lettera

Regione mette gli specializzandi in serie B

Regione mette gli specializzandi in serie B. Durante l’emergenza sono stati tutti chiamati a sforzi eccezionali e per fortuna il personale medico si è dimostrato migliore di molti giornalisti che continuano a pubblicare notizie false per ottenere titoli ad effetto. Poco tempo fa Regione Lombardia ha annunciato 80 milioni di bonus per il personale medico, ma nella categoria non sono compresi gli specializzandi. Quindi, forse per una svista, Regione mette gli specializzandi in serie B. Ecco dunque che i giovani (sempre molto citati nei discorsi e poi dimenticati nei fatti) hanno preso carta e penna e scritto alle autorità competenti, una missiva firmata da oltre 1600 medici: In un momento storico in cui tutti siamo stati costretti a sacrifici quotidiani per far fronte alle necessità imposte dall’emergenza COVID-19, appare condivisibile che il riconoscimento dell’impegno e del lavoro svolto siano destinati a tutte le categorie impegnate nella gestione e nella tutela della salute. In merito a ciò, apprendiamo con interesse che Regione Lombardia abbia intenzione di stanziare per tutti gli operatori sanitari coinvolti nell’emergenza COVID-19 circa 80 milioni di Euro, come dichiarato nelle scorse settimane a media e giornali. Questa misura si viene a configurare in un contesto nazionale disomogeneo, in cui ogni Regione si è mossa in totale autonomia a seconda della propria sensibilità al tema. In particolare, nelle ultime settimane in diverse Regioni è stata confermata la volontà a corrispondere un bonus a ciascun/a operatore/trice sanitario/a e socio-sanitario/a impegnato/a nell’emergenza COVID19, compresi i medici in formazione specialistica. Riteniamo tale iniziativa un importante riconoscimento dello straordinario lavoro svolto dai/lle lavoratori/trici della salute in corso dell’emergenza sanitaria. Infatti Regione Lombardia ha da sempre prestato particolare interesse al proprio Sistema Sanitario Regionale, con una forte vocazione alla ricerca, al progresso e alla formazione. Per tale motivo è stata da sempre attrattiva per molti medici in formazione specialistica, che esercitano con dedizione e serietà la professione medica. Questo grande patrimonio umano fatto di giovani medici, nel momento in cui la pandemia ha colpito drammaticamente la nostra regione, è risultato essenziale per affrontare l’emergenza. Grazie alla immediata partecipazione nostra e di tutti gli/le altri/e operatori/trici sanitari/e siamo riusciti a riorganizzare l’assetto di interi ospedali, in grado così di accogliere, in nuovi reparti, l’ingente carico di pazienti affetti da COVID-19. Nel contempo abbiamo accettato, come il resto del personale sanitario, di essere sottoposti a turni di lavoro pesanti e ad ore di straordinari, spesso non supportati da adeguati riposi. In alcuni casi abbiamo addirittura lavorato con scarsi (o addirittura assenti) DPI, con conseguente aumento del rischio biologico. Molti colleghi appartenenti a scuole di specializzazione che per loro natura non sarebbero state coinvolte nell’assistenza a pazienti affetti da COVID-19, si sono prontamente riconvertiti per far fronte alla situazione di emergenza, andando a coadiuvare specialisti e specializzandi delle altre branche. Chi non è stato coinvolto direttamente nei reparti COVID ha continuato a lavorare a pieno regime, garantendo il pieno funzionamento di ospedale e territorio. Non si può inoltre non menzionare anche lo straordinario lavoro svolto da tutti i medici specializzandi impegnati nei vari laboratori di tutta la regione. Inevitabilmente, durante questo intenso periodo, la quasi totalità dei Medici in Formazione Specialistica ha visto sottrarsi la propria didattica, per far fronte alle necessità del sistema e non ha potuto seguire lezioni, ambulatori specialistici o attività di sala operatoria previsti nel percorso formativo di ogni singola scuola di specializzazione. Ancora non vi sono indicazioni precise su quando e come ognuno di noi specializzandi riprenderà la sua usuale attività formativa. In alcuni casi, molti di noi sono stati collocati per necessità nei presidi periferici della rete formativa, dovendo non di rado pagare un doppio affitto. Tuttavia, se la didattica è sospesa, o fortemente ridotta, non lo sono le tasse universitarie (che negli Atenei lombardi sono ampiamente superiori ai 2000€ annuali). La nostra formazione è ad oggi “congelata” e non sappiamo quanto a lungo sarà necessario il nostro impegno nella gestione della pandemia: siamo pronti/e ad essere presenti, ma la nostra condizione è precaria. Alla luce del lavoro svolto e dell’impegno profuso in questo periodo di estrema emergenza e necessità, con un incremento e una redistribuzione delle nostre mansioni, escludere i medici in formazione specialistica dall’incentivo economico offerto al resto del personale sanitario, sarebbe un chiaro segnale di disinteresse nei nostri confronti: non possiamo essere considerati medici quando necessario, messi in prima linea e parte attiva e fondamentale in un momento di emergenza sanitaria nazionale, e viceversa essere considerati studenti nel momento in cui ci viene richiesto di versare contributi economici. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria abbiamo riconosciuto senza tentennamenti la priorità contestuale del nostro contributo professionale nella gestione della pandemia e siamo pronti a continuare a garantire la nostra assistenza per tutto il tempo necessario, ma il nostro percorso di formazione specialistica non è di facciata: siamo parte attiva del SSN che deve tutelare il nostro diritto alla formazione e garantire i trattamenti e le tutele che sono riservate a tutto il personale sanitario. Per queste ragioni chiediamo: ● Un formale riconoscimento da parte di Regione Lombardia, nella forma reputata più consona, del nostro impegno e del lavoro svolto in supporto a tutto il Sistema Sanitario Regionale. ● L’estensione del contributo economico previsto da Regione Lombardia anche ai medici in formazione specialistica, aventi diritto a parità di trattamento dei colleghi dirigenti medici. ● L’apertura di un dialogo con le istituzioni regionali, volto al miglioramento delle condizioni di lavoro dei medici specializzandi nelle strutture sanitarie della nostra Regione e alla tutela e valorizzazione della nostra figura professionale, in collaborazione con le diverse Università. ● La garanzia che ai tavoli di discussione sulle tematiche concernenti il nostro futuro, la certificazione del nostro grado di autonomia e la possibilità di assunzione dalle varie strutture, ci sia spazio per una rappresentanza di noi medici specializzandi identificata in maniera chiara e trasparente all’interno delle nostre Università. Sicuri della Vostra comprensione e rimanendo sempre disponibili al dialogo, confidiamo in una presa di posizione netta da parte Vostra. In fede, Il coordinamento degli Specializzandi della Lombardia

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Ubi-Intesa, la dura lettera di Giorgio Jannone

Ubi-Intesa, la dura lettera di Giorgio Jannone. Lui è presidente dell’Associazione azionisti Ubi, nonché ex deputato di lungo corso di Forza Italia e ex ad delle cartiere Pigna. Il 29 maggio ha spedito una missiva (di cui l’Osservatore è in possesso) ai vertici e al comitato di controllo della banca con contenuti molto pesanti. Premessa: il tema di cui si discute è l’offerta che banca Intesa ha avanzato per comprare UBI banca. Tecnicamente si chiama Offerta PUbblica di Scambio (OPS) e in questo caso funziona così: Intesa ha offerto 17 azioni di Intesa per ogni 10 azioni di UBI. A livello economico non si spostano soldi, ma azioni dunque. Torniamo alla letta di Jannone: secondo i fatti messi in fila da Jannone, il consiglio d’Amministrazione, e in particolare l’ad Viktor Massiah, potrebbero aver commesso reati come false dichiarazioni al mercato. Come? E’ tecnico ma proveremo a spiegarlo: in primo luogo il piano industriale di UBI banca è l’unico che non sembra prevedere scossoni a causa del Covid19. Un fatto singolare perché tutti gli altri istituti d’Italia e non solo hanno previsto di subire perdite, rallentamenti, insomma hanno almeno ipotizzato i danni all’economia causati dalla più grave pandemia del secolo. Ubi no. E fin qui potrebbe essere una scelta o una dichiarazione di incredibile solidità. Ma, come ricorda Jannone, poco tempo dopo i vertici della banca per difendersi dall’OPS di Intesa hanno invocato la “Condizione Mac” a causa del Covid19. La “Condizione Mac” in sintesi è un jolly che una banca può giocarsi per fermare un tentativo di attacco (così viene interpretata l’offerta di Intesa) se dichiara di essere molto in difficoltà. Ma a questo punto, dicono gli azionisti, delle due l’una: o UBI è così sana che non prevede nemmeno scossoni dal Covid, oppure è in difficoltà per il Covid. Sono ipotesi opposte, dunque non possono coesistere. E qui veniamo agli ipotetici reati: se è vera la seconda, sono state fornite informazioni false al mercato sul bilancio UBI. E qui Massiah rischierebbe grosso da Consob e non solo. Tra l’altro sembra essere proprio Viktor Massiah l’obbiettivo degli attacchi degli azionisti. Il presidente Letizia Moratti invece sembra essere l’unica a salvarsi nella lettura dei fatti proposta da Jannone, mentre il resto del management no. Ora bisogna vedere come reagiranno gli organismi come Consob alla lettera di Jannone. Ma su UBI-Intesa, la dura lettera di Giorgio Jannone difficilmente passerà inosservata.  

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La lettera ai milanesi indisciplinati dall’associazione Naviglio Grande

La lettera ai milanesi indisciplinati dall’associazione Naviglio Grande. L’ente ha avvertito la necessità di scrivere una missiva ai milanesi indisciplinati che hanno affollato i Navigli appena ne hanno avuto l’occasione: Apprendiamo oggi dai maggiori organi di stampa che nel pomeriggio di ieri, 7 maggio, si è registrata un’incosciente presenza di cittadini sulle sponde del Naviglio Grande, che non rispettavano le distanze di sicurezza, né indossavano le protezioni obbligatorie. Noi dell”Associazione del Naviglio Grande stigmatizziamo categoricamente queste presenze indisciplinate, che contravvengono alle indicazioni del Comune di Milano e del Governo nazionale e sono contrarie ad ogni buon senso, nuocendo al Naviglio e ai suoi operatori economici, che in maniera disciplinata si attengono alle regole, nella speranza di contribuire al contenimento del virus e di conseguenza auspicando una rapida possibilità di riapertura in totale sicurezza. Infatti, per rispetto delle norme sanitarie dettate dall’attuale emergenza, le nostre manifestazioni (Mercatone dell’Antiquariato, Fiori e Sapori, Arte sul Naviglio Grande) sono state annullate dal mese di Marzo fino a data da destinarsi, creando un grave danno economico ai nostri espositori e all’Associazione stessa, ma nella speranza che un comune senso di disciplina contribuisse ad accelerare l’uscita da questa grave situazione. Consideriamo assolutamente prioritario per chiunque continuare sulla strada della responsabilità collettiva, che purtroppo notiamo venir meno da parte di  alcuni cittadini indisciplinati, i cui comportamenti rischiano seriamente di aggravare ulteriormente una situazione di per sè già molto critica. Noi, che amiamo il Naviglio Grande, continueremo a dedicare i nostri sforzi al fine di rivederlo presto nuovamente vivace e in piena sicurezza, ma abbiamo bisogno della collaborazione di tutti. Chiediamo quindi al Comune di Milano, a nome nostro e delle attività nostre associate, una maggiore e inflessibile severità nel far osservare norme e disposizioni, in modo che si possa uscire dal tunnel dell’incertezza al più presto, contribuendo a ripristinare quella normalità che ci permetterà di tornare ad offrire alla Città i nostri eventi tanto apprezzati e amati dai milanesi tutti. E chiediamo a tutti i cittadini di essere parte di questo grande sforzo collettivo ogni giorno, evitando qualsiasi rischioso e inutile cedimento. Solamente insieme possiamo davvero farcela. L’Associazione del Naviglio Grande

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La lettera di un’infermiera dal reparto Covid19

La lettera di un’infermiera dal reparto Covid19. L’appello è stato condiviso da Italianway, azienda leader in Italia degli affitti brevi (settore che a Milano sta conoscendo interessanti iniziative), che ha aderito alla campagna #stateacasanostra lanciata dagli operatori dell’accoglienza.  E ha raccolto la lettera di un’infermiera dal reparto Covid19. Ecco la lettera di un’infermiera dal reparto Covid19: “Oggi mi sono accorta che è ormai un mese che lavoro in un reparto Covid. Da quando è iniziata questa pandemia sto ricevendo tantissime chiamate, messaggi di incoraggiamento, di ringraziamento e tanti di preoccupazione… Perché si, fuori ci sono tante persone preoccupate e impaurite, e allora mi scrivono per sapere qual è la realtà e se ciò che vedono in tv è davvero reale, o forse mi scrivono perché vorrebbero sentirsi dire che è tutta una finzione, che sono tutte montature e che i media stanno esagerando… Io invito tutti ad essere prudenti, perché il Covid non risparmia nessuno. Non ha risparmiato neanche Giada, 55 anni più o meno come mia madre, milanese con tre figli della mia età. Anche Giada, come la maggior parte di questi pazienti, non sa come ha contratto il virus; lo chiama “il mostriciattolo” e all’inizio io non riuscivo nemmeno a capire quello che cercava di dirmi per via della sua voce rauca: faceva tanta fatica perché ha avuto un tubo in gola per ben 20 giorni ed era collegata ad un ventilatore. Da 4 giorni è stata estubata e oggi mi ha chiesto di farle lo shampoo e pettinarle i capelli: ma io non ho tempo, e poi fuori sta arrivando un altro ricovero urgente dal PS; lei ha gli occhi lucidi mentre me lo chiede e allora capisco che è importante e le prometto che il giorno dopo glielo avrei fatto! Il giorno dopo rinuncio alla mia pausa, perché durante il turno ci alterniamo facendo delle pause di circa 30 minuti: è difficile rimanere per tante ore con tutta quella roba addosso, impieghiamo almeno 15 minuti a mettere tutto e 15 a toglierli, quindi la pausa corrisponde solo a svestirsi, bere, andare in bagno e rientrare. Indossiamo una cuffia per i capelli, una tuta dalla testa ai piedi (con un cappuccio), una mascherina strettissima, ben aderente al viso e una visiera, tutto con sotto la nostra divisa e si suda tantissimo e ogni volta ti sembra di non riuscire a respirare, come se ti mancasse l’aria, ma non puoi far nulla. Quindi fare la pausa anche di soli 5 minuti è davvero vitale per noi, ma quel giorno ho deciso di fare un piccolo sacrificio. Ho aiutato Giada a mettersi seduta, perché dopo tanti giorni che è rimasta intubata immobile, ora non riesce a muovere bene gli arti, e quindi non riesce più neanche a mettersi seduta a letto e così inizio a lavarle i capelli. Quando entro nella sua stanza lei mi riconosce subito e ricorda anche il mio nome “ti riconosco anche solo dagli occhi, hai degli occhi bellissimi, come Bamby”, mi dice sempre. Ha i capelli pieni di nodi (pensate a cosa significhi non lavare e pettinare i capelli per ben 25 giorni), ci ho messo molto tempo a pettinarglieli ma quel tempo ci è servito molto. Lei ha avuto il coraggio di chiedermi che giorno fosse e in quale ospedale si trovasse, non sapeva ancora nulla di tutto ciò che stava accadendo fuori e mi ha confessato che non lo aveva mai chiesto perché se ne vergognava, ed io non ho avuto il coraggio di dirglielo, le ho solo detto la data e che la primavera inizia a farsi sentire. Alla fine mi sono resa conto che il tempo è volato ed io ho altri 5 pazienti da controllare, dovevo uscire, ma Giada mi ha accarezzato la visiera e con le lacrime agli occhi mi ha chiesto di aiutarla a chiamare sua figlia, vuole sapere come sta e vorrebbe anche salutare il suo nipotino. Così prendo il tablet ed il numero della figlia e la chiamiamo. Quella chiamata è stata davvero toccante, Giada con tutta la sua paura, il suo disorientamento e i suoi dubbi è stata la persona più forte in quel momento, ha trasmesso tanta forza alla figlia e a me, le ha detto che sarebbe tornata presto a casa e nonostante lei stesse male continuava a chiederle di parenti e amici. E la figlia le rispondeva tra una lacrima e un sorriso, e le continuava a ripetere quanto le volesse bene e quanto le mancasse. Ed io sono rimasta lì tutto il tempo a tenerle il tablet e a cercare di tradurre le parole di Giada, perché lei non riesce a reggerlo da sola, ed io ho pianto, tanto, senza la possibilità di asciugarmi le lacrime perché non posso toccarmi gli occhi, ed ho solo immaginato cosa potesse significare per una figlia non vedere la mamma che sta male per ben 25 giorni , non sentire la sua voce e fidarsi solo della voce di degli sconosciuti che due volte a settimana ti chiamano e cercano di darti delle notizie più o meno sufficienti. Mentre stavo ancora piangendo, abbiamo dovuto interrompere quella videochiamata perché fuori da quella stanza c’era un’urgenza, un paziente doveva essere intubato ed io dovevo andare; “non ho neanche il tempo di piangere” ho pensato, e così con le lacrime sotto quella visiera che mi offuscavano ancora di più la vista, sono uscita ed ho dovuto dimenticare per quell’attimo Giada, per concentrarmi su Marco, il ragazzo da intubare. Racconto questa storia per far capire cosa stiamo vivendo noi chiusi in trincea e cosa stanno vivendo i nostri pazienti. È come essere in una grande bolla, dove non esiste il mondo esterno, dove si combatte ogni secondo, dove tutti ci stanno chiedendo tantissimo: dobbiamo stare attenti a non infettarci, attenti a come ci svestiamo, dobbiamo saper gestire un’urgenza dopo l’altra, ma allo stesso tempo dobbiamo trovare il tempo per chiacchierare con i nostri pazienti, dobbiamo ascoltare le loro paure e tranquillizzarli, ci ritroviamo sempre più spesso a gestire crisi d’ansia o attacchi di panico che non fanno

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Lettera aperta di un commerciante a Sala

Lettera aperta di un commerciante Milanese al Sindaco Sala. Uno dei nostri lettori ci ha inviato questa lettera e noi volentieri la pubblichiamo per rilanciare un tema caro a molti in Lombardia: Caro Sindaco di Milano Beppe Sala, Sono uno dei tantissimi commercianti milanesi che da oltre 20 giorni non può aprire la propria attività causa coronavirus. Anche io come tanti altri Milanesi sono costretto a fare la spesa nei grandi centri o nei supermercati, che oggi risultano gli unici luoghi affollati sia dentro che fuori le proprie mura, contrariamente a noi piccoli questi esercizi commerciali hanno di molto incrementato il loro fatturato. Con questa missava vorrei che riflettesse e considerasse la nostra condizione di inattività: siamo delle piccole attività che quotidianamente affrontano molte spese, affitto, luce, gas, spese correnti, anticipo Iva, tasse e imposte comunali. Proprio riguardo le imposte comunali, quali la tassa della raccolta rifiuti, la tassa sul suolo pubblico, sulle insegne e altro, si pensava che invece di posticipare il pagamento al mese di settembre, Lei potesse annullare il pagamento delle imposte comunali dovute per il 2020. Un piccolo grande gesto, ma un importante segnale di rispetto, di riconoscenza, e di grande sensibilità verso chi come noi lavora, produce e garantisce quotidiamente i servizi, per rendere sempre più grande la nostra Milano. Signor Sindaco, oltre alle promesse e alle solidarietà sentimentali, noi piccoli commercianti abbiamo bisogno di aiuti concreti. Sperando nella Sua comprensione, Le auguriamo un buon lavoro di ricostruzione. Cordialità Un piccolo commerciante Milanese.

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Caso Mazzali, niente solidarietà alle donne di destra

Caso Mazzali, niente solidarietà alle donne di destra. La lettera di supposti difensori della natura dalle aggressioni dei cacciatori giunta al consigliere regionale di Fratelli d’Italia Barbara Mazzali contiene contenuti irripetibili. Quindi preferiamo non ripeterli in questa sede. Esprimiamo però tutta la solidarietà possibile a una donna che si è trovata nel mirino di personaggi discutibili. Quanto nell’estremismo ambientalista ormai siano confluite alcune delle peggiori espressioni del genere umano se ne era accorto anche un uomo che sicuramente non può dirsi di destra, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Attaccato con virulenza per il suo tour estivo sulle spiagge aveva commentato: “Dovrebbero parlarsi, invece è un mondo diviso, dove molti, troppi stanno lì soprattutto a cercare di affermare il proprio brand. Spesso l’ambiente è solo una scusa e questo addolora“. E alcuni vanno pure oltre, come quelli che hanno inviato la lettera di minacce al consigliere Mazzali. Donna che, purtroppo ne siamo sicuri, non riceverà la stessa solidarietà delle Boldrini di questo mondo. Perché il punto spesso non è difendere le donne, ma solo quelle giuste. A  Milano era  già successo con un’esponente della Lega aggredita solo perché aveva cercato di svolgere la funzione per  la quale era stata votata dai suoi concittadini. Anche in quel caso: silenzio di tomba. Intanto per lei arriva la solidarietà dell’Osservatore e quella del  presidente del Circolo Almerigo-Griz Otello Ruggeri: “La lettera di offese e minacce inviata al Consigliere Regionale Barbara Mazzali, dimostra come, non sempre, ma troppo spesso, l’amore per gli animale si trasforma in un’ossessione dai risvolti pericolosi, come accade in tutte le altre forme di estremismo ideologico, che sfociano nell’odio per i propri simili. Anche per questo, da sempre all’occuparmi di bestie ho preferito dedicarmi agli esseri umani. Per intanto, le esprimo la mia solidarietà, visto che, essendo donna di destra, ne riceverà ben poca rispetto a quella che riceverebbe una sua collega di sinistra che fosse stata anche solo accidentalmente urtata da uno sconosciuto su un autobus“.

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