Tribunale di Milano

Criminalità organizzata: è scontra tra Procura e il Tribunale di Milano

La procura di Milano non ci sta. Aveva chiesto 153 misure cautelari nell’ambito della maxi inchiesta ‘Hydra’, sulle attività di cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra in alcune parti della Lombardia, di cui 87 in carcere, 33 ai domiciliari e il resto con obbligo di firma, e il gip Tommaso Perna ne ha concesse appena 11, tutte in carcere. Ma, soprattutto, lo stesso gip ha ‘smontato’ la teoria che esistesse un network criminale consolidato, che ‘lavorava’ congiuntamente, tra le varie famiglie e ‘ndrine, e sarebbe stata la prima volta in Lombardia, se non si considerano altre inchieste che avevano già fatto emergere collaborazioni estemporanee. La pm Alessandra Cerreti ha depositato un ricorso di oltre mille pagine al Tribunale del Riesame, tornando a chiedere gli arresti non concessi dal gip. Per la pm, il gip, non riconoscendo l’esistenza di una specie di “struttura confederativa orizzontale”, ha “ignorato e smentito le più eterogenee evidenze investigative e processuali dell’ultimo ventennio”. E, a riguardo di alcuni passaggi dell’ordinanza firmata da Perna, sottolinea che il controllo del territorio da parte delle cosche, nel centro-nord, si materializza attraverso “la ricerca di legami col mondo politico e imprenditoriale”, piuttosto che con “la violenza quotidiana”, andando a determinare “un diversificato ingresso anche nell’economia legale”. Insomma, si spara poco, o quasi niente, ma il controllo territoriale, caratteristica fondamentale per contestare l’associazione mafiosa, c’è. Inoltre la pm difende la visione di una struttura orizzontale di coordinamento, che a suo dire è emersa dall’inchiesta ‘Hydra’, avvertendo, nel ricorso al Riesame, di non avere mai parlato di ‘super mafia’ ma di componenti mafiose, che si alleano e si consorziano solo nel territorio milanese, autorizzate dalle ‘case madri’. Giovedì mattina era intervenuto sul tema anche il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, con un comunicato stampa in cui aveva sottolineato che “il controllo del gip, lungi dal dover essere classificato come una patologia, evidenzia il fondamentale principio dell’autonomia della valutazione giurisprudenziale”. Roia aveva anche difeso la sezione gip-gup del Tribunale, che “ha inteso operare – si leggeva nel comunicato – anche in questa vicenda, che ha registrato l’assoluto rispetto delle regole codicistiche e di organizzazione del lavoro giudiziario”.

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Fabio Roia é il nuovo Presidente del tribunale di Milano

Fabio Roia è il prossimo presidente del tribunale di Milano. La decisione è stata presa nella giornata di mercoledì 18 ottobre dalla quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura: hanno votato all’unanimità. Roia ha una lunga carriera all’interno del Palazzo di giustizia del capoluogo meneghino: ha lavorato sia in Procura che in Tribunale. Roia si è laureato all’Università Cattolica. È poi entrato in magistratura ad aprile 1086. È poi diventato pubblico ministero a Milano e precisamente nel pool “fasce deboli”. Roia è infatti noto soprattutto per il suo impegno nei confronti dei soggetti deboli. Nel 2018, infatti, gli è stato assegnato l’Ambrogino d’Oro. Dopo gli anni trascorsi nel pool fasce deboli, Roia è stato giudice della sezione competente sui reati economici. Successivamente sui reati ai danni di soggetti deboli e infortuni sul lavoro. È stato per un periodo nel gruppo Unicost ed è poi tornato nel capoluogo meneghino per presiedere la sezione Misure di prevenzione del tribunale. Durante questo incarico ha continuato a occuparsi di persone fragili e femminicidi tanto da diventare consulente della commissione parlamentare di inchiesta su femminicidio e membro del tavolo contro la violenza di genere in Regione Lombardia. Insieme al Comune di Milano, ha promosso l’introduzione di uno sportello in grado di accogliere, ascoltare e fornire sostegno psicologico a tutte le vittime di violenze, maltrattamenti e stalking. Infine ha ricoperto per un anno e mezzo il ruolo di presidente vicario. Adesso la nomina a Presidente del Tribunale.

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Visibilia Editore: al vaglio i conti della società fondata da Daniela Santanchè

Spetterà a una commercialista andare a vedere nei conti di Visibilia Editore, ma anche nell’amministrazione, nella gestione dei crediti e nei progetti di business, per capire se ci siano o meno irregolarità di bilancio e finanziarie, come ipotizza la Procura, e se la società fondata da Daniela Santanchè possa stare in piedi o meno. Il Tribunale civile di Milano ha ordinato un’ispezione giudiziale sull’amministrazione dell’azienda editoriale, presieduta fino al gennaio 2022 dalla ministra del Turismo, la quale l’autunno successivo ha ceduto le quote a Luca Ruffino, divenuto presidente a marzo e morto suicida il 5 agosto. I giudici (Simonetti-Ricci-Zana) hanno accolto le richieste di un gruppo di soci di minoranza, guidati da Giuseppe Zeno e rappresentati dall’avvocato Antonio Piantadosi, che hanno intentato causa per presunte irregolarità, e dei pm Laura Pedio e Marina Gravina, titolari di più filoni di inchiesta sul caso Visibilia, che vede indagata la senatrice FdI per falso in bilancio e bancarotta. Gli azionisti di minoranza avevano denunciato da tempo la “mala gestione” degli ex amministratori, tra cui Dimitri Kunz e Fiorella Garnero, rispettivamente compagno e sorella della ministra (indagati), ma pure del nuovo Cda, che da fine agosto ha come presidente Giuseppe Vadalà Bertini, che ha preso il posto di Ruffino. Nello scenario peggiore per vecchi e nuovi amministratori gli esiti dell’ispezione potrebbero portare al commissariamento della società e al fallimento, con i profili penali di bancarotta annessi. Intanto, i giudici mettono nero su bianco che il “nuovo organo gestorio di Visibilia Editore” non si è posto “in decisa discontinuità con il precedente consiglio di amministrazione”, perché il bilancio 2022 è stato presentato “all’assemblea di maggio 2023 in continuità con il bilancio 2021”, così come “la semestrale al 30 giugno 2023”. Bilanci “truccati”, secondo i pm, soprattutto nelle voci dell’avviamento e dei “crediti per imposte anticipate”. Nessuna “iniziativa”, poi – si legge nel provvedimento che tratta temi già messi in luce da piccoli azionisti e pm – è stata presa nei confronti del precedente cda per i “gravissimi fatti” relativi alla gestione della cassa integrazione Covid, con dipendenti che lavoravano mentre Visibilia avrebbe incassato l’ammortizzatore sociale, e su cui è in corso un filone di inchiesta per truffa aggravata allo Stato. Oltre ad elencare i capitoli sui cui verterà l’ispezione, il Tribunale fa riferimento ai “gravi episodi relativi alle violazioni della normativa inerente le comunicazioni al pubblico delle partecipazioni azionarie”, ossia la scalata occulta di Ruffino, che con la sua Sif Italia era diventato il maggiore azionista di Visibilia. Non ci sono certezze, per i giudici, nemmeno “sul permanente impegno della socia Sif” a “sostenere il business plan 2023-2025 e risulta necessario indagare sugli attuali assetti proprietari”. Intanto, la spa fa presente che l’ispezione giudiziale è “un provvedimento volto ad un approfondimento istruttorio, attivato principalmente nell’interesse della società stessa e non contiene pertanto alcuna indicazione, anticipazione e/o giudizio”. Dal canto loro, i soci di minoranza, con l’avvocato Piantadosi, affermano che “si potrà fare finalmente chiarezza sulle criticità rappresentate dai soci e rilevate dalla Procura”.

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L’ex vice coordinatore regionale di Forza Italia, Lara Comi, condannata a 4 anni e 2 mesi

L’eurodeputata di Forza Italia Laura Comi è stata condannata a 4 anni e 2 mesi di carcere nell’ambito del processo “Mensa dei poveri” che si è chiuso lunedì con la sentenza di primo grado pronunciata dal tribunale di Milano presieduto dal giudice Paolo Guidi. La pena è stata identica alla richiesta della procura di Milano che per lei ha ipotizzato una corruzione di incaricato di pubblico servizio legata all’ente regionale lombardo Afol, che si occupa di formazione professionale. Comi era finita agli arresti domiciliari – poi revocati – nel novembre del 2019 per corruzione, false fatture e truffa ai danni dell’Unione europea per circa 500 mila euro. Anche l’ex deputato di Forza Italia Diego Sozzani, originario di Novara, è stato condannato a un anno e un mese seppur per altri fatti non legati alla Comi. Il processo Mensa dei poveri vedeva al centro la figura di Nino Caianiello, detto il “Mullah” e già ras di Forza Italia nel varesotto. Una figura politica carismatica in ambito locale intorno alla quale la procura di Milano aveva costruito un’indagine che aveva svelato un vaso reticolo di intrecci affaristici, politici e corruttivi. Caianiello a chiusura delle indagini ha scelto di patteggiare e ha ottenuto una condanna a 4 anni e 10 mesi. Tante altre figure, a partire dalla Comi (che a Bruxelles ha preso il posto lasciato libero da Silvio Berlusconi che aveva rinunciato al seggio) hanno scelto di affrontare il processo che si è chiuso il 2 ottobre. Circa una settantina di persone, quasi tutte assolte e spesso su esplicita richiesta dei pm Silvia Bonardi e Stefano Civardi. Tra gli assolti ci sono il consigliere regionale lombardo di Forza Italia Fabio Altitonante, attuale sindaco di Montorio al Vomano (Te), l’ex vice coordinatore lombardo del partito azzurro Pietro Tatarella e Paolo Orrigoni, imprenditore e politico leghista proprietario della catena di supermercati Tigros. Peraltro, nel caso di Orrigoni, tutti coloro che erano indagati per i fatti a lui contestati (una presunta corruzione per la costruzione di un grosso supermercato in provincia di Varese), avevano scelto la via del patteggiamento di una pena. In totale gli assolti sono circa una cinquantina.

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Sottoscritto in Prefettura il Protocollo per gli sfratti rapidi

Sottoscritto in Prefettura il Protocollo per gli sfratti rapidi. E’ stato sottoscritto il “Protocollo d’intesa per il miglior raccordo operativo finalizzato alla tutela delle fragilità in fase di escomio”. Il documento mira a contenere le criticità che si verificano in occasione dell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto, anticipando il più possibile ai destinatari dei provvedimenti l’informazione sugli strumenti di supporto a loro favore, in caso di difficoltà o necessità. Viene così creata una rete operativa tra le istituzioni coinvolte (organi della procedura di sfratto, servizi sociali e uffici comunali preposti alle politiche abitative) nell’interesse dei cittadini, in modo da assicurare da un lato il rispetto delle tempistiche assegnate dalla procedura e, dall’altro, il minor disagio per i soggetti in condizioni di fragilità. Ampia risulta la platea degli Enti sottoscrittori del Protocollo, realizzato con il coordinamento della Prefettura: Corte d’Appello di Milano, Tribunale di Milano, Città Metropolitana di Milano, ANCI Lombardia, Comune di Milano, Comuni ed Enti capofila degli ambiti territoriali della Città metropolitana di Milano, Ordine degli Assistenti Sociali e Ordine degli Avvocati. Con la finalità di orientare i nuclei familiari, i sottoscrittori – nel corso dei lavori di stesura del Protocollo – hanno elaborato materiale informativo in 4 lingue (italiano, inglese, spagnolo e arabo) sui servizi offerti alle Amministrazioni comunali, che verrà diffuso sui canali istituzionali degli organi della procedura e dei Comuni, facilitando la conoscenza delle misure previste in caso di disagio abitativo e difficoltà socio-economica. Tra gli impegni concordati, vi è la massima divulgazione del materiale informativo in primis nell’ambito di tutte le fasi della procedura di sfratto, in particolare in occasione della notifica dei provvedimenti, nonché attraverso la messa a disposizione nelle aule di udienza e nelle cancellerie. I Comuni cureranno la corretta comunicazione in ordine alle modalità di accesso ai Servizi di riferimento e, sulla base del principio della volontarietà di richiesta di aiuto da parte del cittadino, assicureranno la massima tempestività nel fornire supporto al nucleo interessato che si rivolge agli uffici. Le azioni sopra indicate saranno sostenute dall’Ordine degli Assistenti Sociali e dall’Ordine degli Avvocati, i quali sensibilizzeranno i professionisti associati sulle azioni concordate e raccoglieranno in una sezione dedicata del proprio sito internet ogni utile informazione relativa alla tematica. La Prefettura curerà il monitoraggio mediante un apposito tavolo tecnico, mirato ad individuare linee d’azione comuni al fine di rendere più fluida e socialmente sostenibile l’esecuzione degli sfratti. Nel corso della cerimonia di sottoscrizione, il Prefetto Renato Saccone ha espresso “soddisfazione per l’iniziativa, che pone attenzione ad un fenomeno rilevante nel territorio metropolitano milanese, in particolare a seguito della ripresa delle procedure esecutive dopo il periodo di sospensione derivante dalla normativa emergenziale per il contenimento del contagio da Covid-19. L’auspicio è la realizzazione di un modello operativo efficace, che possa essere esteso in tempi brevi anche ad ambiti giurisdizionali ulteriori rispetto a quello del Tribunale di Milano”.

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