L’8 settembre 1943 dopo l’armistizio firmato dal Governo Badoglio le truppe tedesche attaccano le postazioni a difesa di Roma abbandonate dai comandi militari che avevano lasciato la truppa senza ordini e ufficiali superiori. Tra il 9 ed il 10 settembre la prima forma di resistenza in Italia all’occupazione tedesca è esplosa alla Montagnola. Soldati, popolani, protetti per quello che era possibile dai sacerdoti e dalle suore, si opposero all’avanzata delle truppe germaniche sulla Laurentina. L’8 settembre 1943, si diffonde la notizia dell’armistizio, la Montagnola è in festa, è la gioia della sospirata pace che pregusta il ritorno dei parenti militari. Alle ore 23.00 giungono i canti dei Granatieri, accampati alla macchia delle Tre Fontane. All’una di notte, in direzione dell’EUR 42 (già E42 Esposizione Universale 1942) verso il ponte della Magliana (unico attraversamento del Tevere prima di ponte di ferro alla Piramide), si alza e si estende nel cielo una vasta illuminazione di fuochi di bengala, quindi spari e raffiche ripetute, impressionanti, seguiti da mortale silenzio. Il 9 settembre 1943, Don Pierluigi Occelli detto don Pietro, parroco del Gesù Buon Pastore, esce dall’attuale canonica (ora Via Luigi Perna) e si recò alle 5 del mattino all’Istituto Gaetano Giardino al Forte Ostiense, per celebrare la Santa Messa, per le 35 suore infermiere, che assistono circa 400 orfani di guerra e minorati psichici. Mentre attraversa i campi (non esiste lo svincolo Marconi-Colombo come neanche la Marconi e la Colombo) incontrò alcuni Granatieri insanguinati e laceri per lo scontro armato della sera prima e li accompagnò alle case vicine per le medicazioni sommarie e per un pò di acqua. Un computo sommario parlò di 38 granatieri uccisi e una ventina di feriti. La popolazione si stringe a questi suoi soldati lavando ferite e vestiti ospitando nelle case i più bisognosi di soccorso, di cibo e di cure. Tra i feriti c’è anche il granatiere Daniele Grappasonni la cui famiglia viveva alla strada V (Via San Colombano). La mamma Adele era la presidente delle donne di Azione Cattolica della parrocchia. Monta il livore verso i Tedeschi. Il 10 settembre 1943 alle 5 don Pietro è di nuovo al Forte Ostiense per la solita Messa alle suore e si rende conto dello smarrimento che regna. Gli ufficiali sono quasi tutti tornati a Roma e dalle cucine si fa un’anticipata distribuzione di caffè per i soldati sfiniti per la veglia di due notti. Tra la china del Forte verso l’Ostiense, difeso dai Granatieri di Sardegna si accampano due compagnie di bersaglieri e guastatori. Inizia il bombardamento dei Tedeschi. I ragazzi, le ragazze, le suore, gli orfani, specialmente i minorati psichici e gli epilettici sono terrorizzati. Le suore pregano coi ragazzi stesi sul pavimento. Inizia l’incendio del Forte, ma la resistenza continua e si intensifica. Arrivano i paracadutisti tedeschi (“Diavoli Verdi”) ed in poco tempo hanno la meglio. La battaglia durò mezza giornata. Don Pietro, preoccupato dei 400 ragazzi, alzò un drappo bianco e trattò la resa con un ufficiale tedesco, mentre le suore Alcantarine nascondevano nei locali del guardaroba e nei magazzini il maggior numero di granatieri, per travestirli con le bluse degli inservienti e degli operai; altri vennero muniti d’improvvisati bracciali disegnati con una croce rossa di sangue. Don Pietro accompagnò alla spicciolata fuori dal forte sui campi questi improvvisati crocerossini e li mise in salvo presso le famiglie della borgata. Altri granatieri tramutati in operai usciranno a loro volta in piccoli gruppi come liberi civili. Nel frattempo, il fornaio Quirino Roscioni, mutilato della Prima Guerra Mondiale, nato a Fiastra (Macerata) il 2 dicembre del 1894, da Enrico e Carlotta Todini, negoziante (fornaio), abitante in via Farfa 41, coniugato con Candida D’Angeli e padre di cinque figli (Enrica, Nora, Roberto, Iolanda, Edda), ucciso dai tedeschi in via Vedana, davanti alla chiesa di Gesù Buon Pastore insieme con la cognata Pasqua Ercolani in D’Angelo, al tenente dei Granatieri Luigi Perna e ad altri militari, presenti la moglie e il parroco della suddetta chiesa, don Pierluigi Occelli, sepolto nel cimitero del Verano a Roma. “Quirino Roscioni, vecchio combattente e mutilato dell’altra guerra, era il fornaio della zona ed il suo negozio si trovava proprio sotto il comando dei Granatieri. Egli forniva tutte le mattine il pane ai soldati (anche il tenente Perna fu trovato che aveva nel tascapane due sfilatini freschi) ed aveva trasformato sin dalle prime ore del mattino del 10 settembre la sua casa in un fortilizio: ogni finestra aveva un granatiere col fucile spianato. Il Roscioni rimase costantemente in casa insieme con i soldati, che ubbidivano al comando di un sergente. L’ardore dell’ex combattente nel sostenere ed appoggiare i militari non venne meno se non quando, ritenuta vana ogni ulteriore resistenza contro l’invasore che aveva ormai circondata la casa e intimata la resa, fu deciso di deporre le armi. I tedeschi occuparono l’edificio e dichiararono prigionieri tanto i militari, quanto i civili. I feriti vennero incamminati verso il Divino Amore. Al Roscioni gli fu permesso, unitamente alla cognata Pasqua D’Angeli, madre di quattro figli, di recarsi presso la Chiesa, ma vennero mitragliati, alle spalle, cadendo in un lago di sangue. Nella borgata, da tempo tutti conoscevano i granatieri di stanza al Forte Ostiense e con essi avevano fraternizzato. Cosicché, quando venne la battaglia, tutte le case si trasformarono in improvvisate infermerie. Purtroppo, la metà almeno dei morti morirono dissanguati per l’assoluta carenza di cure adeguate. Anche il medico condotto del posto, il dott. Giovanni Ciccolini, era stato preso e portato dai tedeschi a curare i loro feriti. La resistenza di casa Roscioni permise un nuovo allestimento di difesa nei cinque padiglioni scolastici vicino alla chiesa, dove, dietro il muretto della cancellata, si batté eroicamente la medaglia d’oro s.ten. Luigi Perna dei Granatieri” (testimonianza di don Pierluigi Occelli, detto don Pietro, parroco di Gesù Buon Pastore alla Montagnola di San Paolo). Quella mattina aveva panificato le “ciriole” (pane tradizionale romano) per darle ai soldati italiani impegnati nei combattimenti contro i tedeschi. Nei suoi memoriali don Pietro racconta che “lo spettacolo più tragico l’ebbi sulla