Nome dell'autore: Alessandro Amato

Laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Napoli, ha superato l'esame per l'abilitazione allo svolgimento della professione forense. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Torino ed esercita prevalentemente presso i Fori di Torino e Cuneo, opera costantemente anche nel resto d’Italia seguendo la gestione di numerosi contenziosi per conto di società di rilevanti dimensioni. Esperto nell’ambito del diritto civile ed in particolare nel settore bancario, delle esecuzioni immobiliari, fallimentare, famiglia, oltre che nel campo del recupero crediti per conto di aziende. Svolge assistenza anche in materia contrattualistica e della proprietà, nonché nell'avvio e nella gestione di giudizi di risarcimento danni e di accertamento del credito.

Il creditore e la ricerca dei beni da pignorare

Quando vantiamo un diritto di credito nei confronti di un soggetto, per poterlo materialmente recuperare (qualora il debitore non adempia spontaneamente) è necessario procedere con l’esecuzione (mobiliare, immobiliare o presso terzi) sui suoi beni. È frequente il caso in cui si ha un credito definitivamente accertato in via giudiziale, ma il debitore non adempie e non si è a conoscenza di suoi beni pignorabili. La ricerca dei beni del debitore non è però sempre agevole. Ci sono diverse modalità per fare queste verifiche, ma la principale è la ricerca dei beni da pignorare con modalità telematiche, prevista dall’art. 492 bis c.p.c. La procedura telematica è lo strumento che consente di eseguire una ricerca approfondita sui beni del debitore che possono essere ammessi al pignoramento ed è accessibile da parte di qualsiasi creditore che sia in possesso di un titolo esecutivo (come una sentenza o un decreto ingiuntivo). Ogni creditore munito di un titolo esecutivo può infatti fare istanza al Presidente del Tribunale per essere autorizzato alla ricerca telematica dei beni del debitore da parte dell’ufficiale giudiziario. Possono essere oggetto di verifica le seguenti banche dati: – anagrafe tributaria, in cui sono contenute le informazioni relative al reddito del debitore; – anagrafe dei rapporti finanziari, che consente l’accesso a informazioni relative ai conti correnti e ad altri rapporti con istituti finanziari e bancari; – Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.), per accertare se esistono beni mobili di proprietà del debitore; – Enti previdenziali, per verificare se il debitore percepisce indennità o assegni da istituti previdenziali e assistenziali; – Registri immobiliari, per ottenere una visura degli immobili di cui il debitore è eventualmente proprietario. Il Presidente del Tribunale, se sulla base della documentazione allegata all’istanza ritiene sussistente il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, emette un decreto di autorizzazione alla ricerca telematica dei beni pignorabili. Il decreto può essere così esibito all’ufficiale giudiziario il quale accede mediante collegamento telematico ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e in particolare solo all’anagrafe tributaria e all’anagrafe dei rapporti finanziari). Se però l’ufficiale giudiziario non dispone della strumentazione idonea a consentire l’accesso alle banche dati oppure gli strumenti non sono funzionanti, il creditore può essere autorizzato a consultare personalmente le banche dati telematiche. Il creditore potrà quindi effettuare la richiesta di accesso all’Agenzia delle Entrate oppure all’I.N.P.S. All’esito della ricerca, se questa viene eseguita dall’Ufficiale Giudiziario, il medesimo, al termine delle operazioni, redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze e procede, se possibile, al pignoramento; se, al contrario, la ricerca è stata effettuata dal creditore sarà necessario richiedere il pignoramento all’ufficiale giudiziario competente.

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Decreto Ristori: già in vigore le modifiche alla legge sul sovraindebitamento

Nel 2012 è stata introdotta la legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento (n. 3/2012) per aiutare i debitori “non assoggettabili al fallimento per dimensioni e caratteristiche soggettive” (ad es. famiglie, piccoli imprenditori e imprese agricole) a superare le difficoltà economiche. Numerosi soggetti hanno difficoltà a pagare i propri debiti e per alcuni, nonostante la buona volontà e gli sforzi profusi, diventa molto complicato farvi fronte. L’ammontare dei debiti accumulato nel corso degli anni, sovraccaricato dagli interessi maturati e dalle spese di recupero può diventare insostenibile. La legge n. 3/2012 ha colmato la lacuna che vedeva una disparità di trattamento tra debitore fallibile e debitore non fallibile. Era infatti riconosciuto solo al primo, quale imprenditore individuale o socio illimitatamente responsabile, la possibilità di beneficiare dell’esdebitazione e, contestualmente, veniva negato l’accesso a qualsivoglia procedura da parte del soggetto non imprenditore. La legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento ha però avuto una scarsa applicazione, ciò soprattutto in considerazione dell’ampio numero di potenziali soggetti interessati. È quindi da tempo cominciata una discussione sull’esigenza di una sua significativa revisione ed ampliamento. La revisione poi giunta a compimento avrebbe dovuto applicarsi dal 15 agosto 2020, entrata in vigore poi slittata al 1° settembre 2021. Tuttavia, la complessa crisi economica e le difficoltà finanziarie delle famiglie e delle piccole imprese, ampliate dagli effetti della pandemia, ha reso opportuna un’anticipazione dell’entrata in vigore della revisione di oltre 8 mesi rispetto alla parte residua del Codice della crisi. Con l’approvazione al Senato del maxiemendamento interamente sostitutivo del disegno di legge di conversione del primo decreto Ristori è stata quindi anticipata l’applicazione di una parte delle modifiche previste nel Codice della crisi e dell’insolvenza in materia di sovraindebitamento. Il chiaro obiettivo è quello di aiutare imprenditori (e famiglie) in difficoltà economica a causa dell’emergenza da Covid-19. Di seguito vengono riassunte le principali modifiche che sono state introdotte: è stata modificata la definizione di consumatore, che ricomprenderà anche la persona fisica contemporaneamente socia di società di persone, purché il suo sovraindebitamento riguardi solo debiti personali; è stata soppressa la previsione secondo cui, relativamente ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’Iva e alle ritenute operate e non versate, era possibile esclusivamente la dilazione del pagamento e non anche lo stralcio; l’accordo di composizione della crisi della società produrrà i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili; i membri di una medesima famiglia (compresi il coniuge ed i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76) potranno presentare un’unica procedura per la risoluzione della crisi, sia se sono conviventi sia se il sovraindebitamento ha un’origine comune; possono essere oggetto di falcidia o ristrutturazione anche i debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto, del trattamento di fine rapporto o della pensione, nonché quelli derivanti da operazioni di prestito su pegno; saranno previste sanzioni processuali per il creditore che ha colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento; in sede di omologa saranno limitate le possibilità di opposizione o intervento per i creditori finanziari che non abbiano adeguatamente valutato il merito creditizio del debitore (in violazione dell’art. 124 bis TUB) e quelle dell’Amministrazione finanziaria quando la sua adesione è decisiva per il raggiungimento delle maggioranze necessarie e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento è più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.; il debitore persona fisica “meritevole” che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, neppure in prospettiva futura, potrà accedere all’esdebitazione una sola volta, fatto salvo l’obbligo di pagare il debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti (tra le quali non rientrano i finanziamenti in qualsiasi forma erogati) tali da soddisfare i creditori in misura non inferiore al 10 per cento; alla proposta di piano del consumatore e alla domanda di accordo di composizione della crisi andrà allegata una relazione dell’organismo di composizione della crisi, che deve evidenziare le cause dell’indebitamento, la diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni, le ragioni della sua incapacità di adempiere le obbligazioni assunte, la completezza e attendibilità della documentazione depositata, l’indicazione presunta dei costi della procedura. Con la conversione in legge del decreto Ristori, prevista entro il 27 dicembre 2020, troveranno quindi applicazione molte novità in materia di sovraindebitamento. Si spera che le modifiche favoriranno l’adozione delle soluzioni più appropriate a superare le criticità derivanti dalle esposizioni debitorie dei soggetti più deboli.

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Infiltrazioni durante i lavori di ristrutturazione. Cosa dice la legge

È frequente che durante l’effettuazione di lavori di ristrutturazione, in particolare di lastrici solari, si verifichino eventi atmosferici con conseguenti infiltrazioni ai piani sottostanti. Le infiltrazioni possono determinare il sorgere di una complessa fattispecie caratterizzata dall’intrecciarsi di diverse responsabilità in ordine al medesimo danno. Chi dovrà risarcire tali danni: il Condominio, l’appaltatore o entrambi? Escludendo la circostanza del caso fortuito o forza maggiore, spesso il problema deriva da una errata gestione del cantiere in merito agli accorgimenti preventivi necessari per evitare i danni. Il Condominio è responsabile ove si provi che abbia mantenuto una signoria sulla cosa. Affinché, invece, non si possa configurare una responsabilità del Condominio per danni derivanti dall’esecuzione del contratto di appalto, occorrerà specificare preventivamente che i lavori saranno eseguiti dall’appaltatore con autonomia di organizzazione e mezzi e dovrà essere allegata la certificazione attestante l’affidabilità dell’impresa appaltatrice. Il Condominio committente potrà quindi essere coinvolto nella richiesta di risarcimento danni qualora la scelta dell’impresa fosse stata notoriamente infelice perché non si sono raccolte informazioni su di essa (ad es. esecuzioni in corso, informazioni sull’organico medio, presenza di una polizza assicurativa a copertura dei lavori). Il committente (nel caso del Condominio, l’amministratore) può essere chiamato a rispondere dei danni derivanti dalla condizione della cosa di sua proprietà (o di proprietà dei condomini, nel caso dell’amministratore) in quanto, per sopravvenute circostanze di cui sia venuto a conoscenza – come, ad esempio, nel caso di abbandono del cantiere o di sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore – sorga a carico del medesimo il dovere di apprestare tutte quelle precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene derivino pregiudizi a terzi (in tal senso, Cassazione, sentenza del 15 giugno 2010, n. 14443. In argomento, Cassazione civile, sentenza del 27 maggio 2010, n. 12971; Cassazione civile, sentenza dell’1 giugno 2006, n. 13131; Cassazione civile, sentenza del 12 luglio 2006, n. 15782; Cassazione civile, sentenza del 29 marzo 2007, n. 7755; Cassazione civile, sentenza del 23 aprile 2008, n. 10588). La Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “in materia di appalto, l’appaltatore esplica l’attività che conduce al compimento dell’opus perfectum in piena autonomia, con propria organizzazione ed a proprio rischio, apprestando i mezzi adatti e curando le modalità esecutive per il raggiungimento del risultato. Ciò, in linea di principio, non solo esclude la configurabilità di un rapporto institorio tra committente ed appaltatore, ma implica anche che solo l’appaltatore debba, di regola, ritenersi responsabile dei danni derivati e terzi nella (o dalla) esecuzione dell’opera (tra le tante, Cassazione, sentenza del 16 maggio 2006, n. 11371). Questo principio connesso alla struttura del contratto di appalto soffre, tuttavia, eccezioni sia quando si ravvisino a carico del committente specifiche violazioni del principio del neminem laedere riconducibili all’art. 2043 cod. civ. (e tale potrebbe essere il tralasciare del tutto ogni sorveglianza nella fase esecutiva nell’esercizio del potere di cui all’art. 1662 cod. civ.), sia quando l’evento dannoso gli sia addebitabile a titolo di culpa in eligendo per essere stata l’opera affidata ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche ed organizzative per eseguirla correttamente, sia quando l’appaltatore, in base ai patti contrattuali o nel concreto svolgimento del contratto, sia stato un semplice esecutore di ordini del committente e privato della sua autonomia a tal punto da aver agito come nudus minister di questo, sia, infine, quando il committente si sia, di fatto, ingerito con singole e specifiche direttive nelle modalità di esecuzione del contratto o abbia concordato con l’appaltatore singole fasi o modalità esecutive dell’appalto. In tutti questi casi il committente potrà essere tenuto come responsabile, in via diretta, con l’appaltatore per i danni cagionati al terzo” (Cassazione, sentenza del 17 febbraio 2012, n. 2363). Potrebbe emergere anche una responsabilità dell’appaltatore e, di conseguenza, del direttore dei lavori (il quale non avrebbe correttamente vigilato sull’operato dell’appaltatore). L’appaltatore è responsabile dell’area dei lavori, oltre che per i danni causati dall’esecuzione dell’opera, in virtù dell’autonomia concessa dal contratto di appalto; tale responsabilità deriva dalla legge che attribuisce ad esso un obbligo di custodia. L’appaltatore è da ritenersi responsabile verso terzi dei danni cagionati in occasione della esecuzione delle opere, con una corresponsabilità del proprietario solamente in caso di omessa vigilanza ovvero di scelta erronea nell’affidamento dei lavori a impresa non adatta (si veda Cassazione, sentenza del 25 gennaio 2016, n. 1234). In conclusione, le infiltrazioni possono determinare il sorgere di diversi titoli di responsabilità. Potrà essere tenuto a risarcire tali danni il Condominio, l’appaltatore ed anche il direttore dei lavori. Non esiste una regola generale e dovrà essere vagliata la fattispecie concreta per determinare l’effettiva responsabilità.

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L’importanza di una buona assicurazione di viaggio e le insidie risarcitorie

Prima di intraprendere un viaggio, è opportuno valutare con attenzione l’opportunità di stipulare una polizza assicurativa che consenta di poter contare su di una tutela completa e capace di garantire un risarcimento a seguito di eventuali problemi e incidenti. Di norma, le assicurazioni di viaggio coprono diversi aspetti ed è facoltà del contraente scegliere le coperture da attivare, come il rimborso delle spese mediche e dell’annullamento o il risarcimento dovuto alla perdita del bagaglio. Il prezzo, per chi decide di farne a meno, può essere superiore al prezzo della polizza (ad es. il ricorso alle cure mediche all’estero può essere molto dispendioso e determinare costi in grado di rovinare una vacanza). Nella maggior parte dei casi, le polizze collegate al viaggio non comprendono tutte le possibili fattispecie, ma solo le più comuni: – malattia, infortunio o decesso (sia per l’assicurato che per altre persone da cui può dipendere il viaggio, come i familiari più stretti); – licenziamenti e assunzioni, cassa integrazione, mobilità; – danni materiali documentati all’abitazione; – furto dei documenti indispensabili per l’espatrio, come la carta d’identità o il passaporto; –  variazioni della data per esami universitari o per la partecipazione a concorsi pubblici. Si può richiedere l’assicurazione anche per proteggere il proprio bagaglio o per cautelarsi dai furti. È inoltre possibile stipulare un’assicurazione di tipo cd. “all risk”, cioè capace di coprire l’annullamento per qualsiasi motivo oggettivamente documentabile: di norma non sono previsti limiti di età e possono essere stipulate indipendentemente da malattie preesistenti; la copertura può anche riguardare gli atti terroristici (che di solito non sono compresi nelle polizze generiche). Le assicurazioni viaggio, come molte altre tipologie di polizze, si caratterizzano per la presenza di vincoli, clausole e condizioni contrattuali che spesso vanno a limitare la copertura assicurativa. È opportuno che l’assicurato conosca nei minimi dettagli le caratteristiche dell’assicurazione già prima di intraprendere il viaggio. Le compagnie assicurative si cautelano con clausole di esclusione, a cui è bene dedicare la dovuta attenzione: il verificarsi di una di queste, infatti, è sufficiente per far perdere, totalmente o in parte, la copertura assicurativa. Il settore assicurativo è infatti pieno di insidie e di elementi poco chiari per gli assicurati. Se si verificano delle condizioni che potrebbero generare la richiesta di rimborso, è opportuno verificare immediatamente se il danno subito sia effettivamente coperto dalla polizza o comunque se la polizza attivata garantisca una copertura anche solo parziale dell’evento. Prima di inviare una qualsiasi richiesta di risarcimento alla propria compagnia è fondamentale essere certi di aver raccolto tutta la documentazione necessaria. Più sarà dettagliata e completa, più saranno veloci le procedure di verifica. Per procedere con la richiesta di risarcimento, l’assicurato dovrà seguire diligentemente le indicazioni della propria assicurazione. Se la compagnia richiede che la denuncia del sinistro venga effettuata esclusivamente in via telematica, inviare la richiesta di risarcimento esclusivamente via raccomandata potrebbe allungare notevolmente le tempistiche di riconoscimento del danno subìto e, quindi, l’erogazione del rimborso. Se la compagnia mette a disposizione del suo cliente un modulo da compilare per procedere con la denuncia del sinistro, sarà necessario compilare tale modulo in modo completo, fornendo tutte le informazioni richieste e facendo attenzione ad indicare in modo sintetico e preciso tutti i dettagli dell’evento. Una volta raccolta tutta la documentazione necessaria ed aver compilato ed inviato la richiesta di risarcimento, il contraente della polizza dovrà attendere che venga analizzato il caso ed i relativi documenti per poi procedere al riconoscimento del rimborso. Le tempistiche di risarcimento possono variare anche in misura significativa in base della tipologia di danno. I tempi possono variare tra i 30 ed i 90 giorni dal completamento dell’iter di denuncia che l’assicurato o chi per esso deve avviare non appena si siano verificate le condizioni che fanno attivare la tutela assicurativa della polizza. Molto spesso, però, i tempi, per i motivi più disparati (ad es. integrazione della documentazione richiesta dalla compagnia), possono dilatarsi ulteriormente.Non è raro che l’assicurazione, soprattutto in prima battuta, neghi il risarcimento. Tale eventualità si sta verificando con maggiore frequenza proprio in seguito ai recenti e numerosi annullamenti dei viaggi a causa del Covid-19. Se l’assicurato ritiene però che ricorrano le condizioni per ottenere il risarcimento previste dal contratto ed intende agire in giudizio per far valere i suoi diritti, dovrà obbligatoriamente esperire un preventivo tentativo di mediazione. La mediazione si introduce con una semplice domanda all’organismo, contenente l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni. Una volta avviata la mediazione, il mediatore organizza uno o più incontri mirati alla composizione amichevole della controversia. Il tentativo di mediazione civile ha una durata massima stabilita dalla legge di 4 mesi. Le parti devono anticipare le spese di avvio del procedimento, pari ad € 40, e pagare le spese di mediazione. L’importo delle spese dovute agli organismi pubblici è indicato nella tabella A del decreto ministeriale n. 180 del 2010 prevista dall’articolo 16, comma 4. La mediazione è totalmente gratuita per i soggetti che nel processo beneficiano del gratuito patrocinio (soggetti meno abbienti), in tal caso all’organismo non è dovuta alcuna indennità. Qualora neppure con la mediazione si riesca a raggiungere un accordo (spesso l’assicurazione non aderisce alla procedura), l’assicurato, sempre nella convinzione di aver diritto al rimborso assicurativo, dovrà adire l’autorità giudiziaria competente. È da tenere presente che i viaggiatori sono (nella quasi totalità dei casi) dei consumatori e quindi la competenza territoriale, sia per la mediazione che per l’azione ordinaria, è quella della loro residenza (e non la sede legale della compagnia assicurativa). Da ultimo, pare opportuno fornire qualche cenno sul ruolo dell’agenzia di viaggio, quale intermediario, che spesso accompagna il consumatore nella scelta del viaggio da intraprendere. La responsabilità dell’intermediario deriva dall’inadempimento degli obblighi nascenti dal rapporto di mandato (con rappresentanza) conferito. In buona sostanza, quando ci si affida ad un’agenzia di viaggio per acquistare un singolo biglietto aereo o un pacchetto turistico si perfeziona un contratto di mandato con il quale si autorizza l’intermediario a concludere in nome e per conto il contratto richiesto. L’inadempimento può consistere

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Locazioni commerciali e Coronavirus

La sospensione delle attività commerciali e produttive a causa dell’emergenza sanitaria in corso sta provocando notevoli difficoltà economiche agli imprenditori che le svolgono in immobili concessi in locazione: si sono ridotti i ricavi e, contemporaneamente, le disponibilità economiche per far fronte alle spese fisse. Tuttavia è opportuno considerare che il canone di locazione costituisce una legittima fonte di reddito per i proprietari ed è quindi necessario tenere conto anche delle esigenze dei locatori.Non essendoci alcun provvedimento governativo che autorizzi il conduttore a sospendere il pagamento del canone o anche solo ad autoridurne la misura, sarebbe auspicabile il raggiungimento di un accordo tra conduttore e locatore. In assenza di accordo, se il conduttore non dovesse riuscire a pagare in tutto o in parte quanto previsto dal contratto sarebbe inadempiente e potrebbe comunque essere sfrattato. La sospensione dell’esecuzione degli sfratti fino al 30 giugno, salvo proroghe, sposterebbero solo in avanti le conseguenze dell’inadempimento ed al pagamento dei canoni si aggiungerebbero le spese di procedura. Nel caso in cui il conduttore decidesse di portare la questione dinanzi ad un giudice potrebbe prendere in considerazione l’utilizzo di diversi istituti giuridici; – l’impossibilità sopravvenuta (art. 1256 c.c.); – l’impossibilità parziale sopravvenuta (art. 1464 c.c.); – l’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.). Tuttavia, non essendoci – come sempre – alcuna certezza in ordine all’esito di un eventuale giudizio, sarebbe opportuno evitare che la divergenza di posizioni conduca alla lite in Tribunale. La soluzione andrebbe trovata tra le parti in modo da riuscire a distribuire equamente i costi legati all’emergenza. Il vantaggio sarebbe reciproco e consentirebbe di evitare il recesso dal rapporto contrattuale da parte del conduttore per gravi motivi o la morosità dello stesso. Un’azione di risoluzione servirebbe a poco, perché il proprietario rientrerebbe in possesso dell’immobile ma certamente con un valore locativo ridotto, mentre il conduttore perderebbe l’avviamento. L’accordo dovrebbe tener conto della tipologia di attività svolta individuando una percentuale di riduzione del canone tale da garantire al locatore una rendita seppur minore, ma anche un canone che sia sopportabile dal conduttore per il limitato utilizzo dell’immobile. In termini di risparmio fiscale l’eventuale registrazione dell’accordo raggiunto potrebbe essere vantaggioso per il locatore (è anche previsto che la registrazione sia esente da spese e bollo). Nella redazione dell’accordo occorrerà richiamare il contratto in corso con le indicazioni della sua registrazione, i dati del locatore e del conduttore, il canone annuale inizialmente stabilito, l’ammontare ridotto concordato e il numero di mesi per i quali si è concordata la riduzione. Per gli affitti commerciali, col prossimo decreto legge, previsto per aprile ma ormai slittato a maggio, dovrebbe essere prevista un’estensione del bonus affitto introdotto dal decreto “Cura Italia” di marzo. In particolare si starebbe lavorando alla possibilità di concedere il bonus ad altre categorie di immobili non ad uso abitativo precedentemente esclusi. Il bonus affitto 2020 è stato inserito nel decreto “Cura Italia” e consente ai titolari di un contratto di locazione di ottenere un rimborso sul canone del mese di marzo 2020. È infatti previsto un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione di marzo 2020 per i immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).  

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Segnalazioni in Centrale Rischi e Covid-19

La Banca d’Italia, con alcuni recenti comunicati ha fornito precisazioni in materia di segnalazioni alla Centrale dei Rischi alla luce di quanto previsto dal decreto legge n. 18/2020, cd. Cura Italia, recante “Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19“, approvato in via definitiva dalla Camera il 24 aprile 2020. La Centrale dei Rischi, gestita dalla Banca d’Italia, è un archivio di informazioni sui debiti di famiglie e imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario. Questo archivio è alimentato dalle informazioni che le banche, le società finanziarie e gli altri intermediari trasmettono relativamente ai crediti e alle garanzie concessi, alle garanzie ricevute dai propri clienti e ai finanziamenti o garanzie acquistati da altri intermediari. È prevista una soglia di rilevazione: il cliente è segnalato se l’importo che deve restituire all’intermediario è pari o superiore a 30.000 euro (la soglia si abbassa a 250 euro se il cliente è in sofferenza). Gli intermediari classificano un cliente come debitore in sofferenza e lo segnalano come tale quando ritengono che abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito. Per potere effettuare legittimamente tale segnalazione l’intermediario dovrà accertare che il cliente si trovi in un vero e proprio stato di “insolvenza”, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero inadempimento del cliente ad un solo rapporto o il suo tardivo adempimento. Per potere effettuare la segnalazione di un credito come sofferente, è necessario tenere in considerazione l’intera situazione economico-patrimoniale del debitore, vale a dire il quadro complessivo dei rapporti di dare/avere esistenti tra azienda di credito e cliente. La Centrale dei Rischi ha l’obiettivo di migliorare il processo di valutazione del merito di credito; migliorare la qualità del credito concesso dagli intermediari e rafforzare la stabilità del sistema finanziario. L’art. 56 del decreto legge n. 18/2000 (Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19) prevede che le imprese – in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari previsti dall’art. 106 TUB e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito – possono avvalersi dietro comunicazione di alcune misure di sostegno finanziario: a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti, esistenti alla data del 17 marzo 2020, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020; b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni; c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale. L’Autorità di Vigilanza ha, quindi, fornito alle banche e agli altri intermediari finanziari le direttive per la corretta gestione delle segnalazioni delle micro, piccole e medie imprese che si avvalgono della sospensione di mutui, finanziamenti e leasing, e delle altre misure a sostegno della liquidità recentemente previste. In particolare, è stato precisato che nel caso di imprese beneficiarie della previsione di cui all’art. 56, co. 2, lett. a) e b) del decreto Cura Italia, nella segnalazione della relativa posizione debitoria si dovrà tener conto dell’impossibilità di revocare in tutto o in parte i finanziamenti in discorso o della proroga del contratto; gli intermediari pertanto non dovranno ridurre l’importo dell’accordato segnalato alla Centrale dei Rischi. Nel caso di imprese beneficiarie della sospensione ex art. 56, co. 2, lett. c), nella segnalazione della relativa posizione debitoria si dovrà tener conto della temporanea inesigibilità dei crediti in discorso, sia in quota capitale che in sorte interessi (ove prevista). Coerentemente, per l’intero periodo di efficacia della sospensione, dovrà essere interrotto il computo dei giorni di persistenza degli eventuali inadempimenti già in essere ai fini della valorizzazione della variabile “stato del rapporto”. Analoghi criteri di segnalazione dovranno essere seguiti in relazione ad altre disposizioni del suddetto decreto, ad altre previsioni di legge, ad accordi o protocolli d’intesa che prevedano l’impossibilità di revocare finanziamenti o il beneficio della sospensione dei pagamenti relativi a finanziamenti oggetto di segnalazione alla Centrale dei Rischi. La Banca d’Italia nei suoi comunicati ha sottolineato come gli intermediari dovranno tenere conto di queste previsioni ai fini delle segnalazioni alla Centrale dei Rischi e che, con riferimento alle disposizioni normative indicate nel documento, il soggetto finanziato non potrà essere classificato a sofferenza dal momento in cui il beneficio è stato accordato.  

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