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Parco Lambro, alberi caduti sulle panchine

Parco Lambro, alberi caduti sulle panchine. Un fatto che per chi frequenta il parco è ormai consueto: sono precipitati a terra alberi. Non uno quindi, ma tanti. Uno dei più significativi, dopo i due che vi abbiamo mostrato in mezzo alle strade del Parco, eccone un altro che ha centrato in pieno le panchine di legno usate di solito per i pic nic o per studiare dai ragazzi. Segno che non sono state messe in sicurezza nemmeno le aree che il Comune promuove per essere utilizzate dalle persone. E già così sarebbe da ridere, se non ci fossero a rischio la vita delle persone. Sentiamo già i discorsoni a valle dedicati magari a qualche bambino o ragazzino che si è fermato al Parco per giocare e poi gli è arrivato un albero in testa. Perchè a quanto pare a Milano il discorso ambientale è incentrato sulle auto. Sarà che è portato avanti da giovani che sono giovani nel senso dai 35 anni in poi, ma così non funziona. Qui si vive con discorsi uguali a 30 anni fa e intanto arriviamo a pagare il conto della realtà. Il verde pubblico non è una riserva per Peppa Pig o di qualche storiella Disney. Il verde pubblico va manutenuto. Perché paghiamo perché sia fatto. E non parliamo solo di tagliare l’erba, perché quello sarebbe il minimo e può farlo chiunque con 30 euro di tagliaerba preso in uno dei soliti centri commerciali. Si  tratta  di  finirla  di  usare il  bilancio del Comune per rendere felice Pietro Salini, oppure certe ditte di costruzioni dal fare diciamo intraprendente: sappiamo che di politico, nel senso più alto, a Palazzo Marino non c’è rimasto molto, però se non fosse per la preparazione tecnica, almeno per il buon senso: se si fa male qualcuno, poi hai voglia a dire che è un complotto dei magistrati contro Milano. Qui l’unico complotto, se vogliamo definirlo così, contro la città è stato di chi la ha amministrata. Lasciando scivolare Milano in una imitazione delle inutili città italiane che vivono di turismo. Dove non funziona niente, ma si possono turlupinare i turisti. E magari pure i cittadini stessi. Questo è un processo che si farà mai, purtroppo, perché ci hanno fatto i soldi in troppi. E in carriera anche tanti giornalisti. Quindi prima di scendere gli ultimi gradini di questa discesa da città della decenza e delle possibilità a parodia di città da terzo mondo, sarebbe il caso di salvare il verde pubblico di Milano. Altrimenti privatezzatelo, ma restituite i soldi ai milanesi. Intanto nel Parco Lambro evitiamo almeno gli alberi caduti sulle panchine. Almeno le zone con i giochi dei bambini, delle panchine, insomma quelle in libera fruizione, mettetele a posto.

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Parco Lambro, l’elegia degli alberi caduti

C’è una fotografia che, più di mille parole, racconta lo stato dell’arte — o meglio, della disfatta — del nostro tanto decantato Parco Lambro: un albero riverso, sconfitto dal maltempo, piegato come un vecchio soldato che non ce l’ha fatta a reggere l’ultima raffica. L’ho davanti agli occhi: i rami ancora verdi e vivi, ma le radici tradite dalla terra fradicia e dall’incuria cronica. Non è la prima volta che accade, e lo sappiamo. L’articolo pubblicato dall’Osservatore Meneghino ce lo dice chiaro e tondo: “Si è rotto il Parco Lambro. Di nuovo.” E ogni “di nuovo” è un pugno allo stomaco del cittadino milanese che ancora crede nella cosa pubblica come in un bene comune, e non come in un trastullo elettorale. Ora, è evidente che le piogge torrenziali e le raffiche di vento non si possono fermare con le ordinanze comunali. Ma è altrettanto evidente che le cadute seriali degli alberi a Milano, in particolare in quel fazzoletto verde che dovrebbe essere il polmone orientale della città, non sono solo il frutto di una natura impazzita. Sono il frutto di una gestione miope, intermittente, cerimoniale. Come si fa con certi parenti scomodi, il Parco Lambro lo si visita a Pasquetta e lo si dimentica per il resto dell’anno. Eppure quel parco, voluto negli anni Sessanta da un’amministrazione che ancora sapeva pianificare sul lungo periodo, è stato uno dei rari esempi di verde pubblico pensato come spazio vitale, non ornamentale. Era un’utopia urbana con ambizioni ecologiche, pedagogiche, perfino estetiche. Vi passavano i bambini con i calzoncini corti, gli anziani col giornale sotto braccio, i ragazzi con le chitarre sgangherate e i sogni anarchici. Oggi vi passano, con più frequenza, i temporali e le ambulanze, chiamate per soccorrere chi finisce sotto un ramo che non doveva cadere. E allora la domanda, da buon cronista qual sono stato e mai smetterò di essere, è semplice: perché nessuno controlla? Perché non si fa manutenzione preventiva, quella vera, quella fatta da agronomi e non da geometri improvvisati col tablet? Dove sono i fondi del PNRR quando serve ricostruire una rete di parchi urbani degna di questo nome, invece di finanziare eventi con il logo scintillante e la sostanza assente? Ci si riempie la bocca con “resilienza urbana”, ma la verità è che stiamo tornando alla giungla. E non la giungla verde di Kipling, bensì quella burocratica, dove la colpa non è mai di nessuno, e dove un albero che cade non fa rumore — o meglio, fa rumore solo quando ferisce o uccide. Il Parco Lambro, così come tanti altri spazi verdi di Milano, è vittima di un paradosso: lo si ama poeticamente, ma lo si cura pigramente. Non c’è da stupirsi, allora, se la natura risponde con la brutalità che le è propria. Le fronde si spezzano, i tronchi si inclinano, le radici si sollevano come a gridare: “Abbiamo dato tutto, e voi niente.” Questo è il requiem del verde urbano: un pianto che si ripete ad ogni pioggia. Il Parco Lambro, che dovrebbe essere rifugio e ristoro, è diventato il simbolo dell’abbandono amministrativo e dell’indifferenza civica. E se oggi scrivo con la penna intinta in un certo veleno, è perché amo questa città. Milano non può più permettersi di piangere alberi come si piangono i morti in guerra. E un albero che cade, ricordiamolo, non è solo legno che si spezza: è un sintomo. Di degrado, di incuria, e soprattutto di dimenticanza. E se continuiamo così, a dimenticare gli alberi, finirà che dimenticheremo anche noi stessi.

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Si è rotto il Parco Lambro, di nuovo

Si è rotto il Parco Lambro, di nuovo. Perché Milano è bellissima, si vive bene, i mezzi pubblici funzionano, i parchi sono tenuti bene…ah no scusate. Dovevamo usare l’imperfetto. In omaggio alla verità fattuale e all’attuale sindaco, campione di imperfezioni (mai visto un condannato restare sindaco, per dirne una). Perché Milano ERA bellissima, si VIVEVA bene, i mezzi FUNZIONAVANO bene e i parchi ERANO tenuti bene. Oggi invece siamo arrivati al punto che spesso vengono chiusi a causa del maltempo. Eppure c’è tanto di assessore al Verde da sempre, persona che il cittadino suppone si debba occupare di tenere in ordine i parchi. Compresa la cura vera degli alberi, quella che prevede le potature e se necessario gli abbattimenti. Non quella dei disegnini o delle fotine da Instagram. Perché se no poi lorsignori i soldi delle tasse per tutto ciò, stipendio dell’assessore compreso, li vogliono, però non garantiscono il ritorno. Anzi, in caso di emergenza vietano ufficialmente l’ingresso ai parchi (ricordiamo tutti gli anni scorsi) perché così se qualcuno si fa male, non può denunciare il condannato di Palazzo Marino o i suoi fedeli. Infatti non hanno combinato nulla di rilevante e dopo gli ultimi venti si è rotto il Parco Lambro, di nuovo (vedere la foto a corredo di questo articolo). L’ultima volta erano caduti così tanti alberi che il legno triturato ricavato ha scaldato buona parte delle case popolari di Milano. Non c’è un male senza un bene dunque. Salvo, a quanto pare, nel caso di Sala. Il cui contributo al miglioramento della città non è noto.

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De Corato: al Parco Lambro malviventi, spacciatori, abusivi e rave party illegali

«Un sentiero del Parco Lambro di Milano, in prossimità di via Feltre, già “sentiero urbano” del Club Alpino Italiano, è stato intitolato a Walter Bonatti, leggendaria figura dell’alpinismo mondiale. Prima di essere ribattezzato con il nome di un professionista di spicco internazionale, il Parco – oggi ricettacolo di malviventi, spacciatori e, di domenica, venditori abusivi, nonché sede di rave party illegali – doveva essere ripulito e riqualificato, in segno rispetto nei confronti dello sportivo» commenta l’assessore alla Sicurezza di Regione Lombardia, Riccardo De Corato, in merito alla notizia dell’intitolazione di un sentiero del Parco Lambro all’alpinista Bonatti. «Di notte, specialmente nei weekend, il Parco è frequentato da malviventi e spacciatori», continua l’assessore, «che abbandonano sull’erba rifiuti e sporcizia di ogni genere, rinvenuti la mattina dagli avventori. Inoltre, sono stati segnalati più casi di cani intossicati a causa dell’ingerimento di residui di droghe seminate in giro». «Nei fine settimana», prosegue De Corato, «il polmone verde a Nord Est di Milano è teatro di rave party abusivi: lì di frequente si radunano, generalmente nell’area cani, dove la visibilità è più scarsa, centinaia di giovani muniti di generatore a benzina, casse, consolle e luci, che disturbano la quiete pubblica fino alle prime ore del mattino». «Per finire, di domenica il giardino è utilizzato dai commercianti abusivi per esporre e vendere le proprie merci. Insomma, il Parco, per essere dedicato a personalità leggendarie della storia contemporanea e meritevoli di riconoscimenti onorevoli, dovrebbe essere sottoposto a un’operazione di riqualificazione, che smantelli i fenomeni dello spaccio, delle feste notturne illegali e della vendita abusiva di vestiti e oggetti di vario genere» conclude De Corato.

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Al Parco Lambro intitolato un sentiero a Walter Bonatti

Nel Parco Lambro di Milano da oggi c’è un sentiero intitolato a uno dei più grandi alpinisti italiani, Walter Bonatti. Già sentiero urbano del Cai di Milano si snoda sulla collina in prossimità di via Feltre. Alta 143 metri, la collina è la seconda ‘cima’ della città dopo il Monte Stella (alto 185 metri). Dalla sua sommità si possono scorgere le cime delle Grigne e del Resegone, palestre di roccia del giovane Bonatti, che per mantenersi era stato operaio della Falck di Sesto San Giovanni. Lombardo di nascita, Bonatti fu anche milanese d’adozione e, quando abbandonò l’attività dell’alpinismo estremo, si dedicò con grande professionalità al reportage esplorativo nelle terre più estreme del mondo. All’intitolazione del sentiero a Bonatti ha partecipato la leggenda vivente dell’alpinismo mondiale, Reinhold Messner, l’uomo che per primo al mondo ha scalato tutti gli Ottomila della terra. Proprio Messner è protagonista del film-documento ‘Fratelli si diventa’ di Alessandro Filippini e Fredo Valla, dedicato a Walter Bonatti. Messner in questa occasione ha ricevuto dal Comune di Milano un riconoscimento civico su pergamena, che recita: “A Reinhold Messner per le sue leggendarie imprese alpinistiche, per le sue tante esplorazioni moderne, per il suo impegno culturale per la promozione delle montagne unitamente alla instancabile dedizione alla salvaguardia dell’ambiente naturale alpino”. ANSA

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Rave Parco Lambro, Cagnolati (Fi): “Le richieste ci sono, le scuse scuse stanno a zero”

Rave Parco Lambro, Cagnolati (Fi): “Le richieste ci sono, le scuse scuse stanno a zero”. Questa la sintesi dell’esponente di Forza Italia che riportiamo per  intero: “Allego (Disturbo notturno Feltre – Parco Lambro), per correttezza ed informazione, la richiesta SCRITTA – Mozione – che ho presentato in Consiglio addirittura a NOVEMBRE 2021, in cui SOLLECITAVO e richiedevo interventi al Municipio 3 ed al Sindaco e agli Assessori competenti – Granelli in testa – in merito alla problematica dei RAVE al Parco Lambro perchè sapevo che di li a pochi mesi si sarebbe riproposto il problema – come accade proprio in questi giorni. Ecco, sento ora dire da alcuni consiglieri che assolutamente ci si sta lavorando, le commissioni sono al lavoro, si stanno cercando soluzioni, ecco da NOVEMBRE 2021 NON è stata ancora DISCUSSA questa richiesta, ne fornito un RISCONTRO in merito al sottoscritto proponente, i RISULTATI di questo “lavoro” sono sotto gli occhi di TUTTI, basta andare in giro per il parco o le zone limitrofe in queste sere. La cosa grave è che a qualcuno sembri “normale” quanto accade ed altri giustifichino queste situazioni INTOLLERABILI e su cui non può esserci alcuna giustificazione. Le richieste sono semplici, ho RIBADITO la necessità in collaborazione con le altre forze di Pubblica Sicurezza di fare in modo che la sera ed in orario notturno siano intensificati controlli all’interno del Parco, vengano identificate le persone responsabili dell’organizzazione di questi eventi – visto che si firmano e pubblicizzano soprattutto via social – e si proceda di conseguenza. Che si realizzino presidi in collaborazione con le altre Forze di Pubblica Sicurezza, si riattivi la collaborazione con il Ministero della Difesa e si riproponga l’operazione Strade Sicure nei pressi di tutte quelle zone segnalate come critiche in relazione a quanto sopra esposto intervenendo mediante sanzioni, SEQUESTRI di attrezzatura utilizzata reiteratamente per la realizzazione di tali eventi (casse, generatori e strumentazione varia). Su questo continuerò a sollecitare e non ho alcuna intenzione di mollare, la sicurezza, il diritto al riposo notturno sono questioni che NON possono e NON devono passare in secondo piano. Quanto bisognerà aspettare prima che vengano presi provvedimenti??? Altri 2 o 3 anni??”

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