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In Duomo il Requiem di Verdi in memoria dei morti di covid

Un tributo ai morti perché non si può e non si deve dimenticare, ma anche un invito ad andare avanti e ricominciare: ha voluto essere questo la Messa da Requiem eseguita questa sera nel duomo di Milano dal coro e dall’orchestra della Scala dirette – a organico pieno per la prima volta dall’esordio della pandemia di Covid a fine febbraio – dal direttore musicale Riccardo Chailly, che così inaugura una fitta stagione di impegni. Anche per questo ha deciso di essere presente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che prima di un altro Requiem – quello di Donizetti eseguito al cimitero di Bergamo lo scorso 28 giugno – aveva esortato proprio a riflettere sugli errori compiuti ma anche a ricominciare. Della sua “parola sapiente, incoraggiante, capace di creare consenso” lo ha ringraziato l’arcivescovo Mario Delpini convinto che in momenti così difficili, in una terra che ha avuto ‘le sue ferite, i suoi troppi morti, i troppi malati” e che ha conosciuto “le umiliazioni dell’impotenza” e anche “le meschinità delle beghe, le banalità dei discorsi, le contrapposizioni pretestuose” serva “una alleanza, una coralità per affrontare insieme le sfide e le lacrime di questo tempo”. Una alleanza che si è tradotta anche nell’unione di due simboli di Milano, il Duomo e la Scala. ANSA

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Ancora morti e nuovi indagati al Trivulzio

Ci sono nuovi indagati tra i vertici e responsabili del Pio Albergo Trivulzio, oltre al dg Giuseppe Calicchio, nell’inchiesta per epidemia e omicidio colposi della Procura di Milano e almeno cinque giorni il Pio Albergo Trivulzio di Milano non pubblica più sul suo sito il bollettino quotidiano per aggiornare sulla situazione di malati e contagi per l’emergenza Covid all’interno delle sue strutture e dei vari reparti. Da quanto si è saputo, anche l’ultimo report fornito agli stessi operatori dell’istituto è quello del 18 aprile e nel frattempo, stando a quanto riferito da alcuni lavoratori, “la situazione dentro resta grave, gli anziani continuano a morire e proseguono ancora gli spostamenti dei pazienti tra i vari reparti”. In uno dei reparti della ‘Baggina’, il San Vito, spiegano gli operatori, sono risultati positivi “20 anziani su 25 e il reparto risulta chiuso“. Quasi tutti i reparti, poi, raccontano ancora, “sono in difficoltà, in particolare le sezioni 1/2 e 3/4 del Pio XI, i reparti Schiaffinati 3, 4 e 5 , il Santa Caterina e quelli del Bezzi, mentre tanti colleghi sono già risultati positivi ai tamponi“. Il Pat è al centro di uno degli oltre 20 fascicoli di indagine dei pm di Milano su presunte irregolarità nella gestione delle Rsa. ANSA  

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Un campo al cimitero maggiore per i morti non reclamati

Sono sessantuno le croci già piantate con il nome dei defunti e la data di morte al campo 87 del Cimitero maggiore di Milano, che è stato riservato ai morti per Covid che non hanno potuto avere una sistemazione diversa. Sono i defunti che le famiglie non hanno potuto reclamare nei cinque giorni prescritti dal nuovo regolamento comunale dei cimiteri, deciso proprio per l’emergenza Coronavirus, a volte perché in quarantena. Nel campo ci sono 600 posti, ora occupate con croci bianche tutte uguali. E resterà così almeno per due anni, perché per due anni non si potranno costruire monumenti funebri. “Milano ha retto ma ha pagato un prezzo altissimo – ha detto il sindaco, Giuseppe Sala – Questo spazio è quello dove sono stati sepolti coloro le cui spoglie non sono state richieste da un famigliare, la tragedia nella tragedia”. ANSA  

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Trivulzio, ancora morti e trasferimenti di malati covid

“La situazione al Trivulzio è molto critica. Dalle informazioni non ufficiali, da inizio marzo sono circa 200 gli anziani deceduti su 1.000 degenti, circa 200 sono quelli positivi, il personale è fortemente sotto organico, su 1.100 operatori sanitari quasi 300 sono a casa in malattia. Bisogna intervenire subito per salvare le vite dei nostri genitori e nonni“. Lo scrive in una nota Alessandro Azzoni, portavoce del Comitato Giustizia per le vittime del Trivulzio: “c’è un silenzio assordante da parte delle Istituzioni, a partire dalla Regione, responsabile della gestione sanitaria“. “Stanno continuando a trasferire i pazienti da un reparto all’altro, senza aver fatto nemmeno i tamponi, lo fanno la sera di nascosto, gli anziani continuano a morire, la situazione non è migliorata“. E’ il racconto all’ANSA di un’operatrice sociosanitaria che da “31 anni” lavora al Pio Albergo Trivulzio di Milano. “La prima mascherina nel mio reparto si è vista il 22 marzo“, ha aggiunto, spiegando che lei “il 12 marzo chiese di averne una, ma a me come ad altre colleghe che le avevano portate da casa venne intimato dalla caposala di non usarle“. E’ in corso da un’ispezione dei carabinieri del Nas all’Istituto Frisia di Merate (Lecco), residenza per anziani che fa capo al Pio Albergo Trivulzio di Milano. Da quanto si è appreso, i militari si trovano nella sala riunioni della struttura insieme ai dirigenti e stanno acquisendo documentazione. Oggi proseguono anche i controlli, come avvenuto nei giorni scorsi, del Nucleo antisofisticazione e sanità di Milano, guidato dal tenente colonnello Salvatore Pignatelli, in altre Rsa di 4 province lombarde: oltre a Milano, anche a Monza, Como e Varese.  

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I morti lombardi abbandonati nei depositi improvvisati

  I morti lombardi abbandonati nei depositi improvvisati. Decine e decine di corpi che restano anche per giorni in attesa che un forno crematorio possa prenderli in carico. Lo spettacolo, uguale per Niguarda, Policlinico e Girola, è agghiacciante se si pensa che i sacchi che vedete nelle foto che vi proponiamo contengono persone decedute. I morti per Covid19 devono essere bruciati per evitare ogni rischio sanitario, ma come hanno fatto notare molti operatori delle pompe funebri: “Un conto è conservare un corpo o dei resti in una cella frigorifera per uno o due giorni, ma ora ci sono tempi di attesa fino a undici giorni a Lambrate”. Giorni in cui i corpi continuano a decomporsi, avvicinandosi a diventare un problema anche a livello sanitario. Eppure pare non esserci altro modo: il ritmo è alto, mentre le strutture di smaltimento sono lente. Fino a due giorni fa per esempio a Milano non si poteva seppellire insieme le ceneri e i resti dei propri parenti. Era solo concesso di esumare il proprio nonno, cremarlo, e a quel punto era consentito di seppellirlo nuovamente  insieme alle ceneri della nonna. Una procedura impossibile in un momento di estremo stress del sistema cimiteriale come l’attuale. Dopo le insistenze degli operatori delle pompe funebri, pare che il Comune abbia finalmente sposato la linea del buon senso modificando il regolamento. Un piccolo passo avanti, ma che lascia scoperta la grave questione dei morti abbandonati nei depositi che riguarda tutti gli ospedali milanesi e che si sta sempre più trasformando in una crisi nella crisi, perché i ritmi dei contagi possono anche scendere, ma non è affatto detto che il calo dei decessi sia verticale come sperano tutti. Anche in questi giorni sono centinaia le vittime della guerra che il virus ha mosso al genere umano e il pianoro, cioè la fase successiva al picco, non si sa quanto durerà. Si parla come minimo di settimane in cui in molti cadranno falciati dal Covid19. Le istituzioni sono pronte per affrontare questo momento? Perché il governatore Attilio Fontana e il sindaco Giuseppe “l’onesto” Sala sembrano più intenzionati a litigare tra di loro o con il governo nazionale, invece che occuparsi molto attivamente della comunità. In Veneto la guida di Zaia sembra stia portando i suoi concittadini fuori da questa crisi prima del previsto. In Lombardia c’è sempre più la sensazione che non si sia capito, o peggio, non si sia interessati a vincere la sfida tutti insieme, ma che la si viva come un’altra occasione per mettersi in mostra nel cortile di casa. Intanto i morti lombardi sono abbonati nei depositi improvvisati dagli ospedali. Negli ospedali le mascherine vengono messe sotto chiave per frenare i furti, insomma non va proprio tutto bene.

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Crescono i tamponi, crescono i contagi

Crescono i tamponi, crescono i contagi. I dati non mentono, più aumentano i controlli, più si amplia la forbice tra contagiati e morti e più scende la mortalità del Covid-19. Potrebbe essere normale, ma in questo momento di isteria generale è difficile trovare la normalità. Lo stesso governatore lombardo Attilio Fontana ormai appare come un pugile suonato da un avversario troppo duro e si dice “preoccupato” ma senza specificare perché ai giornalisti già in paranoia e preda del riflesso di pubblicare notizie false (sì lo ha fatto anche il Corriere). Ora forse proprio quelli come Fontana, a cui va riconosciuto l’impegno, devono prendersi una pausa. Dormire qualche giorno e lasciare ad altri guidare la barca. Non è il momento di dare informazioni confuse o di agitare ancora le acque mentre crescono i tamponi e crescono i contagi. Negli ospedali lombardi si sta combattendo duramente, e stanno partendo studi amplissimi per capire quali farmaci possano davvero contrastare al meglio il virus in attesa di un vaccino che sembra ad oggi un miraggio. La lotta è dura e l’Italia, al netto dei soliti traditori e voltagabbana, sta reagendo con una forza umana impensabile fino a pochissimo tempo fa. Legioni di volontari e personale sanitario si sono unite sotto una bandiera che è quasi un nuovo Tricolore. Curano tutti, anche chi oggettivamente meriterebbe di essere messo in fondo alla lista. Non guardano il colore, il credo religioso o politico. Nulla se non i dati e tentano di salvare la vita a tutti. Intanto cambiano tutti i giorni i dati e le regole per muoversi, sia in Italia per altro che all’estero. Ma la sfida non è fare dei dati la nuova religione: un errore qualunque di interpretazione può causare moltissimi danni. Allora prendiamo atto dei vari passaggi di questa crisi, passo passo ne usciremo. Non tutti, perché in tanti moriranno ancora, ma in tanti.

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