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Sala e Di Maio: in politica tutto è possibile

Sala e Di Maio: in politica tutto è possibile. Perché se fino a un mese fa si fosse detto che la possibilità di vederli insieme a ragionare di un nuovo partito, qualcuno avrebbe sorriso e i più cinici avrebbero chiamato la neuro. Invece è successo, perché alla fine sono uomini pratici. Tanto da non avere nessuna bandiera se non quella del potere. Sala ha sventolato quella dei Verdi senza nemmeno entrarci, così come quelle rosse al momento giusto. Soprattutto l’ultima sembra una mossa azzeccata visto che lo ha protetto in diverse situazioni. Di Maio allo stesso tempo è uscito dai 5 Stelle dichiarando di non voler fondare un partito mentre di fatto fondava l’ennesimo schieramento personalistico del Parlamento. Ma le affinità dei due che si sono visti riuniti nella splendida cornice di Brera non finiscono qui: non stanno simpatici a nessuno. Inutile ripercorrere il lungo elenco, ma sicuramente tutti ricordano come i due non siano mai stati amati. Vengono apprezzati perché portano a casa i risultati: Sala ha vinto due volte la poltrona di sindaco di Milano e almeno una volta aveva un vero sfidante. Senza contare che con una serie di giochi di Palazzo (almeno stando alla biografia di Renzi) ha evitato guai eccessivi in tribunale. E tra l’altro è forse l’unico sindaco di grande città condannato che non si è mai dimesso. Un fuoriclasse. Di Maio ha portato il M5S al massimo storico e poi ha concluso riforme epocali come il taglio dei parlamentari (piaccia o no è un cambio d’epoca). Insomma un altro fuoriclasse. Perché entrambi fanno oltre che parlare. L’incontro ne è la dimostrazione. Ora  bisogna vedere cosa combineranno insieme. Ma senza dubbio Sala e Di Maio: in politica tutto è possibile

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Minacce a Di Maio: perquisizioni a Milano

La Polizia ha individuato tre presunti autori della pubblicazioni di messaggi di minacce rivolte al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Sono state eseguite tre perquisizioni a Milano, Vicenza e Udine che hanno permesso di riscontrare sui telefoni la presenza degli account anonimi utilizzati per l’inoltro dei messaggi. Nella mattinata la Polizia di Stato, nell’ambito di una attività d’indagine avviata dal Servizio Polizia Postale e coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, con gli operatori dei Compartimenti Polizia postale di Milano, Trieste e Venezia, insieme personale delle Digos di Milano, Vicenza ed Udine ha eseguito 3 perquisizioni delegate a carico di internauti nei cui confronti sono stati riscontrati elementi indiziari tali da farli ritenere autori della pubblicazioni di messaggi. In particolare, in seguito alla pubblicazione su Twitter da parte del ministro Di Maio di dichiarazioni in merito al confitto in atto, è stata riscontrata la presenza di vari messaggi di risposta del seguente tenore: “Muori male, e magari per mano del popolo.”, “Si dai, armateci e decideremo poi a chi vogliamo sparare”, “Non ci sono parole per descrivere, vai solo buttato nel rusco”. Ed ancora, all’interno di canali riservati Telegram e pagine social VK, la Polizia Postale ha individuato altri messaggi con minacce tra i quali, ad esempio, quello pubblicato all’interno di un canale di propaganda filo russa che testualmente recita: “Ma un cecchino…che ci ammazzi i 4 distruttori dell’Italia, non ce lo possiamo mandare?”. ANSA

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Fastweb, noi non molliamo

Fastweb, noi non molliamo. Non lasceremo il nostro posto al fianco dei 72 lavoratori che hanno ottenuto giustizia dalla magistratura italiana, ma rischiano di non averla da voi. L’azienda è sana: come abbiamo sottolineato tante volte, sta investendo miliardi in sviluppo ed espansione. Non saranno queste 72 famiglie a rovinarvi il bilancio. Tanto più che non parliamo di persone che guadagnano cifre in grado di spostare realmente gli equilibri economici aziendali. Il problema resta in tutto e per tutto di scelta: può davvero essere che non ci sia un’altra sede oltre a Bari dove collocarli? Per molti lo spostamento equivale a un licenziamento di fatto, perché tra perdere affetti e vari aspetti della vita, sono costretti a scegliere di lasciare il lavoro. Ma davvero Fastweb e Alberto Calcagno (nella foto, ANSA) non sono in grado di trovare una soluzione diversa? E Luigi Di Maio dov’è? I cittadini saranno costretti a rivolgersi a Salvini anche su questo tema?

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Fastweb, Di Maio ancora non si muove

Fastweb, Di Maio ancora non si muove. E nemmeno Matteo Melchiorri, il capo delle risorse umane di Fastweb (scusate Human Capital Officer), che pure per lavoro dovrebbe occuparsi di capitale umano, cioè di persone. Ma se da Giggino Di Maio ci si aspetta che non sappia dove mettere le mani, posto che conosca la situazione, non altrettanto ci si aspetta da uno come Matteo Melchiorri: è un grande manager, volto di un’azienda che si vende come moderna efficiente e in espansione con miliardi di euro di investimenti programmati. Non crediamo che uno come Melchiorri (e colleghi) non sappia trovare una soluzione alla crisi riguardante i 72 dipendenti reintegrati e ora costretti al trasferimento per conservare il posto di lavoro. Oggi riportiamo l’ennesimo appello, questa volta a parlare è Francesco, rivolto tanto al ministro del Lavoro quanto a un’azienda che non possiamo credere così fragile da essere messa in difficoltà da 72 stipendi. Per favore Fastweb, un passo indietro prima che sia troppo tardi.

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L’ultima settimana di passione

A guardare il meteo, non ci aspetta un gran risultato tra una settimana. Il maltempo associato a temperature abbastanza basse rispetto alle medie stagionali lasciano infatti presagire un parlamento europeo dirompente. Una specie di tempesta politica. Tralasciando però le ipotesi, rimane un fatto: ci aspetta una settimana di passione. Sono anche passati i tradizionali arresti in periodo elettorale, quasi un voto di parte dello Stato per ricordare alla politica la sua presenza. Ora ci sono gli ultimi metri di corsa e sarà curioso anche vedere chi arriverà fino in fondo. Persino i due ragazzi terribili della politica attuale, Salvini e Di Maio, sembrano a tratti avere il fiato corto. Arriverà davanti il milanese o il napoletano? Staremo a vedere, l’importante è che si fermi l’escalation di dichiarazioni e di prese di posizione forti: il rischio infatti è che a rimetterci siano poi tutti. Milano e l’Italia hanno bisogno di una guida seria, in grado di portarla fuori dalla secche economico-sociali dove sembra ancora impantanata. E se non c’è tale guida il rischio di trovarsi come l’Argentina o la Grecia è concreto: la benzina a due euro dalle parti del lago di Garda in realtà c’è da anni anche se tutti se ne sono stupiti ora, ma qui il rischio è di trovarla a cinque euro al litro ovunque. Per non parlare di ospedali e infrastrutture varie. Prima di sapere cosa sarà la nuova Unione Europea, dovremmo avere qualche tranquillità in più sul futuro dell’Italia. Difficile che ce la daranno perché le dichiarazioni forti sono utili per raccattare voti, quindi non sembra esserci scampo: ci aspetta una settimana di passione.  

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Chiusure domenicali. Sala: il Governo non rompa le palle a Milano

La proposta del vicepremier Luigi Di Maio sulle chiusure domenicali di negozi e centri commerciali “la trovo una follia. E poi perche’ chi gestisce negozi e ad esempio non i giornalisti? Qual e’ il senso?“. Lo ha dichiarato il Sindaco, Giuseppe Sala, nel corso del suo intervento a Elle active! alla Bicocca. “Se la vogliono fare in provincia di Avellino la facciano, ma a Milano è contro il senso comune” Concludendo “Pensassero alle grandi questioni politiche, non a rompere le palle a noi che abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti“. Dopo qualche ora dalla dichiarazione di Sala il vice premier Luigi Di Maio attraverso la sua bacheca Facebook gli ha replicato: “Per il sindaco di Milano Sala i diritti delle persone sono una rottura di palle. Nessuno vuole chiudere nulla a Milano nè da nessun altra parte, ma chi lavora ha il diritto a non essere più sfruttato. Questo rompe le palle a un sindaco fighetto del Pd? E chi se ne frega!“. Virso sera Sala ha precisato: “Certamente io combatterei e combatterò contro la chiusura della domenica. Quella di Avellino era una battuta. Anche se dietro alla battuta ci sta tanta verità. La verità è che l’Italia è una ma è fatta anche di bisogni diversi e situazioni diverse.” “Le grandi città metropolitane internazionali fanno un po’ vita a sé, – ha proseguito il Sindaco – hanno bisogni diversi, devono rispondere a tanti turisti e a cittadini che hanno anche stili di vita diversi. Quindi la mia era battuta ma mi irrita un po’ questa idea di uniformare tutto e potersi permettere di generalizzare. “Spero che a Avellino non si arrabbino più di tanto” ha auspicato Sala, “Certamente io combatterei e combatterò contro la chiusura della domenica. Che non vuol dire che i tempi e gli orari della città non sono importanti. Qualche giorno fa si è parlato per esempio della chiusura dei negozi etnici. È folle, sbagliato e antidemocratico pensare di chiudere i negozi etnici. – ha quindi concluso il sindaco -. Se mai regolamentare la chiusura di tutti se danno fastidio in un quartiere. Però anche qui si è detto e poi non si è fatto nulla. La politica deve fare le cose e chiacchierare meno.”

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