Editoriali

Odeon addio

Odeon addio. E’ stato bello, molto bello. E in fondo lo sarà ancora. L’Odeon con il Nuovo Arti era parte di una certa cultura di Milano. La cultura del Cinema. Da una parte si andavano a vedere i film più importanti, dall’altra si andavano a vedere i film per bambini. Invece oggi chiude per sempre l’Odeon per lasciare posto a un centro commerciale. Ma era inevitabile. Dovevamo saperlo tutti che quella storia era finita. Oggi forse solo un modello come Netflix avrebbe potuto salvarlo: con un abbonamento fisso e un numero alto di film. Forse così si sarebbe salvato, ma ci sono tanti però: primo Netflix e gli altri sembrano poter avere le licenze per i film a prezzi inferiori agli altri, tanto che dispongono di centinaia di migliaia di titoli. Secondo, alla fine l’Odeon ha chiuso perché in pochi sono ormai disposti a spendere anche solo 15 euro per una serata al cinema. Lo vogliono a casa, possibilmente con un televisore che una persona da sola non può spostare. E allora siamo alle solite: vogliamo aperti i luoghi sacri del passato, ma nessuno vuole andarci spesso. Vorremmo che restassero lì, possibilmente presidiati da qualcun altro così da permetterci di passare quando finalmente ci verrà voglia. E’ la mentalità da bambini viziati a cui siamo ormai assuefatti. La verità purtroppo è che l’Odeon non era più l’Odeon, ma solo l’eco fisico di un passato molto passato. In tanti ora piangono e dicono che qualcuno doveva fare qualcosa. Già: qualcun altro. Perché quanti se ne sono occupati seriamente fino a quando non c’è stato più nulla da fare? Praticamente nessuno. La proprietà aveva anche provato a rilanciare il cinema come sale di lusso, ma per quanto sia bella l’idea, nessuno ha vogli di spendere 20 o 30 euro per un film al cinema. E’ un media nato tra fine Ottocento e inizio Novecento, ci sta che a un certo punto diventi marginale. Lamentarsi è inutile. Attaccarsi al passato che è passato è ancora più inutile: in questi anni tutti hanno spinto per far diventare Milano una città di affitta camere e negozi per turisti denarosi, era inevitabile che un tempio del cinema diventasse l’ennesimo centro commerciale- Quindi Odeon addio e tanti auguri per il nostro futuro.

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La benzina a Milano arriva a 3 euro al litro

La benzina a Milano arriva a 3 euro al litro. Non è un modo di dire, magari lo fosse. Nel territorio della Città metropolitana di Milano la benzina è arrivata a 2.9 euro al litro. Con uno sconto a 2,7 per il self service. Così mentre i tg nazionali parlano di “benzina oltre i 2 euro” a Milano ci si porta avanti. Perché la metropoli con a capo Giuseppe Sala vuole sempre primeggiare, che poi siano record positivi o negativi poco importa. Così a Lainate i distributori di benzina si lanciano verso nuove vette di prezzo. Segno che l’inizio del mese più caldo per le vacanze è anche quello in cui i distributori cercano di massimizzare le entrate. In teoria un comportamento perfettamente comprensibile oltreché legale: le aziende nascono per fare soldi, non per regalarli. Ma ci sono dei limiti alla legittima impresa, visto che non siamo nel Terzo Mondo, ma nel continente più avanzato di tutti: perché l’Europa con tutti i suoi difetti è forse lievemente indietro a livello tecnologico rispetto a USA e Cina, ma incredibilmente più avanti a livello di tutela della popolazione. Alcuni hanno cercato di smantellare queste protezioni come se fossero qualcosa di negativo e aveva in parte ragione: sono molto negative per chi pensa che le imprese debbano solo fare soldi, costi quel che costi. Invece per il momento in Europa vale il principio che le aziende sono parte di una comunità più ampia, e i diritti dei cittadini di vivere in modo civile non sono un fastidioso orpello di cui liberarsi a favore di Wall Street. Sono l’essenza della nostra civiltà o di ciò che ne resta dopo la povertà culturale dominante che ha portato a definire intellettuali personaggi come Alain Elkann.

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L’importanza della contro intelligence per l’Italia: difendere la democrazia dall’ingerenza straniera

L’importanza della contro intelligence per l’Italia: difendere la democrazia dall’ingerenza straniera Introduzione Nel contesto geopolitico odierno, l’ingerenza delle potenze straniere è diventata un problema di portata significativa per molti paesi. L’Italia, con la sua posizione strategica e la sua economia sviluppata, non è immune da tali minacce. L’adozione di misure di contro intelligence si è dimostrata fondamentale per proteggere l’economia, la società e, soprattutto, la democrazia italiana dai rischi derivanti dall’interferenza straniera. L’ingerenza straniera e i rischi per l’economia italiana L’economia italiana è strettamente integrata nell’economia globale, il che rende il paese suscettibile alle influenze esterne. Le potenze straniere possono cercare di infiltrarsi nelle istituzioni economiche italiane per ottenere informazioni riservate, rubare segreti commerciali o manipolare i mercati finanziari. Queste azioni possono compromettere la competitività delle imprese italiane, minare la fiducia degli investitori e provocare danni significativi all’economia nazionale. La contro intelligence si pone l’obiettivo di individuare e neutralizzare tali minacce. Attraverso la raccolta di informazioni, l’analisi dei modelli di comportamento e la collaborazione con le agenzie di sicurezza nazionali, la contro intelligence può identificare le reti di spionaggio economico straniero e adottare misure preventive per proteggere gli interessi economici dell’Italia. L’ingerenza straniera e i rischi per la società italiana Oltre all’economia, l’ingerenza straniera può influire profondamente sulla società italiana. Le potenze straniere possono cercare di influenzare l’opinione pubblica, manipolare le elezioni, sostenere gruppi estremisti o infiltrarsi in organizzazioni politiche e sociali. Queste azioni possono minare la coesione sociale, favorire tensioni interne e minacciare la stabilità del paese. La contro intelligence gioca un ruolo cruciale nel rilevare e contrastare tali minacce. Monitorando le attività di agenti stranieri, individuando campagne di disinformazione e adottando misure per prevenire l’interferenza negli affari interni, la contro intelligence può proteggere la società italiana dalla manipolazione straniera e preservare la democrazia. La difesa della democrazia italiana La democrazia è il fondamento della società italiana e il principale baluardo contro l’ingerenza straniera. Le potenze straniere possono cercare di indebolire la democrazia italiana tramite propaganda, attacchi informatici, finanziamenti illeciti e altre tattiche subdole. Queste minacce mettono a rischio la sovranità nazionale, l’integrità delle istituzioni democratiche e la fiducia dei cittadini nel sistema politico. La contro intelligence, in collaborazione con le forze dell’ordine e le agenzie di sicurezza, lavora per proteggere la democrazia italiana. Attraverso la raccolta di informazioni sulla presenza di agenti stranieri, il monitoraggio delle campagne di disinformazione, la protezione delle infrastrutture critiche e l’adozione di misure preventive, la contro intelligence può preservare la tenuta della democrazia italiana e garantire che le decisioni che riguardano il paese siano prese dagli italiani stessi. Conclusioni L’ingerenza straniera rappresenta una minaccia significativa per l’Italia, poiché può influire negativamente sull’economia, sulla società e sulla democrazia. La contro intelligence svolge un ruolo vitale nella protezione degli interessi nazionali, identificando e contrastando le attività degli agenti stranieri. Investire nella contro intelligence e nella collaborazione internazionale è fondamentale per garantire che l’Italia rimanga un paese sovrano, sicuro e democratico. Solo attraverso uno sforzo congiunto è possibile difendere l’Italia dagli attacchi esterni e garantire un futuro prospero per tutti i cittadini italiani.

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“Milano: L’importanza di preservare il territorio nel contesto dei cambiamenti climatici”

“Milano: L’importanza di preservare il territorio nel contesto dei cambiamenti climatici” Introduzione: Negli ultimi decenni, Milano ha subito un’intensa crescita urbana, caratterizzata da un proliferare di nuovi palazzi e grattacieli che si innalzano nel cielo. Tuttavia, mentre la città si sviluppa e si trasforma, è fondamentale riflettere sull’importanza di non costruire troppi palazzi e di preservare il territorio. In un’epoca di cambiamenti climatici sempre più evidenti, l’espansione incontrollata e l’eco di cemento rischiano di mettere a repentaglio l’ecosistema e la qualità della vita dei cittadini. Il pericolo di un eco di cemento: L’eccessiva densificazione urbana può portare a un fenomeno noto come “eco di cemento”, in cui la natura viene soppiantata da superfici impermeabili e inutilizzabili dal punto di vista ecologico. Questa tendenza porta a un aumento dell’impermeabilizzazione del suolo, che comporta una maggiore esposizione agli effetti delle alluvioni e delle inondazioni. Inoltre, le aree urbane con una copertura prevalente di cemento e asfalto tendono ad assorbire e trattenere il calore, creando le cosiddette “isole di calore” che aggravano ulteriormente gli effetti del cambiamento climatico. I rischi di un’edilizia senza considerare i servizi per il territorio: Nel corso dello sviluppo urbano, spesso si dimentica di considerare l’importanza dei servizi per il territorio. Questi includono parchi, aree verdi, spazi aperti, sistemi di drenaggio, reti di trasporto pubblico efficienti e infrastrutture per la gestione sostenibile dell’acqua e dei rifiuti. Senza tali servizi, le città si trovano ad affrontare problemi come l’inquinamento atmosferico, l’accumulo di rifiuti, la carenza di aree ricreative e di svago, e l’inefficienza nel movimento delle persone. Preservare il territorio nel contesto dei cambiamenti climatici: I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia concreta per le città di tutto il mondo, e Milano non fa eccezione. La costruzione sconsiderata di palazzi senza tener conto degli impatti ambientali può esacerbare i problemi legati ai cambiamenti climatici e aumentare la vulnerabilità della città. Pertanto, è cruciale adottare un’approccio olistico nell’edilizia urbana, che consideri attentamente l’equilibrio tra lo sviluppo urbano, la conservazione del territorio e la sostenibilità ambientale. Un approccio sostenibile all’edilizia: Per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici e preservare la qualità della vita nelle città, è necessario adottare un approccio sostenibile all’edilizia. Ciò significa promuovere la densificazione intelligente, incentrata sulla riqualificazione di aree già urbanizzate anziché sulla continua espansione urbana. Inoltre, bisogna favorire la progettazione urbana che preveda la creazione di spazi verdi accessibili, parchi pubblici, giardini verticali e sistemi di drenaggio sostenibili per ridurre l’impermeabilizzazione del suolo e mitigare gli effetti delle inondazioni. Conclusioni: La città di Milano affronta sfide significative nel contesto dei cambiamenti climatici, e la costruzione sconsiderata di palazzi può aggravare ulteriormente la situazione. Preservare il territorio, promuovere l’edilizia sostenibile e considerare i servizi per il territorio sono elementi fondamentali per creare città resilienti e in grado di adattarsi ai mutamenti climatici. Solo attraverso un approccio bilanciato e consapevole si potranno garantire un futuro sostenibile e una qualità della vita elevata per i cittadini milanesi.

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La festa per la M4 quasi finita dimentica Ielpo

La festa per la M4 quasi finita dimentica Ielpo. Perché ieri è stato un momento di grandi festa: la Metropolitana 4 apre la tratta da Linate a piazza San Babila. Tutti felici, tutti contenti. Perché quando Pietro Salini fa qualcosa è sempre importante essendo un uomo ricchissimo e a capo di uno dei più grandi gruppi industriali del mondo. E soprattutto uno che distribuisce ricchi stipendi e ricche pubblicità ai sempre più poveri giornali italiani. Nessuno sembra aver notato che è forse la settima inaugurazione della linea 4 delle metro milanese. E anche questa volta non è finita. Perché hanno annunciato che sarà finita entro il 2024. Quindi visto il ritardo di 7 anni probabilmente la finiranno davvero nel 2025. E nessuno ha chiesto quanto sia costata ai milanesi, perché ci hanno lavorato in tanti e con ricchi stipendi. Quindi anche Raffaele Ielpo è stato dimenticato: eppure questa è la prima metro dopo trent’anni a fare morti. Gli ultimi si erano registrati con la metro 3, la Gialla. Ma che vuoi che sia sull’altare del progresso. Milano ormai è lanciata verso il prossimo muro su cui schiantarsi. Perché tanto l’importante è far girare soldi per certi circoli della “sinistra”: le virgolette sono volute visto che a parte un antifascismo di facciata non si capisce in cosa sarebbero “di sinistra” certi personaggi che hanno stuoli di persone a servizio. E così anche i giornali progressisti quando parlano del rinvio a giudizio di alcuni potenti dicono “datore di lavoro”, perché hai visto mai che si ricordi che almeno formalmente chi sta nel mondo di sopra debba spiegare perché Ielpo è morto. Perché nei cantieri gli operai dichiaravano che i controlli di Ats erano noti in anticipo e i capi cantiere li avvertivano di far trovare tutto in ordine. Perché è successo non è importante per prendersela a caso con un ricco, visto che la ricchezza non è certo una colpa in sé. Sarebbe importante per fermare la corsa intrapresa verso una Milano senz’anima e morale a cui sembra aspirare una classe politica locale sempre più simile a un enzima senza controllo che arriva e modifica tutto ciò che vuole come vuole. E se qualcuno dice qualcosa, ecco che arrivano le vendette. E allora per un giorno meglio dimenticare la verità dei fatti, meglio dimenticare come sono state fatte le cose. Tanto basta farle in qualche modo e far correre centinaia di milioni in una certa direzione. Se poi qualche povero muore, povero lui. Nella Milano di oggi non c’è spazio per chi ha una ral da pezzenti. Se ne stessero in Italia.

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La Tesla mortale di Roma

La Tesla mortale di Roma. Perché a Roma si continua a morire per suv o auto potenti guidate da gruppi di ventenni. Il caso fa meno parlare perché probabilmente una donna di 67 anni fa meno impressione di un bambino di 5 anni. E poi nel caso della Tesla mortale di Roma non c’è il tema social: per settimane ci siamo sentiti dire da tutte le testate italiane che il tema dell’incidente mortale di Roma erano i giovani e i social. Nessuno ad esempio ha chiesto quando questi ventenni hanno preso la patente visto che esistono dei limiti di potenza per i neopatentati. Potrebbe essere un risultato o una proposta migliore quella di limitare meglio la potenza delle autovetture che vengono affidate a chi in teoria ha appena iniziato a guidare. Invece si è preferito parlare di social network, perché i social sono il grande nemico di un’Italia che parla spesso di innovazione, ma non ha idea di preciso di come applicarla. Siamo a malapena fuori dal periodo in cui le persone hanno digerito il mito startup. Fino a poco tempo fa si sono spesi miliardi a caso per qualunque proposta “innovativa”. In pochi si chiedevano se effettivamente servissero certe proposte, ma il tema “tirava”. E dunque sono stati stanziati miliardi di bandi pubblici e privati per effetti quanto meno discutibili. Ora siamo sul grande terreno dei social, che fanno perdere quello più razionale della gestione del traffico. E di chi lo crea. Perché gli unici provvedimenti sono quelli di chiudere le città o rendere impossibile viaggiare in auto in città, stabilendo gerarchie economiche in un Paese dove non mancano già di loro: alla fine in città gira solo chi può pagare box, pass o alla peggio le multe. Però è un tema complicato. Sembra meglio scagliarsi contro il “potere forte” di turno, cioè i social. E spesso tramite social. Con il risultato che la Tesla mortale di Roma viene derubricato a caso di cronaca nera triste, ma non così serio da parlarne. Un articolo e via. Fino al prossimo incidente mortale.

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