 volte su 15) alla sola vista del Taser desistono dai loro intenti violenti”. “Inoltre questo strumento – conclude Paoloni – consente all’operatore di Polizia un uso proporzionale della forza rispetto alla violenza o alla resistenza che deve vincere. Di non secondaria importanza vi è anche il fatto che abbinato al Taser vi è una telecamera che automaticamente riprende tutto l’intervento a garanzia di tutti. Nella Città del Vaticano è in dotazione da tempo così come in moltissimi paesi di tutto il mondo. Finalmente anche le polizie italiani potranno fare un importante passo avanti verso la modernità  e la sicurezza degli interventi”.

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