8 Ottobre 2021

Commercialisti: crescono iscritti e praticanti

Commercialisti: crescono iscritti e praticanti. Aumenta il tasso della crescita di iscrizioni (+0,4%) spinto dagli Ordini del Nord (+0,9%) ma è nel Sud che cresce maggiormente il reddito medio (+4,5%). Questa la fotografia dei commercialisti italiani scattata dal Rapporto 2021 sulla professione, del Consiglio e della Fondazione Nazionale della Categoria, illustrato oggi nell’ambito di un convegno nazionale tenutosi al Palazzo dei Congressi a Roma. Lo studio evidenzia come l’anno scorso si sia registrata un’inversione di tendenza nella dinamica degli iscritti all’Albo e in quella degli iscritti al Registro praticanti. Nel primo caso, infatti, il tasso di crescita annuale, sceso nel 2019 a +0,1%, nel 2020 è risalito a +0,4% pari a 523 unità rispetto all’anno precedente, mentre nel secondo caso, dopo un lungo periodo di continue flessioni, si rileva un incremento pari a +4,3% equivalente a 532 unità, facendo segnare una netta discontinuità.  In tredici anni gli iscritti all’Albo sono aumentati di 11.799 unità, +11% sul 2007. Nello stesso periodo, la popolazione italiana è diminuita dello 0,6%, mentre l’occupazione è diminuita del 4,1% e le imprese attive sono aumentate del 2,3%. Ciò ha determinato un calo significativo del rapporto tra la popolazione e gli iscritti, passato in undici anni da 555 a 497 e del rapporto tra le imprese attive e gli iscritti che nello stesso periodo è passato da 50 a 43. A livello geografico maggior dinamismo nella crescita degli iscritti negli Ordini territoriali del Nord Italia, in special modo nel Nordovest che rileva il +1% contro lo 0,7% del Nordest. Al Nord, in pole position è la Lombardia con il +1,5% che si traduce in +299 iscritti pari al 57% della crescita totale. Nel Sud invece, dopo il -0,5% dello scorso anno, gli iscritti riprendono a salire seppure ad un tasso minimo: +0,1%. In particolare, nelle Isole l’incremento è nullo, mentre nelle regioni dell’Italia meridionale si registra un aumento dello 0,1%. Da segnalare, in particolare, il -0,4% della Puglia con un calo di 35 iscritti, mentre il Molise, con una riduzione di 17 iscritti, fa registrare il -3,4%. Maggiori quote rosa negli Ordini del Nord, in particolare nel Nord-est si raggiunge il 36,8% con una punta del 41,5% in Emilia-Romagna, mentre nel Sud vi è una flessione per assestarsi al 30,2% con il valore più basso in Campania (26,3%). Analogamente, anche per i giovani, nel Nord, si registrano livelli più elevati (20,4%) rispetto al Sud (15,9%). Da segnalare come la quota di donne continui ad aumentare di anno in anno (+0,2%), mentre quella dei giovani tende a diminuire progressivamente. La crescita dei praticanti è stata particolarmente elevata nel Centro con il +9,9%, molto più bassa invece nel Sud con il +0,9%. Nelle Isole, invece, gli iscritti al Registro dei praticanti sono diminuiti del 5,8%. La crescita al Nord è pari al 4,7% con un ritmo più sostenuto nel Nordest (+7,9%) rispetto al Nordovest (+3%). Per quanto riguarda Il reddito professionale netto medio, nel 2020 continua ad aumentare anche se a un ritmo decisamente più lento rispetto al 2019. Il tasso di crescita annuale passa, infatti, dal +2,6% al +0,5% e il valore medio sale a 61.237 euro superando in tal modo il livello del 2009 (61.138 euro). Il reddito mediano, invece, cresce, del 2,3% portandosi a 35.255 euro pari al 57,6% di quello medio e recuperando terreno, quindi, rispetto al 56,5% di un anno prima. Il reddito medio cresce a Sud (+4,5%), mentre cala a Nord (-0,3%), sebbene il primo equivalga sostanzialmente al 40,2% delle regioni settentrionali. Il divario a livello regionale è massimo tra Calabria (27.102) e Trentino Alto Adige (113.842): il reddito medio del Trentino è 4,2 volte quello della Calabria.

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Venerdì 8 e giovedì 14 ottobre a Castelseprio (VA) visite a cantiere aperto con gli archeologi dell’Università Cattolica

Venerdì 8 e giovedì 14 ottobre a Castelseprio (VA) visite a cantiere aperto con gli archeologi dell’Università Cattolica. La realtà varesina impegnata nella valorizzazione dei beni culturali Archeologistics propone due importanti appuntamenti per ammirare le ultime scoperte sul borgo medievale e confrontarsi direttamente con il team di ricercatori. Il sito archeologico di Castelseprio (VA) continua a stupire. Dopo la basilica di San Giovanni, è il borgo a rivelare una storia ancora poco conosciuta che diventa simbolo del medioevo europeo. E proprio sulle antiche abitazioni del borgo l’equipe dell’Università Cattolica di Milano, guidata dal professor Marco Sannazaro, sta approfondendo le ricerche, offrendo anche al pubblico un’occasione unica, quanto inattesa di due nuove visite a cantiere aperto. Venerdì 8 ottobre e giovedì 14 ottobre, alle 14.30, il team di archeologi si mette a disposizione per guidare i visitatori tra i resti dell’antico borgo di Castelseprio, l’area forse meno nota del sito archeologico varesino. Le visite, curate da Archeologistics, realtà impegnata nella valorizzazione del patrimonio culturale, partiranno da un particolare edificio che è stato rinvenuto e che parrebbe avere tre vani con diverse fasi di utilizzo per poi indagare l’intero borgo che, dopo l’impegno dello scorso agosto, ha richiamato l’equipe della Cattolica. L’Università milanese partecipa al progetto “Castelseprio, centri di potere” insieme ad Archeologia Medievale Unipd e Università di Chieti, su concessione del Ministero della Cultura. Le visite termineranno al Monastero di Torba, dove la torre con funzione di avamposto militare costituiva uno degli elementi strategici del complesso del castrum di Castelseprio. Questa occasione segue le visite a cantiere aperto proposte la scorsa estate che si erano invece concentrato sullo scavo archeologico di San Giovanni di Castelseprio, oggetto di una nuova campagna di ricerca coordinata da Gian Pietro Brogiolo nell’ambito del progetto “Castelseprio, centri di potere”. Nell’area dell’abside e presbiterio della Basilica la ricerca è condotta dall’Università di Padova: la professoressa Alexandra Chavarria guida un team di professionisti e studenti di ambito internazionale. Sepolture, strutture, frammenti di pittura murale: lo scavo ha restituito informazioni interessanti, condivise dal vivo con i numerosissimi visitatori intervenuti. Le visite guidate sono adatte a tutti e propongono sia la conoscenza delle vicende del sito archeologico nel suo complesso, sia il dialogo con l’equipe dell’Università Cattolica per seguire da vicino  il lavoro archeologico e avere un’anteprima sui risultati dello scavo. Per iscrizioni: bit.ly/scaviCastelseprio Per informazioni: 328.8377206 Archeologistics – Fondata nel 2004, è una realtà varesina impegnata nella divulgazione e conoscenza dei beni culturali. Progetta e realizza servizi di gestione museale, educazione al patrimonio, visite guidate e turismo culturale. In Lombardia opera in tutti i quattro siti Unesco Patrimonio dell’Umanità della provincia di Varese e collabora con le principali istituzioni del territorio e con il Ministero per i Beni Culturali. Fornisce consulenza per musei, monumenti e aree archeologiche, luoghi d’interesse storico-artistico e progetta percorsi per scuole e pubblico specialistico. www.archeologistics.it

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Data breach: se lo conosci lo eviti? Non sempre

Data breach: se lo conosci lo eviti? Non sempre di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia Sentiamo (sempre più) spesso parlare di data breach e la richiesta che ne deriva, quasi naturalmente, riguarda la possibilità di evitarlo o, quanto meno, di contenerlo. La risposta, purtroppo, è negativa, non è possibile evitare un data breach poiché il “rischio zero” non esiste. È certo possibile limitare le occasioni per cadere nella “trappola” dell’incidente informatico ed è altrettanto possibile limitare le conseguenze che ne derivano, ma questo è un discorso diverso. Per comprendere il fenomeno del data breach, molto spesso identificato esclusivamente con un attacco hacker, è necessario comprendere di cosa si tratti. Che cos’è il data breach Con il termine “data breach” si indica una violazione di sicurezza che comporta – accidentalmente o in modo illecito – la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati. Come si vede un data breach può comportare la perdita di dati che non derivano da un attacco hacker, ma può derivare anche dalla perdita della diponibilità degli stessi, così come avviene nell’ipotesi in cui ci sia, per esempio, un furto di un device. Quando si verifica il data breach. Le tipologie di data breach sono piuttosto varie e quindi, a mero titolo esemplificativo, possiamo indicare come rientranti nella casistica l’accesso o l’acquisizione dei dati da parte di terzi non autorizzati, il furto o la perdita di dispositivi informatici contenenti dati personali, l’impossibilità di accedere ai dati per cause accidentali o per attacchi esterni, virus, malware, ecc, la deliberata alterazione di dati personali, la perdita o la distruzione di dati personali a causa di incidenti, eventi avversi, incendi o altre calamità, la divulgazione non autorizzata dei dati personali. Dove si può verificare un data breach Un data breach, inteso, come detto, come violazione che incide sulla disponibilità, integrità e riservatezza dei dati, può riguardare qualsiasi ambito, sia fisico sia digitale. Si pensi, per esempio, alla distruzione di un archivio cartaceo, o al furto di documenti o, ancora, alla manomissione e all’alterazione degli stessi. I soggetti interessati da un data breach Un data breach rappresenta un evento che, a seconda delle caratteristiche specifiche del singolo caso, può coinvolegere soggetti diversi. Il titolare del trattamento è colui che, a norma dell’art. 33 GDPR, si deve attivare senza ingiustificato ritardo e, ove possibile, entro 72 ore dal momento in cui ne è venuto a conoscenza, per notificare la violazione al Garante per la protezione dei dati personali, salva l’ipotesi in cui sia improbabile che la violazione dei dati personali comporti un rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Al contrario, qualora la violazione presenti rischi elevati per i diritti e le libertà delle persone fisiche, il titolare, sempre senza ritardo, deve anche provvedere a informare gli interessati. Nel caso in cui sia stato nominato un Responsabile del trattamento quando questi venga a conoscenza di una violazione, è tenuto a informare tempestivamente il titolare in modo che possa attivarsi. Le cause di un data breach Come detto il data breach è violazione di sicurezza che comporta – accidentalmente o in modo illecito – la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati trattati e questo significa, nella pratica, che le misure di sicurezza adottate non hanno funzionato. Non bisogna tuttavia cadere nell’errore di associare automaticamente il data breach all’adeguatezza delle misure adottate per farne derivare sic et simplicter una responsabilità (oggettiva) del titolare del trattamento. La questione è ben più complessa, posto che il GDPR non prevede una responsabilità di questo genere in capo al titolare, ma prevede la possibilità per lo stesso di dimostrare di aver fatto tutto quanto in suo potere per proteggere i dati trattati. Il fattore umano e l’importanza della formazione Se da un lato l’evento data breach non può essere totalmente eliminato, in quanto, come anticipato, il rischio zero non esiste, dall’altro è necessario interrogarsi sulle strategie e sulle misure da adottare per limitare al massimo il rischio. Al di là delle misure tecniche e organizzative “adeguate”, così nella terminologia del Regolamento europeo, una parte importante della prevenzione è rappresentata dalla formazione del personale. Ad oggi il fattore umano rappresenta ancora un tallone d’Achille piuttosto diffuso in moltissime realtà, anche strutturate e di grandi dimensioni. La mancanza di adeguata e specifica formazione, l’assenza di policy adeguate sull’utilizzo degli strumenti informatici e sulle procedure, sono ancora oggi cause piuttosto diffuse di data breach. Il nodo della questione è rappresentato non solo dalla tipologia di protezione adottata, ma anche dalle modalità di applicazione delle stesse, dall’aggiornamento e dalla formazione specifica data ai soggetti che trattano i dati. Non si deve infatti dimenticare che la compliance deve svolgersi a più livelli, deve essere trasversale e non può riguardare solo il lato tecnico e la cybersecurity, ma anche l’aspetto organizzativo e procedurale per quanto attiene al c.d. fattore umano.

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