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Il Prefetto ringrazia i sindacati per aver spostato lo sciopero

Il Prefetto ringrazia i sindacati per aver spostato lo sciopero. “Al termine della mattinata di sciopero dei trasporti pubblici, proclamato dalle segreterie nazionali FILT, CGIL, FIT CISL, UILTRASPORTI, FAISA CISAL E UGL FNA, il Prefetto di Milano Renato Saccone ringrazia le organizzazioni sindacali per aver accettato l’invito a modificare la fascia oraria dello sciopero in modo da consentire gli ingressi scolastici scaglionati, così come previsto dal piano per la ripartenza. Il senso di responsabilità e di collaborazione per il conseguimento di obiettivi comuni, ha permesso di non interrompere la continuità scolastica, in questa delicata fase di ripresa, dopo mesi di interruzione e, al contempo di salvaguardare il diritto di sciopero.

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Bitcoin, Ethereum e COMP si fermano, vola ZRX

Bitcoin, Ethereum e COMP si fermano, vola ZRX. Il bitcoin si è fermato intorno ai 31 euro dopo una corsa dai 29 che ha resto felici molti. Mai quanti avevano invece scommesso sull’Ethereum che è arrivato a toccare i 1,400 euro per poi stabilizzarsi tra i 1,360 e i 1,370. Un’altra cavalcata pazzesca di ieri è quella di COMP, passato in 24 ore da 300 euro e spicci a 394. Anche lui ha toccato picchi più elevati, arrivando ai 401 euro, per poi vedere il prezzo stabilizzarsi intorno ai 394. Si è fermata come ipotizzato da alcuni anche la corsa dei DCR, il cui prezzo sembra per ora stabile sui 65. Erano scesi a 60 due giorni fa, per poi risalire a 65. Ma se Bitcoin, Ethereum e COMP si fermano, vola ZRX: da questa mattina verso le 6 la valuta sale a doppia cifra. Tendenzialmente cresce del 60%, dunque c’è puzza di speculatori, ma per chi ha preso la monete a 1,02 si sono già registrati ricchi guadagni. Soldi a rischio come al solito perché le crypto quando salgono tanto velocemente, spesso scendono pure più rapidamente. Doge Coin è un esempio, continua a oscillare da una settimana tra il -89% e il +70%.

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Governo, Onlit: “Di De Micheli e Toninelli non sentiremo di certo la mancanza”

Governo, Onlit: “Di De Micheli e Toninelli non sentiremo di certo la mancanza”. Il nuovo ministro dei Trasporti del governo Draghi dovrà mettersi, se li ha, le mani nei capelli. Si troverà infatti a fronteggiare l’anno zero dei trasporti. Nessuno rimpiangerà i suoi predecessori, Paola De Micheli e Danilo Toninelli. La ministra De Micheli di sicuro passerà alla storia per la proposta che tutti i cittadini italiani debbano trovarsi in un raggio di 100 Km da una linea di Alta Velocità, qualsiasi cifra questo debba costare (ai contribuenti, non alla ministra). Sia lei che Toninelli non passeranno alla storia, invece, per aver risolto la vertenza con Autostrade dopo il crollo del ponte Morandi: sia perché non è stata risolta, sia perché si sono ben guardati dall’insistere affinchè gli utenti smettano di pagare pedaggi per autostrade che hanno già strapagato. La De Micheli sarà inoltre ricordata, oltre che per la telefonata al manager della Juventus per aiutarlo nel calciomercato, per la sua incapacità nel potenziare il trasporto pubblico nella fase Covid. Diabolicamente, poi, sia Toninelli che De Micheli hanno perseverato nel voler mantenere in vita Alitalia, autentico zombi con le ali. Infine, le grandi navi non entrano più a Venezia grazie al Covid, non certo ai due ministri di cui non sentiremo proprio la mancanza.

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Occhio ai semafori

Occhio ai semafori. In questi mesi di crisi perpetua bisogna prestare molta attenzione ai colori semaforici eletti a regolatori di ogni attività. Ieri imponevano il movimento solo ad automobili e pedoni, oggi stabiliscono i limiti di ogni mossa. Persino il respiro è stato controllato. Ma occhio ai semafori perché dopo il giallo viene il rosso, non il verde. Da ieri però in migliaia si sono riversati in strada per godere del sole e della ritrovata liberà di uscire di casa. Ed era zona arancione. Oggi le misure sono ufficialmente alleggerite dal giallo sancito da Roma, dunque è probabile che la situazione peggiori: in fila non c’è solo chi ha voglia di mangiare al ristorante, ma anche chi vede l’ufficio chiuso da mesi e i dipendenti a casa. Un anno di spese buttate, ecco cosa rappresenta quella porta chiusa. E di dipendenti incontrollabili. Pensieri comprensibili, ma il discorso resta sempre lo stesso: se vogliamo ritornarne allo stesso modello di prima bisogna tenere duro almeno un altro anno, perché i vaccini non arriveranno per tutti, né tantomeno si parte da chi ha un lavoro, ma dall’età e dalla situazione sanitaria. Dunque riaprire gli uffici potrebbe essere comunque un costo: ricordiamoci che se un dipendente si ammala di covid sul lavoro è un incidente sul lavoro riconosciuto dal legislatore. Vale la pena per avere poi tutti intubati in terapia intensiva? Dunque occhio ai semafori, perché se appena si apre una porta ci passiamo tutti insieme rischiamo tre anni di crisi invece di due. E lo stesso discorso vale per chi invece ha la fortuna di poter girellare solo per piacere: occhio ai semafori. Tutti hanno voglia di camminare liberamente, ma è lo stesso discorso del codice della strada: quando si percorre una strada o un marciapiede aderiamo a una serie di regole che servono a evitare una continua strage. Se il semaforo dà il via, passiamo. Altrimenti aspettiamo. Quindi quando usciamo, usiamo la testa. In questa fase non dobbiamo perdere la lucidità. Difficile, ma possibile.

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Fontana: Lombardia da zona gialla

“Da tre settimane la Lombardia ha i dati da zona gialla”: è quanto scrive su Facebook il presidente della Regione Attilio Fontana, auspicando che “dopo la settimana ingiustamente passata in zona rossa, oggi il Ministero possa prendere una decisione che tenga conto della reale situazione epidemiologica della nostra regione”. L’ordinanza firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza il 23 gennaio con cui la Lombardia è stata riclassificata da rossa ad arancione dura 15 giorni. Per passare prima in zona gialla servirebbe dunque un nuovo provvedimento ministeriale. Nel suo messaggio sui social, Fontana spiega che nella regione i “tassi di incidenza tra tamponi e positivi” sono “fortemente al di sotto della soglia d’allarme dei 250 casi su 100 mila abitanti”. Da qui l’augurio che il Ministero possa tener conto “della reale situazione epidemiologica” lombarda, “soprattutto – aggiunge – considerando che i ristori per commercianti e categorie, colpite da chiusure da parte del Governo, non arrivano e sono insufficienti”. ANSA

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Che Fare?

Che Fare? La domanda ritorna continuamente in questa fase storica. Il sindaco Giuseppe Sala l’ha capito, almeno a parole, come dimostrano le sue dichiarazioni sul caos dati. Ma tra averlo capito e attuarlo ce ne passa. Ma che fare dovrebbero chiederselo anche in Regione. Vale davvero la pena di continuare con queste barricate contro Roma? Affascinante come ogni idea retrò, ma davvero vogliamo tornare a parlare di secessione? Anni di relativa libertà sono stati positivi, ma quali prodotti hanno portato? Perché nella foga di dare sempre più libertà alle imprese sanitarie è stata smantellata una rete necessaria in casi di emergenza. Che fare? Smantelliamo una rete sanitaria ricchissima di eccellenze internazionali per un sistema pubblico più forte? Oppure cerchiamo di ricostruire le reti protettive per le quali paghiamo le tasse allo Stato? Quali che siano le soluzioni, il tema è sempre quello: che fare? Pare che non lo sappiano in Comune, in Regione e neppure a Roma. Tutti in teoria sono molto impegnati, ma sul fare siamo fermi. Il superbonus al 110 per cento è stato affossato grazie alla burocrazia, come altri provvedimenti per “fare le cose”. Il problema maggiore è rimasto sempre quello: mentre si discute di un personaggio politico o di un fatto di cronaca, non si fa. Milano grazie alla sua propensione al fare si è sempre salvata dal destino di gran parte d’Italia, ma se si procede in questa direzione la città e la regione rischiano di schiantarsi. Questo è il momento di fare, ma la classe dirigente dovrebbe avere in mente che fare. E al momento non sembra.

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