Giorgio Morelli, nato ad Albinea (RE) il 29 gennaio 1926, cattolico, nella primavera del 1944 entra nella formazione partigiana Brigata Garibaldi per uscirne nel 1945 ed entrare nelle Fiamme Verdi, i partigiani cattolici, arruolandosi nella 284^ Brigata “Italo” fondata da don Domenico Orlandini, “Carlo”, operante nelle province di Reggio Emilia e Modena. Giorgio Morelli e Eugenio Corezzola nella primavera 1945 fondano “La Penna” giornale delle Fiamme Verdi. Conclusa la guerra riprendono la testata con il titolo “La Nuova Penna” esperienza conclusa nel 1947. Il 9 agosto 1947, ad Arco, in provincia di Trento, moriva Giorgio Morelli, giornalista e partigiano, a soli vent’anni. Moriva a causa delle conseguenze di un vile attentato subito oltre un anno prima, la notte del 27 gennaio 1946, mentre rientrava nella sua casa nella frazione di Albinea (Reggio Emilia). Gli spararono sei colpi di pistola. Uno raggiunse un polmone. Non si riprese mai più. A 78 anni dalla sua morte, ricordare Giorgio Morelli non è solo un atto di memoria. È un gesto necessario di giustizia civile verso una figura scomoda, coraggiosa, e troppo spesso dimenticata. La sua storia è quella di chi, giovane e idealista, si getta nella lotta per la libertà con ardore e passione, ma anche di chi rifiuta il silenzio e paga con la vita il prezzo della verità. Nato nel 1926 ad Albinea, Morelli era appena diciassettenne quando nel 1943 inizia la sua battaglia contro il fascismo: prima con la parola, attraverso i “Fogli Tricolori”, ciclostilati clandestini; poi con le armi, unendosi prima alla Brigata Garibaldi, che lasciò nel 1945 per confluire nei gruppi cattolici delle Fiamme Verdi. Il suo nome di battaglia era “Solitario”. Il 23 aprile 1945 fu il primo partigiano ad entrare nella Reggio Emilia liberata, un gesto che simboleggia la speranza di una nuova era. Ma quella speranza si infrange presto contro la violenza del dopoguerra, le epurazioni, i regolamenti di conti, le ombre che calano sulla Resistenza. L’assassinio del suo amico Mario Simonazzi, comandante partigiano di orientamento non comunista, ucciso nella Pasqua del ’45 da altri partigiani, fu uno spartiacque per Morelli. Sconvolto da quella e da altre morti, e dal silenzio che le circondava, Morelli fonda insieme a Eugenio Corezzola il settimanale indipendente “La Nuova Penna”, con l’obiettivo di rompere l’omertà e fare luce sui delitti politici, gli insabbiamenti e i depistaggi che stavano segnando la provincia reggiana nel dopoguerra. Il primo numero esce il 23 settembre 1945. Dopo appena una settimana, i comunisti locali lo bollano come “organo dei nemici del popolo”. Il presidente dell’ANPI locale, il comandante partigiano “Eros” Ferrari, lo espelle dall’associazione. La risposta di Morelli arriva con uno degli editoriali più forti e coraggiosi della stampa del dopoguerra: “Eros, per chi suonerà la campana?” «La nostra espulsione dall’Anpi, da te ideata, è per noi un profondo motivo d’onore… La nostra voce, che chiede libertà e invoca giustizia, è una voce che ti fa male e che ti è nemica». Da quel momento, le minacce si moltiplicano. La tipografia che stampa il giornale viene danneggiata. “La Nuova Penna” deve spostarsi a Parma, dove viene ospitata dai Padri Benedettini. Ma Morelli non si ferma. E questo coraggio, questa insistenza nel voler dire la verità, gli costano la vita. Il 27 gennaio 1946, mentre cammina verso casa in una notte fredda e senza luce, viene colpito da sei colpi di pistola. Nessuno sarà mai condannato. Nessuna verità ufficiale verrà mai accertata. Giorgio sopravvive, ma non guarisce. Morirà un anno e mezzo dopo, a soli vent’anni, in un sanatorio ad Arco. Eppure, il suo nome non è tra quelli dei decorati, non è celebrato pubblicamente, non campeggia nei monumenti alla Resistenza. Nella sua stessa terra, Giorgio Morelli è stato a lungo dimenticato, forse perché scomodo, forse perché difficile da incasellare nelle narrazioni ufficiali. Ma oggi, dopo 78 anni, il tempo è maturo per superare le letture ideologiche del passato, condannate dalla storia e dalla verità. Non si tratta di riscrivere il passato, ma di riempire i vuoti di memoria, di onorare un giovane che ha combattuto prima contro il fascismo e poi contro il silenzio della democrazia imperfetta del dopoguerra. Morelli non fu solo un partigiano. Fu un giornalista coraggioso, un giovane che credeva nella forza della parola e nel dovere della giustizia. In un Paese che troppo spesso dimentica chi ha pagato con la vita la libertà di cui oggi godiamo, ricordare Giorgio Morelli è un dovere morale. Perché la verità, anche quando è scomoda, non può morire con chi ha avuto il coraggio di cercarla.
Article Tags:
arco · don domenico orlandini · eugenio corezzola · fiamme verdi · giorgio morelli · la nuova penna · parma · partigiani cattolici · reggio emilia · resistenza partigiani · solitario