Nome dell'autore: Michelangelo Bonessa

Giornalista per inclinazione allo scrivere e al non essere allineato, direttore editoriale dell'Osservatore Meneghino per le mille e imperscrutabili vie della vita. Ho scritto per Narcomafie, Corriere, Giornale, Fattoquotidiano, LaPrealpina, Stile, 2duerighe.com, MilanoPost, l'Esagono e molti altri.

Ballottaggi in Lombardia: il centrodestra si deve svegliare

Ballottaggi in Lombardia: il centrodestra si deve svegliare. Perchè la sfida col centrosinistra finisce 4 a 2. Uno sberla dopo il manrovescio dell’ipotetico 6 a 0 delle regionali conclusosi con un meno brillante 3 a 3. In Lombardia il nuovo sindaco di Lecco è Mauro Gattinoni, candidato del Partito democratico, che con il 50,07% batte l’avversario del centrodestra Peppino Ciresa fermo al 49,93%. Il centrosinistra vince al secondo turno anche a Legnano e Corsico, nel Milanese, e a Saronno, Comune del Varesino. E sono pure vittorie ampie: a Legnano il nuovo sindaco è Lorenzo Radice, candidato di centrosinistra. A Corsico con il 62,81% dei consensi Stefano Martino Ventura, candidato con la Lista Corsico torna Grande, Partito Democratico e Lista Civica Insieme per Corsico, sconfigge il rivale del centrodestra unito Filippo Errante. A Saronno diventa primo cittadino Augusto Airoldi, centrosinistra, con il 59,99% delle preferenze, con il candidato di centrodestra Alessandro Fagioli dietro di quasi venti punti, al 40,01%. Eppure non sembra che la situazioni preoccupi molti la coalizione di centrodestra, anzi a Milano non si sa ancora cosa fare. Chi sfiderà Sala? Davvero un sindaco distrutto dai mesi del Covid (lo ha dichiarato lui a Selvaggia Lucarelli) e con una storia ampiamente criticabile come le omissioni e mezze verità sulle sue proprietà e aziende. Per non parlare delle periferie dove lo si è visto poco, se non per togliere i pochissimi vantaggi dei quartieri per poveri come le strisce bianche. In pochi anni chi viveva di poco ha dovuto subire quello che riteniamo un taglieggiamento dei meno abbienti: è vero che se sei residente non paghi, ma: primo si obbligano i cittadini a produrre l’ennesimo bollino, secondo solo in centro si può vivere solo nel proprio quartiere perché fuori dalle mura della circonvallazione non ci sono i servizi. Gli elettori del centrodestra potranno conoscere il loro candidato e l’idea di città diversa da quella del cazzeggio volto solo a trasformare i giovani in un bancomat per chi vive di rendita?

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Una riforma di destra per le case popolari

Una riforma di destra per le case popolari. Servirebbe, perché l’annosa questione non è mai stata nè chiusa nè risolta. Tutt’ora le case popolari sono diventate un buco nero: se ne parla solo per i tanti scandali legati a persone che non ne avevano bisogno o alle oltre 20mila persone perennemente in lista d’attesa. Ma il tema per il quale serve una riforma di destra per le case popolari è la crisi in cui ci troviamo: non abbiamo più le risorse economiche e sociali per ignorare un gigantesco sistema di ingiustizie multiple. Uno dei motivi per il quale chi ha diritto alla casa è sempre in lista è che le case popolari di fatto sono diventate di proprietà. Passano di generazione in generazione, ma quelle sarebbero case di tutti. Non nel senso tutti quelli di famiglia. Invece c’è chi trova inaccettabile che ci siano persone più bisognose di quell’appartamento e pretende che la collettività si sobbarchi il costo: non è infatti normale che un appartamento costi 50 euro al mese. Si tratta di una misura di sostegno civile per chi è in difficoltà, non di un sistema per permettere ad alcuni di vivere alle spalle degli altri. Ci sono persino persone che hanno case di proprietà che pretendono la casa popolare a Milano, come se fosse un diritto abitare a Milano. E le persone suddette sono pure impegnate politicamente. Come altri che hanno fiorenti attività, ma anche la casa popolare. Questa è un’ingiustizia sociale. Chi può deve vivere come gli altri, se no si creano ingiustizie a cascata: ad esempio, se pago 100 euro al mese per un appartamento potrò fare concorrenza sleale al negozio vicino perché l’altro esercente sostiene i costi normali. Una riforma di destra per le case popolari allora dovrebbe prevedere un cambiamento radicale: le case devono diventare effettivamente proprietà di chi le occupa, trasformando gli affitti in riscossione pluriennale della proprietà. In seguito si potrebbero creare un numero definito di case da affittare a prezzi calmierati, ma per un tempo limitato. Perché il senso di dare una mano è che le persone devono stringerla per tirarsi su, non per adagiarsi sulle spalle degli altri. Con queste due piccole, per quanto mastodontiche modifiche, cambieremmo da negativo a positivo un buco nero che affossa le finanze pubbliche. Basti pensare che più di 200mila persone usufruiscono a Milano di canoni calmierati, magari da generazioni. Col risultato che migliaia di famiglie hanno potuto accumulare ricchezza, mentre altri la perdevano. Una scorrettezza sociale a cui un destra veramente sociale dovrebbe pensare.

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Ruggeri (FdI): “Perché su Palazzo Marino c’è il ritratto di Zaki e non dei pescatori italiani sequestrati?”

Ruggeri (FdI): “Perché su Palazzo Marino c’è il ritratto di Zaki e non dei pescatori italiani sequestrati?”. L’intervento del presidente del Circolo Amerigo Griltz Otello Ruggeri arriva dopo che sul palazzo del Comune è stata affissa l’immagine di Patrick Zaki: il volto dell’attivista per i diritti umani, detenuto nelle carceri egiziane e studente all’Alma Mater Studiorum di Bologna, è riprodotto con le parole di una lettera scritta a Zaki dai ragazzi dell’associazione InOltre – Alternativa progressista, tradotta in sedici lingue. L’opera, il cui titolo è “Ritratto di parole dedicato a Patrick Zaki”, è firmata dall’artista Francesca Grosso. Ma nello stesso momento in cui si offre uno spazio per un ragazzo egiziano, non si fa altrettanto per i pescatori italiani sequestrati dal governo libico: “Per quale motivo sulla facciata di Palazzo Marino sia stata messo il ritratto di un ragazzo egiziano arrestato in Egitto e non quelli dei pescatori italiani ingiustamente detenuti in Libia non riesco proprio a spiegarmelo” ha scritto Ruggeri su Facebook. La vicenda però non sembra interessare la politica locale, tranne Fratelli d’Italia, come invece quella di Patrick Zaki. Eppure con la Libia l’Italia ha mantenuto un rapporto importante, al punto da finanziare le bande che gestiscono i flussi di migranti sotto Minniti. E ha poi confermato gli aiuti alla guardia costiera libica nonostante le numerose accuse rivolte proprio ai militari tunisini per i metodi usati. Forse allora il motivo della differenza di trattamento è che non ci sono rapporti così stretti con l’Egitto? O altro? Per adesso sembra che ci siano partiti che mettono prima gli italiani e altri che invece sono disposti a lasciarli nelle galere tunisine.

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Processo Gregoretti, Di Stefano (Lega): “Noi stiamo con Salvini”

Processo Gregoretti, Di Stefano (Lega): “Noi stiamo con Salvini”. Il sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano, appena passato tra le fila leghiste, ha voluto essere presente a Catania per sostenere il leader della Lega: “Siamo in tantissimi, a Catania, per sostenere Matteo Salvini per il caso Gregoretti. È la prima volta nella storia che un ministro viene processato semplicemente per aver fatto il suo dovere, per aver fatto quello che gli italiani gli avevano chiesto: difendere i confini del nostro Paese e fermare il business dell’immigrazione clandestina. Come dice la Costituzione, la difesa della Patria è un sacro dovere del cittadino ed è proprio ciò che ha fatto Salvini, supportato dai voti di milioni di italiani! Mandare a processo chi si è schierato contro i trafficanti di essere umani e contro i troppi che fanno affari sulla pelle dei migranti, significa calpestare la volontà popolare. La gente lo ha ribadito chiaramente, in tutti gli appuntamenti elettorali, e chi ci governa non può più fare finta di nulla: porti chiusi e stop agli sbarchi dei clandestini! Noi stiamo con Matteo Salvini!”. Per il leader della Lega sembra prospettarsi un esito positivo in tribunale perché il pubblico ministero ha chiesto il non luogo a procedere.

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Caro Sala la sinistra parla di donne, mentre a destra le donne guidano

Caro Sala la sinistra parla di donne, mentre a destra le donne guidano. Lo scriviamo perché il primo cittadino di Milano ha detto che l’anno prossimo “si andrà a elezioni. Ma è possibile che non ci sia una forza popolare o un movimento tale per cui, anche se non è obbligatorio, garantirà che in Consiglio entreranno in pari misure uomini e donne?”. E ha poi aggiunto: “Nel 2016, alle scorse elezioni, io l’avevo fatto e Parisi no, perchè questo dev’essere un patrimonio solo del pensiero di sinistra? E’ qualcosa a cui il centrodestra non deve rispondere? Devono farlo anche loro”. Ora, tralasciamo pure l’ineleganza di attaccare l’ex contendente quando durante la campagna non ha risposto a una (dicasi una) questione sollevata da Parisi. Anzi lo ha ignorato, per poi prendersela con lui ora. E lasciamo stare pure l’arroganza di dire “Devono farlo anche loro”, perché la destra non è il Pd e non si fa usare a fini elettorali mentre viene bacchettata da chi porta in spalla. Ma si può avere la faccia di parlare della destra in questi termini? Giorgia Meloni, se ti fosse sfuggito caro Beppe, è donna. Piccolina pure. Ed è l’unica leader politica nazionale, i vostri sono tutti uomini. Quindi caro Sala la sinistra parla di donne, mentre a destra le donne guidano. Tra l’altro proprio Beppe ha battuto una donna alle primarie, invece di compiere un passo indietro. Forse perché un conto è parlare di donne, un conto cedergli il potere? A destra le donne non si usano per sentirsi a posto con la coscienza. Per capirci basterebbe che Beppe si riguardasse Cena tra amici, dove appare chiaro come i veri conservatori irrispettosi delle donne siano i così detti progressisti. Però c’è un motivo per cui nei corridoi gli hanno affibiato il soprannome di “onesto”. Con le virgolette. E non solo perché il tribunale ha stabilito che è truccatore di carte. E sono pure gentili, perché chi attacca a fine mandato un ormai ex contendente, o usa le donne per farsi campagna elettorale, forse meriterebbe commenti peggiori.

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Autostrade, Atlantia “minaccia” il governo: pronti 7mila licenziamenti

Autostrade, Atlantia “minaccia” il governo: pronti 7mila licenziamenti. La notizia battuta in serata dalla agenzie riporta la risposta della famiglia Benetton alla linea dura del governo sulla questione autostrade. Una nota allarmata che parla di 7mila posti di lavoro a rischio se da Roma si procedesse con la revoca. “Una eventuale revoca” della concessione di Aspi “provocherebbe un default sistemico gravissimo, esteso a tutto il mercato europeo, per oltre 16,5 miliardi di euro, oltre al blocco degli investimenti. Verrebbero così messi a serio rischio 7.000 posti di lavoro”. Lo evidenziano fonti di Atlantia in merito al dossier su Aspi, sottolineando che “bisogna assolutamente evitare questo scenario nefasto, vista la totale accettazione di tutte le clausole volute dall’esecutivo”. Quindi su Autostrade, Atlantia “minaccia” il governo: pronti 7mila licenziamenti. Un messaggio chiaro per quanto scritto in aziendalese: o ci venite incontro o licenziamo in massa. Il riferimento al mercato europeo non sembra casuale in tempi di recovery fund: sembra infatti un passo avanti per dire “se non volete darci i soldi voi, dateci una fetta dei 209 miliardi che l’Europa ha promesso”. Insomma a quanto pare la famiglia Benetton, il cui patrimonio è stimato in diversi miliardi di euro, vuole ancora la grana pubblica: avendo un impero che guadagna al netto dei costi 300 milioni di euro all’anno, potrebbero per una volta pensare a fare impresa con i soldi loro e non con quelli dello Stato. D’altronde è difficile per i capitalisti italiani (chiamiamoli così) uscire da questo atteggiamento mentale: gli Agnelli, altra famiglia onorata come divina, ha appena sfilato 5 miliardi di euro alle casse pubbliche. Altrimenti non pagavano gli stipendi dicevano. In effetti gli azionisti di Fca sono noti per non essere liquidi…

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