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Pd: verso quale sinistra è diretta?

Da un lato l’ottuso oscurantismo politico che non ha mai voluto lasciare le stanze del potere in nome della battaglia del popolo e per il popolo, dall’altro le nuove linee guida dettate da una rivoluzione che ha messo in atto non i cambiamenti voluti e tantomeno un cambio di direzione di marcia, al contrario ha ridotto il Partito Democratico all’ombra di se stesso. “Da soli non si vince”, così dice Elly Schlein il capo della Sinistra Radical Chic che grida ai quattro venti il cambiamento, il sostegno per le famiglie e l’abbattimento totale delle disuguaglianze tramite la lotta alla povertà e un nuovo modo di pensare dell’economia nazionale. Mentre il Pd grida ai quattro venti che è arrivato il tempo dei diritti civili aggirando la dialettica del politichese, nell’ultima tornata elettorale il centrodestra ha dilagato nei consensi affondando completamente il Partito Democratico ridotto ormai semplicemente al fantasma di se stesso. Lo spostamento dell’asse politico a destra ha una determinante che si chiama Enrico Letta, di conseguenza è inevitabile additare il Pd logorato dalle profonde divisioni e dai continui cambiamenti di rotta verso una politica di inciuci e manovre che in passato, sull’asse Renzi-Berlusconi, hanno portato l’intera sinistra italiana alla deriva. A questa incertezza del Pd si aggiunge anche quella storica divisione interna della classe politica che ha portato la stessa alla frammentazione partitica senza mai lavorare per un obiettivo comune e condiviso. Sostanzialmente da Matteo Renzi il rottamatore – alla fine ha rottamato se stesso – passando per l’inefficace Enrico Letta finendo alla nomina di Elly Schlein come guida suprema del partito, il Pd resta una forza atipica e sofferente che viene nutrita da quell’incertezza politica e non solo ma che finora non ha prodotto i numeri giusti per arrivare in parlamento non come prima forza politica ma come seconda forza politica del paese senza strizzare l’occhio al M5S e agli scissionisti di Calenda che insistono sul salario minimo. La Schlein al momento accantona il suo Radical Chic e si sbraccia puntellando sul PNRR e sulla destinazione dei fondi agli armamenti comunque sia è la solita sinistra. Quella che si è fermata ad Amatrice e ora pretende che i fondi vengano destinati ai paesi alluvionati dell’Emilia Romagna, che strana la politica, così com’è strano che la segretaria del Pd spertica con arroganza quel pluralismo dell’informazione fatto all’interno della RAI siglato da Fratelli d’Italia. Oppure sarà più saggio dire che il controllo della stampa è l’obiettivo primario di qualsiasi partito politico? Allo stato attuale per Bonaccini è importante fugare qualsiasi dubbio sui processi all’interno del Pd. Allora caro “Presidente” quando dobbiamo meditare sugli errori del passato? Ovviamente la ricca agenda della Premier Meloni non trascura le secche risposte in aula parlamentare – “Non eravate voi al governo quando è successo questo o quell’altro?”. Come dire: “Lasciateci lavorare per il G7, lasciateci gestire i fondi del Pnrr per armare i paesi in linea con le direttive NATO. Lasciateci continuare la storica linea politica che ci vede come principale partner degli USA e infine dell’Ucraina”. Un’agenda politica, quella del centrodestra, che non incoraggia più di tanto i Dem ovviamente tutti concordi in una linea di atteggiamento da tenere in politica estera: Putin non avrà mai l’Ucraina. Su questo punto almeno sono tutti concordi.

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Genialata del Parlamento sul superbonus: pagherà solo chi truffa

Genialata del Parlamento sul superbonus: pagherà solo chi truffa. Perché l’ultima notizia surreale di questi tempi è quella data dal Sole24Ore a proposito della responsabilità per eventuali truffe sull’agevolazione più contestata di sempre. Dopo settimane di discussioni, l’idea geniale dei parlamentari che ne hanno parlato è che sarà punito solo chi truffa consapevolmente la legge. Ora ci vuole tanta pazienza con i politici italiani perché ci chiediamo come sia possibile che una discussione del genere sia avvenuta. E se proprio doveva succedere come mai non è durata tra i 5 e i 6 minuti? Come è possibile che abbiano scritto una legge per la quale è necessario scrivere che se la violi consapevolmente scatteranno le manette? Dove siamo in centroamerica? O in qualche Stato africano? Qui siamo a livelli di DDL Zan, quando il Parlamento si è incartato su una legge che interessava una minima parte della popolazione mentre i grandi temi del lavoro, della sopravvivenza stessa delle persone erano messe da parte. Però almeno il DDL Zan aveva una base concettuale, c’erano idee su cui essere o non essere d’accordo. L’ultima genialata sul superbonus è francamente inaccettabile. Ci sono 40mila imprese in balia di  queste discussioni surreali, nonché uno dei pochi provvedimenti a misura di ambiente  ed economia che viene continuamente ostacolato dagli stessi che poi sottoscrivono gli accordi per il clima e usano i soldi pubblici per le centrali a carbone. Speriamo che il prossimo governo sia costituito da gente con argomenti più seri da discutere.

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Crisi politica: il gruppo del 2014 all’assalto del Parlamento

Crisi politica: il gruppo del 2014 all’assalto del Parlamento. Non paghi di aver già preso il controllo di fatto della nazione trent’anni fa, sembrano decisi a spazzare vie le ultime parvenze di un equilibrio tra poteri perso dopo gli anni Novanta del ‘900: per il nome di un nuovo primo ministro è spuntato quello di Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. Solo proporlo avrebbe sollevato qualche scandalo, ma dopo 7 anni di presidenza della Repubblica deligittimata vale tutto. Nel 2014 i giudici hanno ottenuto una prima grande vittoria: hanno dichiarato la legge elettorale incostituzionale, sancendo l’illeggittimità del Parlamento che con quella legge era stato eletto. Forse per evitare di sciogliersi, il Parlamento ha eletto Presidente della Repubblica proprio uno dei giudici che lo aveva dichiarato illeggittimo: Sergio Mattarella. Un uomo tra l’altro tendenzialmente di sinistra, meno di Napolitano, ma pur sempre avversario del centrodestra e dunque gradito al Partito democratico al governo. Per i giudici è stata una grande vittoria: come dichiarare squalificata la squadra avversaria e poi costringerla a giocare a patto che perda. Ma pare non siano sazi di questo svilimento della Presidenza (organo che si è ritrovato un presidente di fatto illeggettimo come il Parlamento che lo ha eletto) e adesso passano il nome della loro capa (e anch’essa nella corte del 2014) Cartabia ai giornali. E qualcuno già gioiva all’idea di avere finalmente un premier donna, ma in perfetto stile italiano è la donna sbagliata. Perché il gruppo del 2014 è già abbastanza potente così: annovera infatti nomi pesantissimi come Sabino Cassese, Paolo Maria Napolitano e Giuliano Amato. E comandano di fatto sulla nazione perché controllano sia la Corte Costituzionale che il Quirinale. Il Parlamento è l’ultima ridotta, perché ha legittimazione popolare, mentre i giudici parlano in nome del Popolo italiano senza averne ricevuto il mandato direttamente. Hanno seguito i corsi e concorsi, mentre anche l’ultimo dei politici ha preso il sostegno cittadino per cittadino. Il gruppo del 2014 dovrebbe evitare quest’ultimo sgarbo istituzionale: almeno un potere dello Stato deve essere eletto dai cittadini e libero da questo giro di giudici. Altrimenti dichiarino la fine della Repubblica. Perchè è questo il problema della crisi politica: il gruppo del 2014 all’assalto del Parlamento. Gli unici ad aver capito cosa sta succedendo pare siano Renzi, Salvini e Berlusconi. Perché il Pd se ha capito pensa che in fondo sono giudici di sinistra ed è appiattito sulla linea del Gruppo del 2014. Gli altri combattono dirattemente con “l’uomo dei caminetti” (che era Mattarella per chi non l’avesse capito). Ma il Gruppo del 2014 è forte e radicato. E il rischio che prenda anche il controllo del Parlamento per far eleggere un altro dei propri componenti come erede di Mattarella è altissimo.

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Coraggio si ricomincia: dritti verso il baratro

Coraggio si ricomincia: dritti verso il baratro. Le vacanze estive sono ufficialmente finite da oggi per la maggior parte dei comuni mortali. Milioni di persone si riverseranno di nuovo nelle città per ricominciare l’opera di produzione del Pil e di sogni in un domani migliore. Peccato che il domani migliore non ci sia all’orizzonte, ma a noi italiani finché è garantito un piatto di pasta e un bicchiere di vino tiriamo avanti. Eppure il problema non è affatto secondario: le uniche prospettive sono pessime. La migliore di tutte sarebbe un governo stabile, quale che sia: ormai i parlamenti e i governi nazionali valgono fino a un certo punto, quindi al mondo interessa solo la quiete. Chi continua ad agitarsi, agita tutta la compagnia e si guastano gli affari di tutti. Siamo ormai da decenni in un mondo dove i bottoni di un pigiama vengono costruiti a Tokyo con materiali presi a Bengasi per poi essere cuciti a Kiev e venduti in Arizona. Quindi quello che interessa adesso al mondo è stare calmi, ma l’Italia non è in grado. Persino il così detto governo del cambiamento è durato solo 15 mesi. Un quinto di quanto previsto dalla Costituzione per il governo. Ma anche se per miracolo accadesse con l’attuale sistema andremmo semplicemente verso il progressivo acuirsi delle differenze sociali come accaduto negli scorsi decenni. Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. E parliamo dello scenario migliore. Poi ci sono gli altri: ad esempio quello che si sta materializzando, cioè lo specchio di un altro governo tecnico per alzare le tasse e diminuire i servizi tutto in un colpo. Monti è stato solo l’inizio: la situazione in realtà non è affatto migliorata da quando il professore fu chiamato a sistemare i conti disastrati della Repubblica. L’industria o quel che ne rimane è in difficoltà, il lavoro c’è ma o non permette di vivere o non incontra le competenze necessarie. I debiti aumentano e non i guadagni. Allo stesso tempo la classe dirigente non pare in grado di offrire soluzioni se non per sè stessa. Coraggio si ricomincia: dritti verso il baratro. Non ci viene da dire altro: la riforma proposta dai 5 stelle, l’abolizione di 345 parlamentari, può essere un inizio per recuperare soldi e senso di un Parlamento sostanzialmente inutile. I problemi dell’Italia sono molto più strutturali e la soluzione non può essere solo quella prospettata da Mattarella di cercare di andare avanti così come siamo. Il mondo è cambiato e se si seguono le vecchie regole l’unico destino è il baratro. Magari arrivandoci con velocità diverse, ma per ora è l’unica prospettiva.

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Gli scontri al corteo di Ramelli sbarcano in parlamento

Dei fatti del 29 aprile se ne discuterà in parlamento, lo annunciano i deputati di fratelli d’Italia Paola Frassinetti, Carlo Fidanza e Marco Osnato che in una nota congiunta spiegano: “Dopo gli sconcertanti episodi accaduti a Milano in piazzale Susa la sera del 29 aprile abbiamo ritenuto giusto e doveroso presentare un’interrogazione al Ministro dell’Interno Salvini. Nell’interrogazione chiediamo in primis le motivazioni del diniego della fiaccolata prevista il 29 aprile per commemorare Sergio Ramelli in considerazione del fatto che nei 15 anni in cui si è tenuta non si è mai registrato alcun atto di violenza“.  “Inoltre – aggiungono – ci è parso del tutto fuori luogo autorizzare la contro manifestazione della sinistra che si opponeva allo svolgimento della commemorazione di un ragazzo ucciso 44 anni fa, intesa da molti come una chiara provocazione. Ma il punto focale su cui incentriamo la nostra attenzione è quello di conoscere i motivi per cui lunedì 29 aprile sera è stato ordinato agli agenti di caricare in modo assolutamente sproporzionato dei ragazzi che in modo evidentemente pacifico e simbolico volevano disporsi per il corteo in viale Romagna e che potevano essere contenute senza un utilizzo della forza così spropositato come testimoniato dai numerosi video“.

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