1 Settembre 2022

Quante aziende più o meno pubbliche possono pagare le bollette?

Quante aziende più o meno pubbliche possono pagare le bollette? Perché oggi come oggi Milano e la Lombardia finanziano attivamente decine di società. Alcune direttamente, altre indirettamente, ma di fatto sono decine. E con conti molto ampi, perché negli ultimi decenni sono stati investiti molti soldi pubblici per costruirle. Ci sono aziende dell’energia come A2A, dei trasporti come Metropolitana Milanese e Trenord e via così. Noi abbiamo proposto che A2A faccia la sua parte, visto che ha avuto lauti profitti dalle bollette anche mentre le persone erano costrette a vivere di sussidi pubblici causa restrizioni anti Covid. Non si tratta di un’azienda a capitale pubblico decotta, anzi, è tutt’altro che un carrozzone: negli ultimi anni ha avuto la forza di spendere centinaia di milioni per operazioni di acquisizioni e investimenti. E per i relativi avvocati perché in diversi casi c’è chi si è messo di traverso a colpi di denunce e ricorsi. Allora visto che pure le parcelle legali sono salatissime, perché non usare quei soldi per alleggerire i conti di imprese e famiglie? Perché per una volta non sviluppiamo davvero un sistema pubblico-privato a 360 gradi: non possiamo più utilizzare il vecchio sistema in cui il sistema è pubblico quando c’è da dividere le perdite e privato quanto c’è da incassare i profitti. Questa volta possiamo tutti insieme provare davvero a “fare sistema” “fare rete” e tutti gli eufemismi che di solito significano sgravi o spese da  mettere in conto a Pantalone (cioè tasse per tutti a vantaggi di pochi). Potremmo scoprire che la Lombardia e l’Italia sono più forti di quanto pensino, potremmo scoprire che il “stringiamoci a coorte” non è solo un ritornello dell’Inno Nazionale, ma qualcosa di più: è una prospettiva, un’idea di come attraversare questi tempi malsicuri. Per attuarla non servono grandi liriche, basta iniziare dalle questioni pratiche riassumibili in una domanda: Quante aziende più o meno pubbliche possono pagare le bollette?

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Metrotranvia Milano-Limbiate, De Rosa (M5S): «Servizi e pendolari non siano vittime della campagna elettorale»

Metrotranvia Milano-Limbiate, De Rosa (M5S): «Servizi e pendolari non siano vittime della campagna elettorale». Massimo De Rosa (M5S): «Servizi e cittadini non dovrebbero mai essere vittime della contesa elettorale. La politica ha il compito di assumersi responsabilità e trovare soluzioni, non di scaricarsi vicendevolmente le colpe. Il balletto in atto in questi giorni fra centrodestra e centrosinistra, fra Regione Lombardia e Comune di Milano, in merito alla sospensione del servizio della metrotranvia Milano-Limbiate è stucchevole. Regione, Comune e Città Metropolitana devono trovare immediatamente una soluzione. Altrimenti a pagare il conto dei loro battibecchi elettorali, saranno i cittadini del Nord Milano, che ricordiamo essere una delle aree meno servite della provincia, per quanto riguarda i mezzi pubblici, e fra le maggiormente inquinate d’Europa. Lo scorso mese di luglio, il Consiglio regionale aveva approvato il mio invito alla Giunta ad interloquire con Comune, Città metropolitana e Governo al fine di salvare la tratta. Purtroppo, in quell’occasione, la Lega, confermandosi il partito del no alle opere utili, ha negato l’impegno economico necessario a scongiurare il rischio di sospensione del servizio» così il Consigliere regionale Massimo De Rosa (M5S), in merito al rischio di sospensione del servizio della metrotranvia Milano-Limbiate.

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IlSegno: “Lombardia colonizzata dalle mafie”

IlSegno: “Lombardia colonizzata dalle mafie”. Non più semplici “infiltrazioni”, ma una presenza sempre più strutturale basata sugli affari e di fatto agevolata da molti imprenditori locali. Sul numero di settembre parla Alessandra Dolci, procuratrice aggiunta e coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia. La mafia sta colonizzando Milano e la Lombardia. Lo sostiene Alessandra Dolci, procuratrice aggiunta e coordinatrice della della Dda, intervistata sul numero di settembre de Il Segno, mensile della Diocesi di Milano. «Mentre prima parlavamo di infiltrazioni della criminalità mafiosa, soprattutto ’ndranghetista, – afferma Dolci, – ora nel contesto del Distretto (la parte occidentale della Regione Lombardia, ndr) parliamo di vera e propria colonizzazione per una buona parte del territorio. È una criminalità che ha cambiato pelle». «Per noi il termine infiltrazione è sbagliato perché dà l’idea di qualcosa di malvagio che si inserisce in un tessuto sano. Purtroppo il tessuto sano non c’è, non aveva gli anticorpi, non ha saputo respingerli. Quel che noi documentiamo nelle nostre indagini è che molti imprenditori agiscono secondo logiche di convenienza, quindi ritengono “conveniente” fare affari con i mafiosi». Una presenza “strutturale” e sommersa, testimoniata anche da alcune cifre riportate a margine. Ad esempio riguardo l’usura: tra il gennaio 2021 e il giugno 2022 i casi dichiarati in tutta la Lombardia sono stati appena 7; eppure solo nel primo semestre di quest’anno la Fondazione San Bernardino ha ascoltato 94 persone vittime di usura. 503 i milioni di euro scoperti dalla Guardia di Finanza in Lombardia nel 2020 in indagini per riciclaggio e autoriciclaggio e 219 milioni di patrimoni illeciti rilevati in accertamenti antimafia, di cui 80 sequestrati e 31 confiscati. Dolci ricorda anche il ruolo attivo della Chiesa ambrosiana nel contrasto alle mafie. Già più di tre anni fa l’arcivescovo Mario Delpini ha scritto una lettera ai parroci invitandoli a intervenire in particolare sull’usura, quindi ha promosso incontri sul territorio ai quali ha partecipato anche la magistrata: «un’iniziativa unica nel suo genere», afferma. Dell’impegno della Chiesa ambrosiana parlano Luciano Gualzetti, presidente della San Bernardino, e don Luigi Caldera, decano di Cesano Boscone, che insieme a Buccinasco, Corsico, Assago e Trezzano sul Naviglio, è considerata una zona in cui la ’ndrangheta è molto radicata. Tra gli altri servizi – Il lavoro di cura è in crisi. Un’inchiesta sul grido d’allarme delle organizzazioni che si occupano dell’accoglienza e assistenza ai soggetti più fragili e non trovano più educatori e infermieri. Attività faticose e spesso malpagate che sempre meno persone sono disposte a fare. – Come è cambiato il “mestiere” del catechista. Sono migliaia nella diocesi di Milano (quasi tutte donne): devono continuamente inventare metodi e linguaggi per parlare di Gesù ai bambini di oggi. E spesso sono un supporto anche per le famiglie. – A pochi giorni dalle elezioni politiche Ferruccio de Bortoli indica cinque temi urgenti per evitare il declino dell’Italia: dall’immigrazione agli anziani abbandonati ai giovani in fuga, un promemoria sociale per il futuro governo, e per una presenza più «visibile e chiara» dei cattolici in politica. Vai alla presentazione completa.

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Anche io non rinuncio ai miei figli

Anche io non rinuncio ai miei figli. Non ho mai sentito una frase così bella da nessun politico, né uomo, né donna, né di sinistra, né di destra: “non voglio rinunciare a mia figlia se dovessi diventare premier”. Sentirlo dalla voce di una donna, di una mamma ha un valore immenso, è la dimostrazione massima che una madre può non rinunciare alla sua carriera, nemmeno quando rappresenta un Paese, perché si può fare e si deve fare. Quante volte mi sono affannata a dire e scrivere che l’Italia non è un Paese per madri, che non esiste un vero welfare capace di dare un aiuto concreto alle famiglie, alle donne che lavorano. Oggi, invece, quando ho letto questa frase di Giorgia Meloni ho sentito un messaggio di speranza, ho pensato: ”finalmente qualcuno l’ha detto!”. Io sono sempre stata dell’idea che le donne hanno delle capacità maggiori rispetto al sesso maschile, capacità che si moltiplicano all’ennesima potenza quando diventano madri, diventano combattenti che affrontano l’emergenza quotidianamente, senza mollare, perché c’è sempre un piano B da mettere in atto. Per avvalorare ancora di più ciò che la Meloni afferma riporta l’esempio di due donne di primo piano in Europa: «Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha sette figli, Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, sta crescendo quattro maschi». Ecco perché nessun dubbio sulla capacità di conciliare i due ruoli di capo di un governo e madre: «Se diventerò premier non rinuncerò a nulla di ciò che riguarda mia figlia Ginevra. Le donne si organizzano sempre». Quest’ultima è la frase più bella che io abbia mai sentito in una campagna elettorale. di Rosangela Cesareo, esperta di comunicazione e relazioni istituzionali

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