Editoriali

I furbetti del cartellino sono il risultato del sistema politico corrotto e del potere occulto

di Biagio Maimone – I cosiddetti “furbetti del cartellino”agiscono, molto spesso indisturbati, quasi esclusivamente nel settore pubblico sia nel Sud Italia, sia nel Nord Italia.Il lavoro è un valore per ogni essere umano, in quanto determina il suo reale ed indiscutibile inserimento sociale. Il disoccupato, infatti, resta ai margini della vita sociale. Ciò sfugge a quanti nella Pubblica Amministrazione ricorrono ad ogni tipo di escamotage per lavorare poco o niente, proprio in quanto certi di essere comunque retribuiti alla stessa stregua di chi adempie il proprio dovere lavorativo con onestà.Nel settore privato non vi è dubbio che tale fenomeno non si riscontra o se mai  dovesse verificarsi viene arginato con provvedimenti ben precisi. Non lavorare nei termini previsti dal contratto di lavoro rappresenta, difatti, una trasgressione molto grave, punita con il licenziamento.Così dovrebbe essere anche nel settore pubblico, che, proprio in quanto espressione dello Stato italiano, dovrebbe essere testimonianza del valore del lavoro, nonché dell’adempimento dei doveri ad esso connessi. I furbetti del  cartellino non sanno che la vita morale e la vita lavorativa sono strettamente correlati e che non vi è lavoro se non vi è adempimento delle regole etiche che lo definiscono. Essi non sanno che se si percorre il corso della storia si osserva che le conquiste dei diritti del lavoratore sono frutto di dure battaglie che hanno visto il sacrificio di uomini e donne di alto spessore morale ed umanitario.I furbetti del cartellino offendono la memoria di chi ha permesso che vi fosse un lavoro equamente retribuito e non schiavizzante.Nel Sud Italia si riscontra il più alto tasso di coloro che non timbrano il cartellino personalmente, ma delegano ad altri tale compito. Dove sono realmente questi lavoratori? Non certamente sul posto di lavoro, ma altrove. Essi percepiscono ugualmente la retribuzione pur essendo assenti. Tale grave problematica vede partecipi più soggetti: coloro che delegano ad altri la timbratura del proprio cartellino, coloro che timbrano il cartellino di persone assenti e coloro che amministrano tali lavoratori. Desidero sottolineare che, in quanto meridionale ed anche meridionalista, nutro un profondo rammarico in merito. E’ ben noto a tutti che nel Sud Italia sono poche le realtà lavorative e le persone che lavoravano possono essere considerate privilegiate. La maggior parte dei lavoratori del Sud Italia presta la propria attività lavorativa nella Pubblica Amministrazione, le cui sedi lavorative percorrono in lungo ed in largo l’intera penisola italiana. Accedere nell’organico lavorativo della Pubblica Amministrazione può essere considerata un’impresa facile: non è così. Difatti, è vero che vi siano vincitori di concorso altamente qualificati e scolarizzati, ma è anche vero che vi è stata la via facile all’accesso da parte di molti .  La Pubblica Amministrazione ha assorbito molta manodopera per via di numerose leggi dello Stato che destinavano una quota delle assunzioni alle fasce deboli, alle Regioni più povere, per sanare la depressione economica e sociale di alcune città, i cui ghetti dovevano essere risanati. E’ vero anche che  raccomandazioni e facilitazioni siano stati profusi per il fenomeno politico dei cosiddetti “voti di scambio”. C’è da chiedersi , pertanto, quale cultura del lavoro abbia  animato ed animi coloro che sono stati i destinatari di tali prerogative giuridiche e politiche. L’assenteismo e le furberie varie hanno una loro giustificazione che – ahimè – scaturisce da alcuni atteggiamenti erronei della vita politica. E che dire , poi, dell’aiuto del “padrino” di turno? Quale filosofia della vita lavorativa può esserne scaturita? La risposta la danno proprio i cosiddetti “furbetti del cartellino”.

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Maran, ovvero il Marketing

Maran, ovvero il marketing. L’ultima tornata di titoli entusiastici sulla posa in rotaia del primo treno della linea 4 della metropolitana è un miracolo di comunicazione, nonché l’ennesima conferma della crisi in cui si dibatte la stampa italiana. Come si possano continuare a scrivere titoli trasudanti emozione per una linea metropolitana che è in ritardo di un lustro resta un mistero. Nessuno pretende un trattamento stile metro di Roma, ma qualche granello di onestà intellettuale in più poteva starci: capiamo tutto per carità, i ricchi stipendi di Corriere e Repubblica qualcuno li deve pur pagare. E i padroni del vapore sono sempre stati generosi con i giornali, soprattutto in termini di pubblicità su pubblicità. Quindi è ovvio il trattamento di favore riservato a chi adesso sta costruendo la nuova metro. Ma c’è anche un di più: Maran. Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica milanese che in questi anni si è inventato, diciamo così, i giretti in cantiere. Sistema che il suo successore alla Mobilità ha proseguito. Con cadenze regolari portava tutta la stampa cittadina, in cui cascano anche giornalisti che scrivono sulle pagine nazionali del giornali, in un tour dentro i cantieri di qualche grande opera in particolare se c’entrano treni. Una mossa docile che allo stesso tempo obbliga tutti a parlare di quello: bisogna infatti evitare di essere gli unici a non pubblicare le foto e le veline su chi starebbe costruendo l’ennesima meraviglia. Insomma un capolavoro di marketing: ti obbliga a scrivere di quello che vuole, ma in fondo è lui che ti fa un favore. Maran d’altronde è sempre stato in gamba, tanto che lui e Majorino sono i veri campioni dell’Amministrazione, quelli che le danno spessore. Maran a differenza del suo collega però, non si prende l’attenzione mediatica con le marce di migliaia di persone per strada. Agiva prima su chi decide con il suo agire cosa sarebbe successo ieri o domani. Controlla direttamente gli informatori e la mossa non è stupida: sono meno e talmente annoiati dalla loro presenza, soprattutto mentale, dove tutto tende ad appiattirsi come il mondo borghese che basta fargli vedere un trenino e li hai in mano. Maran, ovvero il marketing. Dunque. Ci sono tanti altri modi di raccontarlo: uno sarebbe raccogliendo e pubblicando tutti gli articoli mai raccontati dalla “stampa libera”. Però non succederà, invece Maran ovvero il marketing è molto più semplice come sintesi

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Lasciate una casa ai City Angels

Lasciate una casa ai City Angels. La notizia data con il consueto aplomb da Mario Furlan ha lasciato di stucco chiunque abbia avuto a che fare con la benemerita associazione di volontariato in questi anni. Dal lavoro di Furlan e dei suoi associati è nata una realtà con la forza di aiutare migliaia di persone, soprattutto i più fragili della società: l’oasi del clochard in via Lombroso aveva avuto il merito di creare una zona in cui anche chi è rimasto senza niente aveva la possibilità di trovare un pasto caldo, cure mediche di primo livello e un posto per dormire. Un luogo di cui la città poteva andare fiera, perché opposto e complementare alle sfavillanti torri per ricchi che si stanno alzando ovunque. Senza l’oasi del clochard, Milano non sarà più la città simbolo dell’accoglienza.  Curarsi degli ultimi deve essere tra le priorità dell’Amministrazione, perché dei primi già si occupano in tanti. Sarebbe invece il caso che nei milioni di metri quadrati che si stanno rifacendo in città si trovassero i cinquemila metri quadrati necessari a ricreare l’oasi. Nessuno, nemmeno Mario Furlan, ha detto che debba per forza rimanere in via Lombroso, ma c’è mezza città da rifare. E parliamo di una funzione di alto interesse sociale, lo sottolineiamo per gli immobiliaristi. I City Angels aveva riqualificato la zona di via Lombroso a proprie spese, un investimento di quasi centomila euro per ridare alla città un pezzo caduto nel degrado a causa dell’abbandono da parte dell’Amministrazione e di un insediamento abusivo di nomadi. Eppure tutte queste questioni sono passate quasi sotto silenzio, forse perché nonostante le centinaia persone schierate per dare un contributo alla società, i City Angels hanno sempre tenuto un profilo basso. Furlan e i suoi hanno sempre battuto i marciapiedi, ma quasi sottovoce, con una delicatezza sconosciuta ad altre realtà dell’accoglienza. Una forma di rispetto della società a cui davano un aiuto senza chiedere niente in cambio se non la possibilità di mettersi a servizio della collettività. Come può dunque Milano perdere una realtà così senza fare niente? Ci sono stabili occupati da personaggi che non hanno dato nulla alla città se non locali commerciali abusivi che hanno la protezione dell’Amministrazione, finanziamenti dati in maniera quantomeno discutibile ad associazioni il cui contributo alla società è sconosciuto ai più, per non parlare dei tanti bandi sul nulla. E’ mai possibile che il sindaco Giuseppe Sala abbia troppo da fare per trovare uno spazio per un’associazione benemerita come i City Angels? Le Olimpiadi sono fra sette anni, c’è il tempo di cercare un’altra sistemazione per l’oasi del clochard. Nessuno pretende di metterla in via San Marco, ma ci sono tanti posti in cui si potrebbe trovare quello spazio con luce, gas e servizi essenziali. I City Angels non chiedono tanto, danno tanto. Lasciate una casa ai City Angels.

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Rom e Sinti, Majorino disobbedisce al Prefetto

Rom e Sinti, Majorino disobbedisce al Prefetto. E lo comunica a mezzo Facebook, come ormai sono abituati i politici della nuova generazione. La comunicazione si è privatizzata in tutti i campi ormai, ma su questo tema torneremo in un altro articolo. Pierfrancesco Majorino ha deciso di non fornire alla Prefettura le informazioni richieste sulle comunità rom e sinti di Milano. L’annuncio con la spiegazione sono questi: NON MI PRESTO AL GIOCO DI SALVINI Giorni fa è arrivata sul mio tavolo la richiesta di dati e informazioni, da parte della Prefettura, sul tema dei campi Rom e Sinti. Oggi leggo, dalle agenzie, che si tratta dell’iniziativa di Salvini per gli “sgomberi”. Detto che mi restano due giorni da assessore non passerò le prossime 48 ore a fornire al ministro dell’inferno informazioni utili per vedere gente sbattuta per strada e bambini trattati come carne da macello elettorale. Le (lievi e sono il primo a saperlo) esperienze di inclusione delle comunità Rom e Sinti non possono essere rimosse favorendo a quel punto nuove storie di marginalità, degrado e illegalità. Domani ci torno sopra (e alla Prefettura chiederò perchè mi chiedono quei dati). Ora, bene riaffermare l’importanza della politica dopo decenni di decadenza: è l’unica istituzione su cui il cittadino può influire direttamente grazie al voto, al contrario di magistratura e altri. Però la Prefettura rappresenta lo Stato, persino più della Questura che ne rappresenta solo un braccio repressivo. Ma Majorino non solo rifiuta di rispondere, vuole addirittura lui risposte dal Prefetto. Che i due Pier della politica milanese fossero molto convinti di sè stessi è cosa nota, però forse in questo caso si è travalicato il senso del limite. Le battaglie politiche sono legittime, ma su rom e sinti Majorino disobbedisce al Prefetto e con lui a tutti noi. Non si può ridurre il ruolo del Prefetto a semplice soldatino agli ordini di Salvini, perché sarebbe un insulto a lui e a tutta la comunità che è qui a tutelare. Parliamo poi di una persona che anche di fronte alle pressanti urgenze della cronaca, vedi Rogoredo, non ha mai cessato di ripetere che servono risposte ampie, fatti di socialità oltre che di repressione. Sua Eccellenza Renato Saccone è molto, molto di più di una pedina. Majorino farebbe bene a ricordarlo, siamo tutti milanesi e siamo tutti italiani.

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L’Idroscalo prova a ripartire

L’Idroscalo prova a ripartire. Con la firma del decreto di nomina dei componenti del Consiglio di Amministrazione da parte del sindaco della Città metropolitana di Milano Giuseppe Sala, nasce ufficialmente la nuova “Istituzione Idroscalo di Milano”. Paolo Taveggia ne sarà il presidente mentre Federico Figini, Onofrio Francioso, Paolo Ofelia, Francesca Guerra e Carlo Stracquadaneo i consiglieri. Una decisione burocratica, ma dal forte significato: l’Idroscalo infatti ha una storica importanza per la città che lo ha ribattezzato “mare dei milanesi”, soprattutto quelli poveri che non possono permettersi vacanze in posti lontani o per chi vuole godere di una gita a misura di famiglia senza ore di macchina incluse. Ma c’è un dato ancora più importante: l’Idroscalo è un’infrastruttura importantissima perché è in una zona di Milano che presto tornerà a essere centralissima per lo sviluppo della città. In questi giorni chiude l’aeroporto di Linate, ma quando riaprirà sarà potenziato. Inoltre la metro 4 dovrebbe entrare in funzione almeno in quel tratto in tempi relativamente brevi. Se quella zona si unisce davvero alla città, la ferrovia è l’unico elemento di reale unificazione di due realtà sociali al momento, l’Idroscalo potrebbe essere all’inizio di un’esplosione a cui la nuova dirigenza farà bene a prepararsi. I milanesi hanno tante caratteristiche, ma tra queste spicca sicuramente l’entusiasmo.  Intanto la politica locale festeggia giustamente il passaggio burocratico: “Da oggi il Mare dei milanesi ha l’opportunità di riorganizzarsi per affrontare al meglio le sfide che, insieme alla Città metropolitana e a CAP Holding, ha davanti a sé. Per continuare a essere un parco a livello di una grande metropoli europea qual è quella milanese”, così Arianna Censi, vicesindaca della Città metropolitana.

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Aumento del biglietto Atm, la lettera del sindaco Giuseppe Sala

Caro Beppe, uso un discorso molto diretto. Tutto bello. Belle le idee, bello il tentativo, belli i propositi. Qui però siamo a Milano, terra di gente positiva ma non cieca. Chi li usa i mezzi, sa che sull’aumento del costo del biglietto “canti la mezza messa”. Si vede che non li usi, abituato come sei a passare da una poltrona di potere all’altra tu usi auto blu e corsie preferenziali. Ricordiamo quando annunciasti come fosse un successo l’apertura delle prime due fermate della metropolitana 4. Quella che doveva essere pronta per il tuo decantato Expo 2015: ora sveglia Beppino caro, siamo nel 2019 e ancora non va. Però i soldi pubblici li hanno presi. Dove sono? Perché prima di chiederne altri forse era il caso di chiedersi questo non credi? Almeno per spiegarlo ai milanesi, nessuno ti chiede di diventare magistrato. Però noi piano piano il naso ce lo stiamo mettendo nei conti delle metropolitana e forse è il caso che di alcune questioni ne parli prima tu della stampa. Abbiamo iniziato a raccontare i problemi delle scale mobili targate Anlev, azienda dietro il cui nome stanno le stesse persone che negli anni passati ebbero qualche guaio giudiziario per le scale mobili della linea Gialla. Ora, nessuno è più garantista di noi, però questo fatto stona molto con i continui disservizi delle scale mobili. In teoria sono le più nuove della città e sono sempre rotte. Astaldi, che ha costruito la linea, è in fallimento. Alcuni treni, anche questi in teoria tra i più nuovi della città, girano da anni con le porte rotte. Chi ha fatto quei contratti? Qualcuno ha controllato prima di continuare a versare milioni su milioni non suoi ma di tutti? Te lo ripetiamo: ci stiamo mettendo il naso, anche nel variegato mondo di consulenze e affini. Il quadro non è eccezionale, quindi come d’uso per chi fa il gazzettiere ti lasciamo con una domanda: tutto bello, ma ci abbiamo messo la testa davvero o solo il portafoglio degli altri? Per permettere a tutti di avere anche la tua versione del discorso, lasciamo ai lettori la lettura della tua lettera. Probabilmente siamo pure i primi a pubblicarla. Cari concittadini, mi rivolgo a tutti voi in occasione dell’introduzione del nuovo Sistema Tariffario Integrato dei mezzi pubblici. Si tratta di una grande novità. In questi anni non ho mai smesso di affermare che i trasporti sono una delle architravi su cui dobbiamo costruire il futuro della nostra città. Mezzi pubblici il più possibile efficienti e puntuali sono la condizione per avere una Milano capace di crescere, di rispettare i suoi impegni, di assicurare un ambiente più pulito a noi e ai nostri figli. Però, per fare questo è necessario che il sistema dei trasporti non sia costruito a compartimenti stagni ma rappresenti un’opportunità per tutto il territorio metropolitano e oltre. Ed è proprio in questa prospettiva che va letto il nuovo sistema. Per la prima volta con lo stesso biglietto potranno muoversi 4,2 milioni di abitanti di Milano e di altri 212 comuni lombardi. Non solo. L’abbonamento annuale non cambierà di prezzo e abbiamo prodotto un articolato sistema di vantaggi riservati agli under 30 anni, a chi è più disagiato, a chi ha superato i 65 anni di età, e alle famiglie. E inoltre tutti i bambini e i ragazzi sotto i 14 anni avranno uno speciale abbonamento che consentirà di viaggiare sempre gratis su tutti i mezzi pubblici del nostro sistema. Da oggi quindi abbiamo a disposizione uno dei più potenti mezzi per migliorare nei fatti il clima e l’aria che respiriamo nella nostra città. Più useremo tutti i mezzi pubblici, più risparmieremo, meno inquineremo e meno auto entreranno in città ogni giorno. Questo è un risultato molto importante che pone di nuovo la nostra città tra le più avanzate esperienze nello scenario internazionale. Ma, direte, e l’aumento del biglietto? Non ho certamente intenzione di nascondere che il biglietto ordinario aumenta di prezzo, passando da 1,5 a 2 euro. Permettetemi però di aggiungere che con 2 euro da oggi si può viaggiare per 90’ su tutti i mezzi non solo a Milano ma anche in altri 21 Comuni intorno alla nostra città, potendo timbrare più volte in metropolitana. Ma non è questo il punto. Rivendico il diritto e anche il dovere di un sindaco di guardare al futuro della città e di reperire i mezzi necessari per continuare a mantenere Milano al livello raggiunto oggi e anche a migliorarlo. Milano, sulla scia dell’operato dei sindaci che mi hanno preceduto, con l’Expo e con la vitalità che abbiamo saputo esprimere sta vivendo una bellissima stagione. Potremmo goderci i complimenti che stiamo ricevendo, ma non saremmo Milano. Guardare avanti, puntare a un futuro migliore, più equo e più rispettoso dell’ambiente: questi sono gli obiettivi che ci siamo proposti e questo è il mio modo di intendere il mestiere di sindaco. Avanti allora con le Olimpiadi del 2026, il nuovo grande appuntamento di Milano e dell’Italia con il mondo. Avanti con gli sviluppi urbanistici che devono continuare a costruire una città che cresce e che è in grado di offrire soluzioni abitative ai giovani, agli anziani e a chi fa fatica. Avanti con la realizzazione di un welfare capace di dare ai Milanesi, vecchi e nuovi, pari opportunità di vivere in città. Avanti con la cura della città, con le opere del Piano Quartieri e con la sua volontà di continuo confronto con tutti i cittadini. Avanti con l’attenzione alla sicurezza e al controllo di quelle situazioni dove l’illegalità cerca di affondare le sue vergognose radici. Avanti, dunque, anche con il nuovo Sistema Tariffario studiato per diffondere l’uso dei mezzi pubblici come pratica abituale e continua, fin dai primi anni di vita. Tra un paio d’anni la M4 comincerà a raccontare a milioni di persone una nuova storia della nostra metropolitana, in seguito raggiungeremo Monza e continueremo a studiare e a investire per un sistema di trasporti sempre più integrato ed ecologicamente vantaggioso. Ogni euro che incasseremo in più

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