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Uber commissariata: chiusa inchiesta per caporalato

Il pm di Milano Paolo Storari ha chiuso le indagini per caporalato sui rider per le consegne di cibo a domicilio e reati fiscali, indagini che, il 29 maggio, avevano portato il Tribunale a disporre, con un provvedimento mai preso prima nei confronti di una piattaforma di delivery, il commissariamento di Uber Italy, filiale del ‘colosso’ americano. Tra i 10 indagati figura Gloria Bresciani, in qualità di manager di Uber Italy. I rider, si legge nell’avviso di chiusura indagini, erano “pagati a cottimo 3 euro a consegna”, “derubati” delle mance e “puniti”. Stralciata la posizione di Uber Italy, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa e che il 22 ottobre dovrà affrontare un’udienza alla Sezione misure di prevenzione. “Davanti a un esterno non dire mai più ‘abbiamo creato un sistema per disperati’. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori”. Così si esprimeva, intercettata mentre parlava con un altro dipendente di Uber Italy, Gloria Bresciani, manager della filiale italiana del colosso americano indagata per caporalato nell’inchiesta milanese sullo sfruttamento dei rider nel servizio ‘Uber eats’. Lo si legge nell’avviso di conclusione delle indagini nel quale il pm di Milano Paolo Storari scrive che “i riders venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber”.

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Inchiesta sulla sicurezza dei rider

Alcune società di delivery, come Deliveroo e Glovo, avrebbero omesso di valutare il rischio biologico da Covid per i rider nelle prime fasi dell’emergenza, limitandosi, tra l’altro, a consegne sporadiche di mascherine. Emerge, apprende l’ANSA, da una relazione del Nucleo ispettorato lavoro dei carabinieri di Milano per il pool ‘ambiente, salute, lavoro’ della Procura nell’indagine sul fenomeno dei rider. I militari non hanno potuto richiedere documenti a Uber Eats Italy perché risulta irreperibile nella sede dichiarata. ANSA

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La delibera regionale al centro dell’inchiesta sulle Rsa

La delibera regionale al centro dell’inchiesta sulle Rsa. Oggi abbiamo deciso di pubblicare un documento arrivato su tutte le prime pagine dei giornali e dei media locali e nazionali: la delibera regionale al centro dell’inchiesta sulle Rsa, cioè quella dell’8 marzo. DGR+2906+8+marzo+2020 Quella che stabilì come e perché mandare gli anziani guariti o presunti tali, le stime sull’efficacia del virus dopo il contagio variano di settimana in settimana, nelle residenze per anziani. Il documento è quanto mai importante perché oltre alle indagini della Guardia di Finanza anche le opposizioni in Regione sono molto agguerrite e hanno avviato l’iter per istituire una commissione d’inchiesta regionale sulla gestione dell’emergenza. Giulio Gallera ha risposto ai “professori del giorno dopo” con un sfogo affidato ai social e potrebbe essere solo il primo: nel testo che vi proponiamo, c’è scritto che la delibera è “su proposta dell’assessore Gallera”. Quindi è facile supporre che sarà lui l’obbiettivo principale delle contestazioni politiche. Per quelle legali non sappiamo perché non siamo avvocati, ma è probabile che anche i componenti della centrale unica per l’attuazione delle linee guida stabilite dalla delibera dell’8 marzo dovranno fornire qualche spiegazione. Negli allegati alla delibera ci sono tutte le linee guida per assegnare pazienti alle Rsa lombarde e sono tanti quelli che potevano essere dimessi dagli ospedali anche perché un criterio comune alle varie categorie di degenti da dimettere era la “mancanza di febbre da 3 giorni”. Quindi in molti casi bastava essere sfebbrati per essere inviati in strutture dove in teoria non si trovavano malati. Eppure oggi, in quei giorni non si sapeva, siamo sufficientemente certi che tre giorni senza febbre non sono un garanzia di non essere infetti e contagiosi. Si parla di settimane di attenzione anche dopo la guarigione, ma come in molti aspetti di questa crisi non c’è certezza nemmeno di questo. Per iniziare a ragionare su dati certi, noi iniziamo a fornirvi il documento regionale in forma integrale.

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Iniziata inchiesta sulla sicurezza dei rider

Sono iniziati mercoledì  e proseguiranno anche nei prossimi giorni i controlli della Polizia locale, coadiuvata anche da esperti dell’Agenzia di Tutela della Salute e dell’Inps, sui rider. Controlli, con tanto di questionari sottoposti ai lavoratori, decisi dalla Procura nell’inchiesta aperta sul fenomeno dei fattorini che fanno le consegne di cibo a domicilio. L’indagine, che è la prima di questo genere in Italia, è coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Maura Ripamonti, vuole far luce, in primo luogo, sulla sicurezza stradale e sul lavoro dei fattorini-ciclisti e su eventuali violazioni delle norme igienico sanitarie, riguardo ai contenitori usati per trasportare il cibo. Si punta, però, anche ad individuare casi di sfruttamento, come il caporalato, e la presenza di clandestini tra i rider. Ieri i primi controlli sono partiti nella zona di Porta Genova e andranno avanti anche oggi e nei prossimi giorni. Poi, in Procura verrà fatto un punto sui primi risultati emersi. Ieri gli agenti e i tecnici, che compongono la squadra che sta effettuando i controlli, sono riusciti a parlare con alcune decine di rider e a presentare loro i questionari predisposti per raccogliere dati ed elementi utili alle indagini. Da quanto si è saputo, alcuni lavoratori, dopo essersi accorti dei controlli in atto, si sono presentati spontaneamente davanti agli agenti, altri, invece, si sono allontanati in fretta. Altro elemento emerso finora è che molti fattorini arrivano a Milano per fare consegne partendo da Pavia e dintorni in treno. Nell’inchiesta conoscitiva del “dipartimento ambiente, salute, sicurezza, lavoro” della Procura erano già state stabilite le modalità operative dei controlli sui rider dopo riunioni preparatorie. E nei prossimi giorni, all’esito dei primi controlli, verranno analizzati i risultati emersi al momento. Gli inquirenti, tra l’altro, sono convinti che questo genere di lavoro a cottimo porta come conseguenza immediata problemi di sicurezza, perché il rider è spinto a correre oltre i limiti, senza rispettare regole, per incassare il più possibile, date le paghe basse. La Polizia locale può fermare i ciclofattorini per controllare i profili base di sicurezza (casco, catarifrangenti e scarpe adeguate) e l’Ats verifica se le aziende abbiano fatto o meno una valutazione del rischio per i lavoratori, se siano stati mai convocati per visite preliminari sul loro stato di salute e se li abbiano o meno formati sulle norme del codice della strada. Tra l’altro, con un recente decreto legge sono stati estesi alle piattaforme di food delivery gli obblighi dei datori di lavoro sugli adempimenti in tema di sicurezza sul lavoro. E’ stato attivato dai pm anche un monitoraggio degli incidenti stradali che coinvolgono i rider.  

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