feriti libici

Operazione Ippocrate: i miliziani libici li curiamo anche in Libia

Operazione Ippocrate: i miliziani libici li curiamo anche in Libia. Chi si è sorpreso per un progetto come quello che negli ultimi sette anni ha portato negli ospedali italiani un numero imprecisato di miliziani libici, dovrebbe sapere che l’Italia li cura anche sul posto. Dal 2016 l’Esercito ha avviato questo progetto di assistenza sanitaria in loco: un ospedale da 30 posti letto inserito in una struttura protetta da 300 militari. L’operazione ha proseguito sulle sue gambe fino al 2017, nel 2018 è poi stata inserita negli accordi della “Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia”. Ecco come la presentano ufficialmente: Nell’ambito della collaborazione e del supporto fornito dalle autorità italiane a quelle del governo di accordo nazionale libico nel processo di stabilizzazione del paese e a seguito di specifica richiesta libica al governo italiano, il Parlamento autorizzò nel 2016 lo schieramento di una struttura ospedaliera campale nell’area di Misurata a partire dal 2017. L’intervento si inseriva nell’ambito del supporto umanitario e sanitario che l’Italia forniva al popolo libico con il trasporto e ricovero in Italia di feriti libici e la spedizione di farmaci e di supporti sanitari (3 voli per trasporto feriti e 4 spedizioni di farmaci). L’operazione, dal 1° gennaio 2018, è stata riconfigurata nell’ambito delle attività di supporto sanitario e umanitario previste dalla “Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia”. E la missione ha davvero scopi più generali come spiega lo stesso Ministero della Difesa: La missione è intesa a fornire assistenza e supporto al Governo di Accordo nazionale libico ed è frutto della riconfigurazione, in un unico dispositivo, delle attività di supporto sanitario e umanitario previste dall’Operazione Ippocrate e di alcuni compiti di supporto tecnico-manutentivo a favore della Guardia costiera libica rientranti nell’operazione Mare Sicuro. La nuova missione, che ha avuto inizio a gennaio 2018, ha l’obiettivo di rendere l’azione di assistenza e supporto in Libia maggiormente incisiva ed efficace, sostenendo le autorità libiche nell’azione di pacificazione e stabilizzazione del Paese e nel rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell’immigrazione illegale, dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni Unite. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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I miliziani libici e il mistero degli interessi vaticani

I miliziani libici e il mistero degli interessi vaticani. La questione dei militari libici curati negli ospedali italiani, San Donato in testa, non è ancora stata chiarita e ha alcuni aspetti ancora meno chiari: in particolare il ruolo del Vaticano. Perché la Santa Sede si interessa della questione? Che il Papa abbia il controllo diretto o indiretto della sanità italiana è cosa nota, ma è solo per questo che i libici sembrano aver usato quel canale? Secondo un articolo del Giornale infatti è quella la strada intrapresa dallo Stato libico: La richiesta di aiuto è arrivata alla presidenza del Gruppo San Donato direttamente dall’ambasciata libica presso la Santa Sede: curare pazienti particolarmente compromessi che non riescono a trovare il supporto clinico necessario in patria. Nella giornata di mercoledì sono arrivati i primi quattro feriti di guerra: un uomo di 41 anni, uno di 38 e due giovani uomini di 28 anni, tutti con ferite da arma da fuoco che in alcuni casi sono andati incontro a complicazioni. In particolare durante un conflitto un soldato è stato trafitto alla testa da un proiettile, mentre al suo commilitone è esploso un ordigno contro l’addome. Gli altri due pazienti sono meno gravi e presentano un quadro clinico meno complesso, pur avendo riportato ferite da arma da fuoco. Per affrontare il viaggio in aereo, particolarmente duro per pazienti in queste condizioni, sono stati accompagnati e assistiti da due medici su mandato governativo. Al momento i quattro feriti, ricoverati in una stanza dedicata nel reparto solventi dell’ospedale San Raffaele, sono in fase di valutazione, l’equipe medica composta da un neurochirurgo, un infettivologo, un ortopedico e un dermatologo, infatti stanno studiando i singoli casi per decidere il da farsi. Atteso anche un quinto paziente, il sesto probabilmente non solo non era in condizioni da poter affrontare il viaggio, ma non è detto che ce la farà a sopravvivere ai segni che la guerra ha impresso sul suo corpo. Ma perché non andare direttamente dall’Italia? Quali siano i rapporti tra Libia, o ciò che ne rimane, e il Vaticano è un ennesimo interrogativo che sembra destinato a rimanere aperto sulla questione. Nei prossimi giorni però è prevista una prima risposta ufficiale della giunta regionale lombarda che dovrebbe chiarire la dimensione del fenomeno. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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I miliziani libici occupano posti letto destinati agli italiani?

I miliziani libici occupano posti destinati agli italiani?. La domanda se la sta ponendo Regione Lombardia, ente che spende circa 25 miliardi all’anno per garantire ai suoi cittadini un servizio sanitario il più esteso possibile. E una delle modalità con cui lo fa è convenzionare strutture private, cioè paga i privati per garantire un certo numero di servizi a certe condizioni. Ora che è emersa la vicenda dei miliziani libici ospitati nei nostri nosocomi, la domanda se l’è posta Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia. E ha fatto partire una serie di verifiche. “L’Ats sta proseguendo le verifiche riguardo alla situazione emersa, finalizzate a verificare in particolare se tali attività abbiano impattato negativamente sull’attività istituzionale“, ha spiegato Gallera. Dai dati ancora non conclusivi relativi all’attività 2019, risulta che “le tre strutture del Gruppo San Raffaele – dice Gallera – non risultano avere scostamenti significativi dal budget contrattuale assegnato dalla Ats per lo svolgimento delle attività del Sistema Sanitario Nazionale e quindi nel 2019 risultano aver assolto il loro mandato istituzionale“. “Resta da accertare quanti pazienti libici siano stati complessivamente ricoverati in questi mesi e si sta provvedendo a contestare alle strutture la mancata preventiva autorizzazione a modificare l’assetto accreditato e a contratto, in quanto tali modificazioni organizzative sono vietate dalla normativa vigente“, ha concluso Gallera. “Il confronto autorizzativo preventivo, peraltro, oltre a rispettare quanto previsto dalle Regole di Sistema, avrebbe potuto far rientrare tale situazione in un corretto percorso di collaborazione internazionale – ha aggiunto Gallera – senza provocare ripercussioni sull’attività istituzionale che le strutture devono garantire al sistema di cui fanno parte“. La vicenda si tinge sempre più di giallo, anche perché non sembra che lo Stato e i privati abbiamo voglia di spiegare nel dettaglio chi come e quando ha avviato questo genere di accordo. Né tantomeno se negli ospedali italiani sono passati criminali di guerra, stupratori o altri prodotti dello scontro che si sta consumando in Libia ormai da otto anni. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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Sette anni di feriti libici negli ospedali italiani

Sette anni di feriti libici negli ospedali italiani. Oggi se ne torna a parlare per l’accoltellamento tra alcuni di loro, ma è almeno dal 2013 che l’Italia accoglie nei propri ospedali i feriti della guerra libica. Un business basato sul gran numero di feriti e su un ricco fondo stanziato allora da ciò che rimaneva dello Stato libico proprio a questo scopo: la Libia pagava e gli ospedali italiani curavano raccogliendo risorse fresche sempre utili visti i tempi di crisi economica. E si parlava i soldi veri: la media nei primi anni dell’accordo variava dai dieci ai ventimila euro a seconda della gravità delle ferite. Non sappiamo di preciso quanti siano stati accolti nelle strutture italiane, ma di certo è che la Grecia (i greci erano l’altro Stato che si era buttato a pesce sull’affare)  nel 2013 ne aveva già accolti 1500. Essendo l’Italia più grande è facile che si parli di cifre più consistenti. Però, in modo tipicamente italiano, sulla questione vige il massimo riserbo e dunque si moltiplicano gli interrogativi sul tema. Anche un consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Marco Fumagalli, ha provato a chiedere le cifre esatte attuali, ma gli è stato risposto che c’è un tema di privacy. Eppure i dubbi di Fumagalli restano: quanti sono i feriti libici? Chi ha controllato, se controllo c’è stato su chi fossero? Non è che l’Italia ha ospitato qualche criminale di guerra senza dire niente a nessuno? O qualche macellaio che però al momento è alleato nel braccio di ferro col burattino Haftar? I dubbi si moltiplicano in epoca di “prima gli italiani”: non risulta da nessuna statistica che gli ospedali italiani abbiano una sovrabbondanza di letti o spazi per i pazienti, eppure si trova spazio per i militari di altre nazioni? Salvini, Meloni, ma anche tutti gli altri si sono interessati della questione? Perché ancora prima dei porti chiusi o aperti per gli italiani è prioritario potersi curare. Sé e i propri cari. Quindi se i posti mancano per un buon motivo possono stringere i denti, ma se c’è carenza perché si fanno affari con Stati in guerra forse è il caso di informarne i cittadini. Questo business potrebbe anche essere uno dei motivi per i quali lo Stato italiano mantiene alcuni rapporti privilegiati in Libia, ma anche in questo caso non è più il caso di nasconderlo. Sembra dunque arrivato il momento in cui un faro si deve accendere su tutta la faccenda, affinché non resti nessuna ombra su questi sette anni di feriti libici negli ospedali italiani. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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San Donato. M5S Lombardia: controlli si attivano solo per spy story

San Donato. M5S Lombardia: controlli si attivano solo per spy story. Una critica che arriva da Marco Fumagalli, capogruppo M5S Lombardia: “In relazione alla vicenda dei militari libici ricoverati al San Raffaele e San Donato ho proposto una interrogazione in data 26 novembre 2019. La risposta arrivata il 23 gennaio 2020 conteneva solo una missiva del Gruppo San Donato di poche righe. Nulla rispetto a quanto richiesto nell’esercizio delle mie prerogative di consigliere regionale. Provvederò a mandare una lettera di protesta per l’ennesima scarsa considerazione rispetto alle mie funzioni di consigliere e ai ritardi e alla superficialità con la quale risponde la Giunta. Come è possibile che a fronte di notizie di questa estate, solo a me a novembre è venuto in mente di interrogare la Giunta, mentre il “fantastico” sistema di controllo di Regione Lombardia si attiva solo a seguito di una “spy story”? La Lega non vuole i migranti a bordo delle ONG, ma cura i militari libici nei nostri ospedali. Ma non era prima gli italiani? Ora è prima i militari libici e poi i malati italiani”. Nell’ospedale, nella notte di mercoledì 15 marzo, un cittadino libico si è presentato al pronto soccorso con alcuni tagli. È risultato subito evidente che è stato aggredito e la circostanza già ha fatto insospettire i medici, che hanno quindi chiamato la Polizia. Ma c’è un antefatto: all’ospedale San Raffaele vengono ricoverati, in base ad un accordo tra il gruppo San Donato e l’ambasciata di Tripoli presso la Santa Sede, i feriti libici. Non è specificato se si tratta di miliziani, militari o semplici feriti, si sa soltanto che dalla scorsa primavera dal paese nordafricano alcuni feriti vengono evacuati e portati presso la struttura ospedaliera milanese. Viaggio e spese di ogni tipo, sono pagate dal governo di Tripoli. Quest’ultimo paga anche l’alloggio al vicino Hotel Rafael per chi, pur dimesso dal nosocomio, deve comunque rimanere a Milano per controlli ed accertamenti. Il libico che si è presentato ferito al pronto soccorso, è proprio uno di quelli che alloggiano in questo albergo. Dunque, si tratta di uno dei pazienti seguito nell’ambito del programma stipulato con l’ambasciata libica presso la Santa Sede. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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