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Il discorso integrale di Mario Draghi al Senato

Il discorso integrale di Mario Draghi al Senato: Signor Presidente, Onorevoli Senatrici e Senatori, Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita. Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto – una decisione che ho condiviso. Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta. Lo scorso febbraio, il Presidente della Repubblica mi affidò l’incarico di formare un governo per affrontare le tre emergenze che l’Italia aveva davanti: pandemica, economica, sociale. “Un governo” – furono queste le sue parole – “di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. “Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”. Tutti i principali partiti – con una sola eccezione – decisero di rispondere positivamente a quell’appello. Nel discorso di insediamento che tenni in quest’aula, feci esplicitamente riferimento allo “spirito repubblicano” del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell’unità nazionale. In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo esecutivo e della sua efficacia. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile. Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani. L’amplissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella “tempestività” nelle decisioni che il Presidente della Repubblica aveva richiesto. A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini. Grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica. La spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia. Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali. La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente. Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti – oltre alla corposa agenda di semplificazioni – sono un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia. A oggi, tutti gli obiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti. Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi. Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7.  Allo stesso tempo, non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace – una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura. Siamo stati tra i primi a impegnarci perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale. I progressi che si sono registrati la settimana scorsa in Turchia sono incoraggianti, e auspichiamo possano essere consolidati. Ci siamo mossi con grande celerità per superare l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia – conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose. In pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo. È un risultato che sembrava impensabile, che dà tranquillità per il futuro all’industria e alle famiglie, rafforza la nostra sicurezza nazionale, la nostra credibilità nel mondo. Abbiamo accelerato, con semplificazioni profonde e massicci investimenti, sul fronte delle energie rinnovabili, per difendere l’ambiente, aumentare la nostra indipendenza energetica. E siamo intervenuti con determinazione per proteggere cittadini e imprese dalle conseguenze della crisi energetica, con particolare attenzione ai più deboli. Abbiamo stanziato 33 miliardi in poco più di un anno, quasi due punti percentuali di PIL, nonostante i nostri margini di finanza pubblica fossero ristretti.Lo abbiamo potuto fare grazie a una ritrovata credibilità collettiva, che ha contenuto l’aumento del costo del debito anche in una fase di rialzo dei tassi d’interesse. Il merito di questi risultati è stato vostro – della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco. La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivano dai cittadini. Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente. Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano. L’Italia è forte quando sa essere unita. Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione. Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato

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Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/3

Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/3. Nella scorsa puntata di questo viaggio nelle carte del processo Eni Nigeria, che ha tenuto impegnata buona parte della Procura milanese per anni, abbiamo visto come nelle mail di una presunta fonte si parlasse di miniere d’oro grazie alla quali alcuni gruppi industriali creavano fondi neri per corrompere e guadagnare. Se parliamo di presunta fonte è perché per chi indaga, ci riferiamo soprattutto ai giornalisti, è sempre meglio partire dal presupposto che ti stiano mentendo. Specialmente se non si presentano con nome cognome e carte alla mano. Le email di cui stiamo trattando sono per lo più carta straccia: potrebbero contenere alcuni spunti, è vero, ma sono solo una presunta fonte. Cosa ben diversa da una fonte vera e propria. Anche perché già chi si presenta con le carte in mano non è detto che abbia carte vere. Eppure queste email sono state utili: agli investigatori per ricostruire la vicenda, a noi per distinguere le fonti dalle presunte fonti che spesso sono l’origine delle fake news. Torniamo dunque alle carte: la mail precedente non ha causato grandi sobbalzi all’apparenza, dunque l’anonimo torna alla carica. Se non bastano soldi, sesso e servizi segreti, ci aggiunge la famiglia. Oltre ad altri nomi come Mario Draghi, Gianni Letta, Antonio Catricalà, Romano Prodi, Fabio Ottonello e Gabriele Volpi. Perché ormai si sa che negli anni Duemila le tangenti è sempre più difficile versarle in contanti: l’epoca di Mani Pulite ha lasciato almeno su questo un’eredità positiva, perché non ha eliminato le mazzette e ha colpito molti innocenti, ma almeno ha reso più complesso corrompere qualcuno. La soluzione però è sempre a portata di mano per le menti fini e spesso si è parlato di consulenze e affini. Ecco dunque che il nostro anonimo mette a sistema alcune informazioni di base come la fuga londinese dei figli dei ricchi: negli anni Duemila si era ben lontani dalla Brexit e i figli dei ricchi italiani avevano letteralmente invaso Londra. Anche i poveri ci andavano, ma a fare i camerieri. Così imparavano l’inglese venendo pagati invece che pagando. I figli dei ricchi invece perfezionavano gli studi in Bocconi e poi entravano nelle grandi aziende. Ecco dunque che il nostro anonimo, che nel frattempo ha cambiato nickname (ora è Giuseppe Recchi), inizia a parlare del fatto che il vero sistema di corruzione si basa sul far assumere i figli nelle grandi aziende con sede a Londra. Anche in questo caso torna il discorso sul verosimile: visto che buona parte dei figli dei ricchi italiani ha studiato economia in Bocconi è abbastanza normale che trovi lavoro a Londra dove ci sono le sedi di moltissime multinazionali. Ma vista con l’occhio del sospetto anche la situazione più lineare pare avere qualcosa di non chiaro. E forse proprio per solleticare il complottismo di ognuno di noi “Recchi” racconta di come questa loggia mafiosa internazionale abbia agganci e potere ovunque, “soprattutto nella Procura di Milano”. Motivo per il quale sono “protetti” da qualunque indagine. E ovviamente non mancano i riferimenti ai contatti nel mondo dei media come Luigi Giubitosi. Ma neanche l’immancabile “guardate la villa di Scaroni a Cortina d’Ampezzo”, una soffiatina sull’invidia sociale. Domani invece vedremo come l’ultimo tentativo su questo canale, sarà fatto con un diverso tipo di mail e di come Roberto Casula si sia accorto che è sempre meglio tenere d’occhio la propria mail…

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Alla fine il miglior politico è Draghi

Alla fine il miglior politico è Draghi. Si arrendano politici di vecchio e nuovo pelo: il super italiano, assurto al ruolo di Migliore grazie alla benedizione del Re, che dopo essere stato dato per spacciato si ritrova dov’era prima e ancora più forte di prima. I partiti, specie di centrodestra, avevano una grande occasione, ma l’hanno sprecata. Un Presidente di centrodestra non lo avremo mai. E forse è giusto così: se le destre non sanno coordinarsi, non devono esprimere il capo dello Stato. In particolare Matteo Salvini deve accettare di non essere ancora in grado di gestire troppo potere. Un poco sì, tanto no. Lo si è visto quando “aveva in mano l’Italia” nel governo Conte 1. E si è perso tutto per la smania di avere il potere, ma non i guai che ne conseguono. Poi è stato il turno del kingmaker, anche qui tutti gli avevano lasciato il passo. Persino Berlusconi si era arreso all’inevitabile tempo che passa consegnando sè stesso al passato. E Salvini ha fallito pure questa volta. Perché il leader leghista non ha capito che il potere non si gestisce come una partita a bocce con gli amici dove ci può stare qualche furbata, ma alla fine siamo tutti amici e non ci rubiamo il boccino. L’equilibrio è soprattutto resistenza agli sballottamenti, la calma nella tempesta, la sicurezza di un timoniere che conosce i venti, non quella di uno che decide di andare dritto nel gorgo perché se no l’equipaggio urla troppo. Invece ogni volta che Salvini ha avuto il boccino in mano si è perso. Al contrario di Draghi che si è mosso quando serviva, ha lasciato piovere su di sè le critiche per aver fatto la propria campagna elettorale da solo e poi quando i borbottii si sono calmati ha assistito alla rielezione del suo nume tutelare. E ora si prepara a governare l’Italia con pugno ancora più di ferro di prima. Perché c’è la seconda rata del PNRR da riscuotere e se si discute troppo non si arriva alle decisioni chieste dall’Europa per darci i soldi. In sintesi: alla fine il miglior politico è Draghi.

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Cybersicurezza, Nicastri (Aidr): bene Draghi sulla nomina del  direttore dell’Agenzia in tempi rapidissimi

Cybersicurezza, Nicastri (Aidr): bene Draghi sulla nomina del direttore dell’Agenzia in tempi rapidissimi. “La nomina in tempi rapidissimi da parte del premier Draghi del Prof. Roberto Baldoni, attualmente vicedirettore del Dis, come direttore dell’Agenzia per la Cybersecurity, è un segnale importantissimo per tutto il Paese in direzione di una sempre maggiore attenzione ai temi della digitalizzazione e della sicurezza informatica in un momento estremamente delicato per il nostro Paese.” Così il presidente di Aidr, Mauro Nicastri, in una nota. “Sotto la guida di Baldoni – prosegue Nicastri –l’Agenzia saprà lavorare non soltanto per garantire una maggiore tutela degli interessi nazionali e della resilienza dei servizi e delle funzioni essenziali dello Stato da minacce cibernetiche, ma contribuirà allo sviluppo dei progetti legati alla sicurezza informatica.” “L’istituzione dell’Agenzia per la cyber sicurezza è un tassello importante – ricorda Nicastri anche per consentire la piena attuazione delle misure stabilite nel PNRR. L’investimento nella digitalizzazione non può prescindere da una attenta cabina di controllo, che sappia monitorare e prevenire i rischi informatici. In quest’ottica, siamo sicuri che Roberto Baldoni, docente alla Facoltà di Ingegneria dell’Informazione e direttore del Centro di Ricerca Sapienza in Cyber intelligence e Information security dell’Università la Sapienza, vicedirettore del Dis e tra i massimi esperti italiani in fatto di sicurezza cibernetica, saprà imprimere il giusto cambio di marcia al Paese, superando gli atavici ritardi dovuti anche alla mancanza di competenze digitali. Aidr, attraverso l’osservatorio per la cyber security – conclude Nicastri – proseguirà la sua azione di diffusione della cultura digitale per sensibilizzare i cittadini sui rischi della rete e del web provando a dare il proprio contributo sia in termini di analisi del contesto, sia per ciò che concerne la formazione”.

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Caro Draghi, quale progresso per il Sud d’Italia?

Caro Draghi, quale progresso per il Sud d’Italia? E’ giunta l’ora per Il popolo meridionale di essere realmente il destinatario primario di interventi mirati che lo rendano partecipe di un cambiamento socio-economico e culturale   di Biagio Maimone  Progetto di Vita per il Sud  www.progettodivitasud.it Non può definirsi progresso di un territorio il suo esclusivo benessere economico, proprio in quanto la dimensione del progresso implica necessariamente il riferimento imprescindibile al piano della salute pubblica, della sicurezza, nonché della vita sociale e morale e della tutela dei diritti umani che, se elusi, permettono di tracciare solo un quadro parziale della vita di un territorio. E’ indiscutibile che possano esservi  fattori di degrado nel tessuto sociale di un territorio, che, prima o poi, per loro natura, incidono sul piano economico e minacciano la sua crescita, che diviene, pertanto, solo momentanea e non duratura perché possa concretizzarsi un reale progresso. E’ noto che l’esistenza di forze estranee alla vita politica che deve essere necessariamente sorretta da principi  trasparenti e di elevato livello morale, in determinati territori del Sud Italia ed anche del Sud del mondo ne abbiano inficiato la crescita, fino a renderli territori ostili alla popolazione che in esso abita, a tal punto da determinare il suo esodo verso terre più evolute sul piano socio-economico e morale e sul piano dei diritti umani fondamentali, garanti della legalità, presupposto dell’equità sociale e della reale civiltà di un popolo. Ne sono testimonianza le migrazioni in essere, che vedono l’Italia e l’Europa meta di continui approdi di popolazioni in cerca di ospitalità. Siamo fermamente convinti che il progresso umano, sociale ed economico possa essere raggiunto e sempre più garantito in quei territori in cui gli esponenti della vita politica sono  animati dal senso di giustizia e dall’amore per la legalità. Non vi è progresso in quei luoghi in cui  vige una vita politica sorretta dal dispotismo, dal tornaconto personale ed, ancor più, dall’illegalità. Compito primario, pertanto, di coloro che vogliono impegnarsi per la realizzazione dello sviluppo dei territori depressi, ossia in stato di povertà, è quello di far vivere lo stato di diritto, la giustizia sociale, la legalità, la verità e, conseguentemente, il rispetto della dignità umana di ogni  persona affinché assurga allo status di cittadino, tale in quanto fruitore dei suoi ineludibili diritti che lo rendono libero e non schiavo di poteri forti e disumani. E’ nota la condizione del Meridione d’Italia. Essa, per migliorare lo stato socio-economico e morale dei cittadini  meridionali, deve essere modificata. Come? Utilizzando gli strumenti messi a disposizione dall’Unione Europea, in seguito alla pandemia che ha ingigantito le sacche di povertà. Tali strumenti sono, indiscutibilmente, mezzi economici erogati per un fine nobile ed altamente migliorativo della condizione umana di tanti territori europeri sofferenti, al fine di non lasciarli  nello stato di abbandono sociale. Il Recovery dovrà essere utilizzato  unicamente per migliorare la condizione  disagiata di molti territori italiani, anche e soprattutto del Sud Italiano, facendo leva sull’onestà intellettuale di quanti  saranno fattivamente impegnati per compiere quelle opere strutturali, culturali e giuridiche necessarie affinché lo sviluppo del Meridione possa realizzarsi nella sua pienezza e nella sua concretezza e non  rimanere pura progettualità, scritta sulla carta . Ed ecco che, ancora una volta, facciamo appello alle donne e agli uomini di buona volontà affinché non solo operino, ma vigilino affinchè nessuno afferri nelle proprie mani il denaro messo a disposizione dall’Europa, con l’intento esclusivo di arricchire se stesso e pochi altri.  E’ giunta l’ora per Il popolo meridionale di essere realmente il destinatario primario di interventi mirati che lo rendano partecipe di un cambiamento socio-economico e culturale, nell’accezione più estesa che il termine culturale possa comportare, suffragato dall’onestà di quanti credono nella giustizia sociale, che sarà anche frutto di quel sentimento umano che affonda le proprie radici  nella legalità, unica leva per garantire realmente e finalmente la tanto agognata eguaglianza e solidarietà.

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A passo di corsa verso la selezione naturale

A passo di corsa verso la selezione naturale. Perché lo scenario è quello: dobbiamo riaprire. Lavoratori dello spettacolo, albergatori, parrucchieri, Confindustria, tutte le attività economiche insistono che devono riaprire perché i ristori sono scarsi e non ci si vive. Sanno, perché lo sanno tutti, che se si riapre le terapie intensive scoppieranno. Ma ormai non gliene importa più nulla a nessuno. Perché nel Paese dei milioni di impiegati statali lo stipendio è visto come una certezza e tanti invece avevano via qualche risparmio. All’inizio sono state prese come vacanze non programmate: gli uffici pubblici di Milano ad esempio sono più in palla di prima dall’inizio della pandemia. Ma poi sono finiti i soldi e la pensione della nonna. Anche perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, la piccola e media impresa tanto celebrata in Italia non ha le risorse per le grosse crisi. Ed ecco che allora la retorica del salviamo tutti non ha più convinto. Perché se ho fame l’idea di qualche morto in più negli ospedali non è poi così inaccettabile. E allora via a passo di corsa verso la selezione naturale. Perché lo scenario più probabile con le riaperture senza copertura vaccinale sufficiente è l’attuale Brasile, dove la gente viene intubata senza sedazione, perché sono finiti i farmaci. Ma il popolo ha parlato: bisogna riaprire tutto, subito. Ok le mascherine, ma vogliamo vivere come prima. Dunque il 2021 sarà probabilmente peggio del 2020 in termini di morti a meno di interventi divini. Ma Mario Draghi può stare tranquillo. Qualcuno potrebbe additarlo in futuro come un carnefice, ma per tanti sarà un salvatore. La pensione è salva. Invece noi in Italia avendo vaccinato prima i pensionati, potremmo trovarci nella surreale situazione di non avere nessuno che lavori per pagare le pensioni. Perché chi invece è nella “popolazione attiva” girerà senza protezione dal virus. E con ogni probabilità si ammalerà. Quindi c’è solo da sperare in una selezione naturale non troppo pesante. Altrimenti nonni sanissimi moriranno di fame.

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