polemiche

MuoverMi scende in campo ed è subito polemica

Non sono passate nemmeno 24 ore da quando “MuoverMi lista civica per Milano 2021” ha annunciato la candidatura nelle file di Fratelli d’Italia di alcuni appartenenti al movimento d’opinione e già è scoppiata una polemica che ha messo su due fronti quelli che ne fanno parte. Tutto ha avuto inizio quando il Consigliere Comunale di Forza Italia, Alessandro De Chirico, ha pubblicato sulla bacheca Facebook della pagina del movimento un post in cui si diceva dispiaciuto per la mancata formazione della lista elettorale, offrendosi di autentificare lui stesso le firme necessarie a presentarla, se avessero ancora intenzione di farlo. Incassati i ringraziamenti di Andrea Zino, che ha però sottolineato che “il rischio di non raccogliere in tempo le firme era troppo elevato”, all’azzurro ha però risposto in tono piccato anche il suo collega d’aula Andrea Mascaretti, capogruppo di Fratelli d’Italia, che deve avere considerato l’offerta un’intromissione in una sua operazione di successo (anche se gli farà probabilmente perdere voti). “#staiserenodechirico” ha esordito Mascaretti, spiegando che “la loro esperienza é importante per il CDX e valorizziamo il loro apporto civico nella lista ufficiale”, per poi concludere in tono polemico “Se ritieni puoi votarli”. A questo punto, senza scomporsi, De Chirico gli ha risposto di essere “serenissimo” perché, “qualcuno ha aderito anche alla mia squadra” e di li in poi è scoppiato il finimondo. Andrea Sacchi, esponente del movimento candidato in Consiglio Comunale per Fratelli d’Italia, è intervenuto scrivendo, “non mi risulta nessuno di muovermi (membro attivo) candidato per FI ad oggi”. Commento che non ha avuto un effetto immediato perché a questo è seguita una stucchevole polemica fra Sacchi e De Chirico su moschee e viabilità, che è stata fortunatamente interrotta da Giulia Panvini Rosati, che con il commento “io sono candidata per FI e sono iscritta a Muovermi” ha sparigliato le carte. Sacchi, preso di sorpresa, dopo essersi definito “responsabile della comunicazione”, ha negato di conoscerla, sottolineando “Sei iscritta a muovermi, non sei di muovermi sono due cose diverse”. Affermazione che evidenzia una certa impreparazione politica, perché se una persona è iscritta (ad esempio) a Forza Italia, ne fa parte, prescindendo il fatto che la dirigenza ne sia a conoscenza o meno. Sacchi e la Rosati si sono quindi confrontati sulle capacità comunicative dell’uno e sulla partecipazione dell’altra, senza risparmiarsi stoccate, “non preoccuparti non ti porto via voti” ha detto ad esempio la Rosati, precisando di essersi sempre confrontata “con Dubini” (il fondatore del movimento) e di avere pagato la quota di iscrizione, cosa che se corrispondesse al vero (e non abbiamo motivo di dubitarne) toglierebbe ogni dubbio sul fatto che lei ne faccia parte. Sacchi, dalla sua ha però sostenuto che, “muovermi come associazione non mi risulta abbia concordato nessuna candidatura eccetto le nostre 3 in FDI” e, pur dicendosi felice per l’opportunità che le è stata offerta, ha concluso: “Se dici che sei una candidata di muovermi, ti smentisco seccamente”. Affermazione che poteva chiudere la questione se non fossero intervenuti altri commentatori. Prima Alex Verga, che stupito per la polemica, ha ricordato: “MuoverMi è una lista civica apartitica”, chiedendo quindi un intervento chiarificatore di Edoardo Dubini poi, Vittorio Benbanaste, che ha sollevato il dubbio “avete consultato il movimento nel farlo?”, incalzando poi Sacchi con un “Chi rappresenti se ti candidi con FDI? Per me solo FDI”. Domande che non hanno ricevuto risposta, sollevando qualche perplessità sulla trasparenza con cui è stata condotta l’operazione. In attesa di un intervento del fondatore del movimento Edoardo Dubini, che potrebbe mettere la parola fine alla polemica, la questione rimane in sospeso e la corsa di MuoverMi sembra essersi fermata ancora prima di partire.

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Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili

Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili. Siamo tutti d’accordo che è brutto quando la libertà di espressione viene intaccata, perché sulla libertà di parlare (pure di straparlare) si base gran parte della cultura europea moderna. E allora la decisione di Twitter di limitare l’account del quotidiano Libero è senz’altro negativa come principio ma la nostra posizione resta sul caso Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili. Twitter come tutti i social è un’azienda privata, con regolamenti precisi che vengono sottoscritti. E’ vero che quasi nessuno per una deformazione mentale guarda cosa sta firmando, ma ciò non esime dalle proprie responsabilità: le regole dicono che se ti comporti in un certo modo, possono chiuderti il profilo. Contestabile? Forse. Ma Libero, come il Manifesto e tanti altri si sono spesso comportati come l’amico che per non sentirsi oppresso dalle regole dell’ospitalità pretende di urinare nel lavandino e non in bagno per confermare la sua libertà di agire come gli pare. Certi titoli e certi articolo vengono scritti apposta per dare scandalo, inutile e disonesto negarlo. E noi siamo convinti che facciano bene. E che debbano farlo. Ma non che possano pretendere di imporre ad altri ciò che non accetterebbero per loro. A meno che non si cambino le regole e gli Stati tornino a una logica più da Stati e impongano il controllo sui social alle aziende. La Cina non è si è posta il problema: qualunque contenuto internet è sotto il controllo statale perché lo Stato presidia lo spazio virtuale così come presidia le frontiere. Certo è pericoloso, perché la deviazione degli Stati dal controllo per la giustizia a quello per l’ingiustizia è facile. Però avremmo dei veri responsabili. Chi degli indignati conosce il nome degli amministratori o dei proprietari di Twitter?  Quasi nessuno. Allora il problema forse è aver delegato la propria libertà di espressione ad aziende private, pretendendo che si comportino come una proprietà statale. Tra l’altro tralasciando sempre che le suddette aziende non esistono per garantire la libertà di espressione, ma per ottenere dati sulle persone e venderli ad altre aziende. Ma anche questo si scontra con l’imbecillismo del dibattito pubblico. Quindi di cosa stiamo parlando?

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Polemiche per il manifesto Pro Vita strappato

Polemiche per il manifesto Pro Vita strappato. In zona 4 infatti è apparso il manifesto che vedete nell’immagine che accompagna questo articolo, ma dopo poco tempo è stato strappato dai tecnici del Comune stesso che ne aveva approvato l’affissione. La pressione della consigliera comunale Diana De Marchi ha convinto il Municipio a muoversi: “Rimosso. Pro Vita questa città ti consiglia di smetterla, i tuoi manifesti vengono sempre rimossi! Grazie al lavoro di squadra e all’assessore Tasca” ha rivendicato sui social l’eletta del Pd. Ma la sua battaglia contro Pro Vita ha agitato gli ambienti cattolici milanesi. Matteo Forte, consigliere comunale di Milano Popolare, ha contestato sempre sui social la decisione: “Ho appreso dai social che dopo nemmeno 24h dalla sua affissione è stato fatto rimuovere il manifesto di Pro Vita contro la pillola RU486. Ho appreso che basta lamentarsi con un assessore e se si è in un numero ragguardevole di contestatori (anche se non mi è stato specificato quale, né ragguardevole rispetto a cosa) il Comune può richiedere al concessionario se (liberamente, non sia mai!) l’affissione può essere rimossa. Ora lo sapete. Quando un manifesto od una pubblicità vi turba e non vi va a genio, sommergete la casella di posta dell’assessore che ha la delega o del sindaco stesso… e chi vusa püsé la vaca l’è sua! È la città dei diritti. La Milano di Sala. Prego, accomodatevi. Non c’entra molto col concetto di libertà e pluralismo ma… in tempi di Dpcm e “pieni poteri” che volete che sia?”. Anche Deborah Giovanati, consigliere di Municipio 9, ha contestato la rivendicazione di De Marchi: “Questo è l’atteggiamento fascista! Strappare ció che non corrisponde al vostro pensiero! La democrazia non sapete neanche cosa sia! D’altronde state sostenendo anche il liberticida Ddl Zan. W le donne libere, che non siete voi”. La disfida sulla pillola abortiva non sembra dunque destinata ancora a essere risolta del tutto. Le polemiche per il manifesto Pro Vita strappato sono solo l’ultima puntata.

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Contestato il Lido Bam di Lady Russell Catella

Contestato il Lido Bam di Lady Russell Catella. Infatti mentre tanti cittadini del centro hanno molto apprezzato l’ultima iniziativa chic della famiglia che domina il mattone milanese, quelli fuori dalla Milano che piace alla gente coi soldi non hanno gradito sapere che per avere un posto in un parco pubblico dovranno pagare. Pochi euro per carità, ma primo anche con pochi euro si può mangiare, secondo si viola un principio. Purtroppo le critiche si scontrano contro un fatto: il parco è a uso pubblico, ma è privato. Tant’è che negli anni lo hanno aperto e chiuso a piacimento. Ed è normale che ora la famiglia di ricchissimi edificatori di quartieri voglia recuperare qualche soldo anche dal parco.  Soprattutto è possibile. Magari contestabile, ma possibile come hanno ricordato alcuni difensori dell’idea di parco a pagamento. Ma se è stato contestato il Lido Bam di Lady Russell Catella è perché ciò che è possibile non corrisponde per tutti a ciò che è giusto. Almeno non ancora. E ci sono delle basi logiche anche per chi contesta la scelta della signora a capo della Fondazione di famiglia: il parco fa parte dei contrappesi che la città ha accettato per permettere ai Catella di costruire interi quartieri di grattacieli dove c’erano aree verdi. Magari abbandonate in mezzo ai viali, ma sempre aree verdi erano. Dunque Catella non fa un regalo alla città a tenere aperto e fruibile il parco ai piedi dei suoi palazzi, sta pagando un debito con tutti i milanesi. Allo stesso tempo ci sono dei margini che potrebbero essere più stretti, magari la Fondazione potrebbe tenere il parco aperto e in ordine il minimo necessario per rispettare le regole. Invece semplicemente mettendo qualche ombrellone e un po’ di gesso per terra l’immagine di Milano come città viva e attraente è appena ripartita: la notizia dell’apertura della “spiaggia di Milano” è stata ripresa ovunque. Tanto che c’è anche chi ha contestato il Lido Bam di Lady Russell Catella. Il primo parco di Milano con accesso a pagamento.

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Fra liti e polemiche approvato il bilancio di previsione

Dopo una lunga seduta ad oltranza, questa notte dopo le due, il Consiglio Comunale ha approvato il preventivo per il 2020 e per il triennio fino al 2022, che a giugno dovrà essere adeguato alla nuova situazione economica venutasi a creare in seguito all’emergenza sanitaria con un assestamento di bilancio, per cui sono già in corso le interlocuzioni fra maggioranza e opposizione. Nel bilancio è stato inserito un fondo di circa 3 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza coronavirus che sta duramente colpendo la città. La disponibilità sarà destinata a coprire le spese per il rinvio del pagamento di tasse, concessioni  e tributi locali, per rimborsare le spese per i servizi che sono stati sospesi, in particolare quelli scolastici e le mense, l’acquisto di dispositivi sanitari per tutelare cittadini e dipendenti comunali, la sanificazione degli ambienti pubblici e garantire il salario di alcune cooperative i cui servizi sono attualmente sospesi. L’approvazione è venuta dopo una serie di sedute abbastanza accese, a causa della decisione dell’opposizione di mantenere i 2000 emendamenti presentati per fare ostruzionismo, nonostante il Sindaco Sala lunedì avesse chiesto di ritirarli in modo da approvare rapidamente il bilancio, per potersi  poi dedicare alla gestione della crisi sanitaria e al bilancio straordinario previsto per giugno. Situazione che ha trovato il suo apice nei disdicevoli fatti di mercoledì, definiti “una follia“, dal decano dei consiglieri Basilio Rizzo, sollevato dal fatto che l’udienza fosse “porte chiuse” e i milanesi  non potessero vedere quanto accadeva. “Fuori c’e’ un’emergenza legata alla salute dei cittadini“, aveva bacchettato i colleghi Rizzo, aggiungendo, “Andare avanti con una discussione a colpi di emendamenti, che si ha la certezza che non verranno approvati, non corrisponde all’interesse della nostra città, che in un momento come questo deve essere la nostra priorità“.  

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Chiude fra le polemiche il villaggio di Babbo Natale

Martedì 24 dicembre, la vigilia di Natale, chiuderà con tredici giorni di anticipo il villaggio di Babbo Natale allestito all’Ippodromo di San Siro. Quello che era stato annunciato come il parco natalizio più grande d’Italia, un luogo da sogno per i bambini, ma anche per i più grandi, non ha mai soddisfatto l’aspettativa suscitata fra i milanesi. Così, dopo i ritardi sui lavori dovuti ai sequestri per motivi di sicurezza di alcune attrazioni e le molte proteste e polemiche sollevate dai visitatori delusi dal non essersi trovati al cospetto dei 30mila metri quadrati casette a tema e spettacoli live che si attendevano, il calo delle vendite di biglietti e le disdette, hanno sancito la fine del “Songo di Natale“. Ad annunciarlo sono stati gli stessi organizzatori con un post su Facebook: “Gentile pubblico, il villaggio di Babbo Natale chiuderà il 24 dicembre 2019 alle ore 18 anziché il 6 gennaio 2020. Siamo costretti a questa scelta perché i continui attacchi e le costanti denigrazioni avvenute sui canali social e digitali dei giorni scorsi hanno purtroppo raggiunto il loro effetto riducendo drasticamente la vendita dei biglietti e ponendoci nelle condizioni di non poter più sostenere i costi di gestione” hanno scritto, facendo trasparire l’amarezza per l’insuccesso, aggiungendo, “Abbiamo lottato per oltre un mese contro una pioggia eccezionale (nel solo mese di novembre a Milano sono caduti 244 mm a fronte di una media di circa 100 mm) e per rimuovere il fango che aveva letteralmente coperto tutta l’area del villaggio abbiamo dovuto ritardare l’apertura. Di più non potevamo fare. Ringraziamo – hanno continuato – tutti quelli che sono venuti a trovarci e che hanno apprezzato l’esperienza“, per poi concludere, “Ringraziamo anche quelli che ci hanno criticato utilizzando toni decisi ma sempre civili e garbati. Li abbiamo ascoltati e spesso siamo intervenuti seguendo le loro indicazioni per migliorare i servizi esterni. Quando dovuto, abbiamo rimborsato loro il biglietto, cosa che continueremo a fare per chi ha acquistato il tagliando in prevendita dal 25 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020″. I molti commenti dispiaciuti per la conclusione infausta dell’iniziativa, scritti da visitatori che lo hanno apprezzatto trovandolo divertente e ben fatto, fanno sospettare che se pur non sia stato possibile realizzarlo completamente come avrebbero voluto gli organizzatori, abbia comunque assolto il suo scopo. Probabilmente le polemiche sono andate un po oltre il dovuto, si sa: la verità sta nel mezzo e in troppi si dimenticano che almeno a Natale dovremmo essere tutti un po’ più buoni.

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