Editoriali

Crisi di nervi in Comune

Crisi di nervi in Comune. Repubblica, ormai sempre più house organ di Palazzo Marino, ci informa che per i dipendenti del settore Edilizia del Comune di Milano è stato attivato il supporto psicologico. Due ore di debriefing emotivo per sopportare lo stress della polizia giudiziaria che quasi quotidianamente chiede carte e conto del lavoro svolto. Ma non solo i dipendenti comunali sarebbero stressati dal “più alto grado di attenzione che i dipendenti devono impiegare nel controllo delle pratiche”. Pensa tu: e i milanesi che erano convinti che si facesse molta attenzione anche prima del rischio manette, perché essere dipendente pubblico non vuol dire godere di diritti più ampi dei lavoratori privati, ma avere anche la responsabilità della collettività. Perché se si autorizzano palazzi alla belino di segugio succede qualcosa alla vita delle persone, ma visto che pare non sia stata messa troppa attenzione prima l’Osservatore ha deciso di metterci del suo e piano piano sono partite le visure camerali sui 140 dipendenti spaventatissimi. Così da poter fugare ogni dubbio sulla correttezza del loro operato. Perché non è giusto sospettarli di aver facilitato certe pratiche edilizie solo perché viene facile pensare male delle persone. Specialmente se sono persone che hanno sempre fatto il proprio lavoro onestamente: infatti risulta che abbiano obbedito alle direttive dei dirigenti come l’attuale assessore alla Rigenerazione urbana Tancredi. Certo si può obiettare che aver obbedito agli ordini era la difesa di Eichmann, ma sarebbe un paragone ingiusto. Infatti è Tancredi che continua ad andare in Procura a parlare con il procuratore Marcello Viola, con un metodo che se applicato a Palermo o nel sud Italia verrebbe subito visto molto molto male, inutile negarlo. Ma la crisi di nervi in Comune tocca tutti i gradi della macchina comunale. E forse è presto per parlare di una nuova tangentopoli, forse. Quello nel caso lo decideranno i giudici. Magari con una mano visto che politici come Alessandro de Chirico di Forza Italia hanno chiesto la lista dei 150 progetti citati da Sala come aggredibili dalla Procura (per altro oggi Repubblica dice che potrebbero essere di più). Oggi però sarebbe il caso di continuare a dibattere di come si deve costruire a Milano. La città è solo terreno fertile per chi è sposato con le banche e può speculare creando case per pochi? O possiamo tornare a essere una città aperta per tutti? In cui ci sono case per viverci, non per tenere fuori i poveri?

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Nessuno ha chiesto la lista dei 150 progetti di Sala

Nessuno ha chiesto la lista dei 150 progetti di Sala. Perché? Forse perché si ha paura di inimicarsi i costruttori milanesi che hanno un ruolo simile a quello dei Caltagirone a Roma? Sono cioè i veri possessori dei palazzi del potere. Oppure è perché in quei 150 progetti oltre le leggi nazionali ci hanno messo le mani in tanti? Vorremmo capire come mai di fronte a un sindaco che ammette che buona parte delle opere edilizie in programma siano illegali o quanto meno oltre le normative nazionali, nessuno dell’opposizione chieda conto delle 150 opere da lui citate. Qui si parla di scali ferroviari, reinventing cities e molti altri nomi che significano semplicemente una marea di cantieri per tutta la città e che cambieranno il volto della città. Perché qui si parla di milioni di metri cubi che andranno per alto a occupare buona parte delle zone rimaste libere in città. Come è possibile che nessun consigliere di opposizione abbia intenzione di chiarire un punto importante per la città come la quantità immane di operazioni immobiliari che stando alle leggi nazionali sono fuori legge? L’opposizione potrebbe alzare il tiro per una volta e chiedere davvero conto a Sala di cosa sta facendo, perché sotto la Madonnina lui e “i suoi” (cit.) sembrano aver deciso di non chiarire mai il proprio operato. E quando qualcuno gliene chiede conto, reagiscono stizziti. Anzi, incazzati proprio. Come se chiedere a un sindaco e “ai suoi” di che marmellate stanno cucinando fosse un crimine di lesa maestà. Surreale? No. Nella MIlano degli anni Venti è tutto normale. E infatti nessuno ha chiesto la lista dei 150 progetti di Sala, perché cosa vuoi che interessi a 1,4 milioni di cittadini di cosa si sta facendo nei loro quartieri. Cosa volete che sia. E infatti ai sit in promossi da cittadini non viene né Sala né l’assessore Tancredi (ma viene Mattia Ferrarese), forse perché sono impegnati a cercare di capire come non finire in manette continuando a stressare i magistrati che finalmente hanno aperto una finestra sull’edilizia milanese. Peccato che nessun consigliere comunale se ne stia occupando.

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Pm10 oltre il doppio della soglia mentre cdx e csx si danno reciprocamente la colpa

“Concentrazioni di Pm10 oltre il doppio della soglia di guardia di 50 mg/mc in città. Sabato le centraline Arpa hanno rilevato valori pari a: 101 mg/mc a Città Studi, 113 in viale Marche; 113 in via Senato; 94 al Verziere; 116 a Pioltello” dati preoccupanti, che i milanesi leggono oramai con distrazione abituati come sono a convivere con questa situazione che, a onor del vero, quest’anno si è verificata un numero più basso di giorni rispetto al precedente. Magra consolazione se pensiamo che ad avvelenarsi i polmoni siamo noi, i nostri figli, i nostri genitori e i nostri nonni, nel mentre quelli che amministrano comune e regione dimostrano un’inspiegabile incapacità di affrontare scientificamente e non politicamente un fenomeno che ricade soprattutto sulle spalle, anzi, sui polmoni di bambini anziani e persone fragili. Non dovrebbe essere una questione politica: Quando  si tratta di salute pubblica non dovrebbe mai essere tale (anche se le polemiche e contrapposizioni nate in seguito alla recente emergenza Covid hanno dimostrato il contrario). Regione e Comune che dovrebbero occuparsi di prendere i provvedimenti necessari, sia a favorire un miglioramento della qualità dell’aria, sia a mettere in guardia i cittadini dai rischi connessi all’esposizione agli agenti inquinanti, sono l’una amministrata dal centrodestra e l’altro dal centrosinistra e insieme dovrebbero prendersi la responsabilità di agire nel migliore dei modi per il bene comune. Cosa che purtroppo non accade. L’inquinamento è diventato un’altro dei tanti motivi di contrapposizione fra i due schieramenti politici che, nel mentre si lanciano accuse reciproche, affrontando la questione partendo da basi ideologiche piuttosto che pratiche e sfruttano i ruoli legati alla gestione dell’emergenza inquinamento per dare un posto di rilievo a qualche esponente di partito, non collaborano fra loro cercando di fare sintesi e trovare delle soluzioni come dovrebbe sempre accadere quando si parla si salute. Tutti vizi di un certo modo di fare politica urlato che non siamo ancora riusciti a scrollarsi di dosso. Soprattutto a Milano. Resta la speranza che prima o poi cambino registro e la magra consolazione che anche i politici respirano la nostra stessa aria.

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Il Comune non risponde sui 150 progetti di Sala

Il Comune non risponde sui 150 progetti di Sala. Abbiamo chiesto all’ufficio stampa del Comune di Milano se il sindaco Giuseppe Sala avesse intenzione di rendere pubblica la lista di 150 progetti indagabili dalla Procura di Milano. Perché se un sindaco dice che ci sono 150 progetti potenzialmente da manette per lui e i dirigenti del Comune, sarebbe pure il caso che qualcuno gli chiedesse conto di questi progetti. Chi li ha creati? Chi li ha firmati? Perché qui non si parla solo di soldi, si parla della città: ciò che hanno scoperto i magistrati (a cui va ancora un grazie), e hanno confermato i giudici, è che la “creatività costruttiva” di alcuni operatori immobiliari mette a rischio le infrastrutture dei quartieri. Vuol dire non avere più l’elettricità a sufficienza, vuol dire avere il rischio di fognature che esplodono, per non parlare di incremento del traffico, scuole sovraffollate e così via. Perché che piaccia o no a chi ha mosso certe pedine sullo scacchiere milanese, una città ha bisogno di cose intorno alle case. Per questo ci sono delle regole che non vanno derogate. Altrimenti i quartieri diventano inabilitabili. E poi arriva il degrado. E poi problemi decennali per la città. Intanto però chi ha firmato i progetti è sparito, magari dandosi al commercio di panini in Venezuela. Allora prima che si verifichi uno scenario del genere, e Crescenzago è sulla buona strada insieme a piazza Aspromonte, perché il Comune non risponde sui 150 progetti di Sala? Sarebbe il caso di agire ora prima di veder collassare la città sotto i colpi di un’eredità pesantissima vista la sua consistenza cementizia.

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Scuola Falcone e Borsellino: cambiano i tempi e soprattutto i genitori

Leggere questo comunicato di Silvia Sardone, mi ha fatto fare un tuffo nel passato e sollecitato qualche dovuta riflessione. Vi si parla dei genitori degli alunni di un istituto in corso di ristrutturazione, preoccupati per il lungo e pericoloso percorso che dovranno affrontare i loro figli per recarsi in quello cui sono stati destinati, senza che il Comune abbia messo a loro disposizione una navetta. La leghista fa bene a sostenere le loro rivendicazioni, un politico deve sempre rispondere alle sollecitazioni dei cittadini, anche se in alcuni casi si potrebbe sacrificare qualche voto mantenendo un atteggiamento più critico nei loro confronti. E questo, a mio parere, è proprio uno di quei casi. Lo dico a ragion veduta. Basandomi su esperienze di vita vissuta. Sono nato a Greco Milanese, ancora ci abito e ho fatto le elementari alla scuola di via Bottelli. Quella dove dovrebbero trasferirsi gli studenti che stanno frequentando le medie nell’Istituto Falcone e Borsellino. Quando avevo dieci anni, terminate le elementari, nel mio quartiere non c’erano ancora scuole medie e toccò a me percorrere ogni giorno la strada fino alla scuola Falcone e Borsellino. Lo feci per tre anni, dai dieci ai tredici, con ogni tempo, impiegandoci al massimo venti minuti con le gambette corte da ragazzino. E sono qui a raccontarvelo! Cosa è cambiato da allora? La strada è la stessa: c’è ancora la palazzina diroccata all’angolo fra via Pianell e via Ugolini e bisogna ancora passare sul ponticello pedonale che scavalca la ferrovia in via Comune Antico. Non è più mal frequentata di allora. I ragazzi potrebbero incontrarci gli stessi pericoli presenti sotto casa loro. Conosco bene quelle strade, fino a due anni fa ci passeggiavo un paio di volte la settimana con il nostro direttore Michelangelo Bonessa che abitava esattamente a metà del percorso, senza mai subire aggressioni, vedere o sapere di qualcuno che ne fosse stato vittima. Insisto, cosa è cambiato allora? Sono cambiati i tempi e con essi i genitori. Soprattutto i genitori. Divenuti tali dopo essere stati figli cresciuti nella bambagia, da padri e madri che hanno voluto risparmiare loro le privazioni che gli erano toccate in sorte, nel mentre media e istituzioni instillavano in loro ogni genere di preoccupazione. Sono contestualmente abituati alle comodità e attanagliati dalla paura, che li priva del coraggio di lasciare che figli affrontino il mondo da soli, cosa che li renderà ancora più pigri, paurosi e deboli di loro. Concludendo, ci sta bene una citazione: “I tempi difficili creano uomini forti. Gli uomini forti creano bei tempi. I bei tempi creano uomini deboli. E gli uomini deboli creano tempi difficili“. Al massimo un paio di generazioni e, continuando su questa strada, verranno tempi molto difficili.

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