Altro che città dei 15 minuti: Roma è diventata la città delle 24 ore di rabbia, 7 giorni su 7. Mentre il sindaco Roberto Gualtieri sbandiera modelli europei, strategie sostenibili, digitalizzazione e green economy, i romani vivono immersi nel degrado, strangolati da una mobilità da terzo mondo e offesi da una giunta che parla di “transizione”, ma pratica il tradimento sociale. La Capitale è “smart” solo nelle slide proiettate nelle conferenze stampa, mentre i cittadini arrancano tra cantieri infiniti, ZTL punitive, cassonetti traboccanti e periferie abbandonate. Gualtieri, si è insediato nell’ottobre del 2021, aveva promesso di risolvere l’emergenza rifiuti entro un anno, siamo giunti alla fine 2025 e l’unico risultato concreto è il consolidamento del caos. La differenziata è ferma al 45%, la manutenzione Ama è uno spreco sistemico (peraltro, quando ritirano i cassonetti dei rifiuti presso le abitazioni, ritiro porta a porta, sono anche fastidiosi con rumori di attrito del sistema meccanico), il termovalorizzatore è ancora al centro di polemiche, mentre la città annega nella spazzatura. Una vergogna urbana che si estende anche ai trasporti a firma Atac con diagnosi negativa in stato comatoso, peraltro le metropolitane viaggiano a singhiozzo ed i cantieri del Giubileo, che dovevano rilanciare la città, l’hanno paralizzata ed imbottigliata. Nessun potenziamento reale, nessuna intermodalità, solo blocchi, deviazioni e ritardi. E poi la visione urbanistica, quella “smart city” da manuale ONU, invece della rigenerazione, si è scelto l’abbandono selettivo. Le periferie, che Gualtieri ha definito “brutte” ed “inaccettabili”, sono state insultate prima con le parole e, poi, con i fatti. Zero investimenti culturali, zero piani turistici diffusi con solo cemento per eventi centralizzati e cordoli per piste ciclabili agli utenti a due ruote della domenica. Garbatella, Ostia Antica e il quadrante Est sono aree ignorate, desertificate e disprezzate. Come se Roma finisse al confine del Grande Raccordo Anulare. Sulla casa, poi, si è giunti al grottesco. Il piano per l’emergenza abitativa della giunta Gualtieri, presentato nel 2023, premia gli occupanti abusivi con percorsi di regolarizzazione, mentre le famiglie in graduatoria aspettano immobili fantasma e subiscono l’ennesima beffa con più burocrazia, nuovi carrozzoni e nessuna soluzione (oggi, forse, sarà più difficile con la Legge 80 del 2025). Una gestione che premia l’illegalità e ignora i cittadini rispettosi delle regole. Sul fronte ambientale, il paradosso è totale poiché da un lato si promettono “un milione di alberi” e dall’altro si autorizzano tagli indiscriminati. In Commissione Trasparenza, sono piovute denunce su abbattimenti sospetti ed affidati a ditte lautamente pagate. Riforestazione? Solo sui social. E mentre la ZTL Fascia Verde, la più estesa d’Europa, è diventata una trappola sociale con le restrizioni imposte senza consultazione, i trasporti alternativi insufficienti, con i mezzi pubblici vetusti e nessun sostegno concreto per le famiglie penalizzate. È un green solo per chi può permetterselo. Peraltro, sul piano politico, lo spettacolo è ancora peggiore. Il rimpasto in giunta è stato un blitz autocratico del sindaco Gualtieri che ha imposto le sue nomine senza consultare il PD romano (suo elettore principale), alimentando tensioni interne e rafforzando il suo cerchio magico. Emblematico il caso Ruberti, ricordate, venne cacciato nel 2022 per un episodio grottesco (“inginocchiati o ti sparo”), ed è rientrato dalla finestra con un pacchetto di incarichi pubblici. Altro che discontinuità, è la pura restaurazione del potere personale. E tutto questo, mentre Milano, tra stanchezze e contraddizioni, cerca soluzioni, Roma continua a dormire. Peraltro, la sveglia suona ogni giorno, sotto casa, quando ci si imbatte nell’ennesimo marciapiede divelto, nell’autobus fantasma, nel traffico più assordante e nella sporcizia, ormai, diventata elemento di arredo urbano. E dietro a tutto questo non c’è solo l’incompetenza, ma un progetto preciso di trasformare Roma in un laboratorio sociale dove il cittadino viene gestito come un oggetto logistico, ottimizzato, sorvegliato e tracciato. La città dei 15 minuti, nella sua versione romana, è una gabbia con il Wi-Fi e non un modello di vivibilità, ma un meccanismo di controllo con la chiusura nei quartieri di noi cittadini, penalizzati se ci muoviamo e colpevolizzati se non ci adeguiamo ai nuovi standard verdi imposti dall’”alto”. L’Agenda 2030 e il Green Deal diventano scuse per imporre divieti, aumentare le tasse e restringere le libertà. Questa non è sostenibilità, ma una pura coercizione. Non è neppure progresso, ma è un’assurda imposizione medievale. I più colpiti? Ancora una volta i cittadini delle periferie umiliati, esclusi e dimenticati. Ed ora anche minacciati con la loro casa e la conformità con i parametri energetici europei, potranno così essere esclusi dai bonus o addirittura veder messa a rischio la proprietà. La giunta Gualtieri ha firmato un patto con la tecnocrazia e non con i romani. Agricoltori sotto attacco, cibo sintetico spinto come soluzione etica e chi produce viene criminalizzato. È un disegno anti-umano, che prende forza mentre i servizi per il Popolo crollano. E allora basta. Occorre una Class Action popolare, trasversale ed apartitica, ma radicale, contro questa amministrazione comunale. Poiché Gualtieri ha tradito il mandato ricevuto. Ha disatteso ogni promessa. Ha trasformato Roma in una simulazione di modernità utile solo a conferenze e bandi europei. Bisogna denunciarlo politicamente ed agire per le vie legali per inadempienza su servizi essenziali, per gestione opaca di appalti e rimpasti, per scelte autoritarie imposte senza dibattito, per danni materiali e psicologici causati da misure punitive. Roma non è una vetrina ideologica. È una città viva, fatta di cittadini liberi che non vogliono essere ottimizzati, tracciati e zittiti. La vera smart city è quella che serve a chi la abita e non a chi la governa. Roma ha bisogno di voce e non di algoritmi, di partecipazione e non di imposizioni, e soprattutto, di rispetto! Un sindaco che disprezza la sua città non può rappresentarla. Roma merita molto di più. E deve tornare a lottare per ottenerlo.