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Aumento tariffe TPL contrario alla tendenza europea

Aumento tariffe TPL contrario alla tendenza europea. Mentre in Europa si affronta la crisi del trasporto pubblico locale con l’abbassamento delle tariffe (es. in tutta la Germania) loro, in Lombardia si fa l’esatto contrario. Trenord ha già aumentato del 4% le tariffe dal 1 settembre scorso ed ora è la volta dell’ATM. Adducendo con il pretesto che ciò sarebbe possibile (ma non obbligatorio) per una legge regionale. I trasporti pubblici di Milano e della Lombardia sono sotto stress sia per la perdita di passeggeri (20-30%), che per la grave e generale carenza di autisti. Per correre ai ripari dei minori introiti il Comune ha deciso l’aumento dei biglietti ordinari di 20 centesimi a decorrere dal 1 gennaio. Il biglietto passerà a 2,20 euro nonostante il già pesante rincaro del ticket passato a 2 euro nel 2019, quando fu introdotta una parziale integrazione tarifaria. Sono in corso trattative con i sindacati per un taglio del 3% dei servizi urbani tranviari e autobus corrispondenti ad un centinaio di turni soppressi del personale e a 33 linee interessate. In questi giorni il Comune ha anche girato le spalle alla opportunità che aveva di ripristinare il servizio della storica tranvia Limbiate Milano, costringendo migliaia di pendolari all’uso dei bus, molto più lenti e inquinanti. 13 km di linea che sono stati chiusi molto prima dell’avvio dei lavori di potenziamento. Mancano ancora parecchi milioni per completare il finanziamento. Neppure l’apertura della M4 giustifica l’aumento. Era noto che oltre ai costi d’investimento per le nuove metro, ci sono da sostenere nuovi costi d’esercizio. I cittadini di Milano ed i pendolari si aspettano una riorganizzazione aziendale ed energetica che riduca i costi di gestione, per evitare l’aumento tariffario.

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Cargo: fermiamo il boom speculativo della logistica

Cargo: fermiamo il boom speculativo della logistica. L’area milanese è al primo posto nello sviluppo di piattaforme logistiche, seguita da Torino, Bologna e Veneto. L’eldorado immobiliare non riguarda solo le aree per l’attività terrestre della logistica, della grande distribuzione e dell’e-commerce ,ma anche quelle aeroportuali del Cargo merci. Sono ben quattro gli scali del nord Italia che chiedono spazio per far posto a nuovi capannoni cargo in aeroporto, di cui due vogliono allungare le loro piste per sviluppare il trasporto merci.Si tratta di Montichiari, dove è in progetto il prolungamento della pista di 460 metri (così da arrivare a 3.500 metri), e di Parma che vuole allungare la sua di 756 metri per portarla a 2.880 metri. Le lunghezze attuali sono già adeguate agli standard necessari per la gestione dell’air-cargo. I due scali (fantasma), dopo aver fallito il tentativo di diventare aeroporti passeggeri (bruciando ingenti risorse pubbliche), si stanno riconvertendo al segmento merci. La lunghezza delle due attuali piste, attualmente sotto utilizzate, basterebbe per una normale attività cargo . Per Montichiari sarebbero necessari quasi 50mila mq di terreno, mentre Parma consumerebbe 46mila mq di suolo, più 23.000 mq di taxiway. A settembre il trasporto aereo di merci ha registrato volumi in calo del 10,6% rispetto allo stesso 2021, secondo i dati diffusi dall’Associazione del trasporto aereo (Iata). Le prospettive del settore non prevedono un grande sviluppo, anzi. Ciò nonostante è previsto un ampliamento per entrambi gli aeroporti per piazzali aeromobili, hangar, nonostante la capacità di piste e scalo sia attualmente inutilizzata. A Malpensa è prevista una nuova Cargo city di 44mila ettari di superficie, che si aggiungerebbe a quella attuale, non ancora satura in piena Brughiera del Parco del Ticino. La sostenibilità ambientale vorrebbe il recupero delle aree inutilizzate o dismesse dove realizzare nuovi capannoni come l’obsoleto Terminal 2 che è chiuso al traffico passeggeri da oltre due anni . Si puntare su una nuova grande speculazione urbanistica. Anche il il piano di sviluppo aeroportuale dell’ipercongestionato Orio al Serio prevede a nord dello stesso 47 ettari di aree da cementificare per una nuova area Cargo da aggiungere a quella attuale.

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Pedemontana lombarda bocciata anche dalla corte dei conti

Pedemontana lombarda bocciata anche dalla corte dei conti. Questa volta è addirittura la magistratura contabile, la Corte dei Conti della Lombardia, a lanciare l’allarme sulla Pedemontana lombarda. Dall’analisi finanziaria dell’opera, concepita oltre 50 anni fa, approvata 15 anni fa e coi cantieri fermi da oltre 5 anni senza nemmeno essere arrivata a metà, emerge che la Regione Lombardia “proietta il costo dell’investimento attuale sulle generazioni future.” Il Pirellone, diventato lo scorso anno azionista di controllo di Pedemontana con la sottoscrizione di azioni per 350 milioni di euro e un prestito in conto soci di 900 milioni di euro (che tutti sanno non verrà mai restituito, e questo la Corte dei Conti lo fa capire chiaramente) ha salvato per la seconda volta dal fallimento e tenuto in vita un’opera i cui costi non verranno mai coperti dal traffico futuro. Si tratta di un secondo fallimento. Perchè il fallimento di Pedemontana fu dichiarato una prima volta dal Tribunale di Milano nel 1997, ed evitato in extremis solo grazie ad un prestito regionale di 900 milioni voluto dall’allora presidente Roberto Maroni. Soldi tolti alla manutenzione delle strade, ai trasporti pubblici e a chissà cos’altro. Con la censura della Corte dei Conti quindi siamo alla seconda magistratura che interviene nel silenzio colpevole della politica, che fa finta di non sapere che Pedemontana si è già ”mangiata” indebitamente 1,2 mld di euro di finanziamento statale destinato all’intera opera per realizzare solo 30 km di autostrada (al costo stratosferico di 56 milioni di euro al KM). Nell’attesa della magistratura civile che sarà chiamata a giudicare il rinnovo illegittimo degli espropri, che da 15 anni penalizzano ingiustamente oltre 25mila di lombardi privati della disponibilità reale di case e terreni. E non dimentichiamo infine che resta pendente un’altra “magistratura”, quella europea, che già vent’anni fa (chiamata in causa nientemeno che da Reinhold Messner) aveva detto che la concessione, affidata 35 anni fa senza gara (!) sta in piedi solo se l’opera si fa tutta fino a Bergamo, altrimenti va revocata. Bene, nonostante questo, la Regione ancora in queste settimane cerca di imporre una variante taglia-percorso che va a pigliare la tangenziale est esterna chiudendo Vimercate e Agrate in un nodo scorsoio di autostrade che nulla c’entra con Bergamo.  Ma sono rischi che Pedemontana non corre, assurdo carrozzone con dieci volte i dipendenti per chilometro di ogni altra autostrada italiana, comprese le cugine inutili BreBemi e TEM. Già, ma quelle sono autostrade private costruite con risorse pubbliche, mentre Pedemontana è sempre più e solo … l’autostrada della politica

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Europa Verde: la Provincia di Brescia responsabile del fallimento di Montichiari ora lo rilanci

Europa Verde: la Provincia di Brescia responsabile del fallimento di Montichiari ora lo rilanci. Il dibattito che si sta sviluppando sul rilancio dello scalo di Montichiari ancora una volta fa i conti senza il concessionario (Save) che lo gestisce assieme agli aeroporti di Verona, Treviso e Venezia. La Provincia di Brescia che è responsabile del fallimento dello scalo e dei pesanti deficit di gestione maturati ogni anno in questi 21 anni dalla nascita dello scalo Monclarese ora vorrebbe proporre nil suo rilancio ancorab a spese dei contribuenti. Le prospettive di sviluppo della logistica aerea a Montichiari non sono state delineate dalla Regione con tecnici ed ambientali tali da evitare che lo scalo diventi lun alibi che giustifica un nuovo far west come quello delle piattaforme logistiche della bassa bresciana e bergamasca che hanno divorato caoticamente prezioso suolo agricolo. La regione ha invece a cuore ( già autorizzato) la realizzazione di una seconda Cargo city a Malpensa su ben 44 ettari del Parco del Ticino che non lascierebbero nessuno spazio di sviluppo di Montichiari. Lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del cargo aereo e della logistica il Lombardia continua ad essere il grande sconosciuto.

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Autostrade: Europa Verde, Governo batte Benetton con aumento pedaggi

Autostrade: Europa Verde, Governo batte Benetton con aumento pedaggi. A quasi quattro anni dal crollo del ponte Morandi i Benetton non avrebbero mai avuto il coraggio di applicare un aumento tariffario come ha fatto Aspi controllata dal Governo. Ci voleva il passaggio dalla proprietà privata a quella pubblica del ministero per avere un nuovo aumento dell’1,6% dei quasi 3mila km di rete autostradale italiana. Aumento assolutamente ingiustificato perché i costi di gestione non sono aumentati anzi dopo oltre mezzo secolo di ammortamenti non c’è nessuna giustificazione per questo nuovo aumento dei pedaggi che andrebbero invece ridotti quasi a zero. Ci sarà un’altra fiammata inflativa anzichè tutelare i redditi più bassi in particolare dei pendolari forzati dell’automobile che per recarsi al lavoro non possono utilizzare i mezzi di trasporto pubblico sia ferroviari che di Autobus perché sono inefficienti da costringerli ad usare la propria automobile. Il traffico veicolare è in netta ripresa, l’automazione ha dimezzato il personale ed i costi di esercizio rendendo ancor più ingiustificati gli aumenti visto che la manutenzione e la sicurezza dovrebbero già essere ricompense dai ricavi e dai lauti profitti derivanti dai pedaggi tra i più alti d’Europa. Adesso sotto la veste pubblica si continua a spennare camionisti ed automobilisti. Una festa per lo Stato che con la cassa depositi prestiti che controlla l 88% di Aspi (51% di CdP e 49% diviso in egual misura dai fondi Mac-quaire e Blackstone) mentre il rimanente 12% è in mano ad Allianz e Silkroad. Una bella compagnia pronta a perpetrare la rendita di posizione garantita da una maxi concessione che durerà almeno fino al 2038. Dopo aver speso 9,5% miliardi per togliersi dall’ingombrante situazione il nuovo Concessionario pubblico aumenta di nuovo le tariffe.Senza una riforma delle concessioni resta tutto peggio di prima.

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Ferrovie Nord Milano, Europa Verde: svendita treni guasti fotografia del collasso ferroviario lombardo

Ferrovie Nord Milano, Europa Verde: svendita treni guasti fotografia del collasso ferroviario lombardo. Si apprende dalla stampa che le Ferrovie Nord hanno messo in vendita due treni ATR 220 diesel (di fabbricazione polacca) comprati nel 2009 per 8 milioni di euro (con 3 milioni del Pirellone e 5 della provincia di Brescia) malfunzionanti fin dal debutto. Sono stati messi in vendita per 403 mila euro dopo 7 anni dal loro ritiro definitivo dalla circolazione sulla linea Brescia Edolo a cui erano stati destinati. La Lombardia è la regione con la più bassa puntualità dei treni, sotto l’85%, mentre la media delle altre regioni è superiore del 10% toccando il 95% e non smentisce la sua inefficienza anche nell’acquisto dei treni. E’ il caso dei due treni “Pesa” avvenuto senza gara d’appalto, fu definito dall’allora direttore di Ferrovie Nord Giuseppe Biesuz “un vero e proprio miracolo per la velocità con cui si concluse la transazione». I risultati si sono visti: costo dei treni doppio rispetto al prezzo di vendita degli identici “Pesa” acquistati dalle Ferrovie pugliesi Sud-Est e sempre guasti nonostante siano stati sottoposti a costosi interventi di manutenzione straordinaria. Ora, visti i risultati, ci sarebbe da accertare le responsabilità per danno erariale di chi ha acquistato i treni.Non solo, la Provincia di Brescia che aveva sborsato 5 degli 8 milioni “buttati letteralmente via” dovrebbe farsi restituire almeno almeno di una quota parte della svendita, ma questi sono talmente esigui rispetto all’esborso iniziale (circa il 5%), che in realtà si configura un caso evidente di danno erariale. La Provincia, avendo bruciato 5 milioni di € dei contribuenti, dovrebbe intraprendere una azione legale contro le Ferrovie Nord, indubbio soggetto responsabile del danno.

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