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Fallimento Maxwork. Maullu: io estraneo ai fatti

“Ho letto su agenzie di stampa che sarei indagato per aver fornito false informazioni al Pm in un processo a carico di altri per fatti ai quali sono pacificamente estraneo come facilmente rilevabile dagli atti. Confido che al termine dell’indagine il Pm avrà tutti gli elementi per procedere all’archiviazione della mia posizione. Sono stato chiamato come ‘persona informata sui fatti’ dal Pm di Bergamo in merito ad un’unica circostanza risalente a ben sette anni fa su cui ho riferito tutto quanto ho potuto ricordare. Lo stesso Pm ha escluso il mio coinvolgimento per i reati per cui procede: se ha motivo di dubitare che io abbia riferito tutto ciò che era di mia memoria e conoscenza fa bene ad avviare e proseguire l’indagine, ma sono certo che sarà presto chiaro che ho fornito quanto era in mio potere”. Lo comunica con una nota in una nota, Stefano Maullu, Coordinatore Cittadino di Fratelli d’Italia ed ex assessore regionale lombardo ed ex europarlamentare di Forza Italia, in merito alle notizie su un suo coinvolgimento nell’inchiesta sul crac della Maxwork coordinata dal Pm di Bergamo, Paolo Mandurino.

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Sala ammette che MM ha fallito

Prima o poi doveva succedere. Ve lo ha detto più volte Franco Vassallo, candidato in Comune con Milano Popolare, da queste pagine: MM ha fallito nella sua missione storica. Ed è ora che smetta di amministrare le case del Comune. E stavolta persino Sala, l’uomo delle decisioni irrevocabili, ha dovuto riconoscerlo. Solo che, come sempre, c’è la fregatura. Ce ne dà conto il Consigliere Vassallo: “Dopo essere stato ripreso più volte dai vertici di MM finalmente l’azionista unico di MM, il Comune di Milano, mi dà ragione. Sala ha riconosciuto che è venuto il momento che le case di proprietà del comune siano amministrate da una società che lo sappia fare e che si occupi solo di quello. È una bella soddisfazione. MM era un gioiello, quando si occupava di cose difficili come scavare gallerie per la metropolitana, ma faceva solo quello. Adesso è un ibrido che non ha più anima. E a farne le spese sono i cittadini. L’errore di Beppe, sempre lo stesso, è che per correggere l’errore vuole buttare altri soldi. Lui è così, i problemi li affronta tutti nello stesso modo: annegandoli nei soldi dei milanesi. E questa tattica profondamente inefficiente, talvolta è pure dannosa. Per esempio in questo caso. Una terza società, costituita dalla fusione (che non avverrà mai) tra MM e Aler Milano, infatti, erediterebbe tutti i problemi dei genitori e non avrebbe nessuna delle soluzioni necessarie. E soprattutto regalerebbe agli inquilini due anni almeno di caos, in cui capire chi chiamare per risolvere il problema sarebbe impossibile. Il tutto per non voler riconoscere che esiste una soluzione più semplice, lineare e realizzabile in pochi mesi. MM potrebbe essere incorporata da Aler. Lasciando in carico al Comune il management, di cui Aler, e soprattutto gli inquilini, non avrebbero alcun bisogno, e spostando i dipendenti utili alla Regione. A quel punto non si entrerebbe certo nell’epoca dell’oro, ma almeno a gestire le case popolari tornerebbero degli esseri umani al posto degli algoritmi. Insomma, Sala non può dichiarare in campagna elettorale il totale fallimento di MM, ma per il dopo possiamo sperare in una soluzione intelligente. Sempre, ovviamente, che la sinistra non rivinca. Altrimenti non cambierà mai nulla”.

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De Corato (FdI): SeMiniAmo un altro fallimento di Maran

“Doveva essere un progetto che con la sua bellezza avrebbe tolto il degrado da piazza Duca d’Aosta. Avrebbe dovuto, nell’intenzione dell’assessore del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, unire sinergicamente la cura del verde e l’integrazione sociale. Invece, a distanza di due anni, le aree verdi di piazza Duca d’Aosta si presentano recintate per lavori che, volutamente, impediscono gli assembramenti di balordi”, lo dichiara in una nota il consigliere comunale di FDI in merito alla situazione di degrado che permane in Piazza Duca d’Aosta. “Il risultato auspicato dalla Giunta è miseramente fallito. L’unica cosa che ricorda quel progetto è il cartello messo in mezzo all’area, ancora cantiere, che dice ‘Si ringrazia per la cura del verde SeMiniAmo insieme verso l’integrazione’. Di fronte a quest’area, a pochi metri di distanza, però è possibile osservare già un’aiuola simbolo dell’integrazione: varie etnie riunite, rigorosamente senza mascherina, a tirar sera. In questi 5 anni ogni scusa per la Giunta è risultata buona per ideologizzare la finta integrazione. Il Progetto ‘SeMiniAmo’ come riportato sul sito dell’associazione, ‘è un progetto unico e innovativo che il Comune di Milano ha deciso di supportare in quanto in grado di:  unire per la prima volta sinergicamente il verde e il sociale;  lanciare un format di potenziale successo che da Milano possa essere applicato, generando valore, anche alle altre Amministrazioni italiane; avviare una sinergia virtuosa fra pubblico e privato in grado di finanziare lo sviluppo “verde” della città e il Welfare, elementi sempre più critici nello sviluppo armonico e sostenibile della città”. “Peccato però che la stazione Centrale continui, nonostante le quattro piante volute da Palazzo Marino e seminate e curate da persone extracomunitarie, ad essere un luogo dove i delinquenti prevalentemente clandestini vagano indisturbati come il polline nell’aria a primavera”, conclude De Corato.

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Il peggior fallimento di Beppe Sala? L’edilizia scolastica

Il peggior fallimento di Beppe Sala? L’edilizia scolastica. Vi ricordate i roboanti annunci del nuovo Assessorato all’Edilizia Scolastica del Comune di Milano? Il Sindaco Beppe Sala, dopo le numerose critiche all’Assessore all’educazione Laura Galimberti, decise alla fine del 2019 di spacchettare le deleghe in due: una parte che si sarebbe dedicata esclusivamente all’istruzione (in particolare fascia 0-6), rimasta a Galimberti, e un nuovo assessorato che si occupasse solamente di edilizia scolastica, affidato a Paolo Limonta, esponente di Milano progressista in Consiglio Comunale. Lo scopo della nuova “poltrona” in giunta? Dare risposte rapide alle tante criticità di edilizia nelle scuole milanesi. Difatti, più del 30% degli edifici scolastici risultano essere obsoleti, oltre ad essere carenti in generale di manutenzione ordinaria, insufficiente rispetto ai reali bisogni. Estate 2020. Anno di Pandemia Covid. Con uno dei (tanti) Dpcm vengono affidati ai Sindaci poteri commissariali in tema di edilizia scolastica per attivare procedure amministrative più semplici, meno complesse, nell’affidamento degli appalti e ridurre così i tempi di esecuzione degli interventi. Il Comune di Milano lancia il suo progetto per le scuole: “Ripartiamo dai tetti”. La Giunta comunale stanzia 14 milioni di euro per risolvere i problemi di infiltrazione di acqua che “causano tanti disagi ai bambini e alle bambine che frequentano le nostre scuole e ai loro genitori e insegnanti”, parole dell’Assessore Limonta. Ci avevo creduto, speravo come amministratrice (e come mamma, non riesco a non immedesimarmi con i genitori di quei bambini) che almeno quest’anno non sarei stata chiamata da mamme e papà allarmati a causa di allagamenti e crolli, chiusure di aule, se non addirittura della scuola intera, scoperti all’arrivo alle 8 del mattino, con bambini già ingrembiulati pronti ad entrare. Il mio sogno è crollato in sei mesi. Ci risiamo. Arriva un messaggio “Assessore ci ascolti, è crollato il controsoffitto, ancora”. Scuola dell’Infanzia comunale di via Monterotondo 10, zona Niguarda. È crollato il controsoffitto. Già ancora, era accaduto anche l’anno precedente. Il 16 dicembre colava acqua dal soffitto, le educatrici dovevano mettere i secchi per evitare di allagare il pavimento. Il Comune era a conoscenza dell’infiltrazione, ma non ha effettuato alcun intervento. Piove, nevica e la sorpresa amara all’apertura. Nessuno che si fosse premurato di fare una verifica. Accidenti era crollato anche l’anno prima, c’erano dei precedenti! Le famiglie si chiedono: “e se fosse accaduto mentre c’erano dentro i nostri figli?”. Oggi (martedì 12 gennaio) i tecnici di MM con l’assessore Limonta e i rappresentanti del Municipio 9 hanno fatto un sopralluogo. Si procederà al ripristino del controsoffitto, con una rete di sicurezza per evitare nuove cadute. Poi i tecnici si dedicheranno alla realizzazione di un progetto per risolvere definitivamente le infiltrazioni. Sembra che, se tutto andasse come dovrebbe andare, i lavori di manutenzione potrebbero iniziare in estate. Speriamo che nessuno faccia la danza della pioggia, perché quel soffitto deve reggere ancora i prossimi mesi invernali e tutta la primavera, e che non sia una trovata elettorale (la campagna è iniziata) per acquietare gli animi di noi genitori. Se solo Sala avesse speso le sue energie per le scuole quanto quelle dedicate alle piste ciclabili, forse non sarei qua a scrivere questo articolo.

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Quell’imprenditore diventato imputato senza colpa

Quell’imprenditore diventato imputato senza colpa. Qualche considerazione accademica. Il povero imprenditore che è indebitato, per fattori esterni, e non per la cattiva gestione dell’impresa, diventa anche un imputato. L’imprenditore fallito un tempo era colpito da una sanzione sociale che talora lo portava al suicidio. Questa sanzione era di fatto trasfusa nel sistema sanzionatorio fallimentare perché laddove fosse intervenuta, a seguito del fallimento, una condanna per uno dei reati di bancarotta, era prevista la grave misura consistente nel divieto di esercitare una attività imprenditoriale per almeno dieci anni. Per fortuna una recente sentenza della Corte Cost. (n.222/18) ha eliminato questo aberrante automatismo, ma è certo che comunque, il fallito, oltre alla condanna penale, sarà escluso dal mondo imprenditoriale, per un certo lasso di tempo, inferiore, per fortuna, al rigido termine decennale. Con il passare del tempo, le persone più avvedute hanno dovuto constatare che il fallimento comporta, in primo luogo, la perdita di numerosi posti di lavoro con un costo sociale assai maggiore del giudizio di disvalore che colpiva l’imprenditore fallito. Inoltre la sua cessazione, per effetto del fallimento, sarebbe stata repentina ed avrebbe vanificato anni ed anni di lavoro ed enorme fatica, premiando, invece abili speculatori che sarebbero intervenuti acquistando a prezzi ridicoli, le entità economicamente apprezzabili dell’impresa fallita. Da ciò la precisa scelta della legislazione in materia che ha inteso valorizzare, sotto un penetrante controllo giudiziario, la continuità aziendale, nel rispetto delle aspettative dei creditori e della economicità della gestione aziendale. Quanto queste aspettative si siano concretamente avverate è un dilemma difficile da risolvere, perché una rapida e concisa panoramica di quanto è successo negli ultimi anni non convince affatto che siano rotti i ponti con quanto succedeva in passato, Ad esempio non possiamo dimenticare che nel Tribunale della capitale era stata posta in essere questa straordinaria procedura: se fosse stato presente un attivo patrimoniale, che tuttavia avrebbe dovuto avere una specifica destinazione, apparivano tardivamente creditori inesistenti che poi erano pagati consumando in toto l’attivo medesimo. Un altro caso nel distretto pratese, nell’imprenditoria legata alla produzione dei tessuti: un gruppo nel lontano 2010 è entrato in crisi finanziaria, perché un grosso credito vantato nei confronti di un imprenditore russo non veniva onorato. Fu tentata con successo una procedura di concordato in continuità, l’affitto delle attività commerciali ad altri imprenditori che però pagarono il canone i primi tempi, ma poi niente. Vista la situazione determinatasi, non per colpa dell’imprenditore, costui si è determinato a richiedere il fallimento in proprio onde evitare un maggior danno alla massa. Senonché dopo alcuni anni, e per iniziativa di soggetto diverso dagli organi della procedura, è stato scoperto che l’animatore del gruppo pratese era un abile finanziere già passato dalla galera. E’ impensabile che queste “qualità” soggettive non fossero conoscibili da parte degli organi della procedura, sempreché avessero inteso svolgere con un minimo di diligenza il loro incarico. Inoltre il Commissario del concordato e poi il Curatore del fallimento niente hanno fatto di concreto per escutere il debitore russo insolvente, sebbene la Russia abbia organi giurisdizionali e uffici pubblici ben strutturati. A quanto pare la giurisprudenza pratese tollera queste gravi anomalie e ciò desta ancora molta preoccupazione. Forse le nostre sono solo considerazioni accademiche, come dicevamo all’inizio, ma il mondo reale subisce danni reali da queste incongruenze.

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Appelli a Fastweb, Clemente: “Un passo indietro per favore”

Mentre il CEO di Fastweb in Italia Alberto Calcagno parla di 5 G e del piano di investimenti da 3 miliardi di euro su cui sta lavorando l’azienda, Fastweb non ha ancora compiuto un passo indietro. Ma un passo indietro è proprio quello che chiedono i dipendenti lasciati a casa e poi reintegrati dalla magistratura: Fastweb ha reagito all’imposizione delle toghe trasferendo tutti i reintegrati a Bari. Da Milano, dove in tanti erano arrivati proprio dal Sud per rifarsi una vita, a 900 chilometri di distanza. Se si è senza una famiglia è una scelta meno traumatica, ma quando si hanno figli, magari piccoli, è  già difficile cambiare quartiere. Fastweb però può decidere di tornare indietro, un piccolo passo per una società che spende miliardi per rimanere protagonista sul mercato. Oggi riportiamo l’appello di Clemente, una delle 72 persone il cui destino dipende dalla scelte di Calcagno. Uno dei tanti che stiamo riportando e che speriamo arrivino alle orecchie e al cuore dei dirigenti Fastweb come Calcagno.

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