31 Agosto 2022

A2A che ruolo ha nella crisi energetica?

A2A che ruolo ha nella crisi energetica? Perché Milano ha da tempo ceduto una parte del controllo delle proprie infrastrutture, ma possiede importanti partecipazioni e pesi nei consigli di amministrazione. Un’azienda che si occupa di energia in tanti sensi è A2A, società che per altro in questi ultimi anni di è dedicata a una politica di acquisizione di aziende pubbliche nel nord Milano. Segno che la liquidità non le mancava di certo, anche perché da tempo sono tra i pochi che hanno flussi di denaro vero in quantità gigantesche per le nano imprese che tanto piacciono alla retorica nazionale. Perché le bollette le riscuotono mensilmente e non esistono deroghe salvo vedersi tagliare il gas con una decisione che manco Putin. Dunque che ruolo ha A2A nella crisi energetica? Perché è vero che è di fatto un po’ privata e un po’ pubblica, ma i Comuni di Brescia e Milano possono farsi sentire. Perché solo i lucani possono godere di sconti in bolletta? Perché se in Basilicata ci sono i pozzi e dunque le risorse private per alleggerire le bollette ai cittadini, in Lombardia i cittadini hanno finanziato la creazione di un colosso dell’energia con un bilancio da miliardi di euro (siamo oltre i 5 miliardi). Lo stesso colosso che appunto si è dato allo shopping da centinaia di milioni di euro. Siamo proprio sicuri che non ci siano i fondi per alleggerire le bollette di imprese e famiglie lombarde? Perché quando le vacche erano grasse Mazzoncini e soci sono andati avanti a comprare e fatturare. Nonché a ritirare lauti compensi. Oggi forse sarebbe il caso che si impegnassero per gli stessi che hanno foraggiato con i loro tributi, nonché le sempre più care bollette, i loro affari. In fondo sono pure la società giusta vista la natura pubblica che l’ha creata. E sarebbe una mossa lungimirante: se la crisi dovesse affondare l’economia e la società del Nord Italia, anche A2A perderebbe i clienti che l’hanno resa ricca. Lei e i suoi amministratori. Dunque perché non prendersi carico di alleggerire i conti di chi domani potrebbe continuare a contribuire all’ampliamento della società? A2A potrebbe proteggere il presente dei lombardi per garantire il futuro di tutti. Azionisti compresi.

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Inaccettabili i rincari di Trenord

Inaccettabili i rincari di Trenord. Mentre in tutta Europa Governi e Regioni cercano di recuperare l’utenza persa durante il Covid (-30%) con tariffe scontate o gratuite (Spagna) Trenord e quindi la Regione Lombardia fanno scattare un aumento inaccettabile dal 1 settembre del 3,82% per i titoli ferroviari e dell’1,91% per quelli integrati (Treno + bus). Dopo un nuovo anno di continui disservizi, soppressioni di treni, carrozze surriscaldate e numerosi ritardi adesso i pendolari lombardi dovranno pure pagare i rincari di un servizio inefficiente. Nonostante i generosi contributi pubblici statali continua la pessima gestione monopolista delle ferrovie lombarde che ha raggiunto il suo culmine con la chiusura di un mese del nodo del Passante di Milano. Non bastasse il 27 settembre prossimo ci sarà l’ennesimo sciopero il decimo nell’ultimo anno per una vertenza locale, il quindicesimo se si contano pure i cinque proclamati dai sindacati autonomi e confederali a livello nazionale per il mancato accordo sui turni di lavoro con le rappresentanze sindacali unitarie di Cgil Cisl Uil e Orsa.  Un nuovo duro colpo alla mobilità sostenibile mentre la crisi energetica ed economica morde sempre più.

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Da gennaio a luglio record lombardo di morti sul lavoro

Da gennaio a luglio record lombardo di morti sul lavoro. “È iniziato il secondo semestre del 2022 e le morti sul lavoro non accennano a diminuire. Sono 569 i lavoratori che hanno perso la vita da Nord a Sud del Paese da gennaio a luglio 2022, con una media di 81 morti sul lavoro ogni mese. E, sebbene le rilevazioni ufficiali da gennaio a luglio 2022 facciano emergere un decremento complessivo della mortalità del 16% rispetto al 2021 (erano 677 a fine luglio 2021), la realtà dei fatti è ben diversa. Perché la flessione continua ad essere fortemente “drogata” dalla quasi totale assenza nel 2022 dei decessi per Covid rispetto al 2021: lo scorso anno infatti, nei primi sei mesi, gli infortuni mortali per Covid erano 367 su 538, circa il 68%. Quest’anno sono solo 11 su 463, ossia il 2%. Ciò significa che gli infortuni mortali “non Covid” sono passati dai 171 del primo semestre 2021 ai 452 del corrispondente periodo del 2022, con un eclatante e drammatico incremento del 164%”.  È questa la prima proiezione commentata da Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, con cui anticipa le costanti criticità dell’emergenza nel nostro Paese. E l’insicurezza sul lavoro si legge nitidamente anche nelle denunce totali di infortuni cresciute del 41,1% rispetto al 2021, arrivando a quota 441.451. E i settori della Sanità, Attività Manifatturiere e dei Trasporti rimangono sempre in cima alla graduatoria. Ma il dato come sempre più significativo nell’indagine dell’Osservatorio mestrino è il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione e provincia per provincia. L’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, analizza da sempre infatti l’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia nei primi sette mesi dell’anno è di 18,3 decessi ogni milione di occupati. Questo indice consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso. Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio mestrino elabora mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto – alla stregua della pandemia – dividendo l’Italia a colori. A finire in zona rossa alla fine dei primi sette mesi del 2022, con un’incidenza superiore al 125% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 18,3 ogni milione di lavoratori) sono: Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Molise Calabria e Umbria. In zona arancione: Marche, Toscana, Puglia, Sicilia, Campania, Emilia Romagna e Veneto. In zona gialla: Sardegna, Piemonte, Lazio, Abruzzo e Lombardia. In zona bianca: Basilicata, Liguria e Friuli Venezia Giulia. (In allegato e sul sito www.vegaengineering.com/osservatorio sono disponibili i grafici e i dati). I NUMERI ASSOLUTI DELLE MORTI SUL LAVORO IN ITALIA DA GENNAIO A LUGLIO 2022 A guidare la classifica del maggior numero di vittime in occasione di lavoro è ancora la regione con la più alta popolazione lavorativa d’Italia, cioè la Lombardia (60). Seguono: Veneto ed Emilia Romagna (39), Lazio (35), Toscana (34), Campania (32), Piemonte (31), Sicilia (27), Puglia (26), Trentino Alto Adige (19), Calabria e Marche (14), Sardegna (10), Umbria (9), Abruzzo (7), Liguria (5), Valle D’Aosta (4), Molise (3), Basilicata e Friuli Venezia Giulia (2). Nel report allegato il numero delle morti in occasione di lavoro provincia per provincia. Anche nei primi sette mesi del 2022 il settore Trasporti e Magazzinaggio fa registrare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 63 (13 vittime in più del mese precedente. Seguono: Costruzioni (62) e Attività manifatturiere (41). La fascia d’età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (145 su un totale di 412). Ma l’indice di incidenza più alto di mortalità rispetto agli occupati viene rilevato ancora tra i lavoratori più anziani, gli ultrasessantacinquenni, che registrano 55,3 infortuni mortali ogni milione di occupati. L’incidenza di mortalità minima rimane, invece, ancora nella fascia di età tra 25 e 34 anni, (pari a 10,5), mentre nella fascia dei più giovani, ossia tra 15 e 24 anni, l’incidenza risale a 12,8 infortuni mortali ogni milione di occupati. Questi dati confermano che la maggior frequenza di infortuni mortali si riscontra tra i lavoratori più vecchi e che i giovanissimi, cioè i lavoratori sotto i 25 anni, rischiano di morire sul lavoro più dei lavoratori più “maturi”. Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro da gennaio a luglio del 2022 sono 33 su 412. In 29, invece, hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro. Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 71. Il martedì si conferma anche nei primi sette mesi 2022 come il giorno della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali. Le denunce di infortunio totali sono in aumento (+ 41,1% rispetto luglio 2021). A fine luglio 2021 erano infatti 312.762 mentre a fine luglio del 2022 sono 441.451. Più di 60 mila poi sono gli infortuni occorsi in occasione di lavoro nel settore Sanità e Assistenza Sociale. Oltre 44 mila quelli nelle Attività manifatturiere e superano i 39 mila nei Trasporti. Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane nei primi sette mesi del 2022 sono state 188.509, quelle dei colleghi uomini 252.942. LA ZONIZZAZIONE A COLORI È LA NUOVA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA ELABORATA DALL’OSSERVATORIO SICUREZZA SUL LAVORO VEGA ENGINEERING DI MESTRE, PER FOTOGRAFARE IL LIVELLO DI SICUREZZA DEI LAVORATORI.

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Via Quintiliano. Pandolfino (FdI): l’incendio un disastro annunciato

“Non è passato nemmeno un mese da quando insieme al collega Enrico Marcora, accompagnati dalle Forze dell’Ordine, abbiamo svolto un sopralluogo nell’immobile dismesso di via Quintigliano 40”. Lo scrive in una nota Gabriele Pandolfino, Consigliere di Municipio 4 di Fratelli d’Italia. “Nonostante le rassicurazioni ricevute in quell’occasione sull’avvenuta messa in sicurezza dell’edificio da parte della proprietà – continua Pandolfino – ieri è successo quello che i residenti temevano da tempo, gli occupanti abusivi hanno causato l’incendio del palazzo”. “Secondo quanto riferito dai residenti nei dintorni – spiega Pandolfino – approfittando del periodo estivo, numerosi senzatetto si sono stabiliti all’interno del palazzo e, ieri sera, fra questi è scoppiata una violenta lite nel corso della quale, non si sa incidentalmente o volontariamente, si sono sprigionate le fiamme che hanno in breve avvolto tutto l’edificio. Solo la fortuna e l’immediato intervento di Pompieri e Forze dell’Ordine hanno evitato che ci fossero feriti, o peggio ancora vittime”. “Un’episodio grave, per il quale non si possono attribuire responsabilità alla Polizia che, nei limiti dei mezzi e del tempo di cui dispone, ha sempre tenuto sotto osservazione l’edificio. Le vere responsabilità – conclude Pandolfino – stanno in capo al Comune, incapace di applicare le regole contenute nell’articolo 11 del PGT, permettendo che la città sia costellata di situazioni come questa con tutte le conseguenze su sicurezza e salute pubblica che ne derivano”.

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