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L’Europa che sogniamo e quella che costruiamo: un appuntamento a Milano

L’Europa che sogniamo e quella che costruiamo: un appuntamento a Milano. In una Milano che si risveglia tra le nebbie della Pianura Padana, si annuncia un convegno che promette di squarciare il velo sulla futura Europa. “L’Europa che vogliamo” è il titolo, ambizioso quanto necessario, di un incontro che domenica prossima, alle 9:30, vedrà il Palazzo Lombardia trasformarsi in un crogiuolo di idee e progetti per il Vecchio Continente. Chi mi conosce sa che non sono mai stato tenero con le utopie, soprattutto quando si tratta di quelle europee, tanto nobili nei principi quanto spesso impalpabili nei fatti. Eppure, l’annuncio di questa iniziativa mi stimola una riflessione, se non un cauto ottimismo. Il fulcro della discussione sarà il “green deal padano”, un progetto che mira a rivoluzionare la Pianura Padana attraverso la sostenibilità e il cambiamento. Un’iniziativa lodevole, senza dubbio, ma che solleva una domanda fondamentale: come? Le sfide che l’Europa si trova ad affrontare sono titaniche. La transizione energetica, lo sviluppo sostenibile, il contrasto agli smog che soffocano le nostre città, sono solo la punta dell’iceberg. E se da un lato è rassicurante vedere che tali questioni trovano spazio nel dibattito pubblico, dall’altro è impossibile non chiedersi quanto di questo trasferirsi dalle parole ai fatti. La presenza di figure come il commissario europeo Paolo Gentiloni, la vicesindaca Anna Scavuzzo e il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per non parlare degli altri illustri partecipanti, conferisce all’evento un peso notevole. Saranno loro, insieme agli altri relatori, a dover rispondere a una domanda semplice ma cruciale: come intendiamo realizzare l’Europa che vogliamo? I panel previsti spazieranno dalla transizione ecologica e digitale, alla società che cambia, fino a una politica estera e di difesa comune. Temi ampi, complessi, che richiedono non solo visione, ma anche una concretezza spesso assente nei palazzi del potere. È facile sognare un’Europa più verde, più equa, più unita. Ma come ci insegna la storia, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare – o in questo caso, il Mediterraneo. La vera sfida non sarà tanto delineare l’Europa che vogliamo, ma piuttosto costruirla. E questo richiederà più di semplici promesse e buone intenzioni. Mentre Milano si prepara ad accogliere questo importante appuntamento, una cosa è chiara: l’Europa che vogliamo deve essere un’Europa delle azioni, non solo delle parole. Sarà interessante vedere se, al termine di questo incontro, saremo più vicini a questo obiettivo, o se ci ritroveremo ancora una volta a navigare nelle nebbie delle buone intenzioni. Indro Rossi

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Sala parla da leader di sinistra e avverte: se esce Maran non è detto che entri uno del PD

Beppe Sala, forte dei suoi “successi” milanesi, da l’impressione di sentirsi oramai investito del ruolo di futuro leader del centrosinistra e nell’intervista rilasciata al Corriere.it non lesina consigli a quello che potrebbe essere il suo futuro partito: Il PD. Il Sindaco rileva infatti “secondo me la cosa che non va è a volte la scarsa voglia di vincere che alberga all’interno del partito. C’è un po’ più la volontà di rimanere su un percorso che è di conferma, di aspetti valoriali del tuo elettorato vero o presunto. Ci si prendono pochi rischi e con pochi rischi si resta al 20%” esortando “vorrei vedere nel Pd più aggressività nell’idea che si vuole vincere”. “Ne parlavo anche con Prodi – ha rivelato Sala -. Dobbiamo trasmettere questo spirito di voler vincere e di voler essere veramente un’alternativa. Oggi vedo troppa accondiscendenza anche verso l’elettorato, non prendersi mai rischi e dire le cose giuste e questo non va bene”. Il primo cittadino ha quindi toccato l’argomento della necessita di coalizzarsi per riuscire a vincere, si è rivolto ai possibili alleati suggerendo possibili alleati  “Se potessi fare un invito a tutti quelli che potenzialmente potrebbero essere in coalizione direi due cose: la prima di cercare le cose che ci uniscono anziché sottolineare quelle che ci dividono e la seconda di dimenticare al momento tutte le storie sul ‘federatore’. Ci sono due modelli, quello del centrodestra per cui chi prende più voti esprime la leadership oppure l’idea del federatore, ma tanto oggi il tema non si pone”. Interrogato sul suo ruolo di possibile federatore del centrosinistra, Sala pur non tirandosi indietro e ha sottolineato “ho ancora tre anni da sindaco” e anche se  “ho voglia di fare politica, sono più alla ricerca di poter dare un contributo, più che del potere, quindi veramente, non per pretattica, ma non ci penso”. Sulla possibilità che l’Assessore Maran si candidi alle elezioni europee e venga eletto, Sala ha detto che l’eventualità di un rimpasto dovuto all’uscita di uno dei suoi, piuttosto che per migliorare la squadra gli lascerebbe l’amaro in bocca ma, se dovesse accadere, il suo dovere sarà proporre ai cittadini la squadra più forte e non usare il Manuale Cencelli”. Quindi “benissimo se uno dei miei si candida, ho aiutato all’epoca Majorino, però togliamoci dalla testa che se esce uno del Pd entra uno del Pd. Con me queste cose non si fanno: può essere, ma entra qualcuno capace”.

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Il nuovo canone concordato di Milano: stanze in affitto da 400 a 600 euro al mese

Il nuovo canone concordato di Milano: stanze in affitto da 400 a 600 euro al mese. A darne notizia è Pierfrancesco Maran (Pd): “La fine del mese di luglio ci porta due importanti novità sulle case a prezzi accessibili, cui stiamo lavorando da diversi mesi: il nuovo accordo del Canone concordato e un aggiornamento degli obiettivi pubblici dello Scalo Farini”. Ma ecco la notizia:”Una novità dell’accordo è l’introduzione di tariffe tipo per le singole stanze per gli studenti universitari (requisiti necessari, la dimensione della stanza almeno 12mq e l’accesso libero alle parti comuni, che possono essere il soggiorno o la cucina). Una modalità molto semplice che speriamo venga applicata in maniera massiva e che magari ci aiuti a limitare il solito aumento dei prezzi di settembre”. Il canone concordato permette tra l’altro di avere una cedolare secca al 10% invece che al 21, come spiega Maran: “Si tratta di uno strumento che viene sottoscritto tra i sindacati degli inquilini e le associazioni dei proprietari, che esiste da diversi anni ma che purtroppo a Milano è poco utilizzato. In sostanza è una modalità contrattuale che prevede che se il proprietario di casa affitta entro i massimali fissati dall’accordo può accedere a una serie di scontistiche sulla tassazione (cedolare secca al 10% anziché al 21% e dimezzamento IMU, principalmente) che fanno sì che il proprietario possa guadagnare una cifra – al netto delle tasse – comparabile a quella che guadagnerebbe nel libero mercato, ma con la grande differenza che l’inquilino paga di meno come affitto. Nel nuovo accordo Milano viene divisa in 5 zone in base ai valori immobiliari. Dopo aver compilato un rapido questionario (classe energetica, presenza mobilio, ecc.) l’appartamento viene classificato in una delle 3 fasce che danno un massimale d’affitto al metro quadro anno che si può richiedere all’inquilino, cui aggiungere le spese”. Perché nonostante l’apparente convenienza questo strumento non è usato massivamente a Milano? Forse perché molti non lo conoscono, visto che se anche è condiviso dalle associazioni di settore, si sa che i corpi intermedi hanno un problema di rappresentanza da anni: un esempio è la Cgil che da anni ha iscritti più pensionati che lavoratori. L’altro può essere che molti proprietari di casa preferiscono non entrare nel radar pubblico e affittare magari in nero sfruttando le continue settimane della moda, del mobile e del tutto. In ogni caso per gli studenti sarebbe il caso di informarsi su chi aderisce all’accordo. Magari qualcosa si risparmia.

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Maran (Pd): “Appoggio a Bussolati”

Maran (Pd): “Appoggio a Bussolati”. L’assessore meneghino ha espresso la sua preferenza nella prima newsletter dell’anno. In cui tra i vari argomenti ha parlato delle elezioni regionali: “L’altra questione politica è quella delle elezioni regionali. Io avrei indubbiamente preferito che il candidato venisse scelto con le primarie e con una coalizione che rispecchiasse quella con cui il centrosinistra governa quasi tutte le città lombarde. Non è andata così, però resto convinto che Pierfrancesco Majorino – che ho visto lavorare da vicino negli anni in cui siamo stati insieme nelle Giunte Pisapia e poi Sala – possa essere una persona in grado di cambiare le cose in Lombardia, se per la prima volta riusciremo nell’impresa di vincere. E credo che sia bene confermare in Consiglio regionale una persona come Pietro Bussolati, con cui condivido una lunga militanza politica, perché si è distinto nel fare un’opposizione intransigente verso la Giunta Fontana, cercando di portarla nei luoghi del loro fallimento. In questi anni Pietro ha presidiato le stazioni dei pendolari per promuovere un servizio migliore di quello erogato da Trenord, ha riassunto in un libro la stagione della malasanità di Giulio Gallera, è riuscito a ottenere la gratuità del Test Prenatale Non Invasivo per le mamme e ha chiesto più medici di famiglia e pediatri. Per questo vorrei invitarvi al lancio della campagna di Pietro questo venerdì dalle ore 18 in via Dogana 1″.

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Ma quindi chi si candida?

Ma quindi chi si candida? Non è una domanda retorica, è proprio un dubbio da elettori. Perché al momento i dati sono pochi: si vota a febbraio. Su questo aspetto ci sono pochissimi dubbi. Fontana ha licenziato una che potrebbe comprarsi mezza Lombardia senza diventare povera, anzi senza diventare nemmeno borghese, e dunque sarà il candidato del centrodestra. Letizia Moratti non era ubriaca: si candida effettivamente con i progressisti. Cioè quelli che sono per l’accoglienza basta che non sia in via San Marco o in una via elegante, in centro o no (non è un caso che di centri di accoglienza nella zona figa di San Siro non ne siano nati mai negli ultimi dieci anni di crisi migratoria: lì ci stanno i ricchi veri con ville supersoniche). Così mentre Fontana avrà brindato per aver silurato una potentissima italiana, a sinistra nessuno ci capisce più un tubo. Si è candidata Moratti con l’appoggio di centristi stile Calenda, cioè i moderati che hanno opinioni forti su tutto, compreso il fatto che la guerra vada fatta specialmente dagli altri, magari quelli così poveri che vivono di reddito di cittadinanza e lavori in nero. Ma anche Pierfrancesco Marana si è candidato con l’appoggio di una parte del Pd, anche se qualcuno dice che Majorino potrebbe candidarsi con l’appoggio di una parte del Pd. E fin qui son fatti. Ora vengono le domande. La prima è: ma quante parti ha il Partito democratico? Perché sembra che siano tantissimi, peccato che negli ultimi trent’anni si sono presi ceffoni su ceffoni. Per abbattere il regno di Roberto Formigoni ci sono voluti i radicali, perché se fosse stato per il Pd Formigoni sarebbe direttamente vicerè regnante. Oggi avrebbero pure un’occasione i dem, ma pare che il riflesso di autosilurarsi sia più forte. Fabio Pizzul, capogruppo in Lombardia di questo singolare partito, sembra parte di quelli che tutto sommato la Moratti l’apprezzerebbero pure, archiviando con una fatality da street fighter anni di opposizione a una che fino a ieri picconava ciò che resta del sistema sanitario pubblico lombardo. Delirio? No: politica. Perché la politica è arte del vincere il potere, o nel caso del Pd lombardo è arte del perdere. In fondo per chi da anni non ha visto l’atrio di un ospedale pubblico Moratti è l’equivalente di Ambrosoli. Segno ulteriore che i peggiori ricchi di tutti sono gli ex poveri. Ma al di là di elucubrazioni varie la vera domanda è: Ma quindi chi si candida? Perché il centrodestra ha bevuto l’amaro calice scegliendo Fontana con tutti i guai che si porta dietro, ma il centrosinistra viaggia sereno verso la mezza dozzina di candidati. E hanno la metà dei voti del centrodestra. Però anche per chi dovrebbe raccontare chi sfida chi sarebbe davvero meglio capire chi si candida. Altrimenti iniziamo tutti a diventare varesotti e amen.

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Maran lancia tre giorni di incontri

Maran lancia tre giorni di incontri. Ecco l’annuncio: è la terza estate che, tra luglio e agosto, organizzo eventi di approfondimento politico. Quando, con Lia Quartapelle e Pietro Bussolati, abbiamo iniziato a lavorarci pensavamo sarebbe stata un’estate quasi tranquilla, non immaginavamo l’accelerazione che ci porta al voto tra due mesi. Abbiamo così sistemato un po’ il programma che non vuole rinunciare all’obiettivo principale: riflettere sul futuro in un contesto estivo leggero, un’occasione per stare insieme per chi è ancora in città. Saremo al Corvetto, uno dei miei quartieri preferiti, all’Arci di via Oglio 21 dove si può cenare, fermarsi per una birretta, ascoltare incontri e interviste divertenti come quello con l’attore Dario Leone o il comico Luca Ravenna. Il Paese è scosso da una crisi politica-parlamentare che lascia il Paese privo di una guida autorevole e competente in una situazione internazionale complessa e mutevole, con l’invasione della Russa in Ucraina che mette quotidianamente sotto sforzo le possibilità sociali ed economiche dei cittadini. Il tutto dopo una pandemia che ha fatto emergere nuove domande esistenziali e nuovi bisogni: dal miglior utilizzo del proprio del tempo agli squilibri di genere, dalle esigenze di chi più ha meno voce alla crisi ambientale. Il Partito Democratico è una forza responsabile e seria che antepone gli interessi dei cittadini alle valutazioni interne. Ora ci apprestiamo a vivere una stagione elettorale che vogliamo concentrare non su alleanze o alchimie politiche ma su contenuti che spieghino con chiarezza come possiamo promuovere azioni concrete per diminuire le diseguaglianze, promuovere pari opportunità e rilanciare sviluppo e crescita sostenibile. L’Italia, negli ultimi 30 anni, ha visto diminuire il salario medio (unico paese in Europa). Per fare fronte all’inflazione, spesso le famiglie hanno la sensazione di raschiare il fondo del barile. Occorre individuare una nuova agenda economica e sociale, che a partire dal lavoro di recupero e valorizzazione dello spazio pubblico nelle città porti a vivere un Paese con salari più alti, ad avere più tutele per lavoratori autonomi, donne e giovani. Viviamo nel mezzo di una crisi ecologica, con una siccità che colpisce la produzione e aumenta la diseguaglianza sociale nella nostra Regione. Reagire e convivere con le opportunità che offre l’esigenza ineludibile di un radicale intervento per la transizione ecologica deve essere al centro della nostra proposta politica. La politica, e in particolare la politica progressista, deve confrontarsi con queste nuove esigenze e darsi una nuova agenda. Non basta aggiustare le cose che non vanno, limitandosi alla manutenzione. Servono risposte sistemiche. Abbiamo di fronte una sfida importante contro il sovranismo a livello nazionale, dove possiamo trovare un’alleanza con i lavoratori, i cittadini più fragili e il settore produttivo e dell’innovazione, mentre subito dopo abbiamo il grande compito di vincere dopo quasi 30 anni Regione Lombardia, impantanata e incapace di affrontare la complessità e la dinamicità che le grandi crisi economiche, ambientali e sociali che stiamo vivendo necessitano. Con questa tre giorni intendiamo approfondire i contenuti con cui ci presenteremo per queste emozionanti e ambiziose sfide, dando spazio alle nuove voci e difficoltà per tracciare un’agenda di cambiamento, per Milano, la Lombardia e l’Italia.

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