letizia moratti

Al Manzoni l’apertura della campagna per le Europee di Forza Italia

Ha scelto una sede importante nella storia di Forza Italia Letizia Moratti per l’apertura della campagna elettorale delle europee dove saranno candidati lei e il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, ovvero il teatro Manzoni, acquistato nel 1978 da Silvio Berlusconi e dalla discesa in campo location di tanti eventi di partito. Tanti sono arrivati all’appuntamento, inclusa Marta Fascina, l’ex compagna del Cavaliere, che dalla morte dell’ex premier centillina le apparizioni pubbliche. Accanto a lei il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e il segretario regionale Alessandro Sorte. “Il momento della sopravvivenza è superato, dobbiamo giocare da protagonisti. Non siamo più in zona retrocessione, ci avviciniamo alla parte alta della classifica” ha rivendicato Tajani forte del sondaggio che da gli azzurri oltre il 10%.  Di “una grande sfida” ha parlato Moratti, presidente della consulta di Forza Italia. Alla kermesse ha partecipato anche Ivana Spagna che sul palco ha cantato ‘Il cerchio della vita’ del film Disney ‘Il Re leone’ e poi anche ‘The Best’ di Tina Turner: “Penso sia il caso di dedicarla a Letizia e a tutti voi di Forza Italia”, ha detto. Durante l’esibizione, anche Moratti si è alzata e ha iniziato a ballare sul palco accanto alla cantante, “perché questa è anche una festa”. ANSA

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Sette giorni per tre candidati e mezzo

Sette giorni per tre candidati e mezzo. Si parte: questa è l’ultima settimana. Da una parte Majorino, dall’altra Fontana. Nel mezzo Moratti e Ghidorzi. Le donne in questo caso non hanno opzioni realistiche se non il piacere di partecipare come nel vecchio detto sullo sport. Oggi Majorino parla di chi vorrebbe come assessore, una bella sfida, perché ufficializzare le scelte vuol dire stabilire anche chi si impegnerà di più negli ultimi cruciali giorni della campagna. Ma Majorino è un tipo deciso e sa che l’occasione è unica. Grazie alla zia del Centro città se la può giocare. Fontana ha già messo i panni di quello che vedremo nei prossimi cinque anni: un presidente che non decide nulla, perché è espressione di un partito minoritario: secondo alcuni sondaggi, la Lega su Milano potrebbe fermarsi a due consiglieri e non molti di più nelle altre province. E dunque Fontana principalmente tace. Batte un colpo ogni tanto, ma con prudenza perché la prima uscita con Salvini lo ha visto riempire uno stanzone di gente, peccato che si è scoperto che i giovani medici erano invitati ad andare perché venivano assegnati crediti formativi che per i professionisti sono obbligatori. Almeno si sa da che parte vota chi presiede all’assegnazione dei crediti per professionisti della sanità. Ecco dunque perché Fontana per lo più tace. Moratti per il numero di chilometri percorsi negli ultimi tre mesi avrà bisogno di un bagno ai piedi di una settimana dopo San Valentino. Invece Majorino nel caso di vittoria avrà bisogno di una camomilla gigante e di non perdere nemmeno un minuto, perché lo scossone sarà forte. Molto forte dopo 28 anni di centrodestra. Ghidorzi non è mai stata veramente in corsa, ma è la classica testimonianza di estremismi che sanno di non poter vincere. Simili a quelli che interpretavano l’invasione in Ucraina con il cartello “Putin servo della Nato”. Dunque non merita molte altre parole, perché è un candidato e mezzo. Ecco perché diciamo che questi sono sette giorni per tre candidati e mezzo.

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Coppini per Moratti e Fontana da Calenda e Salvini

Coppini per Moratti e Fontana da Calenda e Salvini. Con un rapidissimo uno-due entrambi i candidati di centrodestra hanno preso un coppino dai capi dei loro partiti di riferimento. Da una parte Moratti si è riscoperta anti liberalizzazione affermando che i tassisti hanno bisogno di più tutele per quanto concerne le licenze, cioè ha ripetuto il mantra di tassisti e balneari che pretendono di essere tutelati dal libero mercato che invece vale per tutti gli altri. E infatti subito Carlo Calenda e Niccolò Carretta di Azione hanno subito ricordato a Lady Moratti che lei sarebbe candidata per il Terzo Polo, cioè persone che vedono nel mercato delle licenze il male. Le licenze andrebbero gestite come in tutta Europa, cioè senza il mercato parallelo che ha resto molto benestanti generazioni e generazioni di tassisti. Primo coppino. Invece Fontana ha provato a tenersi un’infrastruttura prevista per le Olimpiadi invernali 2026, ma Salvini gli ha ricordato che le infrastrutture sportive a livello olimpionico costano e dunque se già esistono in Piemonte, va benissimo così. L’importante è che “qualcuno pattinerà”. Secondo coppino. Ecco dunque i coppini per Moratti e Fontana da Calenda e Salvini, Pierfrancesco Majorino invece è tranquillo, forse perché non c’è ancora il segretario del Partito democratico. Intanto è l’unico candidato a non aver preso coppini. Magari gli porterà bene.

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Ma quindi chi si candida?

Ma quindi chi si candida? Non è una domanda retorica, è proprio un dubbio da elettori. Perché al momento i dati sono pochi: si vota a febbraio. Su questo aspetto ci sono pochissimi dubbi. Fontana ha licenziato una che potrebbe comprarsi mezza Lombardia senza diventare povera, anzi senza diventare nemmeno borghese, e dunque sarà il candidato del centrodestra. Letizia Moratti non era ubriaca: si candida effettivamente con i progressisti. Cioè quelli che sono per l’accoglienza basta che non sia in via San Marco o in una via elegante, in centro o no (non è un caso che di centri di accoglienza nella zona figa di San Siro non ne siano nati mai negli ultimi dieci anni di crisi migratoria: lì ci stanno i ricchi veri con ville supersoniche). Così mentre Fontana avrà brindato per aver silurato una potentissima italiana, a sinistra nessuno ci capisce più un tubo. Si è candidata Moratti con l’appoggio di centristi stile Calenda, cioè i moderati che hanno opinioni forti su tutto, compreso il fatto che la guerra vada fatta specialmente dagli altri, magari quelli così poveri che vivono di reddito di cittadinanza e lavori in nero. Ma anche Pierfrancesco Marana si è candidato con l’appoggio di una parte del Pd, anche se qualcuno dice che Majorino potrebbe candidarsi con l’appoggio di una parte del Pd. E fin qui son fatti. Ora vengono le domande. La prima è: ma quante parti ha il Partito democratico? Perché sembra che siano tantissimi, peccato che negli ultimi trent’anni si sono presi ceffoni su ceffoni. Per abbattere il regno di Roberto Formigoni ci sono voluti i radicali, perché se fosse stato per il Pd Formigoni sarebbe direttamente vicerè regnante. Oggi avrebbero pure un’occasione i dem, ma pare che il riflesso di autosilurarsi sia più forte. Fabio Pizzul, capogruppo in Lombardia di questo singolare partito, sembra parte di quelli che tutto sommato la Moratti l’apprezzerebbero pure, archiviando con una fatality da street fighter anni di opposizione a una che fino a ieri picconava ciò che resta del sistema sanitario pubblico lombardo. Delirio? No: politica. Perché la politica è arte del vincere il potere, o nel caso del Pd lombardo è arte del perdere. In fondo per chi da anni non ha visto l’atrio di un ospedale pubblico Moratti è l’equivalente di Ambrosoli. Segno ulteriore che i peggiori ricchi di tutti sono gli ex poveri. Ma al di là di elucubrazioni varie la vera domanda è: Ma quindi chi si candida? Perché il centrodestra ha bevuto l’amaro calice scegliendo Fontana con tutti i guai che si porta dietro, ma il centrosinistra viaggia sereno verso la mezza dozzina di candidati. E hanno la metà dei voti del centrodestra. Però anche per chi dovrebbe raccontare chi sfida chi sarebbe davvero meglio capire chi si candida. Altrimenti iniziamo tutti a diventare varesotti e amen.

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In Regione destra e sinistra si confondono

In Regione destra e sinistra si confondono. Perché Regione Lombardia ha tanti politici che non sanno come tornare a sedersi sui banchi da consigliere. E allora partono i mischioni: da una parte, ad esempio, c’è Monica Forte che viene continuamente indicata come di fatto un pezzo di maggioranza di centrodestra e Nicolò Carretta di Azione che non si sa se sarà in uno schieramento di sinistra o di destra. Dall’altra ci sono consiglieri come Manfredi Palmeri che ha offerto una base consigliare a Letizia Moratti per  la sua avventura solitaria e ora si ritrova in uno schieramento progressista pur essendo in coalizione con Fratelli d’Italia e Lega. Così in Regione destra e sinistra si confondono, perché ciascuno ha un pezzo dell’altro. E tutti non sanno cosa fare di preciso. Perché Fontana si ricandida, ormai pare certo, ma con che peso? E con quali alleati? Perché da qui a febbraio quando si dovrebbe votare, potrebbero succedere ancora molte cose. D’altronde abbiamo visto Letizia Moratti reinventarsi “comunista”, quindi tutto è possibile nella grande confusione che regna sotto il cielo della Lombardia…

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Si va a votare a febbraio?

Si va a votare a febbraio? Perché il clima in Regione è abbastanza teso. Il duo Moratti-Fontana non funziona, se non in un sit-com anni Novanta. I due non si amano e lo hanno chiarito pure al pubblico che freme. Da una parte ci sono i consiglieri regionali che vorrebbero tanto sapere chi vincerà la sfida per sapere a chi chiedere un posto a tavola. Dall’altra ci sono le sinistre che stanno per mettere in scena il loro sport preferito degli ultimi decenni: perdere. Perché invece di criticare i litigi in giunta, dovrebbero sorridere e prestare ai contendenti un cuneo ciascuno per allargarne le distanze: la sfida presidenziale offre alla sinistra l’occasione mai avuta di vincere il governo regionale. Solo con una destra divisa la sinistra può vincere. Ma ovviamente Pd e Movimento 5 Stelle al momento sono divisi, come da tradizione delle forze progressiste. Intanto tutti si chiedono se si va votare a febbraio, perché Fontana potrebbe decidere di averne abbastanza e mandare tutto all’aria anticipatamente. Fratelli d’Italia non sarebbe nemmeno troppo opponente, perché sei mesi di governo potrebbero eroderne il consenso. Certo, resta il tema Moratti: Fontana accetterà solo un ministero di peso, ma Moratti è nelle condizioni di Draghi. Sostiene infatti di aver avuto la promessa di candidatura da Fontana, come Draghi pensava di andare al Quirinale. Solo che lei non è Draghi e se non le danno quanto richiesto non si ritirerà, ma si candiderà comunque.  Ma  a lei conviene votare prima della primavera? Dubbi che saranno risolti solo con le elezioni. Intanto resta il dubbio: Si va a votare a febbraio?

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