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Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili

Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili. Siamo tutti d’accordo che è brutto quando la libertà di espressione viene intaccata, perché sulla libertà di parlare (pure di straparlare) si base gran parte della cultura europea moderna. E allora la decisione di Twitter di limitare l’account del quotidiano Libero è senz’altro negativa come principio ma la nostra posizione resta sul caso Twitter-Libero: nazionalizzare i social o smetterla con polemiche inutili. Twitter come tutti i social è un’azienda privata, con regolamenti precisi che vengono sottoscritti. E’ vero che quasi nessuno per una deformazione mentale guarda cosa sta firmando, ma ciò non esime dalle proprie responsabilità: le regole dicono che se ti comporti in un certo modo, possono chiuderti il profilo. Contestabile? Forse. Ma Libero, come il Manifesto e tanti altri si sono spesso comportati come l’amico che per non sentirsi oppresso dalle regole dell’ospitalità pretende di urinare nel lavandino e non in bagno per confermare la sua libertà di agire come gli pare. Certi titoli e certi articolo vengono scritti apposta per dare scandalo, inutile e disonesto negarlo. E noi siamo convinti che facciano bene. E che debbano farlo. Ma non che possano pretendere di imporre ad altri ciò che non accetterebbero per loro. A meno che non si cambino le regole e gli Stati tornino a una logica più da Stati e impongano il controllo sui social alle aziende. La Cina non è si è posta il problema: qualunque contenuto internet è sotto il controllo statale perché lo Stato presidia lo spazio virtuale così come presidia le frontiere. Certo è pericoloso, perché la deviazione degli Stati dal controllo per la giustizia a quello per l’ingiustizia è facile. Però avremmo dei veri responsabili. Chi degli indignati conosce il nome degli amministratori o dei proprietari di Twitter?  Quasi nessuno. Allora il problema forse è aver delegato la propria libertà di espressione ad aziende private, pretendendo che si comportino come una proprietà statale. Tra l’altro tralasciando sempre che le suddette aziende non esistono per garantire la libertà di espressione, ma per ottenere dati sulle persone e venderli ad altre aziende. Ma anche questo si scontra con l’imbecillismo del dibattito pubblico. Quindi di cosa stiamo parlando?

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Lo scontro tra il fisico del Cern e la fake Barbara D’Urso

Lo scontro tra il fisico del Cern e fake Barbara D’Urso. La “battaglia” è avvenuta su Twitter, dove il fisico Federico Ronchetti e Barbara D’Urso finta si sono scontrati. Sì lo scontro è impari perché uno è “Nuclear Physicist Head of operations of the ALICE Experiment @CERN”. L’altra invece è “Membra del gruppo Bildebbberghe. Live tweet vari, alla ricerca del dysageeo. Ogni tanto mi scappa qualche tweet serio”. Ma ad aprire il fuoco è stata proprio Barbarella, così si fa chiamare sui social, che ha contestato un tweet del fisico che sollevava perplessità sulla capacità di Bending Spoons di completare Immuni, la app statale (simile a quella lombarda) di tracciamento per i contagiati da Covid19. Un commento per altro molto leggero e seguente a una breve ricerca di Ronchetti sulle precedenti app dell’azienda, tutte ben lontane dal modello Immuni. Lesa maestà secondo Barbarella e i fan dei Berlusconi: Bending Spoons è infatti di uno dei nuovi virgulti della famiglia di Arcore. Tra i fan come Barbarella c’è chi ha pure contestato il cv del fisico beccandosi una risposta che resterà nella storia di Twitter: Io ? Ho costruito un rivelatore di sensori monolitici al silicio da 3 gigapixel ed un calorimetro elettromagnetico per il CERN. Ho pubblicato 300+ articoli su riviste peer review. Sono capo operazioni di uno dei 4 esperimenti CERN di cui ho progettato la sala controllo. Lei? Ma per la fake D’Urso non c’è storia: Ronchetti è colpevole di aver sollevato dubbi e in fondo cosa vale un cv spaziale? Ecco come ha risposto la conduttrice: Bello, ma non mi sembra per niente inerente allo sviluppo di una app né gestione dei carichi. Lei sarà bravo nel suo campo ma questo non le dà titolo di parlare su altri argomenti né tantomeno di screditare una società. (/2)Non è corretto gettare dubbi sulle capacità di portare a termine un progetto, senza alcun fondamento. A casa mia è gettare discredito, non è esprimere una opinione informata o sensata. Per la fake Barbara D’Urso porsi domande su chi è chiamato a “spiare” tutti gli italiani è gettare discredito, ma forse è una distorsione dovuta ai troppi anni nel mondo in cui vive dove evidentemente chi pone domande è per lo meno un ingiusto contestatore. Ma sulle competenze lei, lei e un fisico hanno discusso di questo, si lascia andare anche di più perché qualcuno le fa notare sottilmente che i dubbi vengono a chi ha studiato certe discipline proprio perché le conoscono meglio di altri: Condivida questo fondamento perché le skills le ho e non vedo il problema di affidare un tale appalto a tale società. Anzi, gestiscono senza disservizi app con 75-100 migliaia di utenti unici collegati contemporaneamente. Niente da fare: Barbarella sa. Sono i fisici al CERN, centro d’eccellenza a livello mondiale le cui ricerche hanno spesso cambiato la vita del genere umano, che non devono permettersi di contestare anonimi fan di programmi di cui non riusciamo a trovare aggettivi. Neppure i loro amici. Perché le skills ci sono, garantisce Barbarella.

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#Milanononsiferma: Sala si scusa, quasi

#Milanononsiferma: Sala si scusa, quasi. L’intervento è arrivato sul suo profilo Twitter. E con una mossa molto tipica per il sindaco milanese su #Milanononsiferma: Sala si scusa, quasi. “Il 27 febbraio circolava in rete il video #Milanononsiferma: forseho sbagliato a rilanciarlo, ma in quel momento nessuno aveva compreso la veemenza del virus. Accetto le critiche, ma non tollero che qualcuno possa ancora marciarci su per scopi politici”. #CTCF Non è lui ad aver sbagliato ad appoggiare chi lanciava gli Aperivirus, è la realtà che non era chiara. Dunque, sembra dedurne, in realtà non ho sbagliato. Un’affermazione che segue la linea del Sala invincibile che non sbaglia mai. Tutti ricordano la virulenza dei suoi difensori contro tutto e tutti ai tempi della sua condanna per aver truccato le carte di Expo 2015. Improvvisamente la Legge non era più principio sacro e inviolabile, come detto dalla sinistra per vent’anni. Non stupisce dunque che oggi Sala e il suo staff non riescano con serenità ad ammettere i propri errori senza sottolineare quelli altrui o a puntualizzare che forse è un errore, però. Per Sala vale sempre il però, il quasi, insomma tutte le cautele del caso, perché con il neo acquisto della famiglia Bazoli le regole valgono. Quasi. L’unico sussulto che gli va riconosciuto è aver tolto dalla comunicazione ufficiale, cioè quanto riportato dal suo profilo Twitter, l’attacco a Salvini: il suo tweet arriva infatti da un intervento nel salotto televisivo di Fabio Fazio in cui il primo cittadino milanese sottolineava che mentre lui sbagliava, Salvini chiedeva la riapertura di tutte le attività. Della serie: io ho versato il sale sui biscotti, però Pierino ci buttava le caccole del naso. Poi ci si stupisce che con politici così sia difficile affrontare qualunque crisi.  

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