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Pedemontana, Onlit: Regione prepara finanziamenti a pioggia, ma ora paga anche chi vota

Pedemontana, Onlit: Regione prepara finanziamenti a pioggia, ma ora paga anche chi vota. Pedemontana, Onlit: la regione Lombardia si prepara a votare un’altra pioggia di finanziamenti alla società, ma grazie alla Corte dei Conti ora rischia di pagare anche chi vota in aula, e non solo le tasche dei cittadini. Il consiglio regionale della Lombardia si appresta a votare nei prossimi giorni l’ennesimo regalo a Pedemontana, il più grosso di sempre. Nel collegato alla finanziaria regionale pronto per il voto in aula della settimana prossima è comparsa la trasformazione della garanzia voluta da Roberto Maroni nel 2017 in un prestito da 900 milioni di euro – che si andrebbe ad aggiungere ai 1.200 milioni già versati dallo Stato, e a mezzo miliardo di defiscalizzazione. Un rischio grave, perché la Regione è controllante e socia di Pedemontana, e in questi casi se le cose vanno male i prestiti dei soci sono gli ultimi ad essere garantiti. Una recente decisione della Corte dei Conti, però, può cambiare le carte, agendo sull’interesse personale dei consiglieri regionali chiamati a votare. I consiglieri regionali di maggioranza pronti ad alzare la mano per approvare questo attentato alle finanze pubbliche, dovrebbero infatti sapere che proprio in questi giorni la Corte dei Conti di Milano ha deciso di chiedere non solo alle banche, ma anche alla Giunta e ai consiglieri comunali dell’amministrazione Pisapia di restituire alla collettività i 78 milioni di euro di danno prodotti dall’investimento in titoli derivati. Un principio che in futuro potrebbe essere applicato anche a Pedemontana, che resta una partita persa perché pure quest’ultima valanga di soldi pubblici servirà solo a pagare per anni gli interessi alle banche e gli stipendi di Pedemontana. Il voto di oggi può trasformarsi in debito domani: di questo dovrebbero ricordarsi i consiglieri regionali. Quanto fa 900 milioni diviso il numero dei votanti? Se anche si votasse all’unanimità sarebbero 10 milioni di rischio sulle spalle di ognuno. Vale la pena rifletterci, prima di fare l’ennesimo inutile regalo alle banche.

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Tav del Basso Garda sulla Brescia-Verona, ONLIT: proposta fuori tempo e di scarsa utilità

Tav del Basso Garda sulla Brescia-Verona, ONLIT: proposta fuori tempo e di scarsa utilità .Sono partiti nell’ottobre scorso, dopo 20 anni di gestazione del progetto, i lavori sulla linea AV/AC Brescia-Verona. Solo adesso, però, dopo che è stato approvato il progetto definitivo, dalla regione Lombardia è arrivata la richiesta di realizzare la stazione Tav del Basso Garda (non prevista in origine perché essendo stato approvato un tracciato che passa qualche km a sud di Peschiera del Garda e di Desenzano).Il vezzo di aggiungere a valle dell’inizio dei lavori nuove fermate non è nuovo. È già successo con la fermata di Reggio Emilia, fatta anch’essa dopo l’avvio dei lavori, che costò 80 milioni di euro.Il territorio aveva sì bisogno di una fermata sul Garda (uno dei più importanti bacini turistici d’Italia), ma questo se il tracciato dell’opera fosse stato previsto a fianco della linea storica che attraversa già oggi sia Peschiera che Desenzano. Per realizzarla a partire dal nuovo tracciato previsto, ai 2.449 milioni di euro del costo dell’opera ne andrebbero aggiunti almeno altri 100.Ecco uno dei motivi per cui i costi dell’alta velocità italiana sono tripli rispetto ad altre reti europee. Quel che è singolare è che solo oggi l’assessore lombardo ai Trasporti si accorge che questa stazione sarebbe strategica per il territorio. Ma un turista tedesco che arriva in treno a Verona (sono la maggior parte), perché dovrebbe salire su un treno AV per il Garda quando attualmente, con un treno regionale, in 20 minuti percorrerebbe i 22 km di percorso rimanente? Perché raggiungere la stazione AV del Garda per poi prendere un bus o un taxi per recarsi ancora a Peschiera o Desenzano?La proposta, insomma, è fuori tempo massimo e strumentale. Se davvero l’assessore Terzi crede in questa proposta doveva approvare ilprogetto alternativo avanzato da Legambiente e dai maggiori esperti indipendenti del settore dei trasporti, che prevedeva il raddoppio dei binari della Brescia-Verona vicino alla attuale ferrovia, che avrebbe fatto risparmiare cento milioni di euro e oltre 30 ettari di terreni agricoli, avrebbe evitato l’attraversamento dei vigneti del Lugana, toccato il Garda (con fermata o a Desenzano o Peschiera) e assicurato lo sviluppo e la vera interoperabilità del sistema ferroviario per pendolari, merci e Frecce Rosse.

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Pedemontana, Onlit: stralcio Vimercate-Bergamo ennesimo trucco

Pedemontana, Onlit: stralcio Vimercate-Bergamo ennesimo trucco. I dubbi sollevati da alcuni autorevoli organi d’informazione ripropongono ancora una volta il tema della sostenibilità finanziaria di Pedemontana. L’escamotage di stralciare la tratta D da Vimercate verso Bergamo per ridurre il costo dell’opera, è una scelta disperata che sfida la legittimità della concessione e che comunque non basterà per sostenere il finanziamento di 2 miliardi (3 con gli interessi). Questo vero e proprio trucco, che si somma alla forzata ed impropria aggiudicazione della gara al consorzio Webuild-Pizzarotti, non rappresenta un passo avanti ma dieci indietro, perché non tiene conto del raddoppio del costo dell’acciaio, rendendo l’offerta insostenibile e l’eventuale firma del contratto un pericolo per Pedemontana e un rischio per le banche che dovessero finanziarlo. Assegnare i lavori prima di aver ottenuto la provvista finanziaria di 2 miliardi è contro la legge ed è una scelta irresponsabile. Pedemontana continua ad essere nulla più che uno strumento di propaganda e di consenso per la regione Lombardia, basta vedere l’esorbitante numero di addetti (oltre un centinaio per 20 km di rete) e le promesse non mantenute dell’ex Governatore Maroni di rendere gratuito il pedaggio per i residenti locali. Anziché liberare dai vincoli cui sono sottoposti da 12 ani i 25 mila proprietari dei terreni dove dovrebbe passare la Pedemontana, la Regione insiste con un progetto fallimentare che prima o poi verrà valutato dai giudici contabili della Corte dei Conti: allora saranno dolori per la politica che ha fatto finta di non vedere.

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Logistica: un Eldorado per pochi è un Far western per chi ci lavora

Logistica: un Eldorado per pochi è un Far western per chi ci lavora. Comincia a scricchiolare quel mondo della logistica dove pochissimi fanno fortuna e si arricchiscono facilmente, a un prezzo enorme per la collettività: oltre all’alta intensità di lavoro e allo sfruttamento di magazzinieri e autisti dei camioncini, non vanno dimenticati infatti gli affari immobiliari per chi acquista terreni agricoli da trasformare in magazzini, le speculazioni edilizie. La pianura padana, da Novara a Padova, passando per Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, Verona, Bologna – è diventata negli ultimi anni il simbolo del consumo di suolo, un susseguirsi ininterrotto di ‘hub’ logistici sorti uno accanto all’altro senza nessuna pianificazione territoriale, con i comuni che approvano continue varianti ai piani regolatori che snaturano il territorio, incassando in cambio pochi spiccioli di oneri urbanistici. Ma sconvolgendo la vita dei territori con il traffico di Tir e camioncini, l’inquinamento dell’aria e le importazioni di intere comunità etniche e relative famiglie in centro agricoli semi abbandonati. Nel frattempo, all’altro capo della filiera, la grande distribuzione e le piattaforme logistiche dell’e-commerce stanno mostrando tutta la loro capacità di sviluppo, piegando alle proprie volontà un sistema di vendita che desertifica i centri storici costringendo alla chiusura il commercio di vicinato. Ma questo Eldorado per pochi si sta rivelando un Far West privo di regole per chi ci lavora, e senza regole a vincere è sempre il più forte. Gli ultimi due gravi episodi di Novara e Tavazzano (Lodi)), con incidenti mortali, blocchi stradali e scontri tra guardie aziendali e scioperanti mentre la Digos si limitava ad osservare, ci mettono di fronte ad una realtà che non può più essere tollerata. Continui cambi di cooperative, aziende fittizie che nascono e muoiono in continuazione per evadere tasse e contributi e per assicurare la precarietà di fatto, e quindi la sudditanza dei lavoratori, turni massacranti, salari da fame, regole contrattuali aggirate, sicurezza inesistente, contrasti tra sindacati confederali ed autonomi per la rappresentanza della mano d’opera, nuove forme di caporalato etnico: tutti questi elementi sono alla base di una pesante situazione che ci porta indietro di mezzo secolo. Soddisfare i consumi degli italiani facendo ritornare alla schiavitù salariale i lavoratori e consentendo l’enorme consumo di suolo guidato da società immobiliari che “pianificano” l’uso del territorio al posto di enti pubblici completamente assenti non è certo un attestato di democrazia e di modernità per il nostro Paese. Stanno lì a dimostrarlo gli accadimenti di questi giorni davanti ai magazzini della grande distribuzione e della logistica del Nord Italia. Tensioni, pestaggi, blocchi davanti ai cancelli sono all’ordine del giorno. Il fenomeno non è nuovo, ma al ministero dell’interno la politica è sempre più quella di Ponzio Pilato, nonostante siano passati cinque anni dalla morte dell’operaio Abdesselem El Danaf, travolto anche lui da un tir mentre partecipava a un picchetto davanti alla sede del corriere Gls di Piacenza. Lo stesso destino toccato a Novara al sindacalista Adil Belakhdim. I magazzini della grande distribuzione (Lidl, Esselunga, Carrefour, Conad, Coop), oltre a quelli dei giganti dell’e-commerce crescono come funghi per soddisfare una domanda incredibilmente tumultuosa: sono i luoghi dove si stoccano e si smistano le merci che andranno ad alimentare gli scaffali dei supermercati e a riempire le mensole di casa nostra. La grande distribuzione e le piattaforme logistiche committenti delle attività distributive e di consegna non possono lavarsene le mani e non assumersi una parte di responsabilità per come avviene questa importante fase del processo distributivo. D’altra parte, poi, i contratti del commercio e del trasporto merci si devono “parlare” e la conflittualità sindacale va regolata da un quadro legislativo, visto che, lasciata in mano ai sindacati, essa acuisce e non supera i contrasti per la gestione della rappresentanza che spesso finiscono anche questi in rissa.

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Linate, Onlit: “Escluse le compagnie aeree dall’inaugurazione, Sea non inclusiva”

Linate, Onlit: “Escluse le compagnie aeree dall’inaugurazione, Sea non inclusiva”. In una lettera inviata ieri dall’AOC (Airline Operators Committee) e dal Comitato Utenti di Linate al presidente di Sea si legge: “ Le rivolgiamo la presente per esprimerLe il nostro enorme disappunto relativamente alla manifestazione organizzata da SEA in data odierna per presentare all’Illustrissimo Sig. Presidente della Repubblica l‘apertura del nuovo corpo commerciale di Linate”. E ancora:” Disappunto nato dal fatto che i vettori, principali artefici e fruitori dell’espansione commerciale dell’aereoporto, nonché primi sviluppatori, attraverso i corrispettivi contributivi per il mantenimento delle strutture, siano stati coscientemente esclusi da SEA all’inaugurazione di questa importante e nuova struttura aeroportuale”. Va ricordato che per fare questi lavori il Forlanini è stato chiuso al traffico per 3 mesi e tutti i voli sono stati trasferiti a Malpensa con grandi disagi, costringendo i passeggeri a un più lungo tragitto e a tempi d’imbarco di oltre tre ore in partenza (contro una media europea di 2 ore). Le compagnie aeree dovettero traslocare a Malpensa. Non solo, ma anche i costi per recarsi all’aeroporto della brughiera sono stati maggiori. Gli stessi lavori di rifacimento pista e restyling del terminal partenze vennero realizzati 4 anni fa ad Orio al Serio, li però i tempi di chiusura (e i disagi) furono nettamente inferiori. Lo scalo restò chiuso 21 giorni contro i 90 giorni di Linate per un importo di spesa analogo. La decisione di escludere le compagnie aeree dall’inaugurazione assunta dal management, che rappresenta più gli interessi degli azionisti privati (F2i) di minoranza di Sea che quelli dell’azionista di controllo ovvero il Comune di Milano, è una scelta arrogante e per niente inclusiva. Tale esclusione è in contrasto con gli annunci fatti dal Sindaco di Milano Giuseppe Sala che ha parlato di coinvolgimento dei lavoratori e dell’adozione di obiettivi di sostenibilità e di azzeramento delle emissioni di anidride carbonica per il 2030. I lavori giungono in netto ritardo, visto che lo smistamento bagagli era ancora il superstite di quello rattoppato dopo il disastro aereo dell’ottobre 2011. La scelta di “lasciare a casa” le compagnie aeree è una nuova prova di forza di un management autoreferenziale, seduto su una rendita di posizione garantita dal monopolio aeroportuale. Nello scalo non è in attività nessun autobus elettrico e il restyling ha fatto perdere due dei cinque finger di Linate. Ne restano solo tre. Pochi per un city airport che si rispetti.

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Nuovo ad di Fs italiane, Onlit: “Discontinuità nella continuità”

Nuovo ad di Fs italiane, Onlit: “Discontinuità nella continuità”. Luigi Ferraris è il nuovo amministratore delegato di FS Italiane. Con questo nome il premier Mario Draghi inaugura una nuova stagione alla guida di Ferrovie dello Stato si legge sulle agenzie di stampa. E dà così il benservito a Gianfranco Battisti, manager miracolato dal Movimento 5 stelle che si è distinto per aver comprato le ferrovie greche, che nessuno nel mondo voleva (ma le FS dovevano avere un posto al sole come fu per Mussolini), e che ha percepito 1,59 milioni di euro dall’assicurazione delle FS (Generali) per un infortunio avvenuto nel bagno di casa. Il Governo la chiama discontinuità, ma in realtà il nuovo a.d. è in perfetta continuità con i ruoli da lui stesso svolti nel passato con i vecchi governi. Dirigente in controllate di Finmeccanica, Enel, Enel Green Power, Terna, è stato anche Chief Financial Officer per il Gruppo Poste Italiane. In poche parole, insomma, il controllore dei grandi investimenti infrastrutturali del prossimo futuro in capo alle FS e ad ANAS è un appartenente alla immortale razza dei boiardi di Stato. Discontinuità nella continuità dei migliori che erano all’opera già prima dell’arrivo di Draghi.

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