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Fnm, Onlit: “Deraglia anche il bilancio 2020, rosso da 7 milioni”

Fnm, Onlit: “Deraglia anche il bilancio 2020, rosso da 7 milioni”. Il gruppo Fnm ha chiuso l’esercizio 2020, anno in cui la pandemia ha impattato sul trasporto pubblico, con ricavi pari a 281,3 milioni (-6,4% rispetto al 2019) e un utile netto rettificato di 22,7 milioni (-0,9%). Praticamente niente dividendi per gli azionisti ( 0,022 euro per azione ). Ma è la posizione finanziaria negativa, per 43,7 milioni rispetto a un dato positivo di 39,9 milioni di fine 2019, a preoccupare. Ciò che ha fatto deragliare il bilancio non è stato il Covid, ma l’inspiegabile acquisto della partecipazione del 13,6% di Milano Serravalle dal gruppo Gavio per un costo di 86 milioni di euro. Mentre la controllata Trenord che gestisce il trasporto ferroviario lombardo, chiude con un pesante rosso di 7 milioni di euro. Pur continuando lo stato di collasso del sistema ferroviario regionale (ritardi,soppressioni di treni, chiusure biglietterie e disagi per i pendolari), la capogruppo FNM controllata dalla Regione Lombardia, fa il salto di specied passando dalla gestione dei treni alle Autostrade. Per completare l’acquisizione di Milano Serravalle, le FNM hanno sottoscritto con la regione l’accordo di acquisizione dell’82,4% per altri 519,2 milioni di euro. Il patto prevede anche che la regione sottoscriva l’aumento di capitale da 350 milioni di Pedemontana. L’operazione nasconde un’ altra enorme erogazione di risorse pubbliche della Regione alla gestione fallimentare di Pedemontana. L’obiettivo di FNM non è quello roboante di costituire il primo polo integrato autostrada-ferro-gomma in Italia, ma quello di salvare la Pedemontana dal fallimento. Pedemontana (il suo progetto vecchio di 50 anni) entro il 2021 deve mettere in cassa 500 milioni previsti dalla convenzione firmata con il Ministero dei Trasporti e questi verranno tolti al trasporto pendolari. Ciò nel tentativo estremo (più volte fallito perché il mercato finanziario non crede più in questa opera) di farsi finanziare 2 miliardi necessari per proseguire nell’investimento fermo da 10 anni.

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Alitalia, Onlit: “Ricollocare i piloti dagli aerei ai treni, all’estero si fa”

Alitalia, Onlit: “Ricollocare i piloti dagli aerei ai treni, all’estero si fa”. Mentre le più quotate ed efficienti Lufthansa e Swissair stanno cercando di ricollocare una parte dei loro piloti in esubero nelle ferrovie dei rispettivi paesi, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha nominato per Alitalia due nuovi commissari, da aggiungere all’attuale Giuseppe Leogrande. Ha aggiunto così due posti a tavola, visto che tra i nove membri del cda di ITA (la società incaricata di gestire la nuova Alitalia) la Lega non è rappresentata. Anziché difendere le alte professionalità di molti piloti perennemente inattivi che si disperderebbero dall’inevitabile piano di esuberi derivanti dal ridimensionamento di ITA, prendendo esempio dall’estero e pensando a una loro ricollocazione nelle ferrovie italiane che si dice di voler rilanciare assieme alla sostenibilità dei trasporti, il Governo sta pensando ad un piano fatto di sola Cig ed esuberi. Piano che si aggiungerebbe a quelli del passato decennio, caratterizzato da cassa integrazione e prepensionamenti d’oro. In situazioni analoghe a quella italiana – pochi macchinisti da una parte, e troppi piloti d’aereo dall’altra – i sindacati e i piloti svizzeri e tedeschi non si stanno opponendo alla prospettiva di un trasferimento, ma anzi stanno stringendo accordi. Con il Covid, la crisi del trasporto aereo ha messo in ginocchio vettori ben più robusti di Alitalia, i quali però non aspettano di uscirne solo con aiuti di Stato e ammortizzatori sociali. Perché non provarci anche in Italia? Anche perché ci sono lavoratori più deboli da tutelare, in altri settori che la politica ha spesso dimenticato.  

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Pedemontana, Onlit: “Appalto miliardario senza copertura economica”

Pedemontana, Onlit: “Appalto miliardario senza copertura economica”. A quasi dieci anni di distanza dal 2012 Pedemontana riaffida la gara per il completamento (parziale) della autostrada, senza avere i soldi per pagare l’appalto (regola base per ogni appalto pubblico e pedemontana è un appaltatore pubblico). 10 anni fa a vincere la gara fu Strabag e Impregilo arrivò seconda, ma l’impossibilità di avviare i lavori per mancanza di soldi si trasformò in una causa miliardaria tanto complessa da far scappare perfino Antonio Di Pietro ex presidente di Pedemontana. Oggi ripete l’azzardo, Il gruppo Webuild (Salini-Impregilo) e l’Impresa Pizzarotti & Co. si sono aggiudicate l’appalto del valore di 1,8 miliardi di euro per la progettazione e la costruzione delle tratte B2 (di 12,7 chilometri da Lentate sul Seveso e Cesano Maderno) e C (di 20 chilometri da Cesano Maderno alla tangenziale est di Milano A51) della Pedemontana. I lavori vengono assegnati ma senza le risorse economiche per pagarli. Eppure anche Pedemontana deve rispettare le regole pubbliche che impongono che prima anche di indire una gara si debba avere la copertura finanziaria, figuriamoci aggiudicarla e con ciò accendere la responsabilità del contratto. Ma che le regole che valgono per tutti non valgano per Pedemontana è cosa nota, ne sa qualcosa perfino la Procura di Milano che non riuscì a decretarne il fallimento. Ma oggi alla guida di Pedemontana non c’è presidente qualsiasi ma addirittura un ex viceministro alle infrastrutture ed ex ministro della giustizia, Roberto Castelli, che deve avere avuto ragioni forti per una scelta tanto azzardata. Quali posso essere queste ragioni? probabilmente l’urgenza di scongiurare i pericoli che incombono sulla Salerno-Reggio della padania: – la scadenza molto prossima del termine di ottenimento dei 2 miliardi di finanziamento privato necessari a pagare il contratto, da qui a poche settimane; – il rischio che Regione Lombardia non riesca in quel suicidio istituzionale che è far comprare un’autostrada (Serravalle) da una ferrovia (FNM, che già non riesce a fare il proprio lavoro) per avere in cambio 350 milioni di capitale sociale che da 10 anni i soci “dimenticano” di versare in contrasto con quanto previsto dal contratto con lo Stato; – la scadenza degli espropri, che si starebbe cercando di rinnovare con atti illegittimiti e che se scaduti farebbero saltare il progetto; – il rischio che emerga che la tratta D l’ultimo lotto che collega Bergamo che si da per morta e che invece non può essere eliminata a rischio decadenza della concessione; – soprattutto, il timore per le decisioni che sarà chiamato a prendere il nuovo Ministro, noto per il suo rigore e la sua posizione a favore delle sole opere utili e sostenibili sia economicamente che ambientalmente, e quindi l’esigenza di farlo trovare di fronte ad un fatto compiuto. Sarà anche per tutto questo che si rischia grosso pur di aggiudicare non a un soggetto qualsiasi ma al deus ex machina delle infrastrutture, quella Impregilo oggi Webuild che è riuscita nel miracolo del ponte di Genova e a cui nessuno può dire di no, forse nemmeno un Ministro

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Ferrovie, Onlit: “Contro Arenaways ci fu una condotta anticoncorrenziale di Trenitalia e RFI che la fece fallire”

Ferrovie, Onlit: “Contro Arenaways ci fu una condotta anticoncorrenziale di Trenitalia e RFI che la fece fallire”. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello dell’Antitrust. In data 5 febbraio 2021, il Consiglio di Stato (CdS) ha emesso la sentenza 1101/2021 in un giudizio che ha visto coinvolti, da un lato, l’Autorità della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in qualità di appellante, e dall’altro Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. (FS) e le sue controllate Rete Ferroviaria Italiana – RFI S.p.A. (RFI) e Trenitalia S.p.A. . Con la Sentenza, il CdS ha accolto l’appello presentato dall’AGCM (soccombente in primo grado), mettendo il punto finale ad un contenzioso iniziato nel 2012 a seguito della sanzione – pari a 300.000 euro – irrogata nei confronti di Trenitalia e RFI per abuso di posizione dominante. Secondo l’Antitrust sono state messe in atto condotte anticoncorrenziali da parte delle società del gruppo FS che attraverso una serie di azioni finalizzate a ostacolare e, indine, di impedire, alla società Arenaways di operare sul mercato ferroviario da poco liberalizzato (sulla tratta tra Milano e Torino). I Giudici amministrativi hanno accolto la tesi dell’antitrust che ciò sarebbe avvenuto attraverso l’avvio strumentale di una procedura di consultazione con le due regioni interessate (Piemonte, Lombardia), con il Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti (MIT) nonché con l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) oggi Autorità per i Trasporti. RFI aveva adottato comportamenti dilatori rispetto alla richiesta di assegnazione delle tracce richiesta da Arenaways, causando un ritardo di oltre 18 mesi nel consentire l’accesso alla rete ferroviaria. Trenitalia, dal canto suo, aveva fornito alla stessa URSF una rappresentazione della situazione errata per far pendere la decisione del regolatore impedendo la possibilità di effettuare fermate intermedie fra Milano e Torino. Oggi giustizia è fatta ma il progetto di Arenwas non si è potuto realizzare. Da allora il processo di concorrenza nei servizi di trasporto regionale si è arrestato e lo si vede dalla scarsa qualità dei servizi ferroviari per i pendolari e dai crescenti costi di esercizio. Rispetto alle ferrovie nord europee quelle italiane hanno costi più alti, ricavi più bassi, produttività inferiore del 20%, velocità commerciali e livelli di digitalizzazione modesti.   all. sentenza Consiglio di Stato https://www.sistemafairplay.it/giurisprudenza/consiglio-di-stato/17790-consiglio-di-stato-sez-vi-05-02-2020-n-1101-concorrenza-abuso-di-posizione-dominante-provvedimento-sanzionatorio-abuso-di-posizione-dominante-di-ferrovie-dello-stato-per-avere-messo-in-atto-tramite-le-sue-societa-controllate-una-complessa-e-unitaria-strategia-finalizzata-ad-impedire-l-ingresso-della-societa-arenaways-sul-mercato-del-trasporto-ferroviario-passeggeri-nonostante-sia-stato-liberalizza.html

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Bretella Valtrompia, Onlit: “Salvini i lavori sono già partiti a costi doppi”

Bretella Valtrompia, Onlit: “Salvini i lavori sono già partiti a costi doppi”. Matteo Salvini, dal presidente incaricato Mario Draghi, chiede che si realizzino opere e progetti. Tra questi è stata citata la bretella della Valtrompia. Peccato che il “pragmatico” Salvini non sappia che i lavori siano già cominciati. Ciò dimostra che per lui le opere sono solo un ritornello, buono in ogni occasione pubblica, se sapesse poi che il distretto industriale della Valtrompia si è svuotato negli anni con la delocalizzazione delle imprese nella bassa bresciana e all’estero, si chiederebbe a cosa servano questi 12 km di asfalto di cui 8 in galleria. Inizialmente la galleria doveva essere a doppia canna (due gallerie separate). Ciò significa che i costi avrebbero dovuto dimezzarsi ed invece sono restati gli stessi, 200 milioni. Saremmo curiosi di sapere se, a casa sua ,i soldi si spendono con la facilità con cui si spendono quelli pubblici. Senza una analisi dei costi e dei benefici delle opere previste con i 209 miliardi del NextgenerationEU, al netto di ogni valutazione ambientale, si rischia di farne solo la metà. Anche il moltiplicatore occupazionale verrebbe dimezzato. E’ questo che vuole Salvini? Nelle parole del leader della lega sono emerse ipotesi e speranze difficili da conciliare con le abitudini della scuola di Draghi di valutare attentamente costi e benefici. In una relazione, da Governatore della Banca d’Italia, disse:”In assenza della valutazione costi-benefici dei singoli progetti, non c’è garanzia che quelli approvati rappresentino la soluzione più ottimale e funzionale al conseguimento degli obiettivi pubblici”.

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Governo, Onlit: “Di De Micheli e Toninelli non sentiremo di certo la mancanza”

Governo, Onlit: “Di De Micheli e Toninelli non sentiremo di certo la mancanza”. Il nuovo ministro dei Trasporti del governo Draghi dovrà mettersi, se li ha, le mani nei capelli. Si troverà infatti a fronteggiare l’anno zero dei trasporti. Nessuno rimpiangerà i suoi predecessori, Paola De Micheli e Danilo Toninelli. La ministra De Micheli di sicuro passerà alla storia per la proposta che tutti i cittadini italiani debbano trovarsi in un raggio di 100 Km da una linea di Alta Velocità, qualsiasi cifra questo debba costare (ai contribuenti, non alla ministra). Sia lei che Toninelli non passeranno alla storia, invece, per aver risolto la vertenza con Autostrade dopo il crollo del ponte Morandi: sia perché non è stata risolta, sia perché si sono ben guardati dall’insistere affinchè gli utenti smettano di pagare pedaggi per autostrade che hanno già strapagato. La De Micheli sarà inoltre ricordata, oltre che per la telefonata al manager della Juventus per aiutarlo nel calciomercato, per la sua incapacità nel potenziare il trasporto pubblico nella fase Covid. Diabolicamente, poi, sia Toninelli che De Micheli hanno perseverato nel voler mantenere in vita Alitalia, autentico zombi con le ali. Infine, le grandi navi non entrano più a Venezia grazie al Covid, non certo ai due ministri di cui non sentiremo proprio la mancanza.

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