rasia dal polo

Chi fugge da Milano e chi costruisce il futuro

Chi fugge da Milano e chi costruisce il futuro. Il secondo no definitivo di Gabriele Albertini alla corsa per la poltrona di sindaco di Milano apre un nuovo scenario: il centrodestra che ha governato per tanto la Lombardia e la locomotiva economica italiana è ormai a pezzi. I suoi esponenti superstiti sono di due generazioni fa, nomi di valore tanto da superare le generazioni, ma non si può pensare che tirino la carretta ancora per molto tempo. La verità è che sono finiti i nomi. L’ultima generazione di giovani che poteva rivitalizzare il centro del centrodestra (Altitonante e gli altri) è stata bruciata dalle inchieste. Forse un giorno finiranno in niente, ma ormai li hanno messi fuori dalla competizione per chi guida il carro. I salviniani in questa fase stanno usando molte energie, quasi tutte pare, per giocare la partita del Parlamento. Chi potrebbe occuparsi di Milano? La risposta è chi costruisce il futuro. Perché ora c’è solo chi fugge da Milano e chi costruisce il futuro, o almeno potrebbe farlo. Allora perché non prendere atto che c’è un lungo lavoro da fare per costruire una classe dirigente nuova e in grado di affrontare le sfide del domani? In fondo Sala lo possono lasciare su un altro giro invece di bruciare qualcuno in una sfida che se anche vinta potrebbe fermare il processo di rinnovamento. Meglio costruire un’opposizione sensata con un’idea di città da portare avanti pezzo per pezzo, iniziando senza l’onere di governare. Tanto i migliori della giunta Sala o se ne sono già andati o se ne stanno per andare. Essere l’opposizione sarebbe “facile” dovendosi confrontare con le seconde linee della sinistra, permettendo così a nuovi volti di crescere e strutturarsi. Perché dopo decenni c’è bisogno di costruttori anche a Milano, come in tutta Italia ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E per costruire ci vuole tempo. Il prossimo obbiettivo reale per il rilancio del Nord sono le Olimpiadi invernali 2026, perché proprio come Expo 2015 di per sé l’importante non è l’evento, ma il percorso per arrivarci. Miliardi di euro per opere ferme da una vita che si sbloccheranno, rivitalizzando alcuni settori economici in crisi e dinamiche sociali paralizzate. Avere una prospettiva sportiva potrebbe essere proprio la chiave per il centrodestra: riassumiamolo come “Obbiettivo 2026”. In visione di una vera competizione c’è bisogno di allenare una squadra che possa confrontarsi con le altre coalizioni. Negli anni la sinistra milanese ha potuto contare su nuovi personaggi come Pierfrancesco Majorino, Pierfrancesco Maran e una piccola folta schiera di gente contestabile, ma in grado di cambiare interi pezzi di città o amministrarli con polso. Ora chi se ne è andato in Europa, chi prende la strada per Roma, insomma lasciano Milano, ma del loro passaggio resta traccia. Per avere una squadra di cui ricordarsi il centrodestra non può affidarsi a chi è sulla scena da sempre, perché persino alcuni degli “anziani” è conosciuto al massimo dai suoi colleghi. Quelli veramente noti sono stanchi. E non condenserebbero abbastanza consensi. Però potrebbero aiutare per l’obbiettivo 2026, crescendo chi sarà chiamato a imprimere domani una svolta alla storia di Milano.

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Pure Lupi scappa dalla candidatura

Pure Lupi scappa dalla candidatura. Il candidato non sarò io” ha detto durante il programa “TrueShow – Attenti a quei due” condotto da Fabio Massa e Barbara Ciabò. Maurizio Lupi, ex ministro e molto altro, sembra poco intenzionato a farsi avanti. E non è il solo, perché fino ad ora l’unico ad aver preso con entusiasmo l’idea di sfidare Giuseppe Sala è Roberto Rasia Dal Polo, per il resto c’è il deserto. O dinieghi come quello di Lupi. Forse è perché Sala sembra ancora forte nonostante una città a pezzi (e non solo per il Covid). In questi giorni abbiamo assistito alla surreale presentazione di una cartina della nuove metropolitane. Nei prossimi giorni ci aspettiamo di vedere una seconda presentazione di Expo 2015. Qualcosa tipo “il passato è ora e domani”. La stampa stesa come uno stuoino ha riportato la notizia con entusiasmo, segno che forse la turnazione dovrebbe essere applicata tanto nei ruoli apicali del Comune, quanto nelle redazioni perché sono pochi quelli a picchiare duro su un potente di cui sono diventati amici. Ma davvero non è sconfiggibile uno che presenta come una novità un pezzo di carta colorata? Perché le metropolitane sono messe molto male, ma pare che non si possa dire. Ma se Sala tira fuori la nuova mappa, tutti felici la riportano come se avesse concluso qualcosa. Probabile sappia colorare tutto un quaderno, ma davvero vale la pena scriverne? Ma pure Lupi scappa dalla candidatura a sindaco di una città importantissima a livello mondiale come Milano. Forse allora il problema non è Sala e i suoi molteplici punti deboli, ma il centrodestra. Nella coalizione non c’è unità d’intenti e dunque non si riesce a trasmettere fiducia ai candidati. Ma se non si suscita fiducia nei possibili primi cittadini, siamo sicuri che sia possibile ottenere quella degli elettori?

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Rasia ormai sta al Polo

Rasia ormai sta al Polo. Nel senso che il candidato a essere candidato avrebbe fatto in tempo a raggiungere il Polo Nord se avesse attribuito all’epressione “a breve” lo stesso significato di quello che paiono sposare gli alti gradi della politica. A Milano Giuseppe Sala prosegue in solitaria la corsa, mentre il centrodestra ha solo Rasia Dal Polo, un genovese volenteroso che si è messo a disposizione della coalizione. Ma nulla, qualche intervista, ma nessuna benedizione definitiva. Perché? Perché la decisione arriverà “a breve”, Salvini lo ripete da mesi. Per carità, la pazienza è una virtù. Ma davvero quanto vogliono abursarne ancora? Perché si rischia l’effetto Catilina, nel senso di candidare un altro di cui ci ricorderemo solo i difetti (come Stefano Parisi, di cui è rimasta solo una sconfitta). Intanto Rasia ormai sta al Polo, o forse ci andrà davvero perché a un certo punto si stuferà di aspettare. In fondo, come ha capito Sala, il lavoro di sindaco ha più oneri che onori. E’ un servizio e infatti quelli come Sala ci si trovano male perché sono abituati a essere serviti. Rasia Dal Polo si è guadagnato un posto di responsabilità in una solida azienda. Un monumento della Milano dove ce la si può fare con tanto lavoro. E invece sta imparando che bisogna anche avere a che fare con la stampa, gli avversari, gli alleati e ogni parola può incendiare gli animi. Se a furia di “a breve” si stancasse non si sa se esista un piano B. Si parla di Lupi, uno che nella sua zona l’ultima volta a Milano ha preso pochissimi voti. Ma sembra improbabile. Almeno lo speriamo noi dell’Osservatore.

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Rasia Dal Polo ancora ci crede

Rasia Dal Polo ancora ci crede. Sia chiaro: noi gli auguriamo di farcela, anche se parla con tutti tranne che con noi. Si sarà offeso quando lo abbiamo descritto per quello che è: un kamikaze pronto per la Lega. Nonostante ciò gli abbiamo dichiarato la disponibilità a parlare sul nostro giornale. Intanto piano piano la verità si fa strada anche in lui: nelle ultime dichiarazioni pubbliche ha ammesso il segreto di Pulcinella, cioè che a chiamarlo non è stato “un partito” ma la Lega. E intanto mentre il Gruppo Pellegrini ha preso le (equi)distanze dai candidati, Rasia Dal Polo ancora di crede. Gli alleati dei leghisti meno, perché nelle sue due prime proposte pubbliche ha rispolverato un’idea di Pierfrancesco Maran e una di Carmela Rozza. Non proprio un inizio entusiasmante per uno candidato a guidare il centrodestra. Ma abbiamo provato a sentirlo proprio per offrirgli la possibilità di spiegare un inizio così goffo, ma ha preferito aspettare l’ufficializzazione della candidatura. E noi aspettiamo. Perché tanto per cambiare il centrodestra ha annunciato “a breve” la scelta dello sfidante di Giuseppe Sala. (Quello onesto, ricordate?) Così tra una crisi di governo e il virus che torna a dilagare, lorsignori hanno annunciato il nome a breve. Per qualcosa come la quinta volta. E intanto Rasia Dal Polo ancora ci crede anche se pare se la debba vedere con l’ex ministro, Maurizio Lupi e Maurizio Dallocchio, docente della Bocconi. Nomi pesanti. Dunque se Rasia Dal Polo ce la facesse, sarebbe già una piccola grande vittoria.

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Rasia Dal Polo lancia l”hashtag #rasiachi?

Rasia Dal Polo lancia l”hashtag #rasiachi? Il candidato a candidarsi a sindaco di Milano ha dimostrato di avere una certa autoironia, oltre a un’indubbia competenza in campo comunicativo. Infatti quando i leghisti lo hanno proposto come sfidante di Giuseppe Sala in tanti hanno sottolineato la carenza di esperienza amministrativa del manager genovese. E lui ha rilanciato con l’hashtag giusto. Lo sta accompagnando ai suoi post con cui si comporta già da candidato. E proprio sulle sue prime uscite anche noi dell’Osservatore abbiamo sollevato alcune perplessità, perché pur sempre di una coalizione di centrodestra si tratterebbe. Il condizionale è d’obbligo perché i leghisti sono convinti del nome di Rasia Dal Polo, tanto che alcuni esponenti di primo piano come Gianmarco Senna sono già in campagna elettorale. Manca però la parte degli alleati, non si sa se per semplice calcolo politico o perché è proprio il nome del manager a non piacere. Dalle parti di Forza Italia alcuni sono certi al cento per cento che non sarà lui il candidato, ma che sia solo un nome gettato in pasto ai leoni del circo politico. Un modo dei salviniani per far esporre gli alleati e costringerli a scegliere un altro nome. Noi siamo convinti della decisione della Lega perché sembra il candidato perfetto per Salvini che si vuole misurare nella sfida milanese senza rischiare di rimanere troppo scottato: nelle ultime tornate elettorali infatti il Capitano ha preso diversi sberloni. Parte sempre molto convinto, ma poi finisce come con il paracadute: annuncia l’evento, ma poi cambia idea per sicurezza. Rasia Dal Polo per lui è perfetto, pronto a dividere i meriti e scaricarlo degli eventuali demeriti. Nonostante questo rischio Rasia Dal Polo sembra convinto. Passo dopo passo prosegue questa sorta di pre-campagna e nel frattempo rilascia interviste e prova a costruire un percorso politico.

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Rasia dal Polo per la sicurezza propone i vigili immigrati

Rasia dal Polo per la sicurezza propone i vigili immigrati. Il candidato in pectore del centrodestra per la poltrona di sindaco sta andando avanti nonostante non tutti credano alla sua candidatura, e nel frattempo avanza delle proposte su un tema caro alla coalizione: Rasia dal Polo per la sicurezza propone i vigili immigrati. Ecco il suo intervento: Ogni volta che c’è un omicidio o una violenza su una persona il concetto di SICUREZZA torna alla ribalta. Per poi essere di nuovo derubricato. Abbiamo tante idee e il tema è molto complesso, impossibile da risolvere sui social. Però, un assaggio vorrei darvelo. Il discorso sicurezza andrebbe a mio umile avviso analizzato su due piani ben distinti, ma fortemente complementari: 1. il piano delle istituzioni 2. il piano dei cittadini 1. Si sa che in termini di sicurezza, le deleghe del Sindaco e della Giunta non sono tantissime, però ci sono e si possono ottimizzare, cercando di migliorare la situazione. Fra le tante idee, penso alla Polizia Municipale, troppo spesso oggi vissuta come arma punitiva del Comune per fare cassa. La Polizia Municipale è un organo straordinario, su cui bisognerebbe investire (perché non utilizzare questo tema per attrarre capitali del Recovery Fund?), in termini di immagine, prestigio, soddisfazione economica e formazione. L’agente della Polizia Municipale dovrebbe essere l’amico dei cittadini, non quello di fronte a cui si sbuffa quando ci ferma per strada. Formazione è la parola chiave, deve diventare un corpo di cui si è tutti orgogliosi, capace di attrarre ragazzi giovani volenterosi di fare una bella carriera, ben pagata e stimata. Con tanti cittadini regolari immigrati che stentano a parlare l’italiano sarebbe bellissimo anche riuscire a essere realisticamente inclusivi e consentire a immigrati regolari di aggiungere competenze linguistiche alla Polizia Municipale che potrebbe, così, comunicare meglio con i cittadini che non parlano l’italiano. Si crea lavoro e si diventa inclusivi davvero, non solo a parole.

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