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Comitato Parco Bassini: “Il 2 gennaio è un triste anniversario”

Comitato Parco Bassini: “Il 2 gennaio è un triste anniversario”. Ecco come ricordano gli attivisti questa ricorrenza per loro particolare: “È l’alba gelida del 2 gennaio 2020 e Milano è ancora in vacanza per le feste natalizie quando gli operai invece tornano al lavoro nel cantiere allestito sul parco di via Bassini e, protetti dal dispiegamento di forze di polizia, procedono all’abbattimento diretto di tutti gli alberi. Un cordone imponente di agenti di polizia blinda gli ingressi agli spazi del Politecnico di Milano, blocca le vie nodali di Citta Studi, compresa la linea tramviaria, e consente all’Ateneo di procedere alla distruzione del Parco Bassini. Agli infreddoliti e attoniti cittadini che per giorni hanno presidiato gli ingressi del cantiere a difesa del parco non rimane che piangere e urlare la propria disperazione. Il parco Bassini era un piccolo parco urbano, un’isola verde di circa 5000 m2 , uno spazio prezioso in un quartiere che – con la sua media di 5 m2 per abitante – affoga letteralmente nel cemento in barba agli standard urbanistici vigenti che richiedono un minimo di 9 m2 per abitante per le aree residenziali. A nulla è valsa una seduta della Commissione Ambiente del Comune tenutasi nel precedente mese di dicembre, a nulla sono valse le dichiarazioni e le prese di posizione a difesa del parco, con un nulla di fatto si è concretata la disponibilità del Rettore Resta a trasferire in altro luogo tutti gli alberi del parco. Nessuna altra proposta di compensazione è mai stata avanzata neppure dalla commissione tecnica del Municipio, istituita proprio per valutare le misure di compensazione aggiuntive da destinarsi al quartiere. “Il Politecnico ha bisogno di quello spazio per realizzare la costruzione di un nuovo Dipartimento” dichiararono sia il Rettore Resta sia l’Assessore all’Urbanistica Maran. Nessuna valida alternativa è stata mai presa in considerazione. E il parco fu distrutto il 2 gennaio. Oggi, a un anno da quella devastazione, ancora non esiste nulla a compensazione e le aree all’angolo con via Ponzio destinate ad ospitare un parco sostitutivo continuano ad attendere i lunghissimi tempi per la bonifica del reattore nucleare sperimentale già parzialmente smantellato. Là dove una volta c’era il Parco Bassini adesso c’è un cantiere che procede a pieno ritmo, a testimonianza di un modo di governare il territorio superato e insostenibile. Questa vicenda vede protagonisti la città che più di ogni altra dovrebbe fare scelte a favore del verde e che dichiara di voler piantare 3 milioni di alberi entro il 2030, la Regione che aveva promosso la sottoscrizione di un Protocollo Lombardo per lo sviluppo sostenibile – nell’ambito del quale il Politecnico stesso aveva aderito a un patto per la promozione di stili di vita più sostenibili – e un Ateneo che forma professionisti della pianificazione urbanistica e del buon governo del territorio. La distruzione del parco Bassini è un pessimo esempio da cui non esce bene nessuno. Si comprende come quei cittadini contro cui sono state schierate le forze dell’ordine, non sentendosi difesi dalle istituzioni e vedendo minacciato il proprio territorio, si riuniscano in comitati e che questi comitati decidano di fare Rete, forti dei comuni ideali alla base delle proprie battaglie. Il 22 febbraio 2020 è nata la Rete dei comitati, unione spontanea di realtà cittadine che hanno in comune principi quali la tutela della salute e dell’ambiente, l’abbattimento dell’inquinamento e l’azzeramento del consumo di suolo e il fine di perseguire la bellezza e la tutela del bene collettivo, promuovere l’integrazione sociale ed esigere effettivi e diffusi processi partecipativi in Milano e nella Città metropolitana”. Milano, 1 gennaio 2021 Salviamo il Parco Bassini salviamoglialberi.bassinipoli@gmail.com www.facebook.com/SalviamoIlParcoBassini

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Un esposto per salvare il Parco Bassini

Un esposto per salvare il Parco Bassini. Alla fine si è arrivati alle denunce per mantenere l’area verde su cui il Politecnico guidato da Ferruccio Resta vorrebbe invece costruire un altro edificio: il comitato Salviamo il Parco Bassini dopo una fase interlocutoria alla fine ha deciso di proporre una panchina verde come simbolo contro la violenza sugli alberi e, dopo le denunce sul marketing del Comune, un esposto in Procura per salvare le ultime piante dell’area verde. Ecco il loro comunicato: E’ spuntata in un giardino pubblico di Città Studi un’insolita panchina color verde chiaro, in posizione simmetrica rispetto alla panchina rossa contro la violenza sulle donne che si trova nello stesso parchetto. Visto quanto sta succedendo ai poveri alberi del parco Bassini, i residenti hanno subito pensato a una nuova panchina-simbolo contro la violenza sugli alberi. Infatti, dopo l’abbattimento di 35 alberi d’alto fusto deciso dal rettore Resta in spregio alla richiesta del comitato “Salviamo il parco Bassini” di rivedere il progetto di costruzione del nuovo dipartimento di Chimica del Politenico proprio sull’antico parco, la strage degli alberi è continuata. A dicembre, in Commissione Ambiente al Comune, Resta aveva dichiarato di voler salvare 22 dei 57 grandi alberi destinati al taglio, trapiantandoli in altre aree verdi nei dintorni. I trapianti, però, a parere del Comitato (confortato da informazioni raccolte confidenzialmente da agronomi specializzati) sarebbero avvenuti non secondo le corrette tecniche agronomiche, fondamentali per la sopravvivenza degli alberi. In proposito, ieri il Comitato ha presentato un esposto per danneggiamento aggravato di alberature alla Procura della Repubblica e ha inviato al Municipio 3 una segnalazione. In essa si evidenziano anche aspetti relativi alla sicurezza dei cittadini. Infatti, alcuni alberi prelevati dal parco Bassini con una zolla apparentemente troppo piccola, e perciò particolarmente instabili, sono stati rimessi a dimora nel giardino pubblico di via Pascal 6, proprio a fianco di un campetto da calcio e di giochi utilizzati dai bambini della zona 3. Intanto, le ipotesi sulla misteriosa panchina verde si moltiplicano. Qualcuno l’ha battezzata “la panchina verde contro il consumo di suolo”, collegandola al partecipato corteo promosso dal Comitato Bassini il 9 gennaio scorso, partito da Città Studi e giunto fin sotto Palazzo Marino, dove l’Assessore Maran venne duramente contestato in piazza, mentre all’interno un nervoso Sala davanti al consiglio riunito si scagliava contro i Verdi, presenti anch’essi al corteo contro il consumo di suolo. Comitato “Salviamo il Parco Bassini”

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Il fronte verde contro il Comune

Il fronte verde contro il Comune. Da mesi, come raccontiamo sull’Osservatore, i comitati verdi nascono spontaneamente per contrastare l’azione amministrativa di Palazzo Marino. E sono sempre più convinti di aver sbagliato a fidarsi del centro sinistra. Anche Gianni Barbacetto oggi sul Fattoquotidiano riporta la protesta di Baiamonti Verde Comune e la manifestazione unitaria indetta dai Verdi in piazza Scala per domani: il punto lo avevamo sollevato anche noi, ci sembrava sbagliata l’idea di stoppare le polemiche per la costruzione di un’altra piramide in Porta Nuova proponendo di creare il museo della Resistenza. Sicuramente era un’ottima idea dal punto di vista della comunicazione: chi avrebbe potuto sollevare anche solo un sopracciglio per quello che è uno dei tabù più intoccabili della storia contemporanea? Eppure qualcuno non si è lasciato intimorire e ha rilanciato la palla nell’altro campo dichiarando di voler scrivere all’Anpi per spiegare come non si possa barattare Salute con la Resistenza. E intanto i comitati si sono riuniti per lanciare la manifestazione di domani: Milano è una delle città più inquinate d’Europa e nell’ultimo mese i livelli di pm10 nell’aria sono risultati il doppio del limite consentito per diversi giorni consecutivi. Tutti gli studi scientifici provano che alberi ad alto fusto sono in grado di combattere lo smog nel lungo periodo in modo efficace e continuo, assorbendo la Co2 e fungendo da barriera contro gas, polveri sottili afa e calore. Ma l’unica misura annunciata dal Sindaco Sala per far fronte a una situazione di totale emergenza è la proposta del divieto di fumo alle fermate di tram e autobus, e per il 2030 il divieto totale di fumo all’aperto. Purtroppo è la realtà di una città che continua a consumare inesorabilmente suolo e di un’Amministrazione che non si preoccupa minimamente delle critiche che si sono levate in ogni zona da parte dei cittadini in favore di mantenimento e cura del verde per un’aria più pulita e di una reale partecipazione degli abitanti alle scelte pubbliche. Invitiamo tutti i cittadini e tutte le associazioni impegnate sui territori a discuterne insieme, a unirsi per far capire a Sindaco e Amministrazione che un altro modello di città non solo è possibile, ma anche indispensabile per la salute pubblica. Un modello che sia realmente ecologico, democratico e partecipato! Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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Al parco Bassini colazione con il Sindaco senza il Sindaco

Nella mattinata di oggi ieri si è svolta al parco Bassini un’edizione speciale della “Colazioni col sindaco“, organizzata dal Organizzata dal Comitato Salviamo il parco Bassini. Vi hanno partecipato cittadini, studenti, professori, membri e simpatizzanti del Comitato, che con questo gesto hanno voluto dimostrare ancora una volta il proprio attaccamento al parco, alla sua storia e ai pochi alberi sopravvissuti. Nelle loro intenzioni anche ricordare al Sindaco Sala (che naturalmente era stato invitato) la promessa di un nuovo incontro con lui fatta loro il 18 gennaio durante la “Colazione col sindaco” al Frida. L’assenza del sindaco è stata compensata dal breve incontro con l’agronomo Professor Bocchi, membro esperto della Commissione sulle compensazioni (convocata dall’Assessore Maran presso il Municipio 3) a cui è stato dato incarico di quantificare il valore del parco attraverso il metodo dei “servizi ecosistemici“, mai utilizzato prima dal Comune di Milano. Al Professor Bocchi, che proprio ieri iniziava il suo sopralluogo, i presenti hanno fatto presente la necessità di interrompere i lavori nel parco per non pregiudicare ulteriormente le sue valutazioni. Prima dell’arrivo dell’agronomo, infatti, le magnolie lasciate per diversi giorni alle intemperie con le radici tagliate, erano state rimesse in terra alla bell’e meglio. Il Comitato ha anche ribadito che il procedimento avviato da Bocchi avrebbe dovuto essere attivato nell’ambito della valutazione ambientale del progetto di realizzazione del nuovo dipartimento del Politecnico e non a posteriori, come invece sta avvenendo. Sabato 1° febbraio alle 17, il comitato Bassini ha organizzato un Presidio davanti a Palazzo Marino in coordinamento con altri Comitati cittadini, gruppi ambientalisti e gruppi politici, e con la partecipazione del chitarrista e cantautore ambientalista Giuseppe D’Amati. Il presidio sarà preceduto dall’Assemblea Pubblica in difesa del verde indetta dal comitato “Baiamonti verde comune” che si svolgerà in piazza Baiamonti, dalle 14.30 alle 16.30 Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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La risposta dei difensori del Parco Bassini a Sala

Riceviamo e pubblichiamo la risposta dei difensori del Parco Bassini al sindaco Giuseppe Sala che nelle scorse settimane ha usato parole molto forti per criticare le voci dei Verdi e di chi riteneva sbagliato abbattere alberi e sostituirli con altro cemento: di Arianna Azzellino, docente di Valutazione Impatto Ambientale del Politecnico di Milano – Noi ambientalisti del NO che si oppongono a sviluppo e progresso? Ma il progetto del Politecnico col suo iter procedurale non è più accettabile nel 2020. Dal punto di vista ambientale ci riporta indietro di 20 anni In questi primi giorni del 2020 la vicenda del Parco Bassini del Politecnico di Milano è letteralmente esplosa. La questione è particolarmente spinosa perché ha assunto dei significati simbolici e politici allo stesso tempo. Alcune centinaia di cittadini, studenti (i maggiori frequentatori di quell’area verde), ambientalisti, rappresentanti di gruppi politici e un compendio di docenti dello stesso Politecnico in opposizione con la decisione assunta (senza lasciare spazio ad alcuna partecipazione) dall’Ateneo hanno attraversato Milano in corteo e manifestato di fronte a Palazzo Marino lo scorso 9 gennaio, nella speranza che le loro ragioni fossero ascoltate, ottenendo però solo di essere bollati dal sindaco Sala come “ambientalisti del no”. Questa etichetta non rappresenta per nulla chi oggi si oppone al progetto del nuovo dipartimento di Chimica. Nessuno ha mai contestato l’opportunità di inserire un nuovo edificio del Politecnico in Città Studi. Il no non è mai stato rivolto all’opera in sé, bensì alla collocazione individuata su un’area-parco esistente da più di 50 anni in un quartiere con pochissimo verde residuo e in cui, per di più, molti edifici sono destinati a “svuotarsi” per trasferimenti vari (Università Statale, IST, Besta, ARPA). Un’altra etichetta che nelle dichiarazioni stampa dei sostenitori del progetto è stata attribuita ai contestatori è quella di “opporsi allo sviluppo e al progresso”. Anche in questo caso occorre fare una precisazione. Costruire oggi un edificio al posto di un parco, un’area verde libera da edifici e non protetta da vincoli, rappresenta un esempio tipico del modo di agire di un passato molto prossimo che non può essere più accettato nel 2020. E’ ormai assodato che, quando si prendono decisioni che hanno delle conseguenze sull’ambiente, sia sempre necessaria un’adeguata analisi preventiva degli impatti, da condursi contestualmente alla progettazione. Eppure, nell’iter procedurale del progetto per il nuovo dipartimento di Chimica, non si ha alcuna evidenza che siano state valutate delle alternative. Al contrario, la valutazione ambientale allegata al progetto è una valutazione a posteriori, e basata sul presupposto che gli impatti non potessero essere evitati. Non vengono indicate misure di mitigazione degli impatti e l’unica misura di compensazione prevista è la creazione di un parco in sostituzione del parco perduto, cosa più che ragionevole perché la funzione e il valore di un’area parco sono ben diversi da quello di semplici alberature di arredo urbano. Il nuovo parco però dovrà sorgere in un’area la cui disponibilità è ad oggi indeterminabile in virtù del processo di decomissioning nucleare in corso. In pratica, una misura di compensazione che non potrebbe essere realizzata prima di diversi anni. Nel computo della compensazione, inoltre, non viene in alcun modo valutata la perdita del suolo naturale e dei suoi servizi ecosistemici, né tanto meno mai valutata la funzione sociale del parco pre-esistente. E’ mancata poi, in virtù dell’Intesa Stato-Regione richiesta dal Politecnico, una fase di partecipazione pubblica al processo decisionale, nonostante il diritto di cittadinanza all’accesso alle informazioni in materia di ambiente sia da anni recepito dalla nostra stessa normativa. Tutti elementi che poco hanno a che fare con il progresso e con lo sviluppo sostenibile e che, dal punto di vista della tutela ambientale, fanno tornare indietro di 15-20 anni. E quel che appare paradossale in questa storia è che a dare l’esempio di comportamenti così anacronistici sia un ateneo -il Politecnico di Milano- al cui interno sono coltivate discipline che dovrebbero supportare lo sviluppo sostenibile e non rimanere confinate all’interno delle aule didattiche. Vorrei che il sindaco Sala e l’assessore Maran riflettessero su questi elementi piuttosto che arroccarsi su posizioni indifendibili e vorrei davvero che si capisse che ci sarebbero stati molti buoni motivi per cercare di avviare una trattativa con la Statale o con i vari enti che stanno per lasciare vuoti degli edifici in Città Studi (Besta, IST, ARPA), al prezzo forse di un minimo allungamento dei tempi (2 anni?) e quasi sicuramente ad un prezzo maggiore da affrontarsi da parte del Politecnico che avrebbe probabilmente dovuto affittare dei locali per i colleghi di Chimica nel transitorio. Ma non è forse quello che fu fatto all’inizio degli anni 2000 dalla Regione e ARPA in attesa della costruzione del Palazzo della Regione, prima di scambiarsi le relative sedi? Fa semplicemente sorridere la tesi che di alternative non ce ne fossero. Chi è che si arrocca dietro a un NO, allora? Chi dice “No alla distruzione di un parco” o chi dice “No, alternative non ce ne sono”?

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Sala travolto dalla proteste verdi

Sala travolto dalla proteste verdi. Nelle scorse settimane la giunta di Giuseppe Sala, detto Beppe, è stata travolta da un’onda di proteste verdi. Città Studi, Baiamonti e molti altri pezzi di città stanno scoprendo il lato negativo dello sviluppo costante e travolgente della Milano odierna: un esempio è proprio il politecnico, il cervello dello sviluppo urbano meneghino degli ultimi anni. Per allargare ancora le proprie sedi e offrire agli studenti di tutto il mondo corsi e opportunità sempre più accattivanti l’ateneo guidato da Ferruccio Resta ha avviato la costruzione di un nuovo edificio. L’immobile andrà a sostituire un boschetto che aveva anche la funzione di alleggerire l’impatto ambientale di Città Studi, ma non rientrava nei piani quindi il comitato apposito (ne nasce sempre uno, ma ai giornali piacciono solo quelli anti destra) se ne è dovuto fare una ragione. Anzi, ha visto che sono state schierate persino le forze dell’ordine per difendere i lavori dai “pericolosissimi” difensori degli alberi di quartiere. Insieme ai delusi di Città Studi noi abbiamo anche raccontato i delusi di piazza Baiamonti. Anche lì storia simile: un piccolo spazio verde tra le vie e i palazzi del centro è stato sacrificato alla seconda “porta” della nuova linea di Bastioni pensata e progettata dal Comune insieme a Feltrinelli. I cittadini, anche loro fedeli elettori dei “giusti di centrosinistra”, pensavano che bastasse insistere e battere i piedi forte, invece da Palazzo Marino se ne sono sbattuti alla grande. Il parchetto a misura di quartiere per la Milano degli anni 2000 è uno spreco di spazio, meglio convertire tutto in “parchi lineari” (una, a nostro parere, porcata urbanistica che merita un approfondimento in un altro articolo). E anche la protesta è un fattore secondario perché dopo averla cavalcata alla grande per far eleggere Pisapia oggi i potenti di sinistra la sanno silenziare. Infatti Pierfrancesco Maran ha gestito l’emergenza politica con un colpo di genio: nel nuovo stabile andrà il museo della resistenza, ha annunciato. Un tabù di fronte al quale nessuno di sinistra può dire nulla senza rischiare l’accusa di essere come minimo fascista e come massimo renziano. Maran d’altronde è lo stesso dell’annuncio sui “tre milioni di alberi” per Milano: insomma di comunicazione ne sa, soprattutto se verde. Eppure qualcosa inizia a scricchiolare: Sala non può ignorare che nell’ultimo anno di mandato potrebbe essere un problema avere comitati verdi in ogni zona che lo vedono come una Moratti con spruzzata di Evo Morales. A maggior ragione dopo che i dati sull’inquinamento meneghino confermano quanto le politiche green  della giunta abbiano molto marketing e poco ambiente al loro interno: se nei giorni in cui moltissimi milanesi si godono le piste da sci l’inquinamento va alle stelle, forse il problema non era il traffico privato. E quindi una grossa fiche viene posta su Area C e Area B. Già è discutibile che si debba pagare per entrare in una città quando il Medioevo è finito da tempo, ma ancora più strano è se il motivo sembra venire meno: quei soldi dovevano essere spesi per l’ambiente, ma nessuna giunta si è presa il disturbo di informare nel dettaglio su come sta utilizzando i fondi riscossi con le “aree”. Perché? Noi pensiamo male, lo ammettiamo: quando entrano tanti milioni non previsti dalle normali leggi, perché dettagliare le spese? E se poi ti tornano utili per altro? Il quadro insomma è quello: Sala travolto dalle proteste verdi. Le politiche ambientali non funzionano se non per spremere denaro agli automobilisti. I comitati ora sono risentiti perché vedono sparire gli alberi dai quartieri. All’orizzonte non si vedono grandi interventi se non quelli degli immobiliaristi. Ora Sala travolto dalle proteste verdi potrebbe scoprire che l’ambientalismo non è di sinistra: a destra infatti in tanti si stanno muovendo per coprire l’oggettiva mancanza di una sinistra ambientalista nei fatti e non nelle dichiarazioni, Andrea Mascaretti di Fratelli d’Italia ne è un esempio meneghino. La prossima giunta dunque potrebbe avere un carattere ambientale forte pur essendo di destra. E l’ambiente, in cui per la destra sono compresi davvero i cittadini (e non solo quelli che vivono di rendita) non avrebbe che da guadagnarci.  

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