Inaugurato il parco Norma Cossetto

Inaugurato il parco Norma Cossetto. A darne l’annuncio gli stessi organizzatori della manifestazione di inaugurazione a cui erano presenti diversi esponenti di Fratelli d’Italia: l’onorevole Ignazio La Russa, Riccardo De Corato, Paola Frassinetti, Marco Osnato, Andrea Mascaretti e Riccardo Truppo. “Oggi in via Einstein 6, di fianco allo studentato del Politecnico e davanti al liceo scientifico Einstein, è stato inaugurato il giardino dedicato a Norma Cossetto, giovane studentessa istriana torturata e infoibata dai comunisti titini nel 1943. #Milano ricorda una Martire delle Foibe questo grazie al #Municipio4. Chiediamo al Sindaco Beppe Sala un concreto contributo per la realizzazione del Monumento dedicato agli italiani infoibati e all’Esodo dei nostri Fratelli di Istria, Fiume e Dalmazia”. La notizia giunge dopo che per la realizzazione dell’intitolazione erano state suscitate diverse polemiche politiche per le offese al nome dell’italiana vittima della furia comunista. Polemiche che ora sembrano passate, insieme a un altro pezzo si Storia patria che prima o poi si potrà consegnare a una memoria comune italiana.

Per la sua storia ecco la biografia da Wikipedia:

La famiglia Cossetto viveva nella frazione di Santa Domenica di Visinada (oggi comune della Croazia). Il padre, Giuseppe Cossetto, era un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista: ricoprì a lungo l’incarico di segretario politico del Fascio locale e di commissario governativo delle Casse Rurali. Inoltre fu anche podestà di Visinada. Nel 1943 era ufficiale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e in seguito ai fatti dell’8 settembre fu trasferito presso il Comando della Milizia di Trieste[1].

La figlia Norma si diplomò presso il Regio Liceo Vittorio Emanuele III di Gorizia, per poi iscriversi al corso di lettere e filosofia dell’Università di Padova, aderendo, nel frattempo, ai Gruppi Universitari Fascisti della più vicina Pola. A partire dal 1941 alternò lo studio a supplenze scolastiche a Pisino e a Parenzo[2]. Nell’estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata Istria Rossa (il rosso del titolo è relativo alla terra ricca di bauxite dell’Istria): il relatore era il geografo Arrigo Lorenzi[3]. In ragione dei propri studi, la Cossetto girava in bicicletta per i paesi dell’Istria, visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi che le consentissero di sviluppare la sua tesi di laurea.

L’arresto e l’infoibamento

Licia Cossetto, sorella di Norma, testimoniò che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la famiglia iniziò a ricevere minacce di vario genere finché il 25 settembre successivo un gruppo di partigiani jugoslavi e italiani razziò l’abitazione dei Cossetto[4] e, il giorno successivo, Norma fu convocata presso il comando partigiano — composto da combattenti sia italiani che jugoslavi[5] — che aveva sede nell’ex-caserma dei carabinieri di Visignano; lì la studentessa fu invitata a entrare nel movimento partigiano, ma ella oppose un netto rifiuto[6]. Secondo Giacomo Scotti (che non cita alcuna fonte in merito), rifiutò di rinnegare la sua adesione al fascismo[7], dopodiché uno dei guardiani cui venne consegnata decise di rilasciarla[6].

L’indomani Norma Cossetto fu arrestata e condotta all’ex-caserma della Guardia di Finanza di Parenzo insieme ad altri parenti, conoscenti e amici. Qui fu raggiunta dalla sorella Licia che tentò inutilmente di ottenerne il rilascio. Qualche giorno più tardi Visinada fu occupata dai tedeschi, cosa che spinse i partigiani a effettuare un trasporto notturno dei detenuti presso la scuola di Antignana, adattata a carcere. In tale luogo Norma Cossetto fu tenuta separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri dai suoi carcerieri, che abusarono di lei mentre veniva tenuta legata su di un tavolo[5][8]. L’episodio della violenza carnale fu poi riferito da una donna abitante davanti alla scuola, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo Norma legata al tavolo.

«Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”»
(Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma[9][10])

La bocca della foiba di villa Surani

La notte tra il 4 e 5 ottobre tutti i prigionieri legati con fili di ferro furono condotti a forza a piedi fino a Villa Surani. Ancora vivi[11], furono gettati in una foiba nelle vicinanze. Le tre donne presenti nel gruppo subirono nuovamente violenze sessuali sul posto[5] prima di essere gettate a loro volta nella foiba[5]. A pochi giorni dal fatto anche Licia Cossetto fu arrestata dai partigiani, i quali le rivolsero lo stesso invito fatto in precedenza a sua sorella di unirsi al movimento partigiano, cosa alla quale anch’essa si oppose; dopo avere richiesto invano informazioni sulla sua famiglia, uno dei partigiani, che conosceva la giovane, ne ottenne il rilascio[12], anche se non era escluso un nuovo eventuale arresto[13], che tuttavia non avvenne; era invece il padre di Licia e Norma Cossetto, Giuseppe, il bersaglio dei partigiani.

Quando il padre Giuseppe Cossetto venne a conoscenza dell’arresto della figlia si aggregò a un reparto della Milizia di Trieste e rientrò a Visinada per cercare informazioni sulla figlia e il 7 ottobre fu accoltellato da un partigiano insieme a un suo parente, Mario Bellini, che lo aveva accompagnato a Castellier-Santa Domenica (secondo la ricostruzione di Giacomo Scotti, invece, i due furono uccisi in un’imboscata partigiana mentre erano alla testa di una spedizione punitiva[7]); i due corpi furono gettati pochi giorni più tardi in una foiba. Il 10 dicembre 1943, nel corso dell’Operazione Nubifragio, l’esercito tedesco occupò l’Istria[12]; in quegli stessi giorni i vigili del fuoco di Pola comandati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, impegnati a recuperare corpi da una foiba profonda 136 metri, estrassero anche quello di Norma Cossetto, il cui cadavere si trovava in cima alla catasta di corpi lì gettati.

Relativamente al ritrovamento del cadavere della giovane esistono due diverse testimonianze fornite dal maresciallo dei vigili del fuoco Harzarich. La presunta discordanza tra le due versioni è stata utilizzata da chi contesta una manipolazione della vicenda di Norma Cossetto come “speculazione propagandista” in chiave anti-partigiana. Secondo la ricostruzione di Frediano Sessi, Arrigo Petacco e Gianni Oliva la ragazza fu nuovamente violentata e successivamente le furono amputati entrambi i seni e penetrata nella vagina con un oggetto di legno, rinvenuto sulla salma[5][11][14]. Paolo De Franceschi (pseudonimo di Luigi Papo), il cui rapporto fu ripreso da Claudia Cernigoi nel 2005[15], riferisce che il 10 dicembre 1943, giorno del ritrovamento dei cadaveri a Villa Surani, Norma Cossetto fu estratta per prima, essendo verosimilmente tra gli ultimi ad essere gettata nella foiba e stando alla testimonianza dell’epoca di Harzarich, il corpo non presentava segni apparenti di decomposizione, tanto da rendere non necessarie le maschere per il recupero[16]; nel verbale di interrogatorio reso nel 1945 al comando Alleato Harzarich riferì inoltre di aver rinvenuto il corpo «con un pezzo di legno ficcato nei genitali»[17]; la circostanza secondo cui il corpo di Norma fu rinvenuto non decomposto fu ribadita anche dalla sorella Licia, che riferì di aver appreso ciò dalla testimonianza del maresciallo Harzarich[12].

Su denuncia di Licia Cossetto i soldati tedeschi catturarono sedici partigiani che avevano partecipato alle sevizie e li costrinsero a vegliare tutta una notte la salma di Norma, per poi fucilarli all’alba del giorno successivo: di questi tre partigiani impazzirono nel corso della notte[18]. Secondo Scotti i veri responsabili dell’omicidio di Cossetto non furono partigiani jugoslavi, ma «cani sciolti» italiani inquadrati nella Resistenza, e la condanna a morte fu sommaria e fatta senza riguardo per le eventuali responsabilità dei giustiziati[7]. Il cadavere di Norma fu composto nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Santa Domenica di Visinada.

Riconoscimenti

Le spoglie di Norma Cossetto e di suo padre Giuseppe si trovano oggi nel cimitero di Santa Domenica di Visinada, frazione di Visignano, attualmente in Croazia.

In memoria della studentessa nacque nel 1944 a Trieste il Gruppo d’Azione Femminile “Norma Cossetto”, l’unico reparto paramilitare fascista femminile della RSI[19], alle dirette dipendenze del Partito Fascista Repubblicano[20]. L’8 maggio 1949, su proposta dell’influente latinista “fuori ruolo” e deputato comunista Concetto Marchesi, già rettore patavino (settembre-novembre 1943, 28 maggio-27 luglio 1945)[21], l’allora rettore dell’Università di Padova, lo storico antico Aldo Ferrabino, e il consiglio della facoltà di Lettere e Filosofia conferirono la laurea ad honorem per Norma Cossetto. Il 10 febbraio 2011 l’Università degli Studi e il comune di Padova, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, hanno posto nel Cortile Nuovo del Palazzo del Bo una targa commemorativa della morte di Norma Cossetto e della laurea honoris causa conferitale.

Alla Cossetto nel 2005 venne conferita la medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il comune di Gorizia ha una via a lei dedicata dal febbraio 2009, così come dal luglio 2011 il comune di Narni e dall’ottobre 2012 il comune di Bolzano e il comune di Fano. Nel febbraio 2010 le venne intitolato il parco di Villa Maioni, sede della biblioteca di Verbania[22]. Nell’aprile 2012 il comune di Limena le intitolò la biblioteca. Dal gennaio 2013, inoltre, anche il comune di Calalzo di Cadore rende tributo a Norma Cossetto avendole intitolato la propria sala consiliare[23], mentre a Grumolo delle Abbadesse le è stata dedicata la Piazza del Municipio. Nel 2017, anche da parte dell’amministrazione comunale di Latina le è stata dedicata una lapide commemorativa[24].