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Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/2

Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/2. Abbiamo iniziato questa serie per vedere quanto può essere complesso creare una serie di menzogne che oggi vanno sotto il nome di fake news. Perché sotto ogni coltre di balle si nasconde un motivo pratico ben preciso. Persino il sito o la pagina social più dedicata al cazzeggio ha alla base uno scopo. Di solito si tratta di soldi. Chi è stato tra i più onesti a dichiararlo è “il milanese imbruttito”: in quel caso un personaggio chiaramente fasullo è diventato testimonial e protagonista di video promozionali. Ma esistono altri mille esempi. Ci sono anche Stati che grazie a giochini su Facebook o giornali riescono a raccogliere informazioni, immagini e a influenzare l’opinione pubblica. Nel caso di Eni Nigeria tutto era orchestrato, almeno stando alle carte processuali, per influire sul management e dirottare così parte del ricchissimo bilancio Eni verso i conti correnti di amici degli amici. E allora rieccoci nel 2014, quando inizia l’operazione. Nello scorso articolo abbiamo visto come da un falso account partano email all’apparenza zeppe di informazioni riservate. All’inizio dell’articolo ne trovate una seconda che parla della famiglia Rocca, Berlusconi, Squinzi, Giulio Napolitano e di altri personaggi noti come Bisignani o di “operativi dell’Aise” che sarebbero i servizi segreti per l’estero. Qui si parla di “tangenti pagate attraverso i profitti di miniere d’oro”, “l’affitto di barge” e la “generazione di fondi neri in Tenaris”. Ora, uno dei trucchi essenziali per far sì che la propria costruzione di fake news abbia un fondamento è inserire dati reali o para reali, cioè qualcosa di plausibile, vicino al vero. Per Tenaris è facile infatti scrivere fondi neri: da una semplice ricerca su Google si ricava l’informazione che è almeno dagli anni Novanta che il colosso dei Rocca  viene portato alla sbarra per corruzioni e fondi neri usati per gli scopi più sordidi. Da qui a provare che ci sia una questione simile anche su Eni e in Africa c’è un mare, ma l’idea è credibile. Come la nota sulla Pilkington affare gestito da Scaroni che avrebbe così salvato il gruppo Rocca all’epoca delle privatizzazioni anni Novanta: anche in questo caso da una semplice ricerca su Google (Repubblica dell’epoca era molto diversa, bisogna ammetterlo) conferma i rapporti tra Scaroni e Rocca. Da qui a dire che il gruppetto si sia costruito ricchezza e potere per trent’anni a spese dello Stato corrompendo e commettendo reati di ogni genere ce ne passa. Ma ormai il legame è “provato”, cioè plausibile. Stesso discorso per Berlusconi che sarebbe stato corrotto tramite la cessione della Vinavil a Squinzi che poi avrebbe investito sui giornali di Berlusconi: con ricerche sommarie sembra tornare tutto. Guido Rossi invece sarebbe stato “pagatissimo” da Scaroni per gestire la Procura di Milano: anche in questo caso, per crederci basterebbe ripercorre la storia recente e rendersi conto che contro Eni i pm milanesi si scatenano soprattutto quando Edmondo Bruti Liberati lascia lo scranno a Francesco Greco. Bruti Liberati poi grazie alla biografia di Renzi è quello che passerà alla storia come Procuratore che capì l’esigenza di non indagare su Expo 2015 (nel suo libro Renzi dice che si sono messi d’accordo di fronte a un caffè all’aeroporto di Linate). Il riferimento a Giulio Napolitano non può mancare. Il figlio dell’ex presidente della Repubblica è spesso tirato in ballo quando si parla di presunti loschi traffici ad alto livello. Perché, finché sarà in vita, il padre ha ancora molto potere sulla politica romana. Ma provare qualcosa su di lui è come parlare di “operativi dell’Aise”, essendo servizi segreti, nessuna eventuale conferma sul loro operato verrà mai creduta fino in fondo. A volte l’unico effetto è che puoi far mandare in pensione qualcuno in anticipo come accaduto a Marco Mancini, una delle più grandi spie italiane, pensionata dopo una serie di servizi giornalisti all’apparenza guidati da altri pezzi dello Stato che volevano impedirne la promozione a vicedirettore del DIS (l’ente che controlla tutti i Servizi italiani).  Non può mancare un riferimenti a mogli e amanti, perché un pizzico di sesso ci sta sempre e attira l’attenzione del lettore. E allora via con riferimenti a Marinù Paduano, che sarebbe amante di uno e collegamento con la spia Boeri. Uno scenario che fa tanto James Bond. O alla presunta amante di Scaroni, la segretaria (ma va?) kazaka Galiya Magistrali Mussayeva. Ci sono talmente tanti elementi che già solo per questo motivo la fonte anonima non sarebbe del tutto credibile: chi ha informazioni preziose le rilascia un poco alla volta. Magari anche solo per vedere come vengono usate. Così il tentativo di mettere insieme tutto è un tantino grossolano e perde di credibilità. Per non parlare dei destinatari: oltre ai soliti come Mucchetti, viene aggiunto anche Woodcock, il pm che si era fatto un nome per i suoi processi contro personaggi famosi. Processi che per altro a quanto riportano le cronache non hanno mai avuto grandissimi effetti giudiziari. Se non quelli di renderlo famoso. E la fama di un pm che si lancia su qualunque inchiesta che lo possa mandare sui giornali in questo caso non sembra un elemento da sottovalutare. Insomma, in poche righe si citano anni di rapporti tra industria, pezzi della magistratura e del giornalismo italiano mischiandoli in un verosimile racconto di corruttele e vizio. E noi abbiamo ricostruito come il verosimile sia essenziale per la costruzione di un sistema di fake news. Così come sono importanti i bersagli delle informazioni, vere o presunte, che si tratti di chi deve leggere per renderle pubbliche o di chi deve farlo per sapere di essere ricattabile. Nella prossima puntata vedremo come di fronte al sostanziale silenzio, il nostro anonimo aggiungerà ulteriori nomi e circostanze…verosimili      

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Con il licenziamento di Mancini abbiamo perso tutti

Con il licenziamento di Mancini abbiamo perso tutti. Per carità: silurare una spia di alto livello è un gran colpo giornalistico in linea generale, ma qui non si tratta di una spia che stava tradendo il suo compito. Solo di un grande professionista dello spionaggio che ha avuto la sfortuna di legarsi al personaggio politico più odiato della storia recente. Perché Renzi è odiatissimo e Report fa parte di quella fazione trasversale alla politica e alla stampa che ha deciso di attaccarlo sempre e comunque. E’ innegabile: il servizio di Report ha moltissime ombre, perché una persona normale (come dovrebbe essere “l’insegnante” testimone dell’incontro all’autogrill) non riesce a sentire cosa si dice dall’altra parte di un parcheggio. Eppure la teste chiave di Report aveva l’udito bionico a quanto pare. Ma si sa che la gente vede ciò che le fai vedere: e il punto era sputtanare Renzi un’altra volta. A silurarlo non ci sono riusciti perché il Rignanese ha dimostrato di avere le spalle troppo larghe. Ma non è lo stesso però per chi gli si avvicina. E Mancini non fa eccezione nonostante il suo operato sia stato difeso da ben quattro governi di colore diverso. Perché un buon servizio di spionaggio fa più sicurezza di una flotta di incrociatori. Salva le vite del popolo dentro e fuori i confini nazionali con l’efficienza di un battaglione di Lagunari, ma senza scatenare guerre. Ecco perché con il licenziamento di Mancini abbiamo perso tutti: è ed era una grande spia. Messa alla porta perché i due Matteo hanno sfidato poteri storici italiani. Quelli chiamati volgarmente poteri forti, o in altre sedi classi dominanti. Gli stessi che preferiscono privarsi di una grande spia solo per colpire i giovani arroganti che hanno dimostrato di non temerli. L’unica speranza è trasformare quelli come Mancini in martiri di una causa più grande: ristabilire regole normali di convivenza democratica. Mettere insomma fine a questa democrazia che può funzionare solo se il popolo vota ciò che secondo il Re è giusto. Una democrazia sotto tutela di poteri consolidati e autocratici, perché così è una democrazia ocrtoyé. Qualcosa cioè di concesso dalla classe dominante, ma solo se il popolo fa il bravo. Perché chi è al potere oggi non pensa al bene della nazione, ma solo alla propria conservazione. Così preferisce lasciare al macello una spia di alto livello, cioè una protezione di alto livello, solo per punire chi li ha sfidati.

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I servizi segreti hanno portato in Italia il Covid “inglese”

I servizi segreti hanno portato in Italia il Covid “inglese”. A quanto scrive Sassate la donna romana su cui è stato riscontrato il Covid nella sua variazione inglese che sta facendo sobbalzare gli ottimisti lanciati verso l’epoca dei vaccini. I primi contagiati sarebbero un uomo, dipendente dei servizi segreti inglese, e una donna, dipendente dell’Aise, i servizi segreti italiani per l’estero. Quindi i servizi segreti hanno portato in Italia il Covid “inglese”. Un bruttissimo colpo per un settore dello Stato appena messo in discussione dal presidente del Consiglio Conte con l’ipotesi di task force esterna allo Stato stesso. Matteo Renzi si era schierato contro l’idea di affidare la sicurezza dei duecento miliardi del Recovery Fund (NextgenerationEu), ma la sua posizione si fa sempre più difficile con errori del genere. Forse aver svelato la notizia è una manovra dell’Aisi, i servizi “interni”, per candidarsi con Mattarella alla gestione del malloppo? Fantaservizi magari. E’ il contrappasso di un mondo dell’ombra: tutto sembra possibile nel mondo tra le righe. Lo stesso che però è appena scivolato su una mega buccia di banana: quelli impegnati a proteggere gli interessi dell’Italia all’estero, sono tornati in Italia con la nuova variante del virus. Materiale da meme. Proprio quando avevano incassato i complimenti del Copasir per aver riportato indietro i pescatori italiani detenuti senza accuse in Libia per tre mesi: il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, ha rivolto “un mio sincero ed affettuoso ringraziamento generale Caravelli e al personale dell’Aise per la costante dedizione e il determinante lavoro svolto” Un buon risultato a livello mediatico, ma subito seguito dalla notizia che i servizi segreti hanno portato in Italia il Covid “inglese”. Come arrivare in cima una montagna e scivolare in fondo alla valle mentre si mette la bandierina. Tra l’altro, stando al sito Sassate, lei avrebbe evitato di informare i superiori dei sintomi per non rendere pubblica la sua relazione con il britannico. Quindi c’è il rischio di un focolaio interno all’Aise. Da protettori a untori è un attimo.

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Coronavirus, Forza Italia contro i servizi segreti

Coronavirus, Forza Italia contro i servizi segreti. Lo sfogo arriva da Giampaolo Giorgio Berni Ferretti, eletto a Milano nelle file dei forzisti e parte della nota famiglia Branca, come constatazione che dall’Aise non sembra che siano stati contributi significativi per allertare il sistema Paese dell’emergenza in arrivo. Gli stessi servizi che fino a poco tempo fa erano finiti nell’occhio del ciclone della polemica politica perché accusati di essere troppo a disposizione dei corrispettivi americani. Ecco che dai moderati si alza la voce critica di Berni Ferretti: “Oggi il Governo cinese ha regalato al Sacco ancora 1349 camici e 20milla guanti. In tutto questo il Ministro degli Esteri Di Maio non si vede e sente dall’insediamento e dopo le dichiarazioni gravissime di Zingaretti e Sgarbi (soprattutto)… Corre la domanda: Ma i servizi segreti l’Italia li ha? Se si cosa fanno? Verrebbe da dire dei mangiapane a tradimento”. Niente meno che mangiapane a tradimento. Un’accusa pesante tanto quanto la situazione che sta vivendo oggi l’Italia. La domanda di Berni probabilmente rimarrà senza risposta, sempre che qualcuno dei suoi colleghi di partito non porti la questione in Parlamento chiedendo ai vertici dell’apparato di sicurezza dove si trovavano i loro uomini mentre si avvicinava una delle più gravi crisi della storia recente.  

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