Ma una soluzione pacifica sullo stadio di Milano?

Ma una soluzione pacifica sullo stadio di Milano? Forse è una visione utopistica, ma sul destino dello stadio meneghino non si fa che contare schieramenti e dichiarazioni bellicose. Sembra diventata una gara a chi ce l’ha più duro. Le squadre vanno avanti con progetti che variano a seconda delle esigenze e li passano ai giornali con scioltezza. La politica milanese è sul piede di guerra. E pezzo dopo pezzo si delinea il classico quadro all’italiana: alla fine della polvere avranno perso tutti, milanesi in testa. Gli unici entusiasti saranno ancora una volta gli avvocati che probabilmente con le parcelle prenderanno casa nel nuovo quartiere. Insomma, una sconfitta di una città che ha sempre saputo conciliare le esigenze di parti estremamente diverse della società. Milano è Milano perché non ci si è mai concentrati tanto sul colore che avrebbe preso una certa decisione, ma se la decisione in sé aveva senso. Perché anche il politico più scafato in fondo possiede l’onestà intellettuale per riconoscere le soluzioni di buon senso. Il sindaco Sala ha provato a chiarire la parte che vede un esperto amministratore come lui, cioè i costi. Ha chiarito in  un’intervista al Corriere che accetta offerte di chiunque si presenti con un progetto chiaro di gestione nel prossimo ciclo d’affitto è benvenuto. Ma c’è anche qualcosa in più, perché per far tornare i conti ci sono mille modi. Pure escludenti, magari scorretti. Il bilancio e le nomine non sono tutto. Lo stadio per la tradizione culturale da cui veniamo deve riguardare tutta la città. Non ci può essere qualcuno che non sappia cosa ne sarà. Non si può ridurre lo stadio al suo lato business, perché non siamo uno dei popoli che hanno imparato a costruirli dagli italiani. Siamo quelli che li usavano come segno di civilizzazione. Allora ai contendenti chiediamo: Ma una soluzione pacifica sullo stadio di Milano? Apriamo un vero tavolo, con i tempi scaglionati al ritmo delle esigenze di tutti: società, Comune, comitati, ecc. Un’operazione del genere potrebbe basarsi su un accordo “no ricorso”. Chi si siede, accetta modalità, tempi e decisioni finali. Le operazioni sullo stadio per una volta si svolgerebbero veloci e con il disturbo minimo necessario per gli abitanti. La città nel frattempo capirebbe che anima ha. Per una volta sarebbe chiaro cos’è oltre a un parco giochi per cocainomani a vari livelli di dichiarazione dei redditi. Servirebbe anche per le scelte future. Perché senza sapere dove si vuole andare, nessun vento è favorevole.