1 Giugno 2021

Nasce protocollo per divertimento in sicurezza

Un protocollo che coinvolge gestori di discoteche, famiglie e giovani in un percorso per promuovere il divertimento in sicurezza nei locali. A sottoscriverlo a Milano sono stati Cogeu (l’associazione Comitato genitori unitario nato dopo la tragedia di Corinaldo), Silb-Fipe (associazione che riunisce le imprese di intrattenimento) e Oneday Group. Il protocollo prevede una serie di azioni concrete per promuovere il divertimento in sicurezza. Tra i punti c’è quello di promuovere la formazione del personale dei locali da ballo, “con l’obiettivo di rendere sempre più efficace ed efficiente l’interazione con i minori”. Oppure quello di selezionare e coinvolgere artisti che attraggono un pubblico giovanile in eventi utili a promuovere la cultura del divertimento in sicurezza. Poi collaborare con i gestori dei locali e con le istituzioni competenti per organizzare corsi di formazione specifica per una maggiore professi01onalizzazione del personale addetto alla somministrazione di bevande alcoliche, anche al fine di concorrere alla prevenzione dell’abuso di tali bevande. ANSA

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Un raggio di sole oltre il buio

Un raggio di sole oltre il buio. In questa mezza stagione che alterna arie fredde a botte di caldo africano, abbiamo intravisto un raggio di sole oltre il buio. Le riaperture programmate stanno procedendo senza eccessivi scossoni: almeno per adesso è diventato ottimista persino Galli del Sacco, uno dei profeti di sventura più noti del nostro tempo. Secondo il professore è persino probabile che in autunno non si debba tornare a tapparci in casa perché le vaccinazioni proteggeranno la popolazione a sufficienza. Detto da un sostenitore strenuo dei lockdown sempre e comunque ha un valore molto alto. Soprattutto mentre ci avviciniamo alla bella stagione: insieme a luglio arriveranno anche i primi soldi del Recovery Plan, il Piano Marshall della nuova generazione europea. Quello americano lo abbiamo pagato fino all’ultimo penny, ma ha portato l’Europa fuori dalla devastazione totale della Seconda Guerra Mondiale. Dunque speriamo che questo costi un filo meno e abbia gli stessi effetti, che sia insomma il nostro raggio di sole oltre il buio, quella luce che ci condurrà definitivamente fuori dalle tenebre degli ultimi dieci anni. Tra crisi economica e crisi pandemica ne abbiamo tutti bisogno. Umanamente ancor prima che economicamente. Le cose per un po’ devono andare bene. Oppure i nervi cederanno del tutto. Ecco perché per sostenere nei fatti queste belle parole abbiamo deciso di dare una rilevanza diversa ai dati sulla Sars-Cov-2: basta con i bollettini quotidiani in evidenza. Non vuol dire ignorare il problema, ma iniziare a uscire anche a livello comunicativo dall’impasse dell’emergenza. Pensiamo alla vita e non solo alla morte. Pensiamo all’oggi e al domani con rinnovato spirito di fiducia. Stando ai dati il virus è in ritirata, noi non vogliamo sottovalutarlo. Solo lasciarlo accomodarsi nella lunga serie di problemi che affrontiamo nella vita quotidiana. Ci sarà, ma progressivamente deve influenzare sempre meno la nostra vita. Seguiamo quel raggio di sole oltre il buio e non ce ne pentiremo comunque vada a finire.

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Milano Summer schoool

Da oggi è pubblicata sul sito del Comune di Milano la mappa georeferenziata della Milano Summer school, iniziativa dell’Amministrazione per raccogliere l’offerta cittadina di attività ludico-ricreative dedicate a bambine e bambini, ragazze e ragazzi milanesi durante i mesi estivi. Il 14 maggio scorso è stato infatti aperto l’avviso pubblico per raccogliere le adesioni dei privati che intendono organizzare campus estivi per i minori di età compresa tra 0 e 14 anni nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre. Il catalogo dell’offerta è da oggi consultabile dalle famiglie interessate che potranno individuare le iniziative che, per proposta, interesse e localizzazione, rispondono meglio alle loro esigenze. Il palinsesto, che si arricchirà gradualmente, comprende iniziative pubbliche e private. Da quelle organizzate direttamente dal Comune di Milano presso le sedi scolastiche e le proprie case vacanza (mille posti a disposizione) a quelle realizzate dagli operatori privati concessionari di impianti sportivi comunali o di strutture culturali e sociali; arriveranno quelle messe in campo da realtà educative, culturali e sportive pubbliche e private, da oratori e da altre istituzioni private che ne faranno richiesta; ci sarà poi l’offerta di Milanosport presso tre dei propri centri sportivi –  Lido, Saini e Iseo – che apriranno le porte dal 14 giugno per ospitare, in partnership con Centro sportivo italiano (CSI), campus durante i quali bambini e ragazzi potranno cimentarsi in giochi di gruppo, laboratori, attività ricreative e diversi tipi di sport come calcetto, hockey, volley, atletica, tiro con l’arco, nuoto, basket, pallamano, rugby, baseball e tennis (con due fasce orarie, dalle 8:30 alle 17:30 e dalle 9 alle 18, per contingentare gli ingressi ed evitare assembramenti). Aderire alla Summer school è semplice: i soggetti interessati dovranno compilare lo specifico modula disponibile online sul sito istituzionale del Comune di Milano indicando il tipo di proposta offerta, le modalità di accesso e di iscrizione ai servizi, la sede in cui si svolgeranno e la fascia di età a cui si rivolgono. È necessario inoltre possedere un’esperienza pregressa, nell’ultimo triennio, nell’organizzazione e gestione di iniziative per bambini e ragazzi. Il Comune si impegna a promuovere le attività che saranno inserite nel palinsesto con una campagna di comunicazione che, a partire da oggi, sarà diffusa sul sito istituzionale, i canali social, gli schermi digitali, la newsletter, i banner e manifesti. Anche quest’anno, testimonial d’eccezione dell’iniziativa sarà Geronimo Stilton, il topo giornalista nato da un’idea di Elisabetta Dami e pubblicato in Italia da Edizioni Piemme, che ormai da anni è protagonista di numerosi progetti educativi. “Anche quest’anno, il Comune – dichiara l’assessora all’Educazione e alle Politiche giovanili Laura Galimberti – è in prima fila per organizzare e coordinare l’offerta di opportunità estive per i minori, attraverso una fruttuosa collaborazione che si rinnova con i diversi soggetti che da anni lavorano in questo settore. Vogliamo ringraziare anche Geronimo Stilton che, ancora una volta, mette a disposizione la sua popolarità per aiutarci a diffondere questa importante iniziativa che permetterà a bambini, bambine, ragazze e ragazzi di vivere anche in città un’estate ricca di proposte, accompagnandoli verso una ritrovata normalità e socialità, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza”.

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Bando di gara per i locali ex Dutti

Ci sarà presto una nuova gara pubblica per l’assegnazione dei locali della Galleria Vittorio Emanuele II rimasti vuoti dopo la recessione del contratto di affitto da parte di Massimo Dutti Srl. A stabilirlo una delibera della Giunta che introduce le linee di indirizzo per lo svolgimento dell’asta. Si tratta di tre vetrine su cinque livelli con affaccio sul braccio principale del “Salotto”, per un totale di 956 metri quadrati. La base d’asta per il canone annuo d’affitto è di 3 milioni di euro. “Il percorso di valorizzazione degli spazi in Galleria Vittorio Emanuele II non si ferma e nessun negozio resterà con le serrande abbassate – dice l’assessore al Demanio, Roberto Tasca –. Le ultime gare in ordine di tempo hanno mostrato il riattivarsi di un grande interesse da parte degli operatori economici che vogliono avere una vetrina nel Salotto dei milanesi. Significa che simbolicamente la Galleria è ancora il luogo più attrattivo della città e che esiste la volontà di ripresa che sta interessando tutta la città di Milano”. La commissione di gara sarà chiamata a valutare le offerte economiche e quelle tecniche a cui saranno assegnati rispettivamente fino ad un massimo di 60 e 40 punti su un totale di cento. Gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica dovranno tener conto che gli spazi in questione sono posti nel luogo più rappresentativo della città. Saranno valutate con maggiore punteggio le proposte merceologiche di prestigio che rappresentino il meglio della tradizione del Made in Italy e internazionale.

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Liberali, che intolleranti

Liberali, che intolleranti. C’è un malato nella politica italiana. Non è il solo, anzi. In giro ci sono proprio degli zombie, defunti imbalsamati, come comunismo, socialismo, azionismo, sindacalismo, resistenza, su cui gusci vuoti di partiti praticano un infinito accanimento terapeutico senza nemmeno sapersi spiegare il perché. Il caso in questione è però un’araba fenice, che ci sia ognun lo dice, ma non si sa mai dove abbia parcheggiato anche se tutti i parking sembrano prenotati a suo nome. Il liberalismo è malato di gigantismo rarefatto; lo si ritrova, rivendicato e osannato, ovunque, a sinistra, a destra, al centro, in basso, in alto. La parola libertà è comparsa negli slogan e nei simboli di tutti. Eppure decine di migliaia di persone, in un innumerevole elenco di partitini, partitucci, movimenti e reti, cercano incessantemente l’isola liberale non trovata. Nel mondo semplice di un tempo, quello dell’uomo che non si interrogava su se stesso, né per i motivi che lo invogliavano verso la donna, i liberali fondarono l’Italia. Importarono l’ approccio secolare estero, adattandolo con grande moderazione. mutuato da esempi esteri, importati molto. Forgiarono il primo mezzo secolo unitario italiano, a modo loro, come un blocco parlamentare, senza essere nemmeno un partito o averne il nome. Vennero chiamati a suo tempo notabili con accento orgoglioso o con disprezzo; e coincidevano con i proprietari, con i professionisti, talvolta con gli aristocratici. Erano come un Senato romano senza il Popolo; e venne loro rinfacciata una democrazia monca senza suffragio universale. Nondimeno lo regalarono al paese, aprendo il potere ai partiti delle masse analfabete, socialisti, fascisti, cattolici. Cominciava il tramonto dei liberali perché il Popolo cancellò subito il Senato. A scuola insegnano che liberale non sia una posizione ma solo una qualifica; come dire, non una pietanza, ma una salsa. Insegnano, con tanti di nomi esemplificativi, che si può essere liberali di destra e di sinistra; socialisti e liberali; liberali e conservatori; liberali e credenti o agnostici. Poi si è litigato sui liberali comunisti alla Rodotà; sui liberali populisti, liberali islamisti, liberali fascisti e razzisti. Che nessuno si inalberi; i fondatori degli Usa, grandi liberali, erano razzisti e schiavisti praticanti. Gobetti non era di sinistra, semplicemente sui bolscevichi aveva sognato. I postcomunisti per dirsi liberal sovrapposero Kennedy a Berlinguer. Friedman era filo Pinochet e Roosevelt stalinista. Nonostante tutto, il brand liberale mantiene un certo fascino; anche se svuotato, annichilito, tumefatto, nessuno vuole escluderlo dal piatto, anche se solo come salsa di contorno. Un liberale alleato fa sempre fino, dà un tocco di eleganza. Si tratta sempre di personcine per bene, educate, intellettualmente competenti, professorali, spesso ingenue e deboli di spirito, cui proprio la liberalità impone l’indole aperta alle opinioni altrui, l’instabilità delle posizioni, una certa transigenza decisionale ed esistenziale. Si fecero trascinare in comportamenti biechi affamatori da commercialisti ottusi, da Sonnino a Monti, inchiodati sulla parità di bilancio. Shakerati dal fascismo nel Listone, dalla spiritualità superiore di Croce per distinguersi dal’idealismo di Gentile, dalla monarchia con Einaudi ed il nostalgico segretario Lucifero, cugino del Ministro di Real Casa, dalle partecipazioni statali nel pentapartito; riuscirono con i Gobetti, Rossi, Villabruna, Pannella a fare compagnia, come niente fosse, con bolscevichi, freaks, yuppies, destrutturazioni sociali, derisioni istituzionali e diritti di massa a go go. Dopo Mani Pulite, la diapora: a destra, Martino e Scognamiglio nel partito liberale di massa di Forza Italia; il gruppo di Basini in An e poi in Lega; Costa, Biondi e De Luca fondatori dell’Unione di Centro che finì con Casini; a sinistra, con i radicali, in Alleanza Democratica mentre l’Unione Liberaldemocratica di Zanone finì con Segni. Fino allo strazio finale della divisione nella divisione, Diaconale e Taradash a favore dell’entrata dei liberali nel fu Pdl contro Guzzanti e il siciliano De Luca che volevano impedirlo ( e la bandierina di Cavour è rimasta nel Trapanese). Sempre invisibili nel voto, in numeri primi percentuali, a parte l’exploit al 7% tra ’63 e ’68, dell’opposizione di Malagodi e del Costa confindustriale alle nazionalizzazioni, che fruttò il ritorno al governo del ’72. Gustosissima materia, quella liberale sembra gradevole solo se di contorno; tanto più che il suo dibattito non è come quello, tifoso calcistico, delle altre formazioni. Discutere con i liberali significa affrontare montagne di pensiero, di tomi e conoscenze, dal Nobel Hayek, von Mises, Leoni al Popper della società aperta; dal Friedman della tassazione negativa al Laffer della curva qualitativa, base delle fiscalità di Reagan e Thatcher; dei loro scontri con i Nobel Modigliani e Stiglitz, con Keynes i cui seguaci Alesina e Giavazzi, cortocircuitati nel miglior moltiplicatore della spesa privata. Tale dibattito, sviluppato nei decenni contro marxismo e comunismo, si è poi ritorto contro gli autori. Come avrebbe detto Cipolla, le tesi degli Intelligenti (che fanno il proprio e l’altrui vantaggio), rivolte agli Stupidi (che causano danni ad altri ed a se stessi) hanno prodotto l’esito contrario. Oltre alla mancanza di consenso popolare, infatti ai liberali è mancato anche quello culturale. Malgrado l’altissimo livello intellettuale, la divulgazione generale, come ricorda il sudafricano Khan, in tutto l’occidente ha disseminato odio per progresso, impresa, denaro e mercato. Anche se sarebbe bastato, con l’80enne McCloskey (nata uomo e marxista, poi donna di Chicago) ricordare che il libero mercato in due secoli ha aumentato il reddito del 3.000%. I liberali però non hanno concretamente difeso il punto fermo del libero mercato, nella libertà economica di liberi contratti, dove sta, secondo il simplicissimus Rampazzo, il liberalismo. La libertà economica, della libertà politica implica che non sia corretto distinguere tra merci immorali e morali, salubri o meno; o sono velenose o non lo sono. Implica che la burocrazia non possa obbligare privati a svolgere compiti, come i fiscali, che non competono loro. Se le attività sono troppo complesse per la burocrazia medesima, vuol dire che sono demenziali e devono essere semplificate. Più burocratica è un’organizzazione, più lavoro inutile tende a rimpiazzare il lavoro utile (Friedman) . Oggi in Italia spesa e tasse sono quasi metà del Pil, non il 20% dell’epoca di Keynes, sostenitore all’interventismo pubblico. All’inizio dei ’90, l’80% dell’economia nazionale

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