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Miliziani libici negli ospedali, M5S: “Gallera non sa quanti sono”

Miliziani libici negli ospedali, M5S: “Gallera non sa quanti sono”. A riferirlo è Marco Fumagalli, capogruppo M5S gruppo consiliare in Regione Lombardia: “Sulla questione dei militari libici al San Raffaele la Regione evidenzia tutti i suoi limiti nella gestione del controllo delle strutture convenzionate. L’assessore Gallera, infatti, ha riferito in aula che a seguito di una denuncia anonima del 24 di gennaio ha provveduto a disporre i necessari controlli. Non si capisce perché a seguito della mia interrogazione del 26 novembre 2019 sulla presenza di alcuni militari libici ricoverati sulla base di un accordo con la Santa Sede presso il Gruppo San Donato abbia omesso qualsiasi controllo. Addirittura nel rispondermi alla mia interrogazione in data 23 gennaio 2020 mi era stata consegnata la lettera del Gruppo San Donato, datata 20 dicembre, in cui il gruppo stesso dichiara che non era a conoscenza circa la natura, militare o civile, dei ricoverati. La risposta che è una mera lettera di trasmissione non ha dato nessun chiarimento in merito, ma oggi apprendiamo dalle parole dell’Assessore che si trattava di militari. Mi chiedo cosa si debba fare per attivare i controlli di Regione Lombardia e che qualifica si debba avere visto che la richiesta di un consigliere regionale viene evasa. Dalle tempistiche mi pare che ci sia stato il tentativo di coprire una situazione che poi è, però, sfuggita di mano”. Quindi: il gruppo San Donato non sa chi sta curando e l’assessore regionale al Welfare si sta informando solo grazie a una denuncia anonima su cui si sa poco. Chi l’avrà inviata? A parte gli interrogativi, che in questa storia sono sempre di più, restano alcune certezze: la prima è che nessuno sa niente. Da sette anni c’è un certo via vai di centinaia di persone e nessuno sembra saperne niente. E’ anche vero che persino l’Ara Pacis è diventato un luogo per incontri segreti invece che un semplice museo. L’altra certezza è che qualcosa si muove: grazie alla denuncia anonima le informazioni prima o poi dovrebbero arrivare. Finalmente potremo sapere quanti e quali miliziani sono stati ospitati negli ospedali italiani, strutture che è bene ricordarlo, non sono propriamente sempre vuote.   

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Miliziani libici negli ospedali senza pagare

Miliziani libici negli ospedali senza pagare. Sembra assurdo, ma è vero: c’è chi si era impegnato in questo commercio di cure e ha dovuto smettere perché lo Stato libico non lo ha pagato. Facciamo un passo indietro: in questi giorni alcuni giornalisti italiani si sono imbattuti nella questione dei miliziani libici feriti curati negli ospedali lombardi. In realtà sarebbe bastato leggere i giornali per saperlo perché la notizia di questo scambio era stata data nel 2013: il meccanismo è semplice, da una parte c’è uno Stato con molti liquidi, dall’altra uno che ha ancora ospedali funzionanti. Italia e Grecia sono state in prima fila per recuperare fondi in modo pacifico accogliendo migliaia di feriti. Un costo medio tra i dieci e i ventimila euro si stimava nel 2013. Oggi che la notizia è tornata in auge, emergono però altri dettagli: il primo è che non si capisce chi siano i feriti. Sono miliziani di quale fazione? Se due si sono spinti fino a Milano per accoltellarne un altro, di che persone parliamo? C’è qualche criminale di guerra? Terroristi? Squartatori di donne e bambine? Venditori di uomini? Perché la guerra è guerra, ma già il governo si è trovato in imbarazzo per un incontro ufficiale con uno che poi è stato indicato come un trafficante di esseri umani. Oggi però se si può sollevare un interrogativo ancora più significativo, ecco un’altra notizia: un imprenditore ha smesso l’attività di importare feriti perché dopo i primi arrivi, la Libia non lo ha pagato. Essendo uno dei tanti piccoli e medi imprenditori italiani, ha dovuto abbandonare questo commercio perché non poteva investire milioni in attesa dei pagamenti. Ma se è successo a lui, può essere successo anche agli altri? Cioè l’Italia ha curato miliziani di incerta estrazione nei propri ospedali anticipando i soldi a uno Stato ricco come la Libia? Quanti soldi abbiamo dato e quanti abbiamo ricevuto? Perché c’è anche il dubbio che per accaparrarsi il business qualcuno abbia contravvenuto alle regole delle convenzioni con le istituzioni pubbliche. Tradotto dal burocratese: c’è il dubbio che negli ospedali si siano sottratte risorse in teoria destinate agli italiani per curare i libici. E, lo ripetiamo, non si tratta di un progetto umanitario per i civili. Si parla di miliziani, gente che spara. E che come dimostra l’accoltellamento di San Donato ha portato la violenza con sé. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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I miliziani libici occupano posti letto destinati agli italiani?

I miliziani libici occupano posti destinati agli italiani?. La domanda se la sta ponendo Regione Lombardia, ente che spende circa 25 miliardi all’anno per garantire ai suoi cittadini un servizio sanitario il più esteso possibile. E una delle modalità con cui lo fa è convenzionare strutture private, cioè paga i privati per garantire un certo numero di servizi a certe condizioni. Ora che è emersa la vicenda dei miliziani libici ospitati nei nostri nosocomi, la domanda se l’è posta Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia. E ha fatto partire una serie di verifiche. “L’Ats sta proseguendo le verifiche riguardo alla situazione emersa, finalizzate a verificare in particolare se tali attività abbiano impattato negativamente sull’attività istituzionale“, ha spiegato Gallera. Dai dati ancora non conclusivi relativi all’attività 2019, risulta che “le tre strutture del Gruppo San Raffaele – dice Gallera – non risultano avere scostamenti significativi dal budget contrattuale assegnato dalla Ats per lo svolgimento delle attività del Sistema Sanitario Nazionale e quindi nel 2019 risultano aver assolto il loro mandato istituzionale“. “Resta da accertare quanti pazienti libici siano stati complessivamente ricoverati in questi mesi e si sta provvedendo a contestare alle strutture la mancata preventiva autorizzazione a modificare l’assetto accreditato e a contratto, in quanto tali modificazioni organizzative sono vietate dalla normativa vigente“, ha concluso Gallera. “Il confronto autorizzativo preventivo, peraltro, oltre a rispettare quanto previsto dalle Regole di Sistema, avrebbe potuto far rientrare tale situazione in un corretto percorso di collaborazione internazionale – ha aggiunto Gallera – senza provocare ripercussioni sull’attività istituzionale che le strutture devono garantire al sistema di cui fanno parte“. La vicenda si tinge sempre più di giallo, anche perché non sembra che lo Stato e i privati abbiamo voglia di spiegare nel dettaglio chi come e quando ha avviato questo genere di accordo. Né tantomeno se negli ospedali italiani sono passati criminali di guerra, stupratori o altri prodotti dello scontro che si sta consumando in Libia ormai da otto anni. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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