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Vaccini. Moratti: fase 1 in Lombardia si chiuderà il 5 marzo

“Se non dovessero intervenire modifiche nel piano consegne, sappiamo che potremo avere il completamento della fase 1 per il 5 marzo” in Lombardia. Lo ha detto l’assessore regionale al Welfare Letizia Moratti, riferendo in commissione Sanità sulle vaccinazioni anti-Covid. “Siamo in attesa della conferma del piano delle consegne, è stata trasmessa una ipotesi preliminare di completamento della fase 1 per il 5 marzo. Quindi prevediamo, alle attuali consegne, di avere il completamento della fase per quel giorno”, ha spiegato Moratti.  “Dal 5 marzo può quindi partire la fase 1 bis” che dovrebbe concludersi il 25-26 marzo e da quel momento potrebbe partire la fase 2 che riguarda gli ultra ottantenni. Le vaccinazioni effettuate al 26 gennaio sono “246.271 su 305.820, pari al 78,5% delle dosi consegnate”, ha specificato Moratti, sottolineando che “l’indicazione che ci è stata data dal commissario è avere delle scorte sufficienti per garantire a tutti la somministrazione della seconda dose”. “Sono in fase di vaccinazione gli operatori sanitari, sociosanitari e gli ospiti delle Rsa. La popolazione individuata è di 340 mila unità, gli aderenti sono 320 mila” scelti in base ai criteri “che la struttura commissariale ci ha indicato” ossia “operatore a qualunque titolo presente in struttura”, ha concluso. ANSA

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Moratti impari a truccare le carte da Sala

Moratti impari a truccare le carte da Sala. Il pasticciaccio brutto dei dati lombardi è infatti la dimostrazione che sul tema di come truccare le carte sia meglio rivolgersi ad esperti del settore come il primo cittadino milanese. Lui è riuscito a truccarne parecchie: le autodichiarazioni sul proprio consistente patrimonio immobiliare e mobiliare, le carte dell’appalto più grande di Expo 2015, e così via. E in nessun caso ha avuto condanne mediatiche, ha pagato multe dove i cittadini comuni avrebbero pagato con la galera e si appresta a una campagna per il secondo mandato con una piccola ma coesa folla di adoranti sostenitori. Fontana quando ci ha provato, rischiando pure di smenarci 250mila euro personali (molto più generoso di Sala, diciamolo), ha guadagnato un paio di inchieste su lui e famiglia. Non proprio un modello. Quindi Moratti impari a truccare le carte da Sala quando si parlerà ancora di Regione Lombardia e delle informazioni sul contagio, perché lo spettacolo andato in onda negli ultimi giorni è qualcosa di indegno. La giunta regionale ha incredibilmente ancora una solida base, proprio come Sala, disposta a molto, ma negare l’evidenza o mentire è eccessivo. La conferenza stampa in cui Moratti e Fontana hanno cercato di buttare tutta la responsabilità della zona rossa su Roma è stata veramente incomprensibile nel modo e nel contenuto. “Sappiamo qual è il problema, ma non possiamo spiegarvelo”? Questa sarebbe la spiegazione che avete intenzione di fornire a chi vi ha difeso dagli assalti negli ultimi mesi? Moratti deve decisamente imparare a comunicare meglio perché già sconta l’antipatia innata degli italiani per chiunque non viva di un miserabile stipendio o finga di sputare sui soldi (quelli che dicono di farlo di solito lavorano per piacere, non per necessità). Se ci aggiunge gli scelti isterici a cui ci ha abituato Attilio Fontana sarà difficile uscire dal pantano in cui è finita la Regione. Non sarebbe un compito facile per nessuno, ma diventa impossibile se i timonieri non imparano che nelle acque agitate cambia il modo di navigare.  

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Moratti: “E’ Speranza che ci ha chiesto di dire che l’errore era nostro”

Moratti: “E’ Speranza che ci ha chiesto di dire che l’errore era nostro”. Prima ha parlato Fontana: “Indignato per le ricostruzioni sulla trasmissione dei dati”. L’intervento chiarificatore di Attilio Fontana è partito con una dura contestazione del governatore lombardo da parte delle ricostruzioni sul presunto errore di trasmissione dei dati. Nessun errore, rivendica Fontana, semmai la risposta a una richiesta di aggiornamento partita da Roma. Poi è intervenuta Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare regionale: “Mi sono accorta da subito che c’erano dei dati che non erano coerenti con quelli che dovevano essere considerati, diventava necessario avere un confronto su questi dati, per questo motivo avevo chiesto una sospensione di 48 ore per non entrare in zona rossa. Dal ministro non abbiamo avuto nessuna risposta anzi la conferma della zona rossa”. “Se siamo diventati zona arancione è perché abbiamo sollevato noi un problema installando un dialogo tecnico con lealtà e correttezza: il ministro pretendeva che dicessimo che è stato un errore nostro, ma non abbiamo potuto accettare per dignità della Regione e per l’impatto che ha comportato per la regione e le nostre famiglie la zona rossa, quindi andremo avanti con tutte le azioni necessarie per dimostrare la ragione che abbiamo, mi dispiace perché sarebbero bastate 48 ore per confrontarci”. “E’ stato chiesto di indicare lo stato clinico, cioè la data dal sintomo, ma non dello stato sintomatico. Un asintomatico e un pauci sintomatico hanno lo stesso peso sull’rt. Noi non vogliamo inserire un campo preordinato, lasciamo fedeltà al dato per come nasce dalle cartelle cliniche” ha specificato Trivelli. “La nostra richiesta a livello tecnico è quello di ampliare il campo di indicatori per definire una situazione pandemica, l’rt non basta in questa fase, abbiamo chiesto di affiancare alle reti sintomi altri indicatori”. Il dirigente del settore Welfare ha ribadito che l’intervento della Lombardia era per avere dati più completi e affidabili, migliorando “l’impostazione posticcia” del sistema attuale.    

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Fontana e Moratti: presentato ricorso contro la zona rossa

“Come anticipato nei giorni scorsi, abbiamo presentato ricorso al Tar contro la decisione del governo, e chiesto al Ministro di rivedere i parametri che regolano questa decisione, così impattante sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre imprese”. Così, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, intervenendo in Consiglio Regionale, ha confermato la presentazione del ricorso al Tribunale amministrativo contro l’assegnazione della zona rossa alla Regione Lombardia, definita “fortemente, e ingiustamente, penalizzante per la nostra regione”. “Non ho mai pensato di declinare vaccini e reddito”. E’ quanto ha precisato in Consiglio regionale il neo vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti, rispetto a quanto emerso ieri dalla riunione con i capigruppo. “Il Pil è un indicatore economico-finanziario che attesta l’attività in una Regione, che, questo sì, ho detto, è il motore dell’Italia. In questo senso questa Regione ha la necessità di essere tenuta in considerazione, non parlo di piano vaccini ma di zona rossa”, ha chiarito Moratti. ANSA

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Sala: vaccini in base al Pil? Mi cadono le braccia

“Ci sono mattine in cui ti possono cadere le braccia: il tuo Paese in preda a una crisi politica difficile da decifrare e nel momento sbagliato, la tua Regione che chiede l’assegnazione dei vaccini in base al Pil“. Lo ha scritto il Sindaco Sala sulla sua pagina Instagram. “Ma ora mangio pane e olio, bevo caffè e poi tornerò a lavorare e a cercare di essere un politico e un uomo giusto“, ha concluso Sala pubblicando una sua foto mentre fa colazione.

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Il Pil non è ricchezza, ma lavoro

Il Pil non è ricchezza, ma lavoro. Nell’imbarbarimento perpetuo del dibattito in cui certi popolaristi cercano di trascinarci sempre si confondono le parole, perché cambiare il senso di ciò che si dice è il primo passo per far travisare un messaggio. Ecco dunque che i neocomunisti da divano attaccano Letizia Moratti per la richiesta a Domenico Arcuri di distribuire il vaccino in base al Pil delle regioni, ma il Prodotto interno lordo di una regione non è la somma della ricchezza della regione, ma di quanta ricchezza si produce con il lavoro. Quindi il Pil non è ricchezza, ma lavoro. Difficile capirlo per una categoria di borghesi benestanti e garantiti a stipendio pubblico che rappresenta gran parte del mondo produttivo al centro sud, ma funziona così. La ricchezza si produce, ma non nel senso che quando abbiamo finito i soldi ne stampiamo un altro po’. Si lavora, si guadagna e con quelli si pagano strade, ospedali e stipendi pubblici. Milioni di stipendi pubblici. Gente che per essere licenziata deve come minimo stuprare un bambino davanti a tutti o uccidere molto malamente qualcuno durante l’orario di servizio. E sempre sotto gli occhi di tutti. Altrimenti nessuno li può licenziare. E se lo Stato non ti fa lavorare, lo stipendio arriva lo stesso. Invece quelli che i soldi li producono davvero, se sbagliano un ordine con un’azienda hanno finito per sempre di lavorarci. Se un prodotto è fatto male, chiudono. Se lo Stato dice di non lavorare, chiudono per sempre. E’ la differenza tra lavoro e ricchezza che non viene capito dai sussidiati. Quindi ben vengano i Moratti che conoscono la differenza tra le due cose. E che chiedono la precedenza a chi sostiene anche le vite altrui. Il tanto odiato Nord sopporterà l’ennesimo insulto dai suoi stessi figli, ma speriamo non gli elettori. Perché Moratti ha chiesto il rispetto del lavoro, non della ricchezza. E chi lavora lo ha capito, chi vive sulle spalle altrui la odia.

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