Roma – Cultura

Addio Birreria Marconi 1923 via di Santa Prassede 9c Roma.

La birreria Old Marconi di via Santa Prassede 9C, conosciuta anche come Birreria Marconi 1923, rappresentava davvero un tesoro nel cuore di Roma, con la sua atmosfera unica e la sua offerta culinaria variegata che univa la tradizione italiana a influenze tirolesi e anglo-irlandesi. La fondazione del locale alla fine del 1800 ne fa non solo un punto di riferimento gastronomico, ma anche un pezzo importante della storia culturale della città. La professionalità e la cordialità del personale, composto da una ricca varietà di culture, contribuivano a creare un ambiente familiare e accogliente, rendendo ogni visita un’esperienza piacevole e memorabile. Piatti come le “Fettuccine con Asparagi e Provola Affumicata” e i “Ravioli al Tartufo” riflettevano l’impegno verso la qualità e la creatività in cucina, mentre la trasparenza nei prezzi e l’inclusione del pane nel pasto principale dimostravano un’attenzione particolare al cliente. L’omaggio a Guglielmo Marconi, con l’esposizione di oggetti storici legati alla comunicazione senza fili, aggiungeva un tocco di nostalgia e valorizzava il legame tra il locale e la modernità, rendendo la visita non solo un pasto, ma un viaggio attraverso la storia. È davvero una perdita notevole sapere che il 1° giugno 2025 il locale ha chiuso definitivamente, lasciando un vuoto nel panorama gastronomico romano e privando sia i turisti che i residenti di un rifugio speciale. È auspicabile che questa chiusura possa ispirare la nascita di nuovi spazi che continuino a promuovere la tradizione e l’accoglienza che Old Marconi 1923 ha rappresentato per tanti anni. La speranza è che le esperienze e il calore di questo storico locale possano vivere in nuovi progetti futuri.

Addio Birreria Marconi 1923 via di Santa Prassede 9c Roma. Leggi tutto »

Pittore, Scultore ed Attore: Giorgio Lo Fermo.

  Giorgio Lo Fermo nato a Piazza Armerina (EN), il 16/6/1947, è un pittore, scultore e attore italiano, vive e lavora a Roma dalla metà degli anni ’60. È un artista di grande talento e versatilità, le cui radici siciliane si intrecciano con l’energia culturale di Roma, dove ha affinato il suo stile unico. La sua formazione alla Scuola di Arti e Mestieri di San Giacomo, nella via omonima del Comune di Roma e in Sociologia dell’Arte, ha certamente influenzato il suo approccio all’arte, permettendogli di esplorare nuove forme di espressione e significato. La combinazione di un’educazione pratica e teorica è davvero fondamentale per formare professionisti completi nel campo artistico. L’approccio della Scuola di San Giacomo, focalizzato sull’esperienza diretta, consente agli studenti di affinare le proprie capacità tecniche e di sviluppare una sensibilità estetica che va oltre il semplice atto creativo. Questo tipo di formazione aiuta a creare una connessione profonda con i materiali e le tecniche, essenziale per chi lavora nel campo delle arti visive. D’altra parte, gli studi in Sociologia dell’Arte forniscono le chiavi per comprendere come l’arte non esista nel vuoto, ma sia radicata nelle dinamiche sociali, storiche e culturali. Questa analisi critica permette, a Lo Fermo e ai critici, di contestualizzare le sue opere e di riflettere sul loro impatto sulla società. La capacità di vedere l’arte attraverso una lente sociologica è, peraltro, cruciale per affrontare le complessità del mondo contemporaneo e per interrogarsi sulle responsabilità etiche e sociali. In sintesi, la figura professionale che emerge da questa doppia formazione può davvero contribuire in modo significativo al panorama artistico e culturale, interpretando e producendo opere che riflettono non solo abilità tecniche, ma anche una profonda consapevolezza critica. Lo Fermo giunto negli anni ’70, immerso nella vivace scena artistica di Roma, ha sviluppato un linguaggio visivo caratterizzato da ritmi variabili che sfidano le tradizionali nozioni di oggettività. La sua arte sembra celebrare una fusione tra realtà e fantasia, utilizzando il colore e la forma per evocare emozioni profonde e dinamiche. Questa capacità di connettersi con l’esperienza interiore è uno degli aspetti più affascinanti delle sue opere. La partecipazione a mostre internazionali e il riconoscimento ricevuto attraverso premi prestigiosi dimostrano l’impatto di Lo Fermo nel panorama artistico contemporaneo. Le sue opere, esposte in gallerie di rilievo a Roma e presenti in collezioni private in tutto il mondo, continuano a ispirare e affascinare chiunque ne venga a contatto. Oltre alla sua formazione e al suo stile distintivo, ci sono diversi aspetti interessanti che hanno inciso sulla carriera artistica collaborando con altri artisti e partecipando a progetti collettivi. Queste interazioni possono aver arricchito la sua visione artistica e offerto nuove opportunità per esplorare diverse tecniche e materiali. Lo Fermo è noto per la sua propensione alla sperimentazione. Ha esplorato vari media, non solo nella pittura, ma anche nella scultura e nelle installazioni.  Questa ricerca continua di nuove forme espressive ha fatto sì che le sue opere si evolvessero nel tempo, mantenendo sempre una freschezza e un’originalità che catturano l’attenzione del pubblico. Alcuni artisti del suo calibro tendono a impegnarsi anche in tematiche sociali, e Lo Fermo non fa eccezione. È possibile che abbia trattato questioni legate alla cultura, all’identità e ai cambiamenti sociali nelle sue opere, riflettendo così le dinamiche del suo tempo. Oltre ad essere un artista, Lo Fermo potrebbe aver avuto anche ruoli educativi, condividendo la sua esperienza e le sue conoscenze con giovani artisti attraverso lezioni, workshop o partecipazione a programmi accademici. Come accennato, ha ricevuto numerosi premi nel corso della sua carriera, che non solo attestano il suo talento, ma contribuiscono anche a consolidare la sua reputazione a livello internazionale. Ogni riconoscimento può aver aperto porte a nuove opportunità di esposizione e collaborazione. Oltre alle show collettive, Lo Fermo ha realizzato anche esposizioni personali, che gli hanno permesso di presentare il suo lavoro in modo più intimo e diretto, creando un dialogo più profondo con il pubblico testimoniando non solo il valore estetico delle sue creazioni, ma anche il loro significato culturale. Questi aspetti contribuiscono a costruire il profilo di Giorgio Lo Fermo come un artista completo e versatile, la cui influenza si fa sentire non solo attraverso le sue opere, ma anche nel contesto più ampio dell’arte contemporanea. Lo Fermo ha intrapreso anche la carriera di attore di teatro impegnato, questo dimostrerebbe la sua versatilità artistica e il desiderio di esplorare diverse forme di espressione. L’arte del teatro, in particolare quella impegnata, è spesso utilizzata per affrontare tematiche sociali, politiche e culturali, attraverso narrazioni che invitano alla riflessione e al dialogo. L’esperienza teatrale può arricchire, un artista visivo, come Lo Fermo lavorando in teatro gli permette di esplorare nuove modalità di espressione e a comunicare emozioni profonde attraverso la recitazione, il che potrebbe influenzare anche il suo approccio alle arti visive. Il teatro impegnato spesso affronta questioni di rilevanza sociale e culturale. Lo Fermo ha partecipato a produzioni di questo tipo, è probabile che le sue opere artistiche riflettano le stesse tematiche, creando un legame tra i due ambiti. Essere coinvolto nel teatro offre l’opportunità di collaborare con altri artisti, registi e drammaturghi, creando un ambiente di scambio creativo che può arricchire entrambe le pratiche artistiche. L’esperienza sul palcoscenico aiuta a sviluppare la capacità di narrazione, un aspetto che può rivelarsi utile anche nelle arti visive, dove la composizione e la presentazione possono raccontare storie. La fusione, tra le arti visive e il teatro, consente di sviluppare una visione multidisciplinare dell’arte, valutando come diversi media possano interagire e influenzarsi a vicenda.

Pittore, Scultore ed Attore: Giorgio Lo Fermo. Leggi tutto »

I Caduti della Montagnola (Roma): accenno storico di alcune Vite sacrificate per Amore, per la Patria e per la Libertà

L’8 settembre 1943 dopo l’armistizio firmato dal Governo Badoglio le truppe tedesche attaccano le postazioni a difesa di Roma abbandonate dai comandi militari che avevano lasciato la truppa senza ordini e ufficiali superiori. Tra il 9 ed il 10 settembre la prima forma di resistenza in Italia all’occupazione tedesca è esplosa alla Montagnola. Soldati, popolani, protetti per quello che era possibile dai sacerdoti e dalle suore, si opposero all’avanzata delle truppe germaniche sulla Laurentina. L’8 settembre 1943, si diffonde la notizia dell’armistizio, la Montagnola è in festa, è la gioia della sospirata pace che pregusta il ritorno dei parenti militari. Alle ore 23.00 giungono i canti dei Granatieri, accampati alla macchia delle Tre Fontane. All’una di notte, in direzione dell’EUR 42 (già E42 Esposizione Universale 1942) verso il ponte della Magliana (unico attraversamento del Tevere prima di ponte di ferro alla Piramide), si alza e si estende nel cielo una vasta illuminazione di fuochi di bengala, quindi spari e raffiche ripetute, impressionanti, seguiti da mortale silenzio. Il 9 settembre 1943, Don Pierluigi Occelli detto don Pietro, parroco del Gesù Buon Pastore, esce dall’attuale canonica (ora Via Luigi Perna) e si recò alle 5 del mattino all’Istituto Gaetano Giardino al Forte Ostiense, per celebrare la Santa Messa, per le 35 suore infermiere, che assistono circa 400 orfani di guerra e minorati psichici. Mentre attraversa i campi (non esiste lo svincolo Marconi-Colombo come neanche la Marconi e la Colombo) incontrò alcuni Granatieri insanguinati e laceri per lo scontro armato della sera prima e li accompagnò alle case vicine per le medicazioni sommarie e per un pò di acqua. Un computo sommario parlò di 38 granatieri uccisi e una ventina di feriti. La popolazione si stringe a questi suoi soldati lavando ferite e vestiti ospitando nelle case i più bisognosi di soccorso, di cibo e di cure. Tra i feriti c’è anche il granatiere Daniele Grappasonni la cui famiglia viveva alla strada V (Via San Colombano). La mamma Adele era la presidente delle donne di Azione Cattolica della parrocchia. Monta il livore verso i Tedeschi. Il 10 settembre 1943 alle 5 don Pietro è di nuovo al Forte Ostiense per la solita Messa alle suore e si rende conto dello smarrimento che regna. Gli ufficiali sono quasi tutti tornati a Roma e dalle cucine si fa un’anticipata distribuzione di caffè per i soldati sfiniti per la veglia di due notti. Tra la china del Forte verso l’Ostiense, difeso dai Granatieri di Sardegna si accampano due compagnie di bersaglieri e guastatori. Inizia il bombardamento dei Tedeschi. I ragazzi, le ragazze, le suore, gli orfani, specialmente i minorati psichici e gli epilettici sono terrorizzati. Le suore pregano coi ragazzi stesi sul pavimento. Inizia l’incendio del Forte, ma la resistenza continua e si intensifica. Arrivano i paracadutisti tedeschi (“Diavoli Verdi”) ed in poco tempo hanno la meglio. La battaglia durò mezza giornata. Don Pietro, preoccupato dei 400 ragazzi, alzò un drappo bianco e trattò la resa con un ufficiale tedesco, mentre le suore Alcantarine nascondevano nei locali del guardaroba e nei magazzini il maggior numero di granatieri, per travestirli con le bluse degli inservienti e degli operai; altri vennero muniti d’improvvisati bracciali disegnati con una croce rossa di sangue. Don Pietro accompagnò alla spicciolata fuori dal forte sui campi questi improvvisati crocerossini e li mise in salvo presso le famiglie della borgata. Altri granatieri tramutati in operai usciranno a loro volta in piccoli gruppi come liberi civili. Nel frattempo, il fornaio Quirino Roscioni, mutilato della Prima Guerra Mondiale, nato a Fiastra (Macerata) il 2 dicembre del 1894, da Enrico e Carlotta Todini, negoziante (fornaio), abitante in via Farfa 41, coniugato con Candida D’Angeli e padre di cinque figli (Enrica, Nora, Roberto, Iolanda, Edda), ucciso dai tedeschi in via Vedana, davanti alla chiesa di Gesù Buon Pastore insieme con la cognata Pasqua Ercolani in D’Angelo, al tenente dei Granatieri Luigi Perna e ad altri militari, presenti la moglie e il parroco della suddetta chiesa, don Pierluigi Occelli, sepolto nel cimitero del Verano a Roma. “Quirino Roscioni, vecchio combattente e mutilato dell’altra guerra, era il fornaio della zona ed il suo negozio si trovava proprio sotto il comando dei Granatieri. Egli forniva tutte le mattine il pane ai soldati (anche il tenente Perna fu trovato che aveva nel tascapane due sfilatini freschi) ed aveva trasformato sin dalle prime ore del mattino del 10 settembre la sua casa in un fortilizio: ogni finestra aveva un granatiere col fucile spianato. Il Roscioni rimase costantemente in casa insieme con i soldati, che ubbidivano al comando di un sergente. L’ardore dell’ex combattente nel sostenere ed appoggiare i militari non venne meno se non quando, ritenuta vana ogni ulteriore resistenza contro l’invasore che aveva ormai circondata la casa e intimata la resa, fu deciso di deporre le armi. I tedeschi occuparono l’edificio e dichiararono prigionieri tanto i militari, quanto i civili. I feriti vennero incamminati verso il Divino Amore. Al Roscioni gli fu permesso,  unitamente alla cognata Pasqua D’Angeli, madre di quattro figli, di recarsi presso la Chiesa, ma vennero mitragliati, alle spalle, cadendo in un lago di sangue. Nella borgata, da tempo tutti conoscevano i granatieri di stanza al Forte Ostiense e con essi avevano fraternizzato. Cosicché, quando venne la battaglia, tutte le case si trasformarono in improvvisate infermerie. Purtroppo, la metà almeno dei morti morirono dissanguati per l’assoluta carenza di cure adeguate. Anche il medico condotto del posto, il dott. Giovanni Ciccolini, era stato preso e portato dai tedeschi a curare i loro feriti. La resistenza di casa Roscioni permise un nuovo allestimento di difesa nei cinque padiglioni scolastici vicino alla chiesa, dove, dietro il muretto della cancellata, si batté eroicamente la medaglia d’oro s.ten. Luigi Perna dei Granatieri” (testimonianza di don Pierluigi Occelli, detto don Pietro, parroco di Gesù Buon Pastore alla Montagnola di San Paolo).  Quella mattina aveva panificato le “ciriole” (pane tradizionale romano) per darle ai soldati italiani impegnati nei combattimenti contro i tedeschi. Nei suoi memoriali don Pietro racconta che “lo spettacolo più tragico l’ebbi sulla

I Caduti della Montagnola (Roma): accenno storico di alcune Vite sacrificate per Amore, per la Patria e per la Libertà Leggi tutto »

Lotta contro il traffico di droga: il ruolo della Comunità e delle Forze dell’Ordine.

      È positivo sapere che le Forze dell’Ordine stanno lavorando attivamente per combattere il traffico di droga. Queste operazioni sono fondamentali per garantire la sicurezza della comunità e per ridurre il danno causato dalle sostanze stupefacenti. È importante continuare a sostenere tali iniziative e rimanere informati riguardo agli sviluppi delle indagini. La lotta contro il traffico di droga è un tema cruciale per la sicurezza e il benessere della società. Ogni operazione condotta dalle Forze dell’Ordine rappresenta un passo importante verso la salvaguardia delle persone e la riduzione dei rischi legati all’uso di sostanze stupefacenti. È fondamentale che la comunità rimanga vigile e collaborativa, supportando le Autorità nelle loro iniziative. Ognuno di noi può fare la propria parte, non solo segnalando attività sospette, ma anche promovendo stili di vita sani e sostenendo programmi di prevenzione. È vero che il lavoro delle Forze dell’Ordine è essenziale per affrontare il problema del traffico di droga, e ogni operazione contribuisce a creare un ambiente più sicuro per tutti. Le indagini sono fondamentali non solo per fermare i criminali già attivi, ma anche per prevenire future attività illecite. Inoltre, la collaborazione della Comunità è vitale: informarsi, segnalare comportamenti sospetti e sostenere le iniziative preventive possono fare la differenza. La consapevolezza e l’impegno collettivo possono aiutare a costruire una società più sana e protetta. Esistono alcuni aspetti chiave, punti cruciali, della lotta contro il traffico di droga ed il ruolo della Comunità e delle Forze dell’Ordine. Il primo aspetto chiave è l’importanza delle operazioni antidroga, tali operazioni sono essenziali per interrompere le reti di distribuzione e ridurre la disponibilità di sostanze stupefacenti nelle varie Comunità. Esse non solo portano all’arresto di individui coinvolti nel traffico, ma consentono anche il sequestro di grandi quantità di droga, limitando così l’accesso a questi prodotti pericolosi e dannosi alla salute. Peraltro, è il ruolo delle Forze dell’Ordine che utilizzano una varietà di strategie investigative per combattere il traffico di droga, tra queste vi sono le indagini sotto copertura, undercover, con agenti preparati con corsi riservati che possono infiltrarsi nelle reti di spaccio per raccogliere informazioni preziose. Quasi in simultanea utilizzano le intercettazioni delle comunicazioni, raccogliendo dati sensibili, con le dovute autorizzazioni, attraverso monitoraggi telefonici ed informatici per identificare i membri di uno o più canali del traffico di droga. E per concludere vi è la collaborazione interforze, come Polizia di Stato, Polizia Locale, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, per affrontare il problema in modo più completo. Possiamo aggiungere anche la prevenzione e la sensibilizzazione, in quanto, la prima è un elemento fondamentale nella lotta contro il traffico di droga e che include programmi educativi nelle scuole e comunità, in modo da sensibilizzare i giovani sui rischi legati all’uso di droghe con della campagne di informazione utilizzando, media e social, per raggiungere il cuore della Comunità ed aumentare la consapevolezza sui pericoli delle sostanze stupefacenti. Affinché si realizzi una collaborazione della Comunità, creando un vero ruolo cruciale, nel supportare le operazioni delle Forze dell’Ordine, i cittadini possono contribuire segnalando le attività sospette vigilando e riportando comportamenti sospetti o evidenze di traffico di droga alle autorità competenti. Peraltro, un supporto importante sono anche i programmi di recupero, che aiutano le persone a superare la dipendenza dalle sostanze di stupefacenti e partecipando ad incontri comunitari, inerenti in discussioni locali sulla sicurezza pubblica e su come migliorare la situazione. Purtroppo, nonostante gli sforzi, ci sono sfide significative contro l’evoluzione del mercato delle droghe, poiché i trafficanti sono sempre più abili nell’adattarsi alle misure di controllo e usare nuove tecniche per eludere le forze dell’ordine. Un’altra ed importante realtà e promuovere un approccio più umano, visto che la dipendenza è una malattia e richiede supporto e comprensione. Infine, costruire una Società più sana richiede uno sforzo collettivo con gruppi di sostegno offrendo aiuto a chi sta affrontando la dipendenza. Tale sforzo include l’incoraggiare alcuni stili di vita sani, come attività sportive, hobby e socializzazione positiva possono distogliere le persone dall’uso di droghe. Massimo Blandini

Lotta contro il traffico di droga: il ruolo della Comunità e delle Forze dell’Ordine. Leggi tutto »

Vibe Lab la nuova idea di serata di Manuel Giancarlo e Andrea Minichiello

di Massimo Blandini Vibe Lab si presenta come un’innovativa località di Roma che concentra la sua offerta sulla produzione e distribuzione di cocktail in bottiglia, tutti realizzati con ricette originali e creative. Fondata da Manuel Giancarlo e Andrea Minichiello, aprirà il 1° giugno 2025 in Piazza del Sacro Cuore, 19, Roma, offrendo ai propri clienti un’esperienza unica nel mondo dei drink. Gli orari di apertura saranno dalle 17,30 alle 24,00, rendendo Vibe Lab un luogo ideale per un aperitivo o una serata in compagnia. La scelta di utilizzare frutta fresca e verdure di giornata non solo garantisce qualità e freschezza, ma riflette anche l’impegno del locale verso ingredienti locali e sostenibili. Inoltre, l’attività non si limita alla clientela finale, ma si rivolge anche a rivenditori, enoteche e ristoranti, ampliando così la propria portata nel settore della mixology. Grazie alla strategia di approvvigionamento ottimizzata, possono mantenere i costi contenuti, rendendo i loro cocktail accessibili e competitivi nel mercato. Un altro aspetto interessante è che i cocktail possono essere facilmente serviti anche da personale non specializzato, permettendo a chiunque di gustare queste creazioni senza la necessità di un barman esperto. Questo approccio rende Vibe Lab un’opzione attraente per eventi e feste, dove la semplicità di preparazione è fondamentale. Insomma, Vibe Lab si propone come una nuova realtà nel panorama romano, capace di coniugare innovazione, qualità e accessibilità nel mondo della mixology. Non vediamo l’ora di scoprire le loro creazioni a partire da giugno 2025!

Vibe Lab la nuova idea di serata di Manuel Giancarlo e Andrea Minichiello Leggi tutto »